Nanni Moretti. Immagini e speranze di una generazione
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About this ebook
Giovanni Scipioni, giornalista, è stato per dieci anni direttore de “I Viaggi di Repubblica”. Fra i suoi libri ricordiamo La storia del Signor Pensiero (Marietti) e Bond, James Bond (editore Mimesis). È autore di due cortometraggi. Attualmente scrive su “Zig Zag”, un blog di repubblica.it, su “Domani” e “Il Romanista”.
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Book preview
Nanni Moretti. Immagini e speranze di una generazione - Giovanni Scipioni
Nanni Moretti. Immagini e speranze di una generazione
Prefazione
Palombelle esistenziali e girotondi d’autore
di Roberto Lasagna
Nanni Moretti, immagini di una generazione
1. Che faccio mi metto a lavorare?
2. Che dici vengo?
3. Campare di rendita
4. Il cielo con un flipper
5. Il pappone di carote e zucchine
6. Le parole sono importanti
7. Il girotondo
8. Il parto di un ragazzo fortunato
9. Si muore per poter vivere
10. Gli uomini liberi
12. I due corpi del re
13. Tre piani di leggerezza
Bibliografia dei titoli citati nel testo
Crediti
Tra i Fogli volanti
immagini3Giovanni Scipioni
Nanni Moretti. Immagini e speranze di una generazione
Una realizzazione Falsopiano/Fogli Volanti
secondo gli standard dell'International Digital
Publishing Forum
ISBN 9788893042215
Prima edizione digitale 2021
Nanni Moretti. Immagini e speranze di una generazione
Prefazione
Palombelle esistenziali e girotondi d’autore
di Roberto Lasagna
Moretti cresce, cambia, e con lui i suoi film, che sono parte di un lungo racconto, in cui ritroviamo figure familiari, volti di attori amici, pronti a raffigurare parti di quelle ossessioni che popolano la scena. Portandosi sin da subito dietro e davanti la macchina da presa, Moretti è interprete completo del suo tempo, e nella lettura di Giovanni Scipioni emerge quella caratteristica girotondista
che non riguarda unicamente la partecipazione personale dell’autore a momenti della vita politica nazionale, ma disegna l’attitudine a considerare il racconto della vita attraverso i film come un movimento singolarissimo, il divagare coscienzioso tra le trame ballerine dell’esistenza che farà dell’autore un punto di riferimento per i cineasti europei. Ogni film di Moretti è parte di un discorso che muove dalla crisi del personaggio per raccontare l’esistenza nella fase delicatissima del venir meno delle certezze, sino a quel giù per terra
in cui si ritrovano presto Michele Apicella e Don Giulio e lo stesso Nanni Moretti senza più alcuna maschera. Un viaggio nel mondo di Nanni Moretti è allora anche un percorso nella storia dei comportamenti che il cineasta di Brunico, autore di tredici lungometraggi, ha osservato con sguardo disincantato sin dagli esordi, dall’autarchia dei cortometraggi e di Io sono un autarchico, passando per le maschere degli alter-ego Michele Apicella e di Don Giulio negli emblematici Bianca, Palombella rossa e La messa è finita, attraverso le apparizioni dell’autore-attore in carne ed ossa nella fase cine diaristica di Caro diario e Aprile, gli psicoanalisti di La messa è finita e Habemus papam, il fratello della regista Margherita in Mia madre sino al giudice severo di Tre piani, il film con cui il cineasta per la prima volta adatta il romanzo di un altro autore, quell’Eshkol Nevo e in cui si identifica per la capacità di osservazione di un mondo composto di (almeno) tre piani di complessità psichica.
