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Scritti minori: Saggi di storia sobiesciana
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Scritti minori: Saggi di storia sobiesciana

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Il volume presenta alcuni temi storiografici legati all’età sobiesciana che Gaetano Platania ha già affrontato in passato e che vengono, qui, riproposti alla luce di inedite ricerche e secondo nuove prospettive di analisi.
Attraverso la lettura di testi a stampa coevi e lo spoglio di documenti manoscritti, con un attenzione specifica a quelli conservati nei depositi vaticani – le nunziature di Vienna, Madrid, Lisbona e Varsavia – e romani – il Diario di Carlo Cartari conservato dall’Archivio di Stato di Roma e gli Avvisi Marescotti consultabili presso la Biblioteca Nazionali di Roma –, l’autore restituisce un quadro esatto e appassionato delle complesse vicende che videro la Rzeczpospolita di Jan III Sobieski protagonista in Europa contro gli infedeli turchi.
Un excursus storico che dalla liberazione di Vienna [1683] sotto l’attenta regia di Innocenzo XI Odescalchi, giunge fino alla pace di Carlowitz del 1699: al centro troviamo approfondimenti e nuovi spunti di riflessione relativi alla lega santa del 1684 estesa a Venezia, le campagne fallimentari in Moldavia di Sobieski, la sua morte avvenuta nel 1696 e, infine, la convulsa corsa al trono polacco con l’elezione a successore del defensor fidei del sassone Augusto II Wettin. 
LanguageItaliano
Release dateNov 26, 2021
ISBN9788878539310
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    Scritti minori - Gaetano Platania

    ABBREVIAZIONI E SIGLE

    ADB Neue Deutsche Biographie

    APF Archivio Sacra Congregazione de Propaganda Fide

    APFOR Archivio Privato della Famiglia Odescalchi - Roma

    ASL Archivio di Stato di Lucca

    ASMo. Archivio di Stato di Modena

    ASR Archivio di Stato di Roma

    ASVen. Archivio di Stato di Venezia

    A.A.V. Archivio Apostolico Vaticano

    B.Als. Biblioteca Alessandrina - Roma

    B.A.V. Biblioteca Apostolica Vaticana

    Barb. Lat. Fondo Barberino Latino

    BCors. Biblioteca Corsiniana - Roma

    BLL British Library of London

    BNVE Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele - Roma

    BSL Biblioteca Statale - Lucca

    DBI Dizionario Biografico degli Italiani

    Diario Fondo Cartari-Febei, Effemeriti Cartarie.

    Diario e cronache (…)

    Ottob. Lat. Fondo Ottoboniano Latino

    PAMAE Parigi, Archives du Ministère des Affaires Etrangères

    Urb. Lat. Fondo Urbinate Latino

    Vat. Lat. Fondo Vaticano Latino

    PSB Polski Słownik Biograficzny, t. 1-32, Kraków-

    Warszawa 1935-1990

    RHD Revue d’Histoire Diplomatique

    AVVERTENZE

    Per la trascrizione dei documenti presenti nel testo si sono seguite le seguenti regole:

    a) la forma italiana è stata modernizzata:

    b) caduta delle h iniziali;

    c) à = a; ò = o; et = ed o e; fò = fo

    d) ti = z (esempio: informationi = informazioni);

    d) caduta degli j come equivalenti di un doppio;

    e) caduta di una consonante doppia come equivalente di una singola (esempio: doppo = dopo; essecuzione = esecuzione; essemplare = esemplare);

    f) le abbreviazioni sono state sempre sciolte;

    g) gli accenti, la punteggiatura, le maiuscole e le minuscole sono secondo l’uso moderno;

    h) si sono omesse le formule di saluto iniziale;

    l) le lacune sono indicate da due barre /.../;

    i) si è trasformato sii in sia

    Per ragioni tipografiche e tecniche, la grafia dei nomi dei luoghi e delle città citate nella documentazione, sono secondo la grafia originale.

    PREMESSA

    [...] i nostri brani di carta sono echi e vestigia

    di questo passaggio della chiesa [...]. Ed ecco che, allora,

    l’avere il culto di queste carte, dei documenti,

    degli archivi, vuol dire, di riflesso, avere il senso della Chiesa,

    dare a noi stessi, dare a chi verrà la storia del

    passaggio, del transitus Domini nel mondo

    (Paolo VI, Allocutio Summi Ponteficis, 26 septembris 1963)

    1.

    Raccolgo qui, secondo l’ordine cronologico-temporale, alcuni temi che ho già in parte trattato nell’arco della mia vita accademica e che fanno riferimento all’età sobiesciana nella seconda metà del XVII secolo. Momenti analizzati attraverso testi a stampa coevi e documenti manoscritti nazionali ed internazionali.

    Sono molte, in realtà, le fonti che ho preso in considerazione per questo excursus, carte dalle quali ho tratto le vicende che hanno coinvolto in particolare la Rzeczpospolita; quell’area geo-politica «in molti luoghi salvatica e boschereccia e in molti anche paludosa, ma generalmente è piana» [1] , secondo la descrizione che ne faceva nel 1682 Giuseppe Miselli, noto corriere di papa Innocenzo XI Odescalchi.

    Volendo inquadrare nel modo più puntuale alcuni episodi della storia polacco-lituana con quelli relativi all’Europa continentale, con la Santa Sede, con l’impero ottomano, ecc., ho preso in esame in primis le carte conservate nei depositi vaticani, tra cui le nunziature di Vienna [2] , Madrid, Lisbona e Varsavia [3] , oltre a quelle custodite presso archivi nazionali e internazionali.

    Ho utilizzato inoltre un’altra importante fonte, il Diario di Carlo Cartari, di professione Avvocato Concistoriale [4] , documento conservato presso l’Archivio di Stato di Roma [5] , una fonte, a mio giudizio, molto citata in generale ma presa quasi mai in considerazione con l’attenzione che meriterebbe per quanto attiene alla storia dell’Europa centro-orientale [6] .

    Questa peculiare scrittura privata [7] , si differenzia dalle memorie e/o dalle aurobiografie, perché resta strumento confidenziale, intimo, soprattutto, perché destinato a restare chiuso nei cassetti e nell’oblio. Era, in concreto, stilato per uso personale da chi amava tornare a rileggere ciò che si era annotato e riportare alla mente avvenimenti e curiosità da fissare nella propria mente e ripetere quella sensazione già vissuta, che poteva essere di gioia ma anche di dolore.

