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Rue Amor. Volume I. Mentre aspettiamo Alysia
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Rue Amor. Volume I. Mentre aspettiamo Alysia

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About this ebook

Tutte le storie d’amore sono lì, come bombe pronte ad esplodere. L’anima gemella c’è, è da qualche parte, non v’è dubbio. Ma se è vicina, deve farsi avanti, rendersi disponibile. Se lo è solo geograficamente ma appartiene ad un mondo rarefatto e irraggiungibile, deve aprire gli occhi e acuire la vista. Se, poi, non è nemmeno vicina, la cosa diventa veramente difficile. E, allora, che si fa? Il più delle volte niente, purtroppo. Il mondo è pieno di cerchi che non si chiuderanno mai. Di puzzle che non s’incastreranno mai. Ma per Linda, Misaki e Virginia non andrà così. Loro riusciranno ad incontrare l’anima gemella. Non perché siano più meritevoli o più furbe di altre. Solo perché avranno la fortuna d’incrociare le loro vite con quella di Ben, il nostro carissimo Babbo Natale. La miccia. Capiranno che il merito è suo? Chissà. Forse Alysia, una popstar che, come un pifferaio magico attira con le sue canzoni le tre ragazze a sé, le aiuterà a capire. E, l’essere consapevoli di chi le abbia concretamente aiutate, le spingerà anche ad essere più leali. Una cosa che, in amore, almeno in amore, non guasta mai.
LanguageItaliano
Release dateDec 10, 2021
ISBN9788864599786
Rue Amor. Volume I. Mentre aspettiamo Alysia

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    Book preview

    Rue Amor. Volume I. Mentre aspettiamo Alysia - Antonio Amoruso

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    Antonio Amoruso

    Rue Amor

    Volume I

    Mentre aspettiamo Alysia

    Copyright© 2021 Edizioni Forme Libere

    Gruppo Editoriale Tangram Srl

    Via dei Casai, 6 – 38123 Trento

    www.forme-libere.it – info@forme-libere.it

    Prima edizione digitale: dicembre 2021

    ISBN 978-88-6459-030-1 (print)

    ISBN 978-88-6459-978-6 (digital)

    Illustrazioni di Andrea Scoppetta

    Dello stesso autore:

    Rue Amor. Volume II. Il tempo delle mail (print)

    Rue Amor. Volume III. Diamanti da Babington (print)

    Il libro

    Tutte le storie d’amore sono lì, come bombe pronte ad esplodere. L’anima gemella c’è, è da qualche parte, non v’è dubbio. Ma se è vicina, deve farsi avanti, rendersi disponibile. Se lo è solo geograficamente ma appartiene ad un mondo rarefatto e irraggiungibile, deve aprire gli occhi e acuire la vista. Se, poi, non è nemmeno vicina, la cosa diventa veramente difficile. E, allora, che si fa? Il più delle volte niente, purtroppo. Il mondo è pieno di cerchi che non si chiuderanno mai. Di puzzle che non s’incastreranno mai. Ma per Linda, Misaki e Virginia non andrà così. Loro riusciranno ad incontrare l’anima gemella. Non perché siano più meritevoli o più furbe di altre. Solo perché avranno la fortuna d’incrociare le loro vite con quella di Ben, il nostro carissimo Babbo Natale. La miccia. Capiranno che il merito è suo? Chissà. Forse Alysia, una popstar che, come un pifferaio magico attira con le sue canzoni le tre ragazze a sé, le aiuterà a capire. E, l’essere consapevoli di chi le abbia concretamente aiutate, le spingerà anche ad essere più leali. Una cosa che, in amore, almeno in amore, non guasta mai.

    L’autore

    Napoletano, ingegnere, Antonio Amoruso vive a Roma da più di trent’anni. Dopo una carriera manageriale si è ora dedicato completamente alla scrittura. Ha pubblicato una trilogia – Rue Amor – con Edizioni Forme Libere.

    Ha scritto alcune storie rappresentate in teatro ma non pubblicate.