La vita còlta al livello umano, senza troppe certezze, è una condizione smascherata da Moretti e affrontata con eleganza e sinuosa curiosità da Giovanni Scipioni, che nel suo racconto della vicenda artistica del cineasta non tralascia alcun aspetto affrontato o sfiorato dai film diretti e interpretati dal cineasta, dalla storia sociale ai misfatti politici, per cogliere le voci dello smarrimento che i personaggi morettiani riflettono; un viaggio attraverso la vicenda artistica in cui il personaggio pubblico è ripercorso con la fenomenologia di uno sguardo, quello di Scipioni, in grado di cogliere i dissensi, le visioni personali di Moretti, laddove le parole, la musica, i ritornelli ossessivi sono parte di un discorso che vuole il cambiamento pur avendone il timore. Michele Apicella manifesta disagio e vezzi ossessivi, soprattutto perché si trova partecipe di una generazione in cui è difficile credere a qualcosa che ha perduto il suo senso, come lo hanno perduto le parole, mentre nuove invadenze omologanti sembrano prospettare poco di buono. Dal crollo degli ideali alla volgarità dei linguaggi, dalle crisi dei partiti alle radio libere, il personaggio morettiano si difende polemizzando, mostrandosi irritante, e soprattutto svelandosi impreparato ad affrontare la vita. Ma non vuole fare di se stesso un portabandiera generazionale. Si permette di usare l’arma che non gli è stata sottratta, ovverosia la parola, e di esprimere (letteralmente) conati di dissenso. Naturalmente figlio della sua generazione, Michele/Nanni fa fatica a distaccarsene e si erge ad accusatore delle abitudini puerili dei coetanei, come nella celebre sequenza in cui, in Ecce bombo, lo si vede domandare all’amica Simona: che lavoro fai… e l’affitto?... Questa sigaretta?
. Perché la risposta della ragazza - Giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose
- diventa un motivo identificativo della generazione di Ecce bombo forse persino oltre le intenzioni dello stesso Nanni Moretti, il quale si avvierà, giovane autore, ad essere il polemista pronto a lanciarsi in invettive contro il cinema italiano più affermato e di successo, quello degli attori-mattatori quali Alberto Sordi o di cineaste come Lina Wertmüller, il cui apprezzamento è confermato negli USA quando un Campus universitario le offre una cattedra.
Il primo cinema autarchico di Moretti presenta quell’attitudine autoriflessiva difficilmente imitabile, e nello sguardo del giovane autore l’affilatezza dei toni e lo sguardo antipatico
si affiancheranno al disegno delle fragilità, ma soprattutto alla carrellata di abitudini, caratteri tipici, luoghi comuni che potranno diventare analisi di comportamenti e preludio per affrontare i luoghi della mente, con le loro manie e ossessioni, che popoleranno il futuro cinematografico dell’autore. Le telefonate di Nanni nel suo primo cinema sono sia un momento di comicità disperata, sia un trattato d’impreparazione psicologica, come quando Michele Apicella invita una donna ad uscire con lui e s’ingarbuglia, finendo in trappola in una relazione tutta schemi e frasi fatte. Quelle frasi predisposte da schemi mentali o slogan che il Michele Apicella di Palombella rossa aborrirà quando sentirà parlare la giornalista e finirà per schiaffeggiarla. Frasi fatte avversarie di un cinema che, orgoglioso di sentirsi unico, si scaglia contro i luoghi comuni, le compiacenze, la barbarie di una cultura piegata alle nuove leggi dell’imbonitore di turno. Il quale a un certo punto della vita del paese ha il volto di Silvio Berlusconi, a cui Moretti dedica il suo film Il caimano, un titolo presto incompreso, a più livelli di lettura e imprevedibile, soprattutto perché nella conclusione del suo racconto l’attore Moretti in carne ed ossa si mette a interpretare la parte del Cavaliere delle televisioni private. Ma perché non capire che mettersi nei panni del nemico è un modo dichiarato per scendere in campo? Per esporsi? Per non cercare attenuanti e mediazioni oltre la grande mediazione che un film, così allegorico e dalle venature para-tarantiniane, quasi filosoficamente favorisce? Persino il diventare Silvio Berlusconi è un atto di teatro, un balletto, una guitteria, per quanto potenzialmente drammatica, sconsolata, come sovente succede nel cinema di Moretti. Il quale coglie l’altro, il suo volto e