Prima Ragazza: Omicidio (Un Thriller Avvincente con Maya Gray, FBI—Libro 1)
By Molly Black
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L’agente speciale dell’FBI Maya Gray, di 39 anni, ormai può dire di averle viste tutte. È una degli astri nascenti dell’Unità di Analisi Comportamentale dell’FBI, l’agente di prima scelta per casi seriali difficili da risolvere. Quando riceve una cartolina scritta a mano, con su scritto che il mittente avrebbe rilasciato 12 donne rapite se lei avesse risolto i 12 casi irrisolti, pensa subito che sia uno scherzo di cattivo gusto.
Finché non legge che, tra le prigioniere, è compresa anche sua sorella, scomparsa.
Maya, scossa da tale rivelazione, è ora costretta a prenderla sul serio. Il caso che le si profila davanti è uno dei più complessi che l’FBI abbia mai visto. I termini del serial killer, però, sono semplici: se Maya risolve un caso, rilascerà una delle ragazze.
Tuttavia, se dovesse fallire nel compito, il killer toglierà una di quelle vite.
Maya si lancia nel caso con una tale urgenza mai provata fino a quel momento. In una corsa contro il tempo, e con la vita della sorella su un piatto della bilancia, deve assolutamente trovare il legame tra le 12 prigioniere e porre fine al gioco perverso del killer, una volta per tutte. L’assassino si sta forse prendendo gioco di lei? Tiene davvero sua sorella in ostaggio? La rilascerà mai?
O forse Maya finirà risucchiata in questa spirale oscura tanto da non notare che la preda è lei stessa?
Con thriller psicologici complessi e ad alta tensione, densi di colpi di scena e di suspense al cardiopalma, la serie di gialli MAYA GRAY vi farà innamorare di una nuova brillante protagonista femminile, spingendovi a sfogliare una pagina dopo l’altra fino a tarda notte. Una lettura perfetta per coloro che amano autori come Robert Dugoni, Rachel Caine, Melinda Leigh o Mary Burton.
Anche i libri #2 e #3 della serie (SECONDA RAGAZZA: PRESA e TERZA RAGAZZA: INTRAPPOLATA) sono ormai disponibili.
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Prima Ragazza - Molly Black
PRIMA RAGAZZA:
OMICIDIO
(Un Thriller Avvincente con Maya Gray, FBI—Libro 1)
M o l l y B l a c k
Molly Black
Molly Black debutta come scrittrice con la serie I GIALLI DI MAYA GRAY che, per il momento, comprende tre volumi.
Lettrice avida e appassionata da una vita ai gialli e al genere thriller, Molly ama avere la possibilità di sentire la vostra voce, quindi non esitate a visitare il suo sito web www.mollyblackauthor.com per scoprire più su di lei e rimanere in contatto con le ultime novità.
Copyright © 2021 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. A eccezione di quanto consentito dall’U.S. Copyright Act del 1976, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuitao trasmessa in alcuna forma o in alcun modo, o archiviata in un database o in un sistema di raccolta, senza previa autorizzazione dell’autore. Questo ebook è concesso in licenza esclusivamente ad uso ludico personale. Questo ebook non può essere rivenduto né ceduto ad altre persone. Se desidera condividere questo libro con un'altra persona, la preghiamo di acquistare una copia aggiuntiva per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo libro e non l’ha acquistato, o non è stato acquistato esclusivamente per il suo personale uso, la preghiamo di restituirlo e di acquistare la sua copia personale. La ringraziamo per il suo rispetto verso il duro lavoro svolto da questo autore. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, imprese, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono il prodotto della fantasia dell’autore o sono usati romanzescamente. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, è del tutto casuale. Immagine di copertina Copyright polandinthelens, utilizzata sotto licenza da Shutterstock.com.
