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Serena a tutti i costi: Lettere di una vita mai inviate
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Serena a tutti i costi riunisce tutte le lettere scritte a mano da Serena Grandi su un quaderno con la copertina nera e mai inviate. Il suo è un tornare indietro con la memoria e far fuoriuscire dal cassetto, disordinatamente, le cartoline di una vita tra loro più disuguali. Pensieri senza un filo cronologico, che racchiudono ricordi, emozioni, dolori, successi. Pensieri nati di getto, sull’onda delle emozioni. Altri riformulati più volte, impiegando talvolta ore, per trovare la parola giusta. Un modo per portare in superficie la parte meno nota di questa donna che per anni ha rappresentato il sogno erotico di milioni di italiani: i suoi amori, pochi, e gli uomini, tanti, alcune amiche, quelle di sempre, il rapporto con il suo corpo – l'oggetto del desiderio per molti –, il sorprendente esordio cinematografico, i registi che hanno fatto a gara per averla sul set, ma anche i guai giudiziari, le sue fobie, il rapporto con il cibo e con la chirurgia estetica, fino al cancro al seno e ai conseguenti problemi di malasanità. E ancora un tentativo di tentata violenza. Ma c’è sempre stata bellezza – a saperla cogliere – anche nel dolore. Queste epistole, da leggere anche senza un ordine predefinito, costituiscono una sorta di autobiografia. Per ciascuna epistola un P.S. (post scriptum) per ribadire quello che Serena ha imparato negli anni e che diventa, in certi casi, una sorta di messaggio da consegnare ai lettori, alle lettrici. Il libro, infine, è arricchito da una serie di foto ritrovate un po’ casualmente dentro una scatola, e che aggiungono incanto e mistero all’essere della grande attrice.
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Book preview
Serena a tutti i costi - Serena Grandi
Serena Grandi
SERENA A TUTTI I COSTI
Lettere di una vita mai inviate
Collana: Protagonisti
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati.
commerciale@giraldieditore.it
info@giraldieditore.it
www.giraldieditore.it
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ISBN 978-88-6155-895-3
Foto in copertina di Roberto Rocco
Proprietà letteraria riservata
© Giraldi Editore, 2021
Edizione digitale realizzata da Fotoincisa BiCo
La cosa più difficile nella vita è vivere senza mentire.
Fëdor Dostoevskij)
Siamo tutti colpevoli di un crimine; il grande crimine di non vivere appieno la vita.
Ma siamo tutti potenzialmente liberi.
Possiamo smettere di pensare a cosa non abbiamo fatto e fare quello che è in nostro potere.
Forse nessuno ha immaginato quali sono questi poteri.
Che siamo infiniti lo capiamo il giorno in cui ammettiamo a noi stessi che l’immaginazione è tutto.
L’immaginazione è la voce del coraggio.
(Henry Miller)
Alle donne che hanno provato dolori e violenze,
alle donne che sono state madri senza i padri,
a quelle che hanno avuto il coraggio
di aprirsi verso il proprio orientamento sessuale.
Mi chiamavano Svampitella
Lettera a Serena ragazzina
Cara Serena... inizierei così? O forse direi semplicemente cara Svampitella, come mi chiamavano a scuola. Non è mai semplice scrivere a se stessi, ma a volte diventa necessario farlo, perché senza i fotogrammi degli anni della formazione, il racconto di una vita sarebbe imparziale, incompleto. Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’, direbbe il grande Lucio Dalla.
Cara amica Serena,
ti scrivo, così mi distraggo un po’ in quest’anno di pandemia Covid così irreale, così diverso da tutti gli altri e così inimmaginabile che mi ha cambiata dentro profondamente. Ho fatto i conti con la mia solitudine, in una casa a Rimini che profuma di mare, e ho imparato a dare più valore al tempo, alle persone, a quello che sono stata. Ho dovuto trovare dentro di me risorse per andare avanti e per farlo mi sono riappacificata con il mio passato.
Quasi mi vedo, ingenua a dodici anni, già così formosa – un seno immenso e non si trovavano reggiseni adatti a me – già una donna. Anche se una donna inconsapevole della sua bellezza. Non riuscivo a stare nei parametri di una bambina della mia età. Indossavo calze velate e avevo il reggicalze. Fumavo. Mi sentivo grande, volevo andar via, raggiungere l’America e visitarla in lungo e in largo. Ero affascinata da questo continente di cui avevo molto sentito parlare in televisione.