    Nelle pagine di Cartari, alcune volte la notizia si rincorreva a breve distanza, altre volte, se la circostanza era per lui di particolare interesse, seguiva l’evolversi del fatto riportando sul foglio quello che di specifico l’episodio significava in sé. Anzi, non era raro che egli trascriveva l’avvenimento sotto una data già passata oppure cancellava un nome o scriveva a margine del foglio non andò, o non avvenne ecc. Amava - dunque - verificare se ciò che aveva richiamato si sarebbe poi concretizzato realmente. Il suo interesse era, infatti, verificare che la storia trascritta avesse un inizio e una fine, ma non è raro leggere una nuova secca, come nel caso di una scossa di terremoto che si avvertì chiaramente per Roma tra la notte del 10 e l’alba dell’11 giugno 1674 [8] .

    Il Diario (redatto con puntigliosa precisione tra il 1642 e il 1691, anno della morte di Cartari e che nelle intenzioni del nostro non era, come si è detto, destinato alla pubblicazione) consiste in una immensa mole di fogli tra i quali non mancano facezie o curiosità di vario genere:

    Curioso avvenimento succede in Roma cagionato da’ francesi. È situato dirimpetto alla chiesa de’ Savoiardi alla Valle il Palazzo de’ Caffarelli nel quale da alcuni anni abitano quelli che si dicono dell’Accademia de’ Virtuosi del Re di Francia, vedendosi perciò sopra la porta affissa una grand’arme del Re Christianissimo. Ma ciò non bastandogli, si è veduto in questigiorni piantato nell’andito di detto palazzo uno svezzero che con l’alabarda vi fa continuamente la guardia, e con gran cortesia cava il cappello e fa il ghigno a qualunque galant’uomo che vi passa in carrozza. Il suo abito è alla svizzera come quelli della guardia pontificia, di colore incarnato acceso e turchino parimenti acceso, e dicono che di tal divisa è l’abito de’ svezzeri della guardia del Re in Francia [9] .

    Cartari dimostra di essere uomo assai curioso, oltre che puntuale e preciso. Per lui ogni cosa era degna di essere annotata perché ogni notizia era, a suo dire, un fatto rilevante da ricordare. Così, al di là della quasi quotidiana applicazione ad annotare il mondo che lo circondava, non desta nessuna meraviglia trovare sparsi tra le pagine del Diario, bigliettini, appunti, stampe e tanto altro ancora, tutte cose che il nostro acquisiva nei modi più diversi e disparati e che avidamente faceva suoi appena ne veniva in possesso e/o a conoscenza [10] .

    Per gli avvenimenti verificatisi in età sobiesciana, molti di questi sono presenti in quasi tutti i volumi del Diario, dove le notizie relative a quell’area geo-politica sono tante e ripetute. Tuttavia non scarseggiano neppure le relazioni con il resto dell’Europa continentale. Non manca, ovviamente, il problema turco, né difettano avvenimenti o fatti relativi agli Asburgo d’Austria, ai difficili rapporti con la corte di Luigi XIV, neppure è omessa la questione magiara e l’ambigua figura di Imre Tököli [11] , indiscusso capo dei rivoltosi kuruczok, così come si possono trovare precisi ragguagli che si riferiscono in generale all’Europa continentale:

    Si è avuto avviso del combattimento seguito in Olanda tra le armi francesi, e dall’altra parte Imperiali, Spagnuoli et Olandesi, dicendosi con molta mortalità degl’istessi francesi, d’ordine del Re de’ quali si dice esser stato richiamato il suo ambasciatore residente in Spagna, dal che puole argomentarsi che si voglia dichiarare rotta la pace tra di loro, stabilita dal Cardinale Mazzarini [12] .

    Partendo da questo presupposto, il mio interesse si è soffermato sul difficile interregno che porterà all’elezione di Jan III Sobieski al trono di Polonia [13] , episodio considerato da gran parte della storiografia un’occasione di speranza per il futuro del regno il cui capo, al quale tutti riconoscevano grande capacità militare, avrebbe potuto riportare nel giusto ruolo che competeva a questo regno da sempre considerato come antemurale Christianitatis contro l’infedele turco e il mondo scismatico.

    Il successivo passaggio della ricerca, non poteva che essere la nascita della lega santa del 1683 poi rinnovata e allargata nel 1684 con la partecipazione della Serenissima Repubblica di Venezia, per proseguire ad analizzare le fallimentari campagne militari del sovrano polacco in Moldavia e giungere alla morte di questo eroe tanto amato dall’intera cristianità e temuto dagli infedeli turchi. Il libro prosegue con esaminare il tentativo fallimentare del principe don Livio Odescalchi, nipote del beato Innocenzo XI, di candicarsi alla successione, come il difficile interregno che avrebbe poi portato dopo una scelta «né semplice né facile» [14] all’elezione del luterano August II Wettin, per l’occasione convertitosi al cattolicesino [15] .

    Prendendo le mosse dal vol. 78 relativo all’anno 1674 del Diario, ho cercato di raccontare questi momenti centrali per la storia della Rzeczpospolita e dell’Europa continentale, confrontate con documenti delle varie nunziature (soprattutto quelle di Varsavia, Vienna, Lisbona ecc.) oltre al materiale archivistico conservato negli archivi e nelle biblioteche romane, italiane ed europee.

    Nei miei precedenti lavori dedicati al tema, mi sono spesso soffermato sulla figura di questo valoroso stratega divenuto poi sovrano che ha saputo fermare il poderoso esercito guidato dal gran visir Kara Mustafà giunto fin sotto le mura di Vienna, capitale imperiale [16] , salvando così non solo l’Europa dall’invasione ottomana ma la stessa idea di cristianità benché ferita dallo scisma protestante di Lutero.

    Se la Maestà del Re si mette in campagna e che abbi il comando anche dei Cesarei come si è convenuto, Vostra Eminenza mi creda che farà miracoli e che s’immortalerà [17] .

    Un tentativo di conquistare Vienna che il governo della Sublime Porta aveva già tentato di fare nel lontano 27 settembre del 1520 quando Süleyman I Muhteşem [= il Magnifico], a capo di un poderoso esercito, metteva per la prima volta sotto assedio la capitale imperiale [18] .

