Storia di un padre illegittimo
By Ivan Schena
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Storia di un padre illegittimo - Ivan Schena
ROMANZO
Edipo risponde all'arroganza di Laio con una furia omicida che lo porterà a ucciderlo. In chiave psicodinamica è possibile leggere il comportamento di Edipo come rifiuto di un'identificazione con la figura paterna, anche se egli non conosce la vera identità di suo padre. O forse egli riesce ad attuare questa opposizione perché disconosce il padre?
¹
Ho sognato di ucciderlo tante volte. Un colpo netto e preciso. Unico. Le mie mani insanguinate dalle colpe collezionate in una vita intera. Le sue, le mie, chi può dirlo. Quelle di un non-padre, che trascorre la sua intera vita seminando le sue insicurezze e il suo fallimento di uomo in giro per il mondo, mascherando i misfatti con il denaro che lava ogni colpa; quelle di un figlio, ché la biologia non permette di scegliere di non esserlo, macchiato dall'unica colpa di essere al mondo.
Ho sognato di ucciderlo tante volte, tutte le volte in cui, crescendo, mi abbia sfiorato l'idea che certe felicità fossero un diritto solo per gli altri, tutte le volte nelle quali avrei solo voluto dimostrare di essere all'altezza di essere scelto, di essere amato, di essere difeso e per questo ho scelto, amato, difeso, lottato da solo, per due, senza essere compreso. Ho sognato di ucciderlo tante volte. E ora questo sogno non è più un sogno.
Sguardo fisso nel vuoto. L'istinto naturale di scappare dalla scena di un crimine perfetto, autocompiacimento e soddisfazione. Nell'aria, l'odore acre di carne umana misto a dolore e redenzione. Pochi sprazzi di lucidità. La prigione. Quale? Ci vivo già, in una gabbia: guardare il mondo dall'altra parte dell'ingiustizia. Cercare il senso profondo, che possa un giorno dare un senso a tutto questo dolore. Impegnativo? No: il mio non è mai stato un impegno volontario. Ero obbligato, non avrei saputo smettere. Avrei voluto, ma tuttora non posso, per tutti questi anni ho vissuto in una gabbia. Ogni tanto ci entrava qualche spiraglio di tramonto, ma da sempre, quando il sole è allo Zenith, il metallo si riscalda, brucia, scotta, non si respira. Devo restare al centro ed aspettare che passi per non morire; è buffo, è un po' come se la mia stessa condanna volesse proteggermi, mentre le sue sbarre sono insieme secondino e boia. Ed io sono vivo solo per un puro senso di sopravvivenza, lo stesso che mi ha permesso di non cedere all'autodistruzione. Respiro affannato. Cercheranno un movente. Ebbene, Signor Giudice, iniziamo. Racconterò tutto quello di cui ho ricordo, senza censura e interruzione alcuna, sperando che questo possa redimere il senso di frustrazione che mi schiaccia. A volte, nelle pagine vuote del mio diario, mi sembrava di vederlo lì, di parlargli e poter finalmente abbassare le difese davanti a un uomo che avrebbe dovuto difendermi. E alla fine, cosa resta? Un foglio bianco, da riempire di rabbia e di rancore, dei colpi assestati e ricevuti in una lotta senza vincitori.
___________________
¹ Luciano Farmini; Il mito di Edipo e il mistero dell’ascendenza.
19 Marzo
Festa Del Papà
I
Sono tra di noi, coloro che covano rabbia mentre camminano, mentre ti sorridono, investono il loro tempo in progetti che portano lucro senza uno scopo luminoso, scrutando accigliati chi sta più in basso. Mentre fingono di guardarti con ammirazione e devozione e, in realtà, dietro quella maschera nascondono qualcosa che farebbe rabbrividire anche il più bravo tra gli attori, il più forte tra i soldati.
Ieri ne ho incontrato uno, un vecchio compagno di scuola, non era nella mia classe, eppure non potrò mai dimenticare il suo profilo. Problemi a casa, primogenito di due figli, eppure secondo nei progetti dei suoi genitori, che avevano riposto totalmente attenzioni e speranze in sua sorella minore.
È così che spesso nasce la crudeltà: convivendo ogni giorno con la consapevolezza di valere sempre un po' meno degli altri, covando dentro di sé la rabbia dei secondi, che si trasforma in quella smania di vincere a tutti i costi, adoperando ogni mezzo a disposizione. Per questo è diventato un bullo, credo. La sua violenza affermava la sua presenza, ma accostando l'orecchio si sarebbe potuto percepire forte e chiaro quel grido disperato: Ci sono anch'io!
. Dal mio canto, provavo a scovare il suo lato umano, per fargli capire che spesso non servisse la voce grossa, o mostrare i muscoli per essere felice.
Frequentavamo gli allenamenti di arti marziali nello stesso gruppo, se mi allenavo con lui provavo a fare un po' lo stupido e un po' il debole, perché comprendesse un solo, semplice messaggio: Guarda che non serve misurarsi continuamente, alle volte si può anche solo vivere
; ma lui non mi ha mai compreso. Mi vedeva come un debole e mi scherniva per questo. Ricordo ancora quella volta: un bar, serata musicale, io in fila con un amico in cassa. Alle mie spalle lui ed un suo amico, erano anche più alti di me.
Lui mi assestò diversi colpi alla nuca per distrarmi, mentre cercavo di comunicare con la cassiera. Continuò per tutto il tempo e più lo ignoravo, più lui ed il suo amico colpivano forte.
Avevo pochi, ingenui anni, ma già quella consapevolezza inconscia che alle volte, per sopravvivere, si debba cercare di passare inosservati, o quantomeno limitare i danni. Poche settimane a seguire fu punito dall'insegnante di arti marziali, a causa di ulteriori episodi di bullismo nei confronti di tutti i nostri compagni. Lasciò la scuola e si dedicò per molti anni alla palestra.
Ricordo, invece, il suo volto, quando oggi l'ho rivisto. Indirizzato agli studi dalla sua famiglia, dopo aver frequentato una facoltà prestigiosa, ha intrapreso la sua ascesa con varie attività finanziate dallo Stato: ora gira in un'auto di lusso. L'ho visto uscire da un palazzo di cristallo, accanto a un uomo ben vestito. Il suo imbarazzo era evidente, come se fosse in soggezione di fianco a lui: Ho meno soldi di te, per favore dammene un po'
.
Percorreva la scala con la borsa Gucci nella mano destra, il volto