LIBRI DI MOLLY BLACK
UN THRILLER AVVINCENTE CON MAYA GRAY, FBI
PRIMA RAGAZZA: OMICIDIO (Libro #1)
INDICE
CAPITOLO UNO
CAPITOLO DUE
CAPITOLO TRE
CAPITOLO QUATTRO
CAPITOLO CINQUE
CAPITOLO SEI
CAPITOLO SETTE
CAPITOLO OTTO
CAPITOLO NOVE
CAPITOLO DIECI
CAPITOLO UNDICI
CAPITOLO DODICI
CAPITOLO TREDICI
CAPITOLO QUATTORDICI
CAPITOLO QUINDICI
CAPITOLO SEDICI
CAPITOLO DICIASSETTE
CAPITOLO DICIOTTO
CAPITOLO DICIANNOVE
CAPITOLO VENTI
CAPITOLO VENTUNO
CAPITOLO VENTIDUE
CAPITOLO VENTITRÉ
CAPITOLO VENTIQUATTRO
CAPITOLO VENTICINQUE
CAPITOLO VENTISEI
CAPITOLO VENTISETTE
CAPITOLO VENTOTTO
CAPITOLO VENTINOVE
CAPITOLO TRENTA
CAPITOLO TRENTUNO
CAPITOLO TRENTADUE
CAPITOLO TRENTATRÉ
CAPITOLO UNO
Maya Gray, agente speciale dell’unità Casi Irrisolti dell’FBI, era seduta nella sua auto a noleggio, intenta a scrutare una piccola casa sita alla periferia di Harristown, nel Missouri. Le facciate erano state ridipinte da poco e una regolarissima staccionata bianca fungeva da elemento di separazione tra la casa, la strada e i vicini. Era la classica abitazione americana dei sogni, anche se Maya non aveva mai desiderato qualcosa del genere. Era al civico tredici.
Controllò una copia digitale del fascicolo sul cellulare per accertarsi di trovarsi all’indirizzo corretto, ripassando mentalmente i dettagli del caso al contempo. Anche se si trattava di un controllo di routine, era importante conoscere ogni informazione.
Ok, quindi, Ben Harrow era stato ritrovato senza vita nel bel mezzo di una foresta dieci anni prima, in un’area protetta nota per ospitare dei fiori rari. Era stato accoltellato più volte, gli era stato rubato un anello e anche il contenuto del portafoglio, probabilmente in un tentativo maldestro di far apparire l’omicidio come una rapina finita male. Maya ricordava tutto alla perfezione, ma decise di leggere il fascicolo ancora una volta, così da accertarsi di non essersi dimenticata nessun dettaglio.
Quel giorno doveva parlare con Timothy Jameson, un amico di Harrow. Da quanto riportato sul fascicolo, la polizia lo aveva già interrogato ai tempi dell’accaduto, e proprio per questo motivo Maya decise di riprendere la stessa pista, anche se non credeva davvero che l’avrebbe portata a scoprire qualcosa di nuovo.
Dopo aver tratto un respiro profondo, si incamminò verso l’edificio e suonò al campanello.
Ci volle un attimo prima che qualcuno rispondesse, anche se la Toyota parcheggiata lungo il vialetto indicava chiaramente che qualcuno si trovava in casa. Maya poté immaginare il signor Jameson mentre la osservava attraverso lo spioncino della porta, o forse tramite i filmati della telecamera di sicurezza, cercando di capire se fosse il caso di aprirle o meno.
E questo era il genere di situazione in cui il suo aspetto le tornava utile. Era una donna piuttosto alta rispetto alla media, di quasi un metro e ottanta, atletica, ma il completo che indossava riusciva a mascherare gran parte della sua corporatura, facendola apparire più delicata di quanto lo fosse realmente. I suoi capelli scuri erano raccolti all’indietro nel modo più professionale possibile, ma una o due ciocche riuscivano sempre a liberarsi dalla stretta dell’elastico. Non si curava troppo del trucco; pur avendo trentacinque anni, i suoi lineamenti erano ancora giovanili ed emanavano un certo bagliore se esposti alla giusta luminosità. La sua bocca aveva una forma tale da essere naturalmente tendente al sorriso; sembrava sempre amichevole, anche quando non c’era alcun motivo di esserlo.
