L' Erotismo
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Pubblicato nel 1910, Die Erotik resta ancora oggi, dopo più di cento anni, un testo di sorprendente attualità e di rara profondità
Lou Andreas Salomé
Lou Andreas-Salomé (Pietroburgo 1861 - Gottinga 1937), nata russa ma di origine tedesca, è stata una scrittrice e psicoanalista. Vive prima a Zurigo, poi a Roma, nel 1887 si sposa con il linguista tedesco Friedrich Carl Andreas, ma sarà un matrimonio bianco. Viaggia per tutta l’Europa. Colta, sensibile, dalla mente brillante e acuta, è aperta alle novità del nuovo secolo, alle avanguardie artistiche e, soprattutto, alla psicoanalisi (Freud ne parlerà con ammirazione e stima). Scrive saggi, articoli, romanzi, recensioni teatrali. Ha intense relazioni intellettuali, spirituali e affettive con alcune delle figure più importanti del Novecento, come Nietzsche, sul quale scrive un libro che apre un grande dibattito sul pensiero del filosofo, e Rilke. Per tutti sarà ispiratrice, musa, allieva, amica. Il suo libro Erotika è una pietra miliare nella letteratura femminista. Tra le opere tradotte in italiano: La materia erotica: scritti di psicoanalisi (Edizioni delle donne 1977), I miei anni con Freud: diario 1912-1913 (Newton Compton 1977), Il mito di una donna (Guaraldi 1980), L’erotismo: l’umano come donna (La Tartaruga 1985), Il tipo femmina (Mimesis 1993), Anal und Sexual (Mimesis 2010).
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L' Erotismo - Lou Andreas Salomé
L’erotismo1
Introduzione
Da qualunque parte si affronti il problema dell’erotico, resta sempre l’impressione di farlo in modo estremamente parziale, soprattutto poi quando si cerca di affrontarlo con strumenti logici, cioè partendo dal suo aspetto più esteriore.
Ciò significa questo: estrarre dall’erotismo il più possibile di vita immediata delle impressioni, fino a trovarsi d’accordo con una fetta più grande possibile della società. Oppure, in altre parole: presentare le cose reprimendo quanto è possibile la nostra soggettività, estrarne fuori, al posto della totalità e dell’indivisibilità di una manifestazione vitale, un frammento scomponibile che, appunto per questo, può essere fissato in parola e manipolato con agilità e sicurezza, abbracciato con un solo sguardo nella sua univoca totalità.
Ora, questo stesso metodo di esposizione, che necessariamente reifica e toglie l’anima a quello che tocca, si applica anche a ciò che noi possiamo conoscere in modo solo soggettivo, che ci è possibile sperimentare solo in modo individuale, e che siamo quindi soliti definire come le impronte «spirituali» o «psichiche» delle cose, in breve, le «impressioni», nella misura in cui esse, per principio, sfuggono a questo metodo. Per amore della coerenza, che pure si deve perseguire, non possiamo indagare tali effetti di natura affatto diversa, se non basandoci su un unico effetto, mentre tutto il resto di ciò che si può dire non ha altro valore che quello di complemento, soltanto descrittivo il quale, per quanto si pieghi alle esigenze della coerenza logica, per quanto si appoggi formalmente su di essa, può convincere soltanto in modo più o meno soggettivo.
Nel problema dell’erotico questa contraddittoria ripartizione è ancora più tipica, in quanto esso sembra oscillare con estrema incertezza tra il corpo e lo spirito.
Tuttavia questa contraddizione non si attenua mescolando tra loro vari metodi, bensì adattandoli con sempre maggior precisione ai loro oggetti e applicandoli col massimo rigore. Potremmo dire che ci impadroniamo totalmente di un oggetto in quanto isolato e materiale, soltanto attraverso una delimitazione sempre più certa, per cui vediamo verificarsi e confermarsi appieno nelle dimensioni del nostro proprio essere ciò che si estende al di là di esso. In tal modo dominiamo non soltanto il carattere unilaterale dell’oggetto esaminato, ma anche quello del metodo: via che porta in due direzioni, che ci apre l’accesso alla vita, e che soltanto un’illusione ottica contrae per noi in un unico punto. Infatti, quanto più approfondiamo un soggetto, tanto più questo ci si apre dinanzi nelle due direzioni, così come la linea dell’orizzonte si allontana man mano che ci si avvicina.
Ma un poco più oltre, l’esatta considerazione delle cose comincia a considerare unilaterale se stessa. Soprattutto là dove la sua materia sfugge al di là dei sensi e della ragione e si perde nell’incontrollabile, mentre essa può sentirla ancora esistere nella mente, e può persino ancora darne una valutazione pratica. Oltre il breve tratto che si trova sotto controllo, il solo che possiamo sorvegliare, per tutto ciò che si trova al suo interno, i criteri di «verità» e «realtà» sono cambiati. Anche ciò che è meglio compreso nella sua materialità, anche il più comprensibile logicamente, secondo questo criterio diventa una convenzione, un segnavia che ci permette di orientarci praticamente ma poi si perde e svanisce al di là, nello stesso valore simbolico di ciò che noi abbracciamo sotto le categorie di «spirituale» o «psichico». E a entrambi gli estremi del nostro cammino insorge quindi inviolabile l’imperativo: «Devi farti un’immagine e un simbolo!» affinché anche il simbolico, che parla solo per segni e confronti, a cui resta affidata qualsiasi descrizione dello spirituale, si veda integrato al valore che sta alla base di ogni conoscenza umana. Come in quella linea d’orizzonte, che si allontana da noi a ogni passo, «cielo e terra» si riuniscono pur sempre in una sola immagine: l’illusione ottica originaria, e nel contempo il simbolo ultimo.
Base
Quest’ultima equiparazione, ben lungi dal sottovalutare i caratteri esterni delle cose, li ribadisce anzi nella loro autonomia, in rapporto alle determinazioni che si possono aggiungere per completarli. Essa soltanto insegna a esaminare senza pregiudizi tutti i rapporti all’interno della «materia più materiale», anzi della vita più corporea, insegna cioè un lucido rispetto nei loro confronti: rispetto in un senso per il quale noi non siamo né abbastanza semplici né generosi: un rispetto senza alcuna concessione a significati collaterali estetici, etici, religiosi e simili, ma commisurato unicamente al senso stesso del corporeo in sé. Ad esso sono commisurati gli aspetti, divenuti per noi visibili, di esperienze immemorabili, di esplorazioni nell’ambito di ciò che per noi è l’esistente, aspetto che è ancora leggibile ovunque, come le cicatrici di un combattimento o i segni di una vittoria. È come se in questo substrato primigenio, portatore di antica saggezza, che resiste alla nostra analisi e si attesta in modo del tutto diverso dallo spirituale, il movimento vitale ci sembra irrigidito in linee e forme più precise, così che anche il nostro stesso intelletto, questo ultimo nato nel mondo della vita fisica, può, come un tenero fanciullino ancora sciocco, arrampicarsi con gesti incerti a tale substrato come al grembo primigenio.
In relazione alla base dell’erotico, alla sessualità, ciò significa situarla con precisione sempre maggiore in senso fisiologico. La sessualità come bisogno, simile alla fame, alla sete o ad altre manifestazioni della nostra vita corporea, diventa, a questa condizione, comprensibile in tutti i suoi aspetti. E, come a proposito del nostro bisogno di nutrimento o di altri bisogni fisici soltanto