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Sigonella Files
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About this ebook

Base militare americana di Sigonella in Sicilia, ai giorni nostri. Il marine Andy McBride perde la vita in un incidente automobilistico. Una tragica fatalità oppure qualcuno ha voluto la morte del soldato?

A far luce sulla vicenda, giunge sull'isola la giornalista Violet McBride, sorella di Andy, decisa a capire quali misteri si celano dietro una morte che nasconde troppi punti oscuri. Malvista dalle alte sfere militari della base, Violet si troverà suo malgrado a fare squadra con Donatello Moltisanti, carabiniere inviso dai colleghi. La strana coppia di detective fronteggerà un intrigo in cui tutti hanno qualcosa da nascondere.

In una Sicilia misteriosa e inquietante, fatta di pioggia e asfalto, Vincenzo Sacco innesta gli elementi (pop)olari di uno spicchio d’America trapiantata su suolo italiano, fra Budweiser ghiacciate e burtoniane villette a schiera, sorta di oasi stelle e strisce la cui facciata perbenista dell’american way of life nasconde sottocutanee mostruosità, veicolando altresì immaginari disparati e "pulpeggianti" di un universo trasversale e multiculturale.

Un romanzo sfaccettato e dai mille sapori in cui arancini e Superbowl, coppole e teenager disinibite, sette sataniche e killer manga, skateboard e sesso hard, terroristi islamici e mogli insoddisfatte, si abbarbicano e si aggrovigliano, si inseguono e si amalgamano, regalandoci una “apple pie” mediterranea, dal sapore unico ed inconfondibile.

LanguageItaliano
Release dateNov 21, 2019
ISBN9788869345913
Sigonella Files
Author

Vincenzo Sacco

Vincenzo Sacco, autore dei romanzi Pornozeus, Il ragazzo che non voleva morire e del saggio Screens Wide Shut - il primo, l'unico e definitivo studio sul rapporto fra cinema e massoneria -, fondatore del blog letterario Librisenzagloria.com, ha lavorato alla distribuzione cinematografica di oltre sessanta lungometraggi, sia italiani che internazionali, e di numerosi eventi cinematografici di successo. Oggi è direttore della divisione distribuzione di Altre Storie e, nella stessa società, partecipa allo sviluppo e alla realizzazione produttiva di diversi film per cinema e televisione. Dal 2019 è direttore artistico del Sicilia Film Fest.

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    Book preview

    Sigonella Files - Vincenzo Sacco

    © Bibliotheka Edizioni

    Via Val d’Aosta 18, 00141 Roma

    tel: +39 06.86390279

    info@bibliotheka.it

    www.bibliotheka.it

    I edizione, novembre 2019

    e-Isbn 9788869345913

    Isbn 9788869345906

    È vietata la copia e la pubblicazione, totale o parziale,

    del materiale se non a fronte di esplicita autorizzazione scritta

    dell’editore e con citazione esplicita della fonte.

    Disegno di copertina: Paolo Niutta

    www.capselling.it

    Progetto grafico:

    Brozzolo Riccardo per Eureka3 S.r.l.

    www.eureka3.it

    Vincenzo Sacco

    Vincenzo Sacco, autore dei romanzi Pornozeus, Il ragazzo che non voleva morire e del saggio Screens Wide Shut - il primo, l’unico e definitivo studio sul rapporto fra cinema e massoneria -, fondatore del blog letterario Librisenzagloria.com, ha lavorato alla distribuzione cinematografica di oltre sessanta lungometraggi, sia italiani che internazionali, e di numerosi eventi cinematografici di successo.

    Oggi è direttore della divisione distribuzione di Altre Storie e, nella stessa società, partecipa allo sviluppo e alla realizzazione produttiva di diversi film per cinema e televisione.

    Dal 2019 è direttore artistico del Sicilia Film Fest.

    Un thriller incalzante, scritto con perizia, abile a depistare, ingannare, deviare l’attenzione del lettore dalla soluzione di un enigma dalle tinte scarlatte.

    "Dedico questo libro all’unica persona

    senza la quale non avrei mai potuto scriverlo.

