Le cronache del lupo
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Fantasy - romanzo (132 pagine) - Un'impresa ai limiti del possibile per Lupo di Ferro.
Lupo di Ferro è un Cercatore, recupera oggetti preziosi dietro compenso. Sempre a caccia di imprese che possano fruttargli qualcosa e sfide che mettano alla prova la sua abilità di guerriero, questa volta, insieme al suo compare Stigo, ha accettato un incarico che nasconde pericoli ben maggiori di quelli che i due sono disposti a correre. Dalle profondità della terra si risvegliano creature terribili mentre nobili degenerati sono disposti a tutto pur di non perdere il loro antico potere. Coinvolto da una donna misteriosa in una guerra più grande di lui, Lupo di Ferro si trova sul cammino di forze che faranno di tutto per annientarlo!
Alessandro Zurla è nato a Bologna nel 1982. Attore-doppiatore professionista ha prestato la voce a innumerevoli personaggi principali di cartoni animati, film, telefilm e videogiochi, tra cui: Dragonball Super, Code Geass, Tredici, The Preacher, Sir, Alan Wake, The Last of Us 2 e altri.
Oltre ad aver preso parte a diversi spettacoli nel corso degli anni (su testi di Tarchetti, Simenon, Williams e altri), dal 2017 recita nel progetto teatrale/musicale DanteMotivo, basato sull'Inferno di Dante. Collabora con il sito Hyperborea.live, dove coniuga la sua passione per il fantasy con la musica metal.
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Le cronache del lupo - Alessandro Zurla
1
Il cercatore
La locanda era avvolta dai fumi del camino e delle pipe degli avventori.
Stilettate di aria gelida attraversavano la cappa di caldo soffocante e impedivano di abbandonarsi a un torpore sonnolento, a meno di non aver bevuto vino in abbondanza.
Rheinart si trovava a suo agio in mezzo alla confusione e agli odori aciduli di sudore e zuppa di quart'ordine. Sedeva in un angolo e osservava i clienti: artigiani, bottegai, qualche mercenario, prostitute e faccendieri di vario tipo. La confusione regnava sovrana e le timide melodie pizzicate da un menestrello relegato in un minuscolo spazio venivano inghiottite dal fracasso dei commensali.
Una procace cameriera si faceva largo tra la ressa portando vassoi ricolmi di piatti di carne o di boccali di sidro, agile in mezzo alla calca di corpi come una grassa sirena tra le onde di un mare in burrasca.
Accortosi di aver ingollato l'ultimo sorso di birra, Rheinart alzò il braccio muscoloso e attirò l'attenzione della donna; questa rispose con un cenno della testa e sparì di nuovo sul retro. Quando tornò gli mise un boccale pieno sotto al naso, piegandosi in maniera volutamente ostentata per esibire il procace davanzale. L'uomo incrociò il suo sguardo e vide che gli faceva l'occhiolino, arricciando la bocca in un sorriso lascivo. Lui rispose con un minuscolo cenno del capo; non sapeva ancora se avrebbe avuto il tempo di dedicarsi a una scorribanda sotto le lenzuola quella sera ma nel caso ne avrebbe approfittato volentieri. La cameriera era il suo tipo: bionda, in carne, sudata e con l'aria di chi arriva subito al sodo. La guardava allontanarsi studiandone il fondoschiena quando una voce lo strappò dalle sue fantasie.
– Sei tu Lupo di Ferro?
Un uomo magro e gracile, già in là con gli anni, emerse da una nuvola di fumo di pipa e si avvicinò con discrezione.
Rheinart non parlò, si limitò a scostare la mantella gli che copriva la pettorina. L'effige del lupo feroce scolpita nel metallo si rivelò alle luci rossastre della locanda. La stoffa ocra ricadde subito a coprirla, celandola nuovamente alla vista.
– Posso sedermi? – chiese il vecchio e si accomodò al cenno della mano dell'altro.
– Sono Tobias, sono stato io a chiamarti.
Rheinart lo osservò: i vestiti che indossava non erano appariscenti ma tradivano una grande agiatezza. Il suo portamento poco elegante gli fece escludere che avesse sangue blu nelle vene. Forse un ricco mercante. Aveva l'aria nervosa e Lupo di Ferro avrebbe scommesso che il sudore che gli imperlava la fronte non fosse del tutto dovuto al caldo della locanda.
Notò un individuo alle sue spalle che se ne stava volutamente in disparte e che non staccava loro gli occhi di dosso. Aveva il volto duro e inespressivo e ruotò appena su se stesso in modo da mettere in mostra la spada che portava al fianco. Doveva essere la guardia del corpo del vecchio.
Quest'ultimo si accorse di essere sotto esame e sorrise.
– È una semplice precauzione, non avertene a male. E sappi che sono perfettamente in grado di pagarti; so che i tuoi servigi non sono a buon mercato ma ti assicuro che posso permettermeli.