    Il motivo che aveva spinto il sultano a questa campagna militare, era quello di volersi estendere a settentrione conquistando Vienna che rappresentava allora, come nel 1683, la preda più ambita e il trampolino di lancio per ulteriori espansioni [19] .

    Fu quello il primo assedio portato alla capitale dell’impero e l’insuccesso di allora fu anche il punto più elevato della gloriosa marcia ottomana nell’Europa di centro, sebbene non mancarono nei seguenti 163 anni scontri, tensioni e incursioni turche sfociate poi in quella memorabile vittoria dell’esercito polacco-imperiale guidata proprio da Sobieski.

    Se l’esperienza del primo assedio, secondo alcuni storici, aveva come fondamento e come obiettivo principale quello di stabilizzare il controllo del area magiara (=regno di Ungheria) [20] , anche il successivo aveva il medesimo obiettivo che combaciava, questa volta, con gli interessi di Luigi XIV intento a creare idealmente un secondo fronte orientale per indebolire e intrappolare Leopoldo d’Asburgo tra due fuochi, rallentando così la vigilanza dell’imperatore nell’area del Reno.


    [1] G. Miselli, Il Burattino Veridico o vero Instruzione generale per chi viaggia con la descrizione dell’Europa e distinzione de’ Regni, Provincie e Città e con un’esatta cognizione delle monete più utili e correnti in detti luoghi et in Italia (….). Dedicata all’Illustrissimo Signor Marchese Filippo Nerli Generale delle Poste della Santità di Nostro Signor Papa Innocenzo XI, Roma 1682, pp. 108-111.

    [2] Si tratta della nunziatura ancora del inedita tenuta da Francesco Buonvisi nella capitale dell’impero per gli anni 1683-1685, mente il periodo trascorso dal lucchese in qualità di nunzio straordinario rimando ai due volumi curati da Furio Diaz e Nicola Carranza, citati nel testo e nella bibliografia alla fine del volume.

    [3] Per la nunziatura di Varsavia tenuta da monsignor Opizio Pallavicini rimando ai volumi pubblicati da Maria Domin, citati nella bibliografia alla fine del volume.

    [4] Sulla personalità di Cartari, sul suo di archivista e sulla famiglia cfr. O. Filippini, Memoria familiare e scritture d’archivio: Carlo Cartari nella Roma del Seicento, in Mélanges de l’Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée, 118, 1, (2006), pp. 141-161; Ib., Memoria della Chiesa, memoria dello Stato. Carlo Cartari (614-1697) e l’Archivio di Castel Sant’Angelo, Bologna 2010; S. Feci, I Cartari, una famiglia di giuristi nella Roma barocca, relazione alla conferenza Society and Culture in the Baroque Periode (Roma, 27-29 marzo 2014 e consultabile a http://www.enbach.eu/it/content/i-cartari-una-famiglia-di-giuristi-nella-roma-barocca.

    [5] ASR, Archivio Cartari-Febei, Effemeridi Cartarie. Diario e cronache degli avvenimenti romani e pontifici in particolare e d’Europa in generale con allegati documenti a stampa e stampe [da ora in poi: Diario].

    [6] Qualche interesse verso il Diario si è già avuto in passato e anche recentemente. Su questo cfr. R. Guèze, Echi di storia polacca nel diario di un dignitario pontificio del secolo XVII, Carlo Cartari, in Barocco fra Italia e Polonia, a cura di Jan Ślaski, Warszawa 1971, pp. 371-386; Ib., Echi di storia ungherese nel «Diario» di un dignitario pontificio del secolo XVII: Carlo Cartari, in Venezia e Ungheria nel contesto del Barocco europeo, a cura di Vittore Branca, Firenze 1979, pp. 271-285; H. Fokciński, «Avvisi» come fonte di notizie sul contributo dei Polacchi nella liberazione di Vienna nel Diario di Carlo Cartari, in EstEuropa, vol. 2, Udine 1986, pp. 197-205; J. Wójtowicz-K. Maliszewski, La campagna di Vienna del 1683 alla luce della raccolta di informazioni di Carlo Cartari, in Studia Italo-Polonica, 4, 1991, pp. 53-67; G. Platania, Il regno polacco-lituano in alcune fonti inedite e/o rare da (ri-)scoprire: i diari, le relazioni di viaggio, le guide, in L’Europa centro-orientale e gli Archivi tra età moderna e contemporanea, Viterbo 2003, pp. 181-236; AA.VV., La Storia o/e le storie nel Diario di Carlo Cartari avvocato concistoriale romano, a cura di Letizia Lanzetta, Istituto Nazionale di Studi Romani 2919.

    [7] Per Valeria Vignes, la scrittura privata «degli archivi di famiglia costituisce, sovente, un percorso di indagine in cui è possibile rintracciare una ricca messe di dati di natura storica, sociale, culturale, l’archivio della famiglia Cartari si inserisce perfettamente all’interno di questo ancora non del tutto esplorato iter di ricerca». V. Vignes, Itinerari di viaggio nei dintorni di Roma in due esempi di scrittura diaristica seicentesca: Il Giornale di Carlo Cartari e le Memorie curiose di suo figlio Antonio Stefano, in Rivista storica del Lazio, anno III, nr. 3, (1995), pp. 133-145.

    [8] «Il lunedì notte, venendo il martedì, a ora nove in circa, si sentì il terremoto in Roma, che durò breve spazio di tempo, ma fu di moto considerabile». ASR, Archivio Cartari-Febei, Diario, vol. 86, 1674, f. 110r.

    [9] ASR, Archivio Cartari-Febei, Diario, vol. 89, 1683, ff. 104v-105r.

    [10] Cartari era solito pizzicare le notizie frequentando (per motivi strettamente legati al proprio lavoro) la corte pontificia, luogo nel quale poteva raccogliere novità di primissima mano, ma anche grazie agli scambi di corrispondenza con i suoi numerosi amici e corrispondenti in Italia e fuori dai confini della penisola. Infine attraverso le molteplici stampe che circolavano per la capitale del papa.

    [11] Tra tanti testi dedicati alla sua figura, cito J. Balogh, Thököly Imre, in Gujdár, Noémi; Szatmáry, Nóra (eds.). Magyar királyok nagykönyve: Uralkodóink, kormányzóink és az erdélyi fejedelmek életének és tetteinek képes története, Reader’s Digest. 2012, pp. 242–245.