A scuola ero una frana, studiavo poco, mi distraevo spesso. Pensavo solo a truccarmi per dimostrare che fossi una grande, avevo attenzioni non per le lezioni ma per i maschietti della classe. Tanto che alla fine della terza media mia madre, per non vedermi gironzolare senza obiettivi, mi iscrisse ai corsi Ibm, da programmatrice. Ero sempre impegnata.
Ovunque sentivo addosso a me lo sguardo degli uomini, senza rendermene conto fino in fondo. Il primo bacio fu in una chiesa, nascosti dietro a una colonna, con un ragazzo della parrocchia. Me lo ricordo perfettamente. Avevo dodici anni e mi presi una cotta per lui, era più grande di me ed era amico dei miei cugini. Ma le cotte, a quella età, durano il tempo di un gelato sciolto al sole. Ho perso, invece, la verginità a quattordici anni. Sapevo a cosa andavo incontro e non mi pento. La verginità in quel momento era quasi un peso. Lui era molto più grande di me, aveva forse una trentina d’anni. Eravamo a Bologna, in un piccolo appartamento: abitazioni che prendevano il nome di Trappoli
e gli amici se lo dividevano, alternandosi con chi doveva occuparlo per qualche ora. È stato tutto senza amore e con dolore. Lui non ha creduto che fosse la mia prima volta, perché ero sicura di me nei movimenti. Eppure c’era il sangue, il segno
. E non è vero che la prima volta non si scorda mai. Quell’incontro mi lasciò dentro una grande delusione e un pizzico di tristezza. Tutto qui un rapporto che avevo tanto immaginato?
Passò molto tempo dalla prima alla seconda volta, senza parlarne con nessuno, tantomeno con mia madre. Ovviamente lei, ignara di tutto, mi portò da un ginecologo a diciassette anni e lui le disse: Guardi che sua figlia non è più vergine
. Credo fosse convinta che, avendo la testa tra le nuvole, non avessi ancora concretizzato. Alla notizia reagì piangendo. Per lei fu un colpo al cuore. Lei che aveva perso la castità la prima notte di nozze con mio padre e forse sperava che anche io la imitassi.
Cara Svampitella,
sei stata fonte di preoccupazione sin da piccola.
Ricordo benissimo la seconda volta. Avevo molta paura, ma ero molto attratta da questo ragazzo italo-cinese. Bello, un gran gnocco come dicevamo tra noi ragazzine, e io ero pazzamente cotta di lui. Mi si fermava il cuore ogni volta che lo guardavo. Fu un’esperienza incredibile. Ero terrorizzata e allo stesso tempo felice. Sento ancora la colonna sonora di sottofondo, c’erano i Santana e tutto mi sembrò così bello e dolce. Da allora sono passati molti anni e tanti uomini, eppure ogni volta che riascolto quella musica mi ricordo di quelle emozioni fortissime. Chissà che fine hai fatto. Ho provato a cercarti su Facebook ma non sono riuscita a rintracciarti.
Cara Serena,
scriverti è come fare un film sul valore della memoria che si prende cura delle gioie e delle ferite della vita. Il potere terapeutico dei ricordi. O come leggere un libro. Del resto sono sempre stata una grande lettrice. Uno dei primi volumi che mi sono capitati tra le mani è stato Il deserto dei tartari di Dino Buzzati, ma non mi dispiacevano neanche i manuali di psicologia. Ho portato sempre con me questi libri, di trasloco in trasloco. E con la scusa della lettura non ho mai mosso un dito per aiutare i miei genitori. Mi rifiutavo anche di imparare a cucinare, come avrebbe voluto mia madre. Pensavo: Tanto a vent’anni avrò una grande villa con i camerieri
. Mia madre, che sembrava leggermi nella testa, mi esortava così: Eh sì, ma tu devi saper fare le cose per spiegarle ai camerieri, altrimenti non ti daranno retta!
. È vero. Avevo il personale ma dovevo guidarlo su come riordinare. Oggi tremo al pensiero che ci sia qualcuno in casa e preferisco fare tutto da sola, anche se non mi riesce nulla particolarmente bene. Agisco come di solito fanno i filippini che puliscono solo le cose più evidenti e nascondono il resto. Anche durante la mia partecipazione al Grande Fratello Vip
gli altri coinquilini mi rimproveravano dicendomi: Non puoi solo chiacchierare e parlare della tua carriera
e io rispondevo: Guardate che metterei solo confusione
. E vogliamo parlare delle valigie? Sbaglio a farle. Porto in viaggio sempre cose inutili. E al ritorno le apro ma non le svuoto. Restano lì per settimane, forse in attesa che per magia gli abiti si
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