Il fumo nuoce gravemente alla salute
By Paul de Sury
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Paul de Sury
Noto economista, professore emerito presso l'università di Torino, di educazione e humour inglese, gentiluomo fino al midollo, ha insegnato anche presso la Bocconi di Milano, a Barcellona, San Paolo, Jouy-en-Josas, Lugano, e L’Avana. Collabora regolarmente con il mensile Monsieur. Il sigaro cubano è stato il primo argomento non bancario-finanziario di cui si è occupato con passione. Più di una volta gli è stato proposto di scrivere manuali specialistici, ma ha sempre rifiutato, perchè per lui questo è un argomento troppo "emotivo".
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Il fumo nuoce gravemente alla salute - Paul de Sury
Introduzione
Il mio rapporto d’amore con il sigaro cubano – puro, habano, avana, chiamatelo come vi pare – nasce a Pasqua del 1979.
Mi trovavo all’aeroporto di Linate per partire con i due grandi amici del cuore, Martino Bellotti, che l’anno dopo fece una fine tragica, e Huberto Poletti. Avevamo rotto i salvadanai e implorato i genitori. Eravamo diretti a Londra, mia città natale. Al duty free, Huberto e io ci innamorammo di una scatola di Churchill di Romeo y Julieta. Sembrava uno scrigno del tesoro; il cofanetto di cedro era riccamente decorato dalle vistas e conteneva venticinque tubi di alluminio satinato ognuno con dentro un sigaro. Decidemmo di comperarlo. Costava quasi tre quarti del nostro budget complessivo. Martino ci avrebbe ammazzato. Infatti passammo la vacanza a pane e cipolla, però ci fumammo i migliori sigari del mondo.
Sedici anni dopo, il mio grande amico Davide Paolini, più noto come il Gastronauta al pubblico degli amanti del buon mangiare e meglio bere, aveva organizzato a Modena un pranzo dal titolo epaticamente impegnativo: duecento bottiglie per cento amici. Davide voleva far fuori tutte le bottiglie più vecchie di trent’anni che teneva in cantina. Chi mi conosce, sa che quando c’è da sacrificarsi io non mi tiro mai indietro. Armato di buona volontà e conscio del fatto che, se c’è uno sporco lavoro da fare qualcuno deve pur farlo, eseguii onorevolmente la mia parte e mi ritrovai al termine della frugale «colazione» (verso le sette di sera) in uno stato per me non insolito di confusione etilica. Eravamo in un ristorante chiuso al pubblico per l’occasione e quindi chiesi ai commensali il permesso di fumare (Sirchia ancora non si profilava all’orizzonte). Ero seduto di fronte a Salvatore Carruba, allora direttore responsabile del Sole 24 Ore; cominciammo a chiacchierare sul fumo e lui mi propose di scrivere un pezzo sugli avana per il supplemento culturale della domenica.
In quegli anni la vita non era facile per un fumatore di sigari. In Italia erano teoricamente importati soltanto tre sigari di qualità: il Montecristo 4, l’Aristocrat di Partagas e il Churchill en tubo di Romeo y Julieta. Ma la loro disponibilità era appunto solo teorica, perché in pratica non si trovavano mai e, nei rari casi in cui si era fortunati, ci si imbatteva in qualcosa di difficilmente fumabile perché nessun tabaccaio aveva uno humidor. Concludevo il mio articolo dicendo che una persona come me che viveva a poche decine di chilometri dalla Svizzera e viaggiava spesso per lavoro poteva anche fregarsene delle lacune dell’offerta italiana, ma gli altri?
La collaborazione con il Sole 24 Ore durò per circa un anno, durante il quale scrissi una decina di pezzi sull’avana, ma poi il nuovo direttore decise che non voleva essere associato alla promozione di un consumo che lui giudicava negativo come quello del fumo e quindi ognuno a casa sua. Poi, nel 1998, iniziò la bella avventura semiclandestina di Torpedo con i tre Andrea (Grignaffini, Molinari e Vincenzi) sfociata poi in Monsieur.
Il sigaro cubano è stato il primo argomento non bancario-finanziario, la mia disciplina accademica, di cui mi sono occupato. E, forse, sono stato il primo a scriverne sui quotidiani, anche se manuali specialistici erano già in circolazione da un pezzo. Mi è stato proposto più di una volta di scriverne uno anch’io, ma ho sempre rifiutato. Ce ne sono già in circolazione troppi. E poi, se volessi addentrarmi in particolari tecnici sul calibro o le modalità di produzione dei sigari, farei meglio a occuparmi di teoria del portafoglio o di asimmetrie informative nei servizi finanziari – almeno lì, a torto o ragione, sono certificato come esperto.
Nel 2003 venni contattato da un individuo – di cui non menziono il nome – che millantò di avere un accordo per realizzare una serie di libri sui piaceri maschili proprio per il Sole 24 Ore. Mi chiese di scrivere il volume dedicato al fumo di qualità. Accettai, ponendo tre condizioni: che riguardasse solo i sigari cubani, perché degli altri non so niente; che fosse sulle emozioni e la filosofia (e non la tecnica) del fumo; che potessi scriverlo con un altro mio grande amico, Andrea G. Pinketts. D’accordo, fu la risposta. Partii per La Habana nella convinzione che il compenso promessomi avrebbe coperto i costi miei e di Andrea. Al ritorno il committente era sparito e il Sole 24 Ore non sapeva niente dell’iniziativa. Pazienza. Mi sono pagato una bella