    [12] ASR, Archivio Cartari-Febei, Diario, vol. 84, 1673, f. 176v.

    [13] Sul complesso meccanismo dell’interregno e sul ruolo esercito dalla diplomazia della Santa Sede, rimando a D. Gregorowicz, The Role of Papal Diplomats in the Interregnum’s Parliamentary Practice of the Polish-Lithuanian Commonwealth (16th-17th centuries), in Dimensioni e problemi della ricerca storica, 1, (2016), pp. 119-148.

    [14] AVV, Segreteria di Stato. Polonia, vol. 118, Giovanni Antonio Davia a Fabrizio Spada, Varsavia 28 giugno 1697, f. 394r-v.

    [15] Per uno sguardo sintetito e generale relativa all’elezione dell’Elettore di Sassonia al trono polacco-lituano rinvio a J. A. Gierowski, August II Wettin, in Królowie elekcyjni, Kraków 1997, pp. 163-182.

    [16] Cfr. J. Nouzille, Un combat pour l’Europe: le siège de Vienne, 1683, in Revue International d’histoire militaire, 83, (2002), pp. 167-196.

    [17] B.A.V., Barb. Lat. 6655, Tommaso Talenti a Carlo Barberini, Vobano 21 luglio 1683, f. 298r-v.

    [18] Il fallimento del primo assedio sotto le mura di Vienna, segnò «un arresto nell’ondata rappresentata dalle conquiste ottomane, che si stava riversando nella valle del Danubio da più d’un secolo» A. Toynbee, A Study of History, Oxford University Press 1987, p. 119.

    [19] Bisogna precisare che sebbene militarmente l’impresa non fu un successo, lo fu sotto l’aspetto politico. Con questa mossa, Süleiman costringeva l’imperatore Ferdinando d’Asburgo ad abbandonare l’Ungheria insediando al suo posto un vassallo creando così il pasciallato d’Ungheria. Cfr. St. Stavrianos Leften, The Balkans Since 1453, New York, NYU Press 2000, p. 77.

    [20] Per avere un quadro sufficientemente preciso delle fonti d’interesse ungherese nei archivi italiani rimando al saggio, ancora oggi molto importante, di Raoul Guèze, La liberazione dell’Ungheria dal Turco (1683-1699) nelle fonti conservate in alcuni fra i principali Archivi di Stato Italiani, in Rivista Studi Ungheresi, 1, (1986), pp. 41-68.

    2.

    Il testo si soferma poi ad analizare la liberazione di Vienna [1683], senza alcun dubbio l’episodio centrale nella seconda metà del Seicento nella vita dell’Europa continentale e quella della Rzeczpospolita. Attraverso lo spoglio di molta documentazione che si riferisce a questo episodio, ho cercato di seguire, seppure a sommi capi, le circostanze successive fino alla morte del grande defensor fidei, ovvero del campione della lotta anti-turca come venne chiamato Sobieski.

    Dentro questo perimetro, analizzata l’elezione del sovrano grazie ai tentativi portati a termine dalla politica francese che tanto si spese per raggiungere questo obiettivo, la narrazione si è indirizzata sulla fase della costruzione della Lega Santa del 1683 tanto ricercata da Innocenzo XI Odescalchi, il pontefice a capo della Chiesa cattolica universale e fin dal tempo in cui era stato cardinale sembrava fosse chiamato dall’Altissimo a dirigere la resistenza del mondo cristiano contro gli attacchi portati al cuore del continente da quello islamico [1] .

    L’opera mediatrice dell’Odescalchi sulle corti europee fu forte e non sempre dai risultati positivi. Balbettii, incertezze, difficoltà di vario genere, complicarono il cammino del pontefice affinché si raggiungesse la mèta. Tuttavia la sua azione costò al papato un forte impegno finanziario oltre che diplomatico. Innocenzo XI dovette lenire i contrasti tra i principi europei per giungere all’alleanza tra Austria e Polonia con l’intento di attaccare l’esercito turco che si era fatto sempre più minaccioso e guardava già con soddisfazione la vittoria finale con la conquista di Vienna.

    Il papa dovette, però, rinunciare all’idea lanciata dal cappuccino francese Paul de Lagny il quale aveva immaginato un attacco concentrico di tutte le potenze cristiane all’infedele turco: attacco per mare e per terra. A questo progetto, Innocenzo XI aveva dato un posto di rilevo alla flotta navale di Luigi XIV che unita con quella di Malta, del granduca di Toscana e alle poche navi a disposizione dello Stato Pontificio, avrebbero dovuto bombardare direttamente la capitale ottomana, lasciando alle armate di terra il resto.

    Un progetto di grande respiro che restò, però, tale. Innocenzo XI dovette rinunciare all’appoggio della Francia che proprio in funzione anti-asburgica tentava di ostacolare ogni possibile impresa contro il sultano Mehmed IV Avdïj. Seppur privi del sostegno delle grandi potenze europee che con difficoltà avevano raggiunto una pace a Nimega [2] , gli austro-polacchi riuscivano tuttavia a raggiungere un accordo affidando le proprie energie al servizio della Santa Sede disponibile a sacrificare, se fosse stato necessario, i tesori delle proprie chiese pur di finanziare la comune lotta all’infedele turco.

    Pur di raggiungere l’obiettivo di una pace generale, papa Odescalchi si odoperò senza sosta affinchè Francia, Austria, Spagna e i loro rispettivi alleati, liberi da ogni impegno militare in Europa, guardassero con maggiore attenzione alla possibile alleanza in funzione anti-ottomana. Unione aperta a tutti, cattolici, protestanti, ortodossi, come sottolineava il Segretario di Stato Alderano Cybo al nunzio in Polonia, all’allora nunzio a Varsavia Martelli [3] , mentre il pontefice dava precise indicazioni al suo inviato al congresso, monsignor Luigi Bevilacqua, sui tempi e sul modo di incidere diplomaticamente, evitando, però, di suscitare l’ostilità delle cancellerie non particolarmente vicine alla politica della Santa Sede. Governi che andavano, al contrario, convinti a far parte della nascente, almeno ancora nella sua mente, lega offensiva e difensiva.

    Per tentare di far fronte al grande pericolo dell’espansione egemonica della Sublime Porta nell’area danubiano balcanica e/o vero Vienna, il papa si dovette appoggiare soprattutto sulla rete della sua diplomazia, puntando su Francesco Buonvisi, nunzio/cardinale presso la corte imperiale, il quale seppe tessere con astuzia e personale iniziativa la tela dell’alleanza con la Rzeczpospolita di Jan Sobieski.