    In suo rispetto e per ragioni di segretezza non riporterò il vero nome

    ma utilizzerò il codename con il quale mi ha avvicinato.

    Lui saprà.

    Per Charlie."

    «A casa sua ognuno è re.»

    Ammiraglio John Brunetti

    1

    Sangue sull’asfalto. Auto in fiamme sulla carreggiata.

    Andiamo in Sicilia, amore… Torniamo a casa, amore… così ogni sera gli ripeteva Vanessa quando lui rincasava. Dopo il matrimonio, Vanessa l’aveva seguito a Roma dove Donatello prestava servizio come carabiniere: lui al lavoro e lei tutto il giorno sola in casa fino a sera, erano arrivati ai ferri corti. Per amore della moglie e del bambino che presto avrebbero avuto insieme, Donatello s’era convinto a inoltrare al comando la richiesta di trasferimento. Due anni d’attesa, poi un giorno arriva la lettera: l’Arma comunica di avere accolto la domanda con esito positivo e lo trasferisce alla caserma di Lentini, distante pochi minuti da Catania. Vanessa gli s’era gettata con le braccia al collo: a Lentini l’aveva conosciuta e l’aveva sposata.

    Sei felice, Krak? così la chiama, torniamo a casa, Krak! E lei aveva risposto: sì, amore, via di qui, niente più clacson niente più folla, solo pace, pace e serenità.

    A questo ripensa il carabiniere scelto Donatello Moltisanti mentre osserva il riverbero dei lampeggianti sul sangue che abbondante traccia l’asfalto da un lato all’altro della carreggiata. Da una parte l’auto in fiamme, dall’altra il cadavere carbonizzato dell’autista.

    I vigili del fuoco pompano acqua sulla macchina. Un piccolo capannello di curiosi si è radunato ai margini della strada. Mangiano calia, simenza e si godono lo spettacolo. Per terra le loro impronte si sono mescolate ai getti dei pompieri.

    Un carabiniere esamina la Toyota Celica ferma poco distante dall’auto incendiata. Un altro carabiniere supera il triangolo rosso posizionato sulla strada e Donatello gli va incontro: «Chi è il fortunato?»

    «Andy McBride.»

    «Americano?»

    «Picchì, a Lentini ci sono cristiani che si chiamano accussì

    La mente di Donatello fa il resto: soldato americano di stanza alla base aerea di Sigonella morto su suolo italiano. Una bella gatta da pelare. Dell’incidente avrebbe preferito leggere sui giornali l’indomani mattina: se hanno però chiamato in caserma alle dieci di sera per chiedere espressamente di lui mentre il malochiffare lo teneva incollato al secondo tempo della nazionale, un motivo c’è sicuramente.

    L’auto in fiamme è una Dodge Magnum. Donatello intravede la sagoma carbonizzata fuori dall’abitacolo: un miscuglio di carne, plastica e la schiuma mal rappresa sparata dai pompieri. Lo sguardo corre alla Toyota più indietro: «Scontro di vetture?»

    «No, la Dodge è andata in fiamme da sola. L’altra macchina la guidava un negro. Tornavano insieme da Catania…» le braccia del carabiniere indicano la direzione. «Quando la Dodge si è sminchiata, il negro sulla Toyota ci ha chiamato.»

    «Il negro è americano?»

    «Picchì, a Lentini ci sono niuri

    «Và scassami tre quarti ri minchia al largo.»

    Il motivo della chiamata è ora chiaro a Donatello: in tutta la minchia di provincia di Siracusa è mai possibile che sono l’unico a parlare un’anticchia d’inglese?

    Il negro siede sul limitare del selciato, le ginocchia strette fra le braccia e con gli occhi fissi sul cadavere abbrustolito. Nel loro inglese stentato, i colleghi di Donatello sono riusciti ad afferrarne il nome: Bruce Howard. Potrebbe avere qualsiasi grado militare giù alla base, ma i ragazzi in città lo scambieranno sempre e comunque per uno sporco negro immigrato: qui non siamo in America.

    Gli fa un cenno con la testa, il negro annuisce e allora Donatello gli si siede di fianco sul guardrail.