    Rue Amor

    Andate su Google Earth. Una volta connessi al sito, fate girare l’immagine della Terra usando le frecce, vorticosamente. Quando vi sarete annoiati, fermate il pianeta in un punto scelto a caso e cominciate a dar di zoom selvaggiamente, fino a visualizzare una singola nazione. Ancora, una città. Ancora, un quartiere. Ancora, un palazzo. Ancora uno sforzo: forse riuscirete a individuare una finestra.

    Bene, ora mettetevi in ascolto.

    Ssst… lo sentite il cuore che soffre?

    Come, non sentite niente? Ah, già: voi non avete i poteri di Fata Turchina.

    Allora vi dovete fidare. Sappiate che in ogni palazzo della Terra c’è almeno un cuore che soffre. Per amore.

    È un teorema, con tanto di dimostrazione.

    Chi lo ha dimostrato?

    Chi poteva farlo… solo lui, no?

    Prologo

    Ogni notte, io / penso a te, amore mio /

    ai tuoi occhi, al tuo viso / al tuo sguardo, al tuo sorriso. /

    E ogni volta / io credo che, amore mio /

    un giorno forse mi amerai /come oggi ti amo io.

    Ogni notte / ma che dico, ogni momento /

    sei la colpa del mio pianto / la mia vela controvento. /

    Non c’è attimo / non c’è respiro, non c’è istante /

    che tra tutti i miei pensieri /

    non sia tu quello davvero più importante… /

    tu quello davvero più importante.

    Linda si tolse le cuffiette dell’iPod e andò alla finestra. La notte era splendida, senza una nuvola, con una falce di luna disposta a tre quarti rispetto all’orizzonte, luminosa e rassicurante. Il cerchio di cielo intorno appariva di un vivido grigio perla e, più in là, sfumava in un colore antracite, per diventare, infine, nero pece.

    Non faceva nemmeno troppo freddo, in quella notte di novembre a Petit-Lancy, un simpatico comune del cantone di Ginevra.

    Linda aprì la finestra, forse per l’inconscia voglia di mandar via un po’ del calore che i termosifoni sprigionavano senza sosta. Portò indietro alcune ciocche dei lunghi capelli corvini; poi appoggiò le mani sul davanzale.

    Si scoprì incredibilmente triste. Ansiosa. Sentì il cuore battere come se dentro ci fosse un martellatore di Dune.

    Il pensiero andò a lui. Chissà cosa stava facendo in quel momento. Scosse la testa. Cosa poteva fare? Alle tre di notte si dorme.

    Uhm… e se invece era sveglio? Arricciò il piccolo naso all’insù. Sveglio? Non era mica innamorato, lui.

    Inspirò a fondo, fissò la luna.

    No, non era innamorato. Almeno, non di lei.

    All’improvviso qualcosa di strano apparve nel cielo. Sullo sfondo del grande satellite, proprio come nei film, Linda scorse una lunga sagoma nera che percorreva una linea retta immaginaria in direzione della Via Lattea. Alla testa della sagoma si intravedeva una serie di animali con corna ramificate e, dietro, nella parte finale, una forma umana in piedi su un oggetto basso, di forma allungata.

    La ragazza si stropicciò gli occhi, poi guardò di nuovo verso la luna che ora sembrava stesse ridendo: la sagoma era svanita. Così com’era comparsa si era dissolta nel buio che dominava lo spazio distante dalla luna. Ma l’immagine, per quanto fugace, era stata chiara, inequivocabile.

    Sebbene si trovasse a Ginevra, quella figura non era il mostro di Victor Frankenstein e la slitta non scivolava sul ghiaccio. Volava. E non era trainata da cani ma da renne.

    Ebbene sì, ciò che aveva visto poteva rispondere a un solo nome, un nome che da pochi anni aveva relegato tra quelli frutto di pura e innocente fantasia, ma che ora si riaffacciava alla sua mente come un colombo da un cornicione.

    Prima Parte

    1

    Terra Incantata. Periodo consegna letterine di Natale.

    Tobia, il postino tuttofare del Grande Benefattore, passò sulla spalla la fune alla quale aveva legato il sacco di lettere e vi diede un poderoso strattone. Contemporaneamente affondò una gamba nella neve alta fino al polpaccio, avanzando così di un altro passo.