Rheinart non commentò, preferendo addentare l'ultima coscia di pollo sul piatto e strapparne la carne masticando rumorosamente.
– Di che si tratta? – domandò con voce baritonale.
L'altro si schiarì la gola: – Quando ho saputo che il celebre Lupo di Ferro si trovava qui al nord ho pensato che fosse qualcosa di più di un semplice colpo di fortuna. Sei, come si dice, l'uomo giusto al momento giusto.
– Non è quello che ti ho chiesto – disse Rheinart bevendo un altro sorso di birra.
Tobias estrasse una pergamena dalla veste e la spiegò sul tavolo scuro.
Lupo di Ferro si scostò una ciocca di capelli rossi dal viso squadrato e si piegò in avanti per osservare meglio: era il disegno di un'ampolla trasparente dalla forma sinuosa, con tante piccole sfaccettature. Conteneva un liquido dipinto di blu e sotto al disegno c'era una sola parola: lexi.
– Che cos'è?
Il vecchio sorrise di nuovo, teso, mettendo in moto il reticolo di rughe del volto ossuto.
– Non credo che un cercatore debba sapere certe cose per fare il suo lavoro.
Il petto largo di Rheinart si gonfiò in un respiro profondo, cui fece seguito un attimo di silenzio.
– Sta a me decidere cosa devo sapere – rispose. – Quanto è grande?
– Può stare in un palmo di mano.
– È fragile?
– Il cristallo è robusto, infrangibile, ma non lo metterei alla prova. Il contenuto non deve assolutamente andare sprecato.
Di nuovo silenzio.
– Lexi è il nome del contenuto?
– Sì.
– È pericoloso?
– Non per chi lo trasporta.
– L'ampolla era già tua? È un recupero o un'acquisizione?
Un lampo indecifrabile attraversò gli occhi di Tobias e scomparve altrettanto rapidamente.
– Un'acquisizione. È stato difficile sapere dove si trovasse; un altro colpo di fortuna, se vuoi.
Diciamo che il suo precedente proprietario non potrebbe farsene più nulla.
– La fonte delle tue informazioni è affidabile?
– Sì.
– C'è un tempo limite?
– Prima recupererai l'ampolla meglio sarà.
– Ci sono altri sulle sue tracce?
– Non qui, per ora.
Rheinart tornò ad appoggiarsi con la schiena alla sedia, che scricchiolò sotto il suo peso. Nonostante la stazza imponente, Lupo di Ferro era veloce e pronto di riflessi, ma ciò non significava che fosse rapido anche nel prendere le decisioni.
Quella era la parte del lavoro che gli piaceva meno, capire di chi fidarsi e in che misura. Cercava sempre di avere quante più informazioni possibili prima di accettare un lavoro, consapevole che la metà delle cose che sentiva era inventata di sana pianta o nascondeva tranelli.
Gli era già capitato di trovarsi nei guai per aver rubato cose che non avrebbe dovuto toccare o per essersi infilato in situazioni più pericolose del previsto ma non c'era modo di evitarlo: l'esperienza aiutava solo fino a un certo punto. E il vecchio chiaramente non gli stava dicendo tutto.
– Dov'è? – gli chiese.
Tobias abbassò la voce e si fece avanti col capo: – In un complesso di caverne sul fianco est della grande collina rocciosa. Non ci sono sentieri che portino lì, dovrai aggirare il cimitero e inoltrarti nella boscaglia. Troverai una piccola grotta nascosta dagli arbusti, ti basterà seguire l'odore delle carcasse di animali.
Gli occhi verde scuro del cercatore trapassarono il cliente.
– Qualcos'altro che dovrei sapere? – indagò accompagnando la domanda con un'espressione eloquente del viso.
Il vecchio si mosse a disagio sulla sedia e si schiarì di nuovo la gola, improvvisamente secca.
– Nelle caverne potrebbe esserci un grimlach. C'è chi dice di averlo visto e chi sostiene invece che siano tutte fandonie. A ogni modo nessuno si aggira da quelle parti.
– Tu cosa pensi?
– Io… temo che sia vero.
Rheinart fece una smorfia. Un grimlach: un ragno divoratore di cadaveri. Non esattamente la più gradevole delle compagnie, ma la vicinanza di un cimitero sembrava rendere la cosa plausibile.
– Ci sono state profanazioni di tombe?
L'altro annuì.
Lupo di Ferro grugnì. Se gli abitanti di Ostallia avessero voluto scoprire la verità sull'esistenza della creatura sarebbe bastato esplorare le caverne, ma se nessuno si azzardava a farlo voleva dire che non c'era niente che giustificasse il rischio.
A parte questo lexi che interessa tanto al vecchio… pensò Rheinart.
Non aveva mai sentito prima la parola lexi; forse Stigo ne sapeva qualcosa.
– Duecento gerche d'argento – disse infine.
Le sopracciglia di Tobias si alzarono un poco per lo stupore ma non protestò.
– Cinquanta prima del lavoro e le altre ad acquisizione compiuta – proseguì Rheinart.