    Una volta liberata Vienna, seppe altresì rinnovare il patto polacco-asburgico sottoscritto nel 1683 coinvolgendo questa volta anche la Serenissima Repubblica di Venezia, prima recalcitrante poi convinta sostenitrice dell’iniziativa [1684].

    Con la liberazione di Vienna, il mito del sovrano poteva dirsi giunto all’apice, la lega santa del 1684 mise, però, in evidenza le storture della composizione istituzionale della Rzeczpospolita con la conseguente perdita del ruolo centrale precedentemente assunto dal polacco. Una crisi che si manifesterà con tutta la gravita negli anni successivi e che avrà come diretta conseguenza le fallimentari campagne militari tentate in più riprese e in anni diversi da Jan Sobieski nella speranza di conquistare la Moldavia e la Valacchia per farne un regno ereditario da consegnare a suo figlio primogenito Jakub [4] .

    Per chiudere il cerchio di quella che da anni considero l’età dei Sobiski ho voluto soffermare la mia attenzione alle fasi successive la morte del grande sovrano con l’apertura del complicatissimo interregno e fallimentari tentativi, della famiglia Sobieski a succedergli.

    Tutto questo in uno scenario completamente diverso rispetto alla scalata sociale di Jan Sobieski come gran generale prima e sovrano di un regno complicato e difficile da gestire dopo.


    [1] Sull’azione anti-turca di papa Odescalchi appena assunto al trono di Pietro cfr. G. Merlani, L’ascesa di papa Odescalchi: il nuovo corso della Santa Sede, in Giornale di Storia, 31, (2019), pp. 1-21.

    [2] Sulle operazioni pontificie al processo di pace cfr. P.J.A.N. Rietbergen, Papal Diplomacy and Mediation at the Peace of Nijmengen, in The Peace of Nijmengen 1676-1678/79, Amsterdam 1980, pp. 29-96.

    [3] AAV, Segreteria di Stato. Polonia, vol. 186/A, Alderano Cybo a Francesco Martelli, Roma 30 ottobre 1677, ff. 104v-105r.

    [4] Cfr. D. Tollet, La reconquête catholique en Moldavie sous le règne de Jean III Sobieski (1683-1696), in L ’Europa centro-orientale e il pericolo turco tra Sei e Settecento, a cura di Gaetano Platania, Viterbo 1999, pp. 204-205.

    3.

    Un’ulteriore fonte presa in considerazione per la stesura del libro sono gli avvisi, sia manoscritti sia stampati, fogli consultati presso alcune biblioteche romane tra cui la biblioteca vaticana, ecc.

    Fonte da molti considerata minore, rispetto alla corrispondenza diplomatica, prezioso contributo alla conoscenza della Storia e dei rapporti tra Stati, ma l’avviso rappresenta, al contrario, una ulteriore possibilità per approfondire ogni fatto, ogni fatto accaduto, una sorta di giornalismo ante litteram dove sono riportate in modo succinto le notizie raccolte sul posto [1] .

    Scriveva Castronovo alcuni decenni fa, che la storia della prima stampa periodica tra Cinque e Seicento non aveva «incontrato molta fortuna fra gli studiosi italiani; eppure il suo contributo per configurare più da vicino certi tratti caratteristici di una società, per illuminare i risvolti più complessi della conoscenza popolare e della mentalità individuale o per identificare forme di organizzazione dello Stato e del potere politico, non andrebbe lasciato in ombra né sottovalutato dalla ricerca storica» [2] .

    Nondimeno parziali studi seppur datati non mancano sia se si tratta di avvisi manoscritti sia per quelli a stampa. Nel primo caso le ricerche si sono concentrate sulle collezioni vaticane [3] o su quelle viennesi relative alla casa dei Fugger oppure gli avvisi del 1686 di Federico Cornaro, ambasciatore della Serenissima Repubblica di Venezia presso la corte imperiale. Per quanto riguarda gli avvisi a stampa (i caratteri usati erano quelli gotici) resta importante la bibliografia di Emil Weller ancora troppo poco conosciuta fuori dai confini del mondo tedesco.

    Al loro comparire, gli avvisi a stampa contenevano quasi sempre notizie relative ad un solo argomento, solitamente di prima mano. Si trattava di brevi resoconti redatti e fatti stampare da testimoni oculari o dagli stessi protagonisti del fatto e si presentavano sotto forma espistolare dal momento che il contenuto era sovente presto direttamente da una lettera privata. Non molto difforme è la qualifica di avviso manoscritto dove è chiaramente identificabile la forma epistolare e vanno considerati come «volontà di comunicare» accadimenti più o meno lontani ed hanno sempre un richiedente della notizia e un raccoglitore della stessa. Questo tipo di documento, scriveva Bulgarelli, per il loro «carattere clandestino, contengono notizie in un certo senso più ghiotte e interessanti, mentre quelle a stampa, per essere destinati al grosso pubblico, trattano solo argomenti di grande risonanza e pubblicità» [4] .

    Ogni ricercatore pone - oggi - maggiore attenzione verso questa fonte documentaria. Importanti, ad esempio, restano i lavoro di Infelise che ha indagato a fondo sull’utilizzo degli avvisi offrendoci studi importanti e innovativi proprio nel campo dello studio del presente testo [5] .

    Gli avvisi manoscritti, conosciuti anche come lettere d’avvisi, oppure le relazioni distinte, i fogli volanti, sono dati fattuali che concorrono alla costituzione del patrimonio documentario e per questo debbono essere considerati come fatti di cultura ed espressione di attività volta dall’uomo nel tempo [6] .

    Gli avvisi, sono in verità documenti da considerare in ordine di tempo, come le più diffuse forme di conoscenza e di comunicazione di un determinato evento o avvenimento alla stessa stregua di un foglio a carattere diplomatico o, per andare dietro nel tempo, come le primissime forme di trasmissione dell’intelletto dell’uomo vera e propria testimonianza da tramandare.

    I primi sono stati, secondo Tullio Bulgarelli, vere e proprie volontà di comunicazione ed ebbero «grande divulgazione tra la seconda metà del Cinquecento e il primo trentennio del secolo successivo, per poi seguire parallelamente il cammino della stampa» [7] .

    Per questo tipo di avviso, peculiare rilievo ricopre la città eterna non solo quale luogo di produzione tipografica ma soprattutto come importante centro di informazioni e, dunque, di raccolta, di circolazione e di diffusione di notizie.

    Altrettanto importante, in riferimento alla capitale del papa, restano gli avvisi manoscritti quali ad esempio quelli di Marescotti conservati presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele di Roma, che coprono un vasto arco temporale:

    Anche in questo caso, si tratta di una rilevante fonte documentaria all’interno della quale non mancano (seppure in quantità molto inferiore rispetto al Diario di Cartari) i riferimenti all’impresa anti-ottomana sotto la guida spirituale e finanziaria di papa Innocenzo XI Odescalchi, impresa guidata sul piano militare da Jan III Sobieski capo dell’armata polacco-imperiale che porterà alla liberazione di Vienna circondata dalle armate guidate dal gran visir Kara Mustafà.

    Redatti con scadenza settimanale (esattamente ogni sabato), gli Avvisi in questione erano destinati al cardinale Galeazzo Marescotti, già stato, tra i vari incarichi, nunzio pontificio presso la corte di Varsavia [8] , ripercorrono venticinque anni di vita romana [1683-1707], e ci permettono di conoscere i principali avvenimenti politici, sociali, soprattutto mondani, della capitale del papa. Tuttavia, in una grafia non sempre uguale e sovente sovraccarica di informazioni, gli Avvisi Marescotti, offrono qualche elemento conoscitivo riguardante le azioni politiche e militari del grande defensor fidei, oltre a quelle relative alla consorte e ai suoi figli minori, Aleksander e Konstanty, quando scelsero, obtorto collo, come sede del loro esilio Roma [9] .

    Sebbene questa documentazione abbia, come si è detto, il centro del proprio interesse la vita della capitale del papa, non mancano riferimenti o vere e proprie notizie su ciò che accadeva in un’area geo-politica così distante quale la Rzeczpospolita. Soprattutto l’appuntamento di Vienna del 1683 non poteva essere ignorato.

    Ed è per questo che ho scelto di confrontarmi anche con gli avvisi Marescotti, soprattutto per avere uno sguardo diverso, per captare le sensazioni che si vivevano in una città politicamente e socialemente complessa come era la città santa [10] e come venivano pertanto recepite le notizie che provenivano da Vienna o dalla stessa Varsavia.

    A questa curiosità, bisogna aggiungere anche l’interesse a filtrare le azioni di papa Innocenzo XI Odescalchi, fautore della Lega Santa, e come venivano percepiti i pensieri del pontefice che si mosse tra precisi atti politico-diplomatici oltre quelli economici-finanziari, tutto, evidentemente, a sostegno degli sforzi militari per la guerra anti-turca [11] .


    [1] La lettera come l’ avviso, secondo Fattorello erano, «il veicolo più destro per la diffusione delle notizie, è quello che con la sua concisione e la sua brevità meglio risponde alle esigenze della pratica ed alla funzione di giornale». F. Fattorello, Le origini del giornalismo in Italia, Udine 1929, pp. 83-84. Anche C. Barbieri, Storia e vita dei giornali, Padova 1942.

    [2] V. Castronovo, I primi sviluppi della stampa periodica fra Cinque e Seicento, in AA.VV., La stampa italiana dal ‘500 all’800, Bari 1986, p. 3.

    [3] Tra i lavori più rappresentativi cito R. Ancel, Etude critique sur quelques recueils d’avvisi, in Mélanges d’archéologie et d’Histoire, 28, (1908), pp. 115-139; K. Repgen, Zur Diplomatik der Nuntiaturberichte: Dienstvorschrift für das Abfassen von Avvisi aus dem Jahre 1639, in Römische Quartalschrift, 49, (1954), pp. 123-126; oltre a quello già menzionato di H. Fokciński, Avvisi come fonte di notizie sul contributo dei Polacchi nella liberazione di Vienna nel diario di Carlo Cartari, cit., pp. 197-205.

    [4] T. Bulgarelli, Gli avvisi a stampa in Roma del Cinquecento, in Il giornalismo romano delle origini (sec. XVI-XVII). Mostra Bibliografica, Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele, Roma 1979, p. 13.

    [5] Cfr. M. Infelise, La guerra, le nuove, i curiosi. I giornali militari negli anni della lega contro il Turco (1683-1690), in I Farnese. Corti, guerra e nobiltà in Antico regime, ed. A. Bilotto, P. del Negro e C. Mozzarelli, Roma 1977, pp. 321-348; Ib., Prima dei giornali. Alle origini della pubblica opinione, Roma-Bari 2002; Ib., Sistemi di comunicazione e informazione manoscritta tra ‘500 e ‘700, in Scripta olant, verba manent, Basel 2008, pp. 15-35; Ib., Prima dei Giornali. Alle origini della pubblica informazione, Bari 2002.

    [6] Per il concetto di avviso come fonte storica cfr. G. Fasoli-P. Prodi, Guida allo studio della storia medievale e moderna, op. cit., pp. 133-134.

    [7] T. Bulgarelli, Gli avvisi a stampa in Roma del Cinquecento, citato, pp. 12-13.

    [8] «Monsignor Marescotti nuovo nunzio apostolico ieri fece la sua pubblica entrata in questa città nella carozza reale andatagli incontro coll’altre de’ senatori e palatini con molta pompa et oggi è stato alla prima udienza del Re Casimiro il quale nella convocazione generale che si terrà lunedì sarà pregato da tutti a non rinonciare il regno per non causar nuove rivolte in esso». B.A.V., Barb. Lat. 6371, Avvisi, Varsavia 6 giugno 1668, f. 216r.; Ibidem, Varsavia 4 giugno 1668, ff. 205v-206r.

    [9] Su questo aspetto rimando a G. Platania, Gli ultimi Sobieski e Roma. Fasti e miserie di una famiglia reale polacca tra Sei e Settecento (1699-1715), Manziana (Roma) 1990 (I° ed. 1989).