    – Per tutte le favole! – esclamò tra i denti, ansimando. – Ogni anno la stessa storia. All’avvicinarsi del Natale, tonnellate di lettere da recapitare a Barba e nessuno che venga a darmi una mano! E poi nevica a più non posso. – Scosse la testa. – E mica lui si decide ad abitare più a valle? Neanche per idea!

    Continuò a brontolare per tutto il tempo necessario a percorrere il viottolo innevato, pieno di curve, che conduceva alla baita di Babbo Natale. Giunto a destinazione, lasciò andare il sacco, tirò un lungo respiro – che gli provocò una fitta al petto – e bussò. Aspettò qualche secondo, poi diede fiato alle trombe.

    – Ehi! Barba! C’è altra posta! Posta! Letterine, Barba!

    Dalla baita, nessun segno.

    Tobia riprese a battere il palmo della mano sul legno ben stagionato della porta. Tre, quattro volte, finché la mano non gli diventò rossa. – Barba! I tuoi ammiratori continuano indefessamente, ahimè, ahi-noi, ahi-tutti, a scriverti! Vuoi degnarti di aprire la porta e prendere queste benedette lettere?

    All’interno della baita, Babbo Natale finalmente sentì. Si svegliò, così, controvoglia dal sonno delizioso nel quale era caduto la sera prima, dopo un’ampia scorrazzata per i cieli della Terra degli Umani.

    – Che hai da gridare? – urlò dal letto, spazientito. – E perché cavolo vieni a quest’ora?

    Tobia perse le staffe. – Ti consegno la posta su questo cocuzzolo di montagna e devo pure sentirmi dire che lo faccio nel momento sbagliato! – urlò rivolto alla porta. – Sai che c’è? Che la prossima volta…

    In quel momento la porta si aprì e comparve il Mitico. Alto, robusto, i folti capelli arruffati, la barba lunga e bianca arruffata anch’essa, e le sopracciglia, poi, non ne parliamo. Indossava un paio di mutandoni a pallini rossi e una maglietta, regalo di Turchina, con su scritto:

    CONSEGNE IN TEMPI DIFFICILI,

    IN TEMPI RECORD

    Un largo tratto di pancia era scoperto. Il non-più-assonnato Babbo puntò gli occhi sul postino e con una voce che sembrava provenisse direttamente dalle viscere di un vulcano prossimo a un’eruzione, sbottò: – In quanti periodi dell’anno mi consegni la posta?

    Tobia cambiò atteggiamento, diventando improvvisamente mansueto. – Non molti – ammise.

    – Non molti… Quanti?

    – Ehm… uno.

    – Uno. E allora cos’hai da lamentarti?

    – Niente, solo che…

    – Solo che, come al solito, meno si lavora, meno si ha voglia di lavorare. Dico bene?

    Il grassoccio postino abbozzò un sorriso a metà tra l’ebete e il goffo. – Mica non ho voglia, solo che se avessi un aiuto, soprattutto quando la neve è abbondante come quest’anno…

    – Rivolgiti ai Sette Nani – tagliò corto Babbo Natale. Chissà perché pensava sempre a loro come possibili aiutanti. – Io ho già il mio daffare con tutti i doni da trovare, consegnare, eccetera. Penso di averne abbastanza.

    Tobia si arrese. – Okay, Barba. Non ti secco più; questa è la posta per te. Buona lettura, io ritorno a valle.

    – Grazie, non ho bisogno di aiuto. Ah, già: non mi hai chiesto se ho bisogno d’aiuto. – Si stirò in un sorriso finto. – Ciao, Tobia. E non chiamarmi Barba. Mi chiamo Babbo Natale, okay?

    – Okay… Babbo Natale. Non hai bisogno d’aiuto, vero?

    Il postino scansò con insospettabile agilità un manrovescio. – Ehm… ciao, Babbo. Io scappo.

    Babbo Natale gli sbatté la porta in faccia. Poi scosse la testa.

    Gettò un’occhiata al sacco della posta: era bello pieno. Avrebbe richiesto un lavoro lungo e faticoso. Sperò fosse l’ultimo, per quell’anno.