Sapeva di non avere un aspetto minaccioso, ma con l’esperienza aveva scoperto quanto ciò la aiutasse nello spingere gli altri ad aprirsi con lei. Tuttavia, si chiese se sarebbe stato sufficiente per convincere il signor Jameson ad aprire la porta, o se sarebbe dovuta rimanere lì davanti in attesa di una risposta ancora a lungo. Uno dei vantaggi di non lavorare con un collega era il fatto che non ci sarebbe stato nessuno a deriderla nel caso in cui il proprietario di casa avesse deciso di ignorarla.
Maya trasse un respiro di sollievo quando un uomo di mezza età aprì la porta. Aveva una corporatura robusta, come se in passato fosse stato un atleta che ormai si era ritirato e aveva cominciato a godersi la vita. Era più alto di lei, con i capelli castani in disordine, gli occhi scuri, e una forma del viso che cominciava a tendere leggermente verso la rotondità. Indossava un paio di pantaloni con una semplice maglietta e, per i gusti di Maya, la stava scrutando un po’ troppo apertamente.
Timothy Jameson?
chiese, sfoderando il suo miglior sorriso.
E lei è?
replicò l’uomo.
Maya non provò quel genere di sospetto che a volte i poliziotti avvertivano subito in determinate situazioni. Forse l’uomo era solo preoccupato di ritrovarsi incastrato per ore da una venditrice porta a porta.
Gli mostrò quindi il distintivo, che il signor Jameson osservò da vicino con grande attenzione.
Speravo di poterle fare qualche domanda riguardo al caso Ben Harrow,
disse Maya. Sa, è una procedura di routine.
E state facendo le indagini adesso?
chiese Jameson, con un tono che lasciava trapelare irritazione o preoccupazione, se non entrambe le cose. In ogni caso, Maya non era così esperta da poterlo giudicare a prima vista.
Sto solo riprendendo dei vecchi casi,
replicò Maya. Non voleva che Jamenson pensasse a un’eventuale riapertura del caso, anche perché le cose non stavano così. Non intendeva alimentare le sue aspettative. Ogni tanto li rivalutiamo. Comunque, ci sarebbe di grande utilità se lei potesse rispondere a un paio di domande. Posso entrare?
Jameson esitò. Maya aveva scoperto da tempo che persino le persone più rispettose della legge avevano la tendenza ad esitare quando era l’FBI a chiedere di entrare in casa loro, di solito perché cercavano di ricordare rapidamente se non avessero lasciato in giro qualcosa di illegale.
Maya sperava che Jameson la facesse entrare, però. Era stato uno degli amici più cari di Ben Harrow; per diversi anni avevano lavorato insieme per la stessa compagnia assicurativa. Maya ormai sapeva che, più informazioni aveva sulla vita della vittima meglio era, e Jameson era senza dubbio una delle persone che poteva raccontarle di più al riguardo.
Sì, beh, immagino di sì,
disse Jameson. Anche se non so cosa potrei dirle che non ho già detto a suo tempo alla polizia.
A volte, con il passare del tempo, alcune persone possono avere una nuova prospettiva in merito a certi eventi,
disse Maya, oltrepassando la soglia. La casa che, a prima vista, sembrava la classica dimora familiare perfettamente ordinata, si rivelava ora sommersa dal disordine, con cartoni della pizza abbandonati sui braccioli del divano. Jameson le fece strada verso il salotto.
Mentre camminava, Maya cercò di assimilare tutti i dettagli di quella casa. C’erano delle piante su quasi ogni superficie. Mobili consunti e altri complementi d’arredo in pelle. Vide diversi scaffali su cui erano esposti libri dai temi più vari, da quelli di fantascienza a volumi sulla pesca, mentre un intero ripiano era dedicato al giardinaggio e alla cura delle piante in generale.
Si accomodi,
disse Jameson. Gradisce del tè freddo?