    «Nig questo non lo meritava.»

    Donatello osserva il soldato Howard. Indossa abiti costosi: un lungo cappotto nero e un foulard di seta bianca intorno al collo. Un tipo spacchiuso. Probabilmente lui e la vittima erano andati a spassarsela a Catania. Su due auto diverse. Gli piace correre agli americani, eh?

    «Nig? Il tuo amico non si chiamava Andy?»

    «Sì, ma alla base lo chiamavamo Nig.» I capelli crespi sono tagliati cortissimi e il pizzetto è ben curato.

    «Nig sta per negro?»

    «Sì, fratello.»

    «Andy era bianco e tu lo chiamavi Nig

    «Sì, fratello.»

    «Senza offesa, Bruce, forse non ti sei visto bene allo specchio: fra i due il negro sei tu!» La sirena lampeggia sul viso dell’uomo: è bianco dalla paura.

    «Grazie tante, buana, non me ne ero accorto. Da noi il Nig è l’ultimo arrivato: alla base Andy era nuovo, e i nuovi li facciamo sgobbare come muli: corvée pulizia ambienti, lavori pesanti, metti la cera, togli la merda, e se non hai merda da fargli togliere gliela cachi apposta sotto il naso.»

    «Un negro che chiama negro un bianco. Ora le ho viste tutte!»

    Il soldato Howard scrolla le spalle. I suoi occhi chiari sono fissi sul corpo spento e annerito del soldato Andy Nig McBride: in preda alle fiamme era riuscito ad abbandonare la Dodge per morire pochi secondi dopo sull’asfalto. «Ti fa ridere, fratello? Ti farebbe più ridere se sapessi che giorno è oggi.»

    «Oggi è lunedì, Bruce.»

    «Oggi è il terzo lunedì di gennaio. Oggi è il Giorno di Martin Luther King.» Donatello conosce le usanze della base americana. King nasceva il 15 gennaio e il terzo lunedì di gennaio è quello che per convenzione più si avvicina al 15: oggi ricorre la nascita del simbolo della lotta per i diritti civili, e lo stesso giorno quasi cento anni dopo muore lontano da casa un giovane bianco maltrattato.

    «Come è successo?»

    «Non so spiegarlo… Una perdita di benzina, forse. Guidavo e di colpo la macchina di Andy ha preso fuoco. Così, dal nulla. Per certe cose non esistono spiegazioni.»

    Il soldato Bruce Howard puzza d’alcol. «C’è sempre una spiegazione, Bruce.»

    Il soldato si volta nervoso verso il carabiniere in divisa. «Illuminami, fratello, perché non ti seguo. Mi stai dicendo che Nig, un ragazzo con la testa sulle spalle, non so se mi spiego, un ragazzo assolutamente normale, la mattina si sveglia, pulisce i cessi, poi pensa sai che c’è, vado a svagarmi un attimo e di punto in bianco comincia a prendere fuoco? Non ci credo. No, è semplicemente assurdo.»

    «Assurdo? Il male è sempre assurdo,» il carabiniere deve alzare la voce per colpa della sirena. «Andy era una persona ordinaria? Beh, il male è una cosa straordinaria. Non pensiamo mai che possa capitare a noi. Se sopravvivi al male, allora sì che diventi tu una persona straordinaria.»

    L’attenzione del soldato nero torna sulla strada. «Solo i cattivi sopravvivono al male, fratello.»

    «Tu sei sopravvissuto, Bruce. Quando una persona scampa al male, se ci prende gusto, sì, ammetto che può diventare un figlio di puttana. I figli di puttana cattivi di questo mondo hanno però un grosso difetto: pensano di farla franca.» I pompieri hanno sedato l’incendio. Della sagoma nera del Nig luccica solo una schiera di denti intatti e bianchissimi. «Cosa fanno allora? Sfidano la sorte, sempre. Beh, è sempre troppo tardi quando imparano che la sorte è una puttana più grande delle loro madri.»

    Bruce gli pianta gli occhi addosso: «Pensi che stia nascondendo qualcosa? Io non ci parlo con te. Sono un marine, io.»

    L’ho fatto incazzare. «Non penso che tu sia una persona straordinaria, Bruce. Penso solo che dopo questa sera tu non sarai più la persona di prima. Ti sei salvato e il tuo amico ci ha rimesso le penne. La sorte è una gran puttana ed è cieca come la giustizia. Sono tutte e due bendate: non si può mai sapere queste puttane a chi la danno la sera e a che prezzo.»

    Bruce annuisce, solleva il mento come ripensando a qualcosa. «Andy s’incazzava quando lo chiamavamo Nig. Ma lo capiva. Perché fra qualche tempo sarebbe toccato a lui dare del Nig ai nuovi poveracci che ci avrebbero spedito, e sarebbe stato lui a prenderli a calci in culo. Andy era uno di noi. Anche lui era uno stronzo.»

    Un paio di gocce picchettano sul berretto del carabiniere. Neppure il tempo di alzare lo sguardo che il diluvio comincia. E poi dicono che in Sicilia non piove mai.

    2

    Sbircia il largo quadrante dell’orologio da polso. Nel momento in cui l’aero della Lufthansa atterra sulla pista di Punta Raisi sono trascorse circa dieci ore da quando è partita dal J.F.K. a bordo di un volo della United Airlines. Per dieci ore di fila Violet non ha chiuso occhio.

    La capigliatura del passeggero al finestrino oscura parte della visuale. Violet si sporge per guardare fuori. Il mare non si vede più. C’è solo la pista bagnata. E l’alba.

    Il passeggero la squadra, Violet si ritrae. Quello ha dormito per tutto il viaggio e ora le sorride. «Non le piace volare, o sbaglio?»

    «Come le viene quest’idea?» Le dita di Violet tamburellano sul bracciolo: sono le dita della mano sinistra, quella con il guanto nero in pelle.

    L’uomo d’affari con la cravatta rossa e il gilet gessato ha invece le due mani incrociate sul grembo: «Vuole sapere il segreto per sopravvivere ai viaggi in aereo?» Con un movimento nervoso Violet scosta una ciocca del caschetto biondo. «Quando è arrivata sana e salva, si tolga scarpe e calze e cammini per un po’ a piedi nudi sulla moquette…»

    «…stringendo a pugno le dita dei piedi. Sì, me l’hanno detto.»

    Il playboy sghignazza. «Sì, sì, lo so, sembra una scemenza…»

    «Non sembra una scemenza, lo è.» Le lenti a goccia dei Ray-Ban sono chiamate a coprire le occhiaie di Violet. La voce del comandante annuncia che a breve inizierà la procedura di sbarco. L’uomo vorrebbe attaccare bottone, lei slaccia la cintura e si alza: «Mi creda, una tazza di caffè è quella che mi serve.»

    L’uomo la osserva di sottecchi: i jeans le stringono il sedere e le cosce, la fanno risultare più bassa. Chiodo, anfibi e ricrescita nera dei capelli.

    Violet scoperchia il portabauletto sopra i sedili, l’uomo nota la fondina sotto l’ascella: la cinta le passa sull’addome e i seni dentro la t-shirt azzurra ci piovono sopra a balconcino, dalla fondina emerge il manico di uno spaventoso coltello.

    «Non si preoccupi, se volevo tagliarle la gola l’avrei già fatto.»

    «Come ha fatto a portarlo a bordo?»

    «Mi sono lavorata l’hostess.» L’uomo ha la bocca spalancata. «Lei ha una lingua lunga. Ma come vede la mia lama è più grossa della sua.»

    Violet trattiene con la mano la tracolla del borsone e si avvia verso l’uscita. Prima della scaletta ricambia il sorriso dell’hostess. Questa ammicca e arrossisce.

    Agli arrivi si identifica presso l’autista che regge il cartello con su scritto "miss McBride". Butta giù una compressa di Xanax. Questa è per la testa. Si accende la prima sigaretta dopo dieci ore. Questa è per il cuore.

    L’autista si offre di prenderle il borsone, lei rifiuta e lo segue fino alla macchina.

    Violet non è mai stata in Sicilia prima d’ora. Quel che vede è solo un ammasso confuso di ferraglia e grigie impalcature messe alla prova dalla pioggia scrosciante. La mia non è una visita di piacere. Deve recuperare un cadavere: Andy McBride, mio fratello.

    Imboccano il parcheggio.

    «Il fumo fa male, miss McBride.»

    «È solo una sigaretta.» Così piccola e così cattiva.

    «Sì, è vero, miss McBride, il male sembra sempre banale…»

    «Non sembra banale, lo è.»

    Non sono ancora alla macchina che Violet McBride schiaccia la sigaretta sotto il tacco dello stivale.

    3

    Brenda siede sui fornelli con le gambe allungate sulla lavastoviglie. Legge Il Mago di Oz.

    Di tanto in tanto sbircia alla finestra. Nella casa di fronte la donna rossa prepara la torta di mele. La vicina ha un vestito troppo stretto per il seno abbondante. Sarà stata la prima cosa che avrà pensato il marito quando è entrato: barba folta, elegante nella divisa beige.

    Il marito prima la bacia sul collo, poi le strappa l’abito con un solo gesto violento. La donna rossa si slaccia il reggiseno sul davanti. A questo punto lui la fa adagiare con la schiena sul tavolo da cucina, impastandola di farina, e le infila la testa fra le gambe. Quando la donna urla dal piacere allunga il collo e, con la testa riversa, incontra lo sguardo di Brenda all’altra finestra. Sussulta e Brenda sobbalza. Beccata a spiare.

    Brenda scende giù dai fornelli. La vicina arrapata non smette di guardarla: con una mano sui capelli del marito gli infossa ancor di più la testa fra le cosce. A Brenda manca il respiro. La donna rossa ha le labbra bagnate: quasi strangola il marito con le gambe avviluppate attorno al suo collo e i talloni a speronargli la schiena.

    Il Mago di Oz le scivola di mano e per poco non batte sulla testa di Piper. La piccola yorkshire scatta dalla sua cuccia e abbaia alla volta della padrona. Via!

    La yorkie dal pelo nero focato ha la lingua penzoloni, saltella e detta il passo a Brenda attraverso il compound. Per Piper non è stato facile il trasferimento da Los Angeles: Jason le aveva fatto impiantare un microchip a norma ISO per l’Europa, l’aveva sottoposta alla vaccinazione antirabbica (poco male, anche noi ci siamo vaccinati per ottenere un modulo PHS) e infine l’aveva spedita in aereo su un contenitore da centocinquanta libbre per registrarla con un certificato sanitario bilingue presso la clinica veterinaria di Sigonella. Normale che la yorkie voglia prendere una boccata d’aria ogni volta che se ne presenta l’occasione. Anche se questo significa per Brenda chinarsi a ogni angolo per raccoglierne i bisognini.

    Nel complesso della Midtown su NAS 1 l’orizzonte si stende fra le assolate case basse fino alle pendici del gigantesco vulcano che sovrasta l’intera visuale. L’Etna è talmente alto e colossale che a Brenda ricorda Godzilla o un altro mostro da blockbuster.

    Nessun marines vuol venire in Sicilia, ma quando arriva non vuole più andarsene. Questa è la prima frase che Brenda Madison Moore aveva letto sull’opuscolo introduttivo quando Jason le aveva annunciato il trasferimento. Lei attendeva trepidante che il suo uomo rientrasse: voleva dirgli di aver fatto il test e festeggiare tutta la notte facendo all’amore. Jason invece aveva parlato prima. Perciò la settimana scorsa avevano lasciato la pista di Los Angeles per atterrare in quella militare di Sigonella. Sono trascorsi solo pochi giorni e Brenda rimpiange persino Milwaukee, dov’è nata: il Wisconsin non sarà Los Angeles, ma non è nemmeno la Sicilia.

    Pensa al lato positivo, ripeteva fra sé e sé, non rivedrai più quei messicani che si atteggiano da macho latini nei bassifondi. Le venne un colpo quando vide i primi siciliani: pelle scura e capelli neri come l’inchiostro. Mettiamo anche che Jason non è mai stato bravo a farle forza: amore, questa punta dell’isola è più vicina all’Equatore di quanto non lo sia la punta più alta del Nord Africa.

    «Brenda, giusto?» Lungo il viale i pensieri della ragazza sono interrotti dalla cordialità di una statuaria signora all’ingresso di una villetta: lo steccato di legno, la cassetta della posta, l’American Family che realizza il suo sogno dovunque vada.

    «Rosamund Brunetti,» se è bellissima oggi, figuriamoci trenta anni fa. «Piacere di averti qui con noi.»

    La candida mano di Brenda stringe quella calzata nel pregevole guanto nero di Rosamund. «Brunetti?» Brenda strattona il guinzaglio, Brunetti è il capo di Jason.

    «Sì, è mio marito,» e con la mano pettina i liscissimi capelli neri che le scivolano sulle spalle dell’impermeabile color panna. «Allora, Brenda, come vi trovate, tu e… Jason, giusto?»

    «Jason, sì.» Brenda si tormenta la collanina.

    «Mio marito John dice che Jason è un tipo in gamba.»

    «Sì, lo è.»

    «Come vi trovate?»

    «Spaesati, ecco come.»

    Rosamund le sorride dolcemente, e svela la dentatura bianca da perfetto esemplare de La fabbrica delle mogli. «Ci farai l’abitudine, e credimi sulla parola, tu e Jason non vorrete più ripartire.»

    «È quello che mi ripete sempre lui.»

    Rosamund la prende per il gomito e l’accompagna per il sentiero. Piper scodinzola qualche passo più avanti.

    «Venti anni fa vivere a Sigonella era un vero inferno. E non mi riferisco solo al caldo… Poi siamo arrivati noi. John e io. Senza vanto e senza modestia, abbiamo trasformato la base in un piccolo Paradiso Terrestre.» Brenda avverte la presa di un fisico muscoloso e asciutto sotto i vestiti di classe. «Se trascorri la giornata davanti a Il boss delle torte e Grey’s Anatomy aspettando che il tuo caro maritino faccia ritorno bello carico e pronto per te, puoi star fresca, mia cara.» Brenda si sente a disagio, lei che è uscita in semplice camicia di jeans, infradito e un paio di jeans scuri. «Jason è un brav’uomo, uno in gamba, lo so, ma resta pur sempre un marine. I marines non li mandano qui in vacanza, e con i terroristi a ogni angolo, non dormono sonni tranquilli. Noi donne possiamo annoiarci aspettando che tornino la sera a casa senza i 21 grammi d’energia indispensabili a far festa oppure possiamo costruirci una nostra vita qui. Le donne non servono solo per scaldare il letto e preparare la torta di mele. C’è chi si dà da fare, chi cerca un part-time…»

    Lei che al liceo era la più bionda e la più carina (e un pò bitch) della classe, si sente sprofondare al cospetto di Rosamund. «Io sono un insegnante.»

    «Lo so, Brenda. Mia figlia Imogen è nella tua classe.»

    Il Programma di Continuità di Sigonella permette ai familiari dei soldati trasferiti di proseguire in terra straniera la stessa professione esercitata in patria. Solo che io non ho ancora nemmeno iniziato, «Come…?»

    «Come faccio a saperlo? Lavoro al Fleet and Family, mia cara.» Il Fleet and Family Center Service (al piano terra di un edificio del NAS 1) si trova vicino all’Housing Service Center: il posto dove Brenda e Jason hanno chiesto in prestito il mobilio per l’alloggio al campo. Brenda vi si è recata parecchie volte nell’ultima settimana, al Fleet and Family e al Regional Legal Service Office (RLSO): se per Jason andava bene il passaporto militare, lei aveva dovuto patire le pene dell’inferno per ottenere un visto turistico al consolato. La sfiancante trafila era iniziata negli Stati Uniti al Bureau of Consular Affairs per il rilascio del No-Fee e del Visa prima della partenza, ed era continuata dopo l’arrivo a Sigonella con la domanda per il permesso di soggiorno. Con in mano il Permanent Change of Station di Jason, l’RLSO l’aveva assistita dalla sessione foto formato tessera alla presa

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