    Sospirò. – Diamoci da fare – disse tra sé e, rovesciato il sacco, aprì la prima letterina.

    Molto tempo dopo (anche se il tempo per Babbo Natale non scorre come per gli umani), aveva completato la prima fase dell’operazione: lettura e catalogazione delle richieste.

    Aveva disposto le lettere in varie pile, a seconda della categoria di regalo. Di norma riusciva a dare a tutte una giusta collocazione. Stavolta, però, una lettera risultò non catalogabile. La lesse di nuovo per cercare di capire meglio:

    Carissimo Babbo Natale,

    spero tu possa aiutarmi. Tutti credono che tu sia solo un simpatico personaggio immaginario, ma ora so che non è così. Sono convinto in cuor mio che esisti per davvero. Perciò ti chiedo un gran favore. Ho purtroppo riscontrato di non avere fiducia in me stesso. Sono timido, chiuso, introverso. Così capita che miei compagni di scuola non mi prendono in considerazione, non mi chiamano per giocare a pallone o andare in discoteca con loro. Mia madre mi rimprovera di non rendere a scuola. Ma il peggio è che (soprattutto!) non riesco ad attrarre l’attenzione della mia vicina, una ragazza magnifica, straordinaria, bellissima. A volte penso di valere molto, ma al momento di dimostrarlo mi calo le brache e faccio clamorose figuracce. Allora tendo a scoraggiarmi e finisco col cadere in profonde crisi. Non so come uscire da questa situazione e così ho pensato di rivolgermi a te per un aiuto.

    Sarebbe bello se tu potessi farmi sentire più sicuro di me. Con la fiducia in me stesso troverei il coraggio e risolverei tutti i problemi, ne sono convinto. So che tu puoi tanto. Sono certo che riuscirai ad aiutarmi.

    Ti prego, esaudisci questa mia richiesta e ti sarò grato per tutta la vita.

    Tuo affezionatissimo,

    Marcel

    Babbo Natale richiuse la lettera. Davvero una strana richiesta, come poteva mai soddisfarla?

    Distrattamente, l’occhio gli cadde su uno specchio che aveva in fondo alla stanza: scoprì di essere ancora in mutande. Decise di prendersi una pausa per lavarsi e vestirsi.

    Mentre infilava gli stivali pensò che da solo non avrebbe potuto aiutare il povero Marcel. Era in grado di dare in regalo ogni cosa, sì, ma a patto che fosse concreta, un oggetto. A volte, grazie alla sua inventiva, aveva il potere di combinare incontri. Ma come poteva mai procurarsi la fiducia?

    Al termine di una serie infinita di elucubrazioni, concluse che l’unica possibilità era tentare un trucco. Sapeva che in passato il mago di Oz c’era riuscito.

    Trucco, trucco… Trucco uguale magia, magia uguale fata. Uhm, già. La sola persona che poteva aiutarlo era lei: Fata Turchina.

    Balzò in piedi e uscì dalla baita proprio mentre due renne decollavano passando davanti all’uscio. Una di loro – Ballerina, forse – andò a sbattere contro un pino, sollevando una nuvola di neve. La renna cadde pesantemente, con un gran tonfo, poi scosse il capoccione, si rialzò e ripartì all’inseguimento dell’altra. Le Magiche Renne senza guida a volte non controllavano il loro volo.

    Babbo Natale fece una smorfia contrariata e ritornò ai suoi pensieri. In effetti, era un bel po’ che non andava a far visita alla fata. Con lei si comportava di solito in modo schivo e se non c’era un motivo più che valido cercava di non coinvolgerla. Stavolta però il motivo l’aveva. Non poteva lasciare che una richiesta espressa per iscritto rimanesse inevasa, ma non aveva nessuna idea di come fare a soddisfarla.

    Il Massimo Regolamento parlava chiaro: "Tutti i firmatari delle lettere indirizzate a Babbo Natale in occasione della Grande Festività, se ritenute idonee, dovranno vedere esaudito il desiderio espresso nella lettera, senza eccezione".

    Raggiunse la slitta e con alcune delle renne, quelle ancora legate, partì verso il Castello Incantato.

    2

    Quando Fata Turchina vide Babbo Natale s’illuminò; era sempre felice di incontrarlo.

    – Hai portato con te la lettera, Ben? – gli chiese, dopo aver saputo il motivo della visita. Poi prese posto in un’ampia poltrona e lo invitò a sedersi. Appariva bellissima nella sua veste azzurra. Mosse leggermente, con un elegante movimento, i lunghi capelli, in quell’occasione corvini.

    – Eccola. – Babbo Natale le porse il foglio. Rimase poi lì, impalato, aspettando qualche suo suggerimento. La fata lo metteva un po’ in soggezione per i modi regali che mostrava nel muoversi e parlare. Quando completò la lettura, Fata Turchina sollevò lo sguardo verso il Grande Uomo Buono.

    – Mmm… Il regalo che desidera il nostro Marcel non fa parte di quelle cose che puoi procurare con facilità.

    – Eh, sì.

    – Tuttavia, non può essere impossibile.

    – Eh, no.

    – Ma come si può regalare la fiducia in se stessi? È una cosa che nasce dall’interno, o che viene indotta da qualcuno che ti incoraggia e ti ammira per ciò che fai.

    – Appunto. – Babbo Natale avrebbe voluto aggiungere: andiamo al sodo, queste cose le so. Ma tacque con rispetto.

    La fata riprese. – Vediamo… forse dalla lettera possiamo trarre qualche indicazione utile. Cominciamo con la fiducia indotta. Le persone che non danno fiducia a Marcel sono: la madre, perché lo rimprovera di non conseguire buoni risultati a scuola; gli amici, che non lo invitano a giocare a pallone ma, soprattutto, dice, le ragazze che non lo degnano di uno sguardo.

    La fata si toccò il mento, poi il volto le s’illuminò e, arcuando le sopracciglia sottili, chiese: – Ben, qual è il tuo sistema per procurare i regali natalizi?

    Babbo Natale restò un po’ stupito della domanda. – Lo sai come faccio. Perché me lo chiedi?

    Impaziente, la fata fece un ampio gesto con la mano. – Dimmelo di nuovo.

    – Me li procuro sulla Terra.

    – Sì, ma come?

    – Li prelevo dai magazzini.

    – Prelevi? Forse è meglio dire che hai maturato un’incredibile capacità di falsificare gli inventari per sottrarre le cose che i bambini ti hanno richiesto. Mentre nell’immaginario collettivo un esercito di improbabili gnomi le costruisce. Infine fai credere ai genitori che sono stati loro a comprarle. Ho sbagliato qualche passaggio?

    Babbo Natale fece due occhi tondi e si lisciò tra pollice e indice il lobo di un orecchio. – Falsificare mi sembra una parola grossa. Mi limito a qualche piccola alterazione. E, a dirla tutta, questo è uno dei compiti del tappo. Ma dove vuoi arrivare?

    – Voglio arrivare a dire che utilizzi gli umani per soddisfare gli umani, giusto?

    – Sì. Ma… ancora non capisco.

    – Caro Ben, penso che tu possa adottare lo stesso metodo anche questa volta. Solo che ora il magazzino di cui alterare l’inventario è un po’ diverso. Si tratta di un prelievo, diciamo così, dalla banca emotiva.

    Babbo Natale mostrò una faccia imbambolata. – Con questa frase, Turchina, sei riuscita a farmi piombare nel buio più fitto.

    – Eppure, Ben, se ci pensi, scopri che non è così difficile. Con la fantasia ci puoi arrivare da solo.

    Babbo Natale usò tutta la fantasia che aveva. Alla fine concluse: – Non ci arrivo.

    – Suvvia, Ben, – fece lei spazientita, – qui dobbiamo operare un intervento di ricostruzione! E, per fare ciò, è necessario che qualcuno cominci a prendere in seria considerazione il ragazzo. A stimarlo, apprezzarlo, ammirarlo perfino. Ma, a quanto pare, affinché ciò avvenga bisogna che questo qualcuno sia… spinto a farlo. Mi spiego?

    – In effetti, cominci a spiegarti. Ma chi può essere questo qualcuno e come

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