Con piacere, la ringrazio,
disse Maya. Ritrovarsi seduta in mezzo alle piante più disparate, sorseggiando tè freddo, era sicuramente un’esperienza diversa dai consueti interrogatori e dalle ricerche tra fascicoli polverosi.
Posso farle una domanda? Una persona come lei… com’è finita nell’FBI? In un certo senso, sembra essere troppo gentile per una professione del genere.
Facevo parte dell’esercito,
disse Maya.
Jameson la scrutò come se stentasse a crederci. E Maya era abituata a quella reazione. Persino i suoi genitori erano rimasti sorpresi dall’iniziativa della figlia di voler andare a combattere in prima linea, per non parlare di quando aveva deciso di unirsi all’FBI. Quando si videochiamavano, sua mamma continuava ancora a chiederle se non preferisse occuparsi di qualcosa di più sicuro e tranquillo.
Comunque, volevo parlarle della notte in cui è scomparso Ben Harrow,
disse Maya, mettendosi seduta là dove Jameson le aveva indicato poco prima. Qualsiasi cosa ricorda potrebbe esserci di aiuto. Davvero, qualsiasi dettaglio, per quanto insignificante possa sembrarle.
Non sono certo di quanto riesca a ricordare,
disse Jameson. Cioè, ovviamente vorrei aiutarvi, ma rivivere tutto di nuovo è davvero difficile.
Lo immagino,
disse Maya. Sapeva meglio di chiunque altro cosa si provava quando qualcuno di caro svaniva nel nulla o se ne andava per sempre. Ma a volte, con il passare del tempo, è possibile ricordarsi di cose di cui prima non si era neanche consapevoli. E ogni minima cosa che può dirmi su Ben mi sarebbe di grande aiuto. Che tipo era?
Era una di quelle persone che animavano ogni serata,
disse Timothy. Piaceva alla gente. Amava stare all’aperto, non era il tipo da rinchiudersi in ufficio per tutto il giorno. Quando scoprì che a me piaceva fare trekking e catalogare i fiori selvatici ha insistito per venire con me.
Lei e Ben eravate soliti recarvi in quei boschi dove è stato trovato?
chiese Maya.
Sì, per fare trekking,
precisò Jameson. Lui coglieva al volo l’opportunità per passare del tempo all’aperto, mentre io ne approfittavo per dare un’occhiata ai fiori rari presenti nella riserva. Ancora… ancora non riesco a capacitarmi, immaginarlo lì, disteso, tra le orchidee della prateria occidentale…
Giusto,
concordò Maya, anche se non era certa di poter riconoscere quella specie floreale nel caso se la trovasse davanti. Non era mai stata il tipo di ragazza che amava i fiori. Quel nome, però, le suonava familiare; doveva averlo già sentito da qualche parte.
Tuttavia, sapeva che non aveva senso scervellarsi. Era esattamente il genere di informazione che era meglio mettere da parte, perché un giorno sarebbe riemersa da sola. Meglio insistere con le domande per cui necessitava assolutamente di una risposta.
Quindi, in parte volevo parlare con lei perché, all’epoca dei fatti, aveva formulato qualche ipotesi sull’accaduto. Disse che Ben doveva dei soldi a della gente pericolosa. Ha forse qualche informazione in più sull’identità di queste persone?
Maya notò che Timothy reagì con sorpresa a quella domanda.
Oh, beh… è un po’ imbarazzante,
disse. "Vede, in realtà non ho nessun tipo di informazione. L’FBI mi fece tutte quelle domande perché, beh…"
Perché dalle indagini emerse che Ben andava a letto con sua moglie,
disse Maya.
Già,
disse Jameson, con un accenno di rabbia nel tono della voce.
Lavorando su diversi casi irrisolti, Maya aveva scoperto che, all’inizio, tutti i coinvolti pensavano che le loro emozioni si sarebbero lentamente dissipate con il tempo, ma non succedeva mai. Lo aveva scoperto sulla propria pelle.