    [10] In una delle tante relazioni sulla corte di Roma, questa volta datata 1699, si legge a tal proposito che è « la Corte di Roma una Republica Universale che abbraccia ogni sorte di Nazione e di soggetti quale appunto anticamente la descrisse Seneca: Nullum non hominum genus concurrit in Urbe. Ma si rende in gran parte popolare per la qualità d’essere ognuno abile e capace di giungere al possesso di qualunque carica, anzi dello stesso Pontificato». B.A.V., Vat. Lat. 7440, Relazione della Corte di Roma composta speditamente per servizio di Sua Eccellenza il Signor Marchese Clemente Vitelli Ambasciatore straordinario al Sommo Pontefice Innocenzo XII per Sua Altezza Serenissima il Gran Duca di Toscana Cosimo III felicemente Dominante, 1699, f. 4r-v.

    [11] Tra tante notizie riportate negli avvisi, cito un evento relativo alla questione delle Decime d’Italia da inviare a sostegno dell’organizzazione degli eserciti polacco e imperiale. L’avviso del 5 giugno 1683 riportava che si «pensa all’imposizione delle Decime per trovar danaro da soccorrere i Collegati contro il Turco e perché nelle passate imposizioni delle Decime restarono dallo Cardinali Chigi e Altieri alcuni residui concessigli con Chirografo, si stia pensando ora d’obligarli alla restituzione per impiegar tale danaro nelle correnti urgente». BNVE, Fondo Avvisi Marescotti, vol. 787, Roma 5 giugno 1683, f. 8v.

    CAPITOLO 1

    Politica e diplomazia nell’Europa di centro. L’ascesa al trono di Jan Sobieski (1674)

    1.1.

    Il 10 novembre del 1673 si spargeva per tutta l’Europa continentale e centro orientale la notizia che Michał Korybut Wiśniowiecki [1] , infelice e inetto re polacco, era spirato tra le braccia di Andrzej Olszowski [2] , suo personalissimo consigliere:

    Nel punto di serrar delle lettere è pervenuto corriere in palazzo con l’infausto avviso sulla morte del Re di Polonia, nuova che ha portato gran sentimento a Sua Santità stante le presenti emergenze trovandosi impiegate le armi polacche contro i Turchi [3] .

    A partire da questa data, la Rzeczposplita piombava nuovamente nel caos dell’interregno [4] , periodo preparatorio all’elezione di un nuovo sovrano che vedeva, da prassi ormai consolidata, la presenza di diversi candidati tutti in competizione tra loro, sia nazionali sia sostenuti dalle potenze straniere.

    La triste notizia, dopo essere transitata per Venezia [5] , arrivava a Roma grazie alle missive spedite da Francesco Buonvisi [6] , nunzio straordinario in terra polacca per volontà di papa Clemente X Altieri [7] , il quale notificava alla Segreteria di Stato del decesso del giovane sovrano avvenuta «la mattina delli 10, due ore avanti mezzogiorno, e fin ora né io né alcuno dei ministri ha altra particolarità circa le sue disposizioni perché i suoi cortigiani stavano storditi dal dolore» [8] .

    Cartari, solitamente attento osservatore di ogni vicenda, postillava però l’evento all’inizio del mese di gennaio 1674 e solo perché si erano approntate nella città eterna le cerimonie religiose in commemorazione del defunto:

    Nella prossima settimana si terrà la Cappella Pontificia per il defunto Re di Polonia, essendo né prima d’ora giunte le lettere di quella Repubblica, né prima potevano giungere perché l’Arcivescovo di Leopoli che nell’interregno esercita la maggioranza in quella Repubblica, non aveva conseguito il Pallio che di qua si gli mandò con diligenza come ho notato. Né era sufficiente l’avviso datosi al Papa dalla Regina Vedova, perché questa, morto il consorte, non faceva più figura di dominante e perciò è stato necessario di aspettarvi l’avviso della Repubblica [9] .

    Dopo cinque anni, il regno veniva nuovamente chiamato a pronunciarsi per la scelta di un successore e questo avveniva in uno dei momenti più difficili e complicati della storia polacco-lituana [10] . La repubblica nobiliare, infatti, si era dovuta interessare dell’ennesima aggressione nel sud del regno che aveva portato poi all’occupazione dell’importante fortezza di Kaminiec Podolski da parte degli infedeli i quali, fruttando la debolezza del governo di Michał e la richiesta di protezione dei cosacchi Zaporoghi [11] , avevano deciso di attaccare i confini meridionali e puntare direttamente alla fortezza [12] perduta la quale gran parte di quei territori sarebbero restati in mani nemiche. Davanti al fatto compiuto e all’impossibilità di difendersi, innanzitutto per le condizioni di salute molto precarie dello stesso Michał, la soluzione che veniva escogitata dai consiglieri reali non poteva che essere la sottoscrizione di un trattato di pace. Fu a Buczacz [16-18 ottobre 1672] [13] che i turchi firmarono un accordo che privava la Rzeczpospolita della Podolia, della stessa fortezza già conquistata oltre ad una parte dell’Ucraina. Il sovrano, su suggerimento del suo entourage, si impegnava inoltre a pagare un tributo annuale al Sultano [14] .

    Come un fulmine a ciel sereno, l’accordo veniva interpretato dai polacchi ad un vero e proprio tradimento. Opinione sentita e condivisa particolarmente dalla Santa Sede che non comprendeva come un regno da sempre considerato l’antemurale Christianitatis contro gli scismatici moscoviti e gli infedeli ottomani avesse potuto accettare condizioni capestro che avrebbero portato a rinunciare alla tradizionale vocazione anti-turca da sempre espressa dalla Rzeczpospolita.

    In verità, l’azione di governo di Michał si era andata sempre più indebolendo diventando lui stesso bersaglio di forti critiche da parte della nobiltà magnatizia che lo aveva voluto umiliare con un processo pubblico nel quale era stato accusato di eccessiva sudditanza verso la corte di Vienna e di omosessualità. Accusa, quest’ultima, respinta dalla moglie, Maria Eleonora Józefa d’Asburgo-Austria [15] , che lo difese strenuamente in ogni occasione sia pubblica che privata.

    Ciò detto, il problema restava l’incapacità del sovrano nel prendere rapide decisioni a fronte delle difficoltà nelle quali il regno era sprofondato. La mancanza di una guida forte e sicura, aveva generato forte malumore che si aggiungeva allo stato di prostrazione causata dalla malattia che allontanava giorno dopo giorno il sovrano dalla vita politica del paese. Davanti a tutto questo, non tardò a deflagrare l’inevitabile scontro tra le due fazioni più potenti e rappresentative all’interno del regno: quella filo-asburgica e quella filo-francese. La prima, sostenuta dall’Olszowski, mentre quella dei malcontenti legati a Versailles era guidata da Jan Sobieski, il grande generale [16] , amato dal popolo e dalle sue truppe, il quale, trovato un compromesso accettabile tra la corte e la sua parte politica, con l’avallo della regina, riorganizzò l’esercito al fine di recuperare ciò che era stato strappato alla Rzeczpospolita in modo umiliante dal nemico storico: l’infedele turco.

    Sobieski condivideva l’accordo stabilito non senza difficoltà dalla regina sempre pronta a far valere il ruolo che spettava di diritto al consorte ma, essendo donna concreta e lucida e avendo, soprattutto, ben chiara che la malattia sempre più grave di Michał lo avrebbe maggiormente limitato nelle scelte e nelle azioni da intraprendere, si era decisa a trovare un compromesso che garantiva entrambe le parti. Il 12 marzo 1673, venivano infine sottoscritti nel castello reale di Varsavia gli articoli della raggiunta intesa. Tutto avveniva davanti ad un folto pubblico di magnati che assistevano, quasi increduli, alla conciliazione fra il re e il gran generale. Buonvisi, artefice assieme alla regina di quanto stava accadendo, poteva dirsi più che soddisfatto avendo eseguito alla lettera «l’aggiustamento tanto desiderato da Nostro Signore» [17] .

    Tra le diverse condizioni concordate, al sovrano, benché malato, restava il formale ruolo di capo dell’esercito polacco-lituano mentre a Sobieski, si erano assicurati ampi spazi di autonomia e di gestione e lo si invitava ad avviare la campagna punitiva contro la tracotanza nemica come diretta conseguenza assunta dal sejm [12 marzo-12 aprile] [18] di non ratificare il trattato ignominioso di Buczaz.

    Tutto era pronto per dare inizio alle operazioni, mancava un solo gesto che avrebbe «riscaldato il cuore delle truppe» le quali sarebbero state maggiormente pronte a morire per un causa concretamente giusta: la salvaguardia dei confini nazionali [19] .

    L’11 novembre, consigliato in primo luogo dalla regina, Michał si presentava sdraiato su una lettiga davanti all’esercito schierato. Una mossa che gli era costata molta fatica, ma necessario per non perdere quel poco di credibilità le gli era rimasta. Un segnale preciso lanciato ai soldati i quali, ammutoliti, avevano apprezzato il gesto ma anche compreso che il loro sovrano, se avesse potuto, avrebbe lottato al loro fianco. Chiusa questa fase che era servita a galvanizzare tutti gli attori in scena, lo stesso giorno Sobieski dava il segnale d’attacco alla truppa intirizzita dal freddo e sprofondata nella neve.

    I soldati si mossero secondo le indicazioni date loro dal generale. Dopo una falsa manovra, la forza d’urto apriva per mezzo di una batteria una breccia nella compagine nemica. Smontato da cavallo, il condottiero, si metteva alla guida dei suoi uomini con la sciabola in pugno incitandoli all’attacco. A piantare per primi lo stendardo della croce e dell’aquila emblema della Polonia furono alcuni giovani ufficiali. Alla vista di quel simbolo, un grido di entusiasmo rimbombò all’improvviso tra le schiere polacco-lituane lasciando, di contro, in totale costernazione quelle dell’infedele ottomano. Nel frattempo, gli uomini guidati da Wacław Leszczyński, la cavalleria di Stanisław Jabłonowski e le truppe lituane guidate da Michał Kazimierz Pac si erano lanciate con furore sulla collina peraltro già raggiunta dallo stesso Sobieski. Le difese di Hussein Paşa non ressero all’urto di un’azione così fulminea e parte dei suoi uomini presero a fuggire, bloccati dal sopraggiungere dei soldati comandati dal principe Dymitr Wiśniowiecki, da quelli di suo fratello Konstanty e dai soldati comandati da alcuni esponenti della famiglia Potocki (Andrzej, Stanisław e Jan), fino ad allora restati fermi nelle posizioni assegnate. Il loro arrivo poneva la parola fine ai combattimenti con la diretta conseguenza della capitolazione di Choţim [20] .

    La vittoria, oltre all’acquisizione di considerevoli scorte di munizioni e cibo per l’esercito regio lasciato dai nemici in fuga, consegnava alla Reczpospolita una delle fortezze più importanti in territorio moldavo [21] . Per tutto questo, i giorni che seguiranno, furono all’insegno di un’esplosione di gioia da parte della nobiltà magnatizia e del popolino ma anche di dolore per la notizia della morte il sovrano come ragguagliava, non appena venutone a conoscenza, il nunzio straordinario Buonvisi al cardinale Altieri:

    Tardissimo arrivarono le lettere di Leopoli che portano la certezza della morte del Re seguita la mattina delli 10, due ore avanti mezzogiorno, e fin ora né io, né alcuno de i ministri ha altra particolarità circa le sue disposizioni, perché i suoi cortigiani stavano storditi dal dolore [22] .

    La notizia, seppure era nell’aria, creava per il regno, in quella delicatissima fase, un serio problema politico. Sobieski, nonostante volesse continuare la campagna militare fu, al contrario, costretto a fare immediato rientro nella capitale perché da lì a poco si sarebbe aperto il sejm di elezione dopo i risultati delle dietine tenute nelle varie provincie:

    S’intende che la Polonia, dopo la presa della Piazza di Coccim, avendo lasciato bloccato l’altra di Caminietz, siano rientrati nella Polonia, carichi di ricchi bottini ecc. e ciò perché dovendosi venire all’elezione del nuovo Re, si devono tenere diverse Diete, avanti che giunga la stagione da poter guerreggiare [23] .

    In mancanza del re, la gestione del governo per gli affari correnti passava sotto il controllo del primate del regno, Kazimierz Florian Czartoryski [24] , che nell’interregno esercitava «la superiorità in tutti gl’affari del regno, trattati di pace fra la Republica & il Turco» [25] . Applicando alla lettera le norme stabilite dalla Rzeczpospolita, il già molto malato arcivescovo di Gniezno, dava precisi ordini di inviare a tutti i palatini e i distretti del regno la notifica dell’avvenuto decesso del re, fissando per il 15 gennaio 1674 la data del sejm konwokacyjny (dieta di convocazione) [26] .

    Spettava, dunque, all’arcivescovo al primate occuparsi in

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