– Non ho quel denaro con me ora.
Il cercatore annuì: – Domattina il mio socio si farà trovare sul retro di questa stamberga. Ha la corporatura di un bambino ma non lo è. Si chiama Stigo. Dagli il denaro, ti consegnerà una ricevuta firmata. Se tutto andrà bene mi troverai dopodomani sempre qui, con la merce. Per allora porta il resto dei soldi. Se non ci sarò vorrà dire che sarò morto e Stigo si terrà le cinquanta gerche per il disturbo. Siamo d'accordo?
Tobias rispose di sì e capì che la conversazione era terminata. Senza aggiungere altro si alzò e uscì dalla locanda sparendo tra la ressa, seguito dalla sua guardia del corpo.
Rheinart finì il boccale di birra, lasciò tre gerche di bronzo sul tavolo e si infilò il mantello. Tra i tavoli incrociò la cameriera che gli lanciò uno sguardo fugace cui lui non rispose. Doveva pensare.
L'aria fredda della sera gli aprì i polmoni e lo svegliò dall'intorpidimento dato dal fumo. Si strinse nel mantello e si incamminò lungo la fangosa strada principale, diretto all'albergo.
La case di Ostallia erano basse e con i tetti spioventi, costruzioni tipiche di quelle zone così a nord dove il clima era più rigido e la neve poteva pesare sulle abitazioni fino a sfondarle. I soffitti bassi permettevano ai fuochi di scaldare meglio gli ambienti, trattenendo il calore all'interno delle mura di legno e pietra. Strano che ci fosse tanta pietra, si disse Rheinart; si trattava tutt'al più di case di popolani o plebei. Il castello del barone sembrava abbastanza grande da poter ospitare tutti gli abitanti in caso di invasione nemica, e una simile ricchezza distribuita tra tutti quanti gli parve curiosa.
– I tempi stanno cambiando – rifletté a bassa voce in un curioso misto di malinconia e soddisfazione. – I nuovi borghesi diventano sempre più influenti e il denaro conta più del lignaggio e del sangue nobiliare.
Rheinart non era un nostalgico, quello che rimaneva di nobile nel suo sangue era stato versato molto tempo prima. Lo stesso stile di vita che aveva abbracciato era la negazione delle sue radici. Ciononostante non poteva evitare di chiedersi che cosa sarebbe successo quando la società fosse cambiata al punto da sovvertire l'ordine conosciuto. Di certo i soprusi non sarebbero terminati, si disse, sarebbero semplicemente passati di mano. La nuova ondata di arricchiti non avrebbe portato tutti i benefici che la gente immaginava; il denaro si stava trasformando in un nuovo tipo di tirannia che spesso finiva in mano a persone dannatamente pericolose.
Si strinse nelle spalle: non erano affari che lo riguardassero e in ogni caso lui non era credibile come filosofo. Ciò che contava era che ci fosse qualcuno disposto a pagare per i suoi servigi.
Poteva solamente augurarsi di continuare ad avere una piccola proprietà cui tornare alla fine di ogni viaggio. Ma se un giorno fosse tornato a casa e avesse scoperto di essere stato espropriato anche di quanto rimaneva delle sue terre, a quel punto avrebbe dovuto rassegnarsi.
La punta di amarezza che gli attraversava il petto ogni volta che si soffermava al pensiero delle sue terre non accennava a diminuire, anche a distanza di anni. Sperò che prima o poi sarebbe riuscito a liberarsi di quell'ultima parte di eredità che gli gravava nell'animo.
Ma non ci contava molto.
Giunto davanti all'alloggio, si pulì gli stivali sul rialzo di metallo di fianco all'entrata e si infilò dentro. Il custode gli fece un saluto svogliato prima di tornare a dedicarsi alle sue carte da gioco.
Salito al piano superiore, Rheinart entrò in camera e vide Stigo che spulciava come al solito le sue pergamene. Quest'ultimo si interruppe e sollevò la testa: – Allora? Di che si tratta?
Il cercatore si avvicinò, sovrastando il socio per tutta la lunghezza del busto, e tirò fuori la pergamena con il disegno dell'ampolla. Stigo la prese tra le mani e se la rigirò più volte sotto gli occhi avidi.
Con la fronte corrugata disse: – Lexi… Tu ne sai qualcosa?
Buttandosi sul pagliericcio con tutto il peso Lupo di Ferro emise un sonoro sospiro: – Speravo me lo dicessi tu. Non è compito tuo? Tobias ci paga duecento gerche d'argento, cinquanta in anticipo.
Fatti trovare domattina sul retro della locanda con una ricevuta.
Tutto contento, Stigo tornò a immergersi tra le scartoffie dando le spalle al compare.
– Visto come è andato l'ultimo incarico questa potrebbe essere la svolta prima di tornare al sud! Le tre lettere di credito che abbiamo messo insieme non sono un granché, ma con altre duecento gerche d'argento ne viene