So che, per un breve periodo, l’FBI l’aveva considerata come un possibile sospettato,
disse Maya. Pensavano che lei avesse un movente, ma, a quanto pare, aveva anche un alibi. Perché quindi dire tutto il resto?
Non è che mi sia inventato quella storia,
disse Timothy, mettendosi sulla difensiva. Avevo effettivamente una vaga idea sul fatto che Ben si fosse cacciato nei guai, e quindi ne ho parlato con gli agenti. Semplicemente, non conosco alcun dettaglio al riguardo.
Maya cercò di dare un senso a quella versione. Doveva capire quanto di vero le fosse stato detto.
Ma perché ha deciso di presentarsi qui, in casa mia, e rivangare il passato?
chiese Timothy.
Beh, è il mio lavoro,
precisò Maya. Unità casi irrisolti, ricorda?
Non era meglio occuparsi di qualcosa di più dinamico?
chiese Jameson. Lo disse con un tono tagliente, e Maya sospettò che stesse cercando di spingerla a reagire così da non dover parlare di cose più difficili. Lo vedeva chiaramente irrequieto, intento a rigirare un anello che sospettava fosse una vecchia fede nuziale.
A dire il vero, Maya si era unita all’FBI proprio perché era in cerca di azione, di dinamismo. Aveva sognato di prendere parte a una retata per stanare spacciatori e terroristi. Si era poi trovata intrappolata nell’Unità Casi Irrisolti, ma aveva presto realizzato che avrebbe potuto fare molto di buono. Poteva portare la pace a tutte quelle famiglie che, per anni e anni, si erano interrogate sulla verità. Poteva sbattere in prigione tutti quei criminali che ormai pensavano di averla fatta franca. Ora come ora, non avrebbe mai scambiato il suo posto con nessun altro.
Non si lasci ingannare, il mio lavoro è più soddisfacente di quanto crede,
disse Maya.
Mi scusi? Cercare di trovare qualcosa là dove non c’è niente da scoprire?
chiese Jameson. Chiaramente, non aveva apprezzato il tentativo di Maya di riportare l’attenzione sul caso. Il suo linguaggio corporeo era completamente sulla difensiva, tanto che l’uomo sembrava più piccolo di quanto fosse in realtà.
Jameson esitò per qualche secondo. Mi perdoni. Quando il rapporto tra Ben e Dianne venne fuori nel corso della prima indagini, ne è conseguito un divorzio piuttosto duro.
Mi scusi lei,
disse Maya. La sensazione di avere qualcosa sulla punta della lingua, però, ancora persisteva. In ogni caso, lei aveva un alibi.
Ero in un campeggio a più di ottanta chilometri da qui,
confermò Jameson. Mi piace partire così. Solo io, le stelle e la natura selvaggia.
C’era una cosa, però, a cui era fin troppo facile aggrapparsi.
Se le piace essere da solo, perché andare in un campeggio? È solito frequentare queste strutture?
chiese Maya.
Jameson scrollò le spalle. Volevo cambiare un po’.
Maya rimase seduta, sentendo che qualcosa, nella sua mente, stava cambiando. Come se si stesse svegliando la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato. Non era niente, probabilmente ancora meno di niente, ma per Maya, l’idea di andare in campeggio e farsi vedere da altre persone, quando in genere preferiva campeggiare da solo, era il genere di cosa che avrebbe fatto qualcuno alla ricerca di un alibi.
Poi c’era quella mezza bugia riferita ai detective che avevano lavorato sul caso. Certo, magari aveva solo cercato di essere d’aiuto, e Maya capiva il desiderio di voler allontanare l’attenzione da se stesso, ma, ancora una volta, c’era qualcosa in quella storia che la motivava ad indagare oltre su Timothy Jameson.
Si era presentata in quella casa per fare una visita di routine, ma adesso cominciava a sospettare dell’uomo. Senza dubbio stava reagendo alle sue domande, a volte con dei movimenti quasi impercettibili, come se volesse schizzare via dalla poltrona e andare in qualsiasi altro posto.
"Mi può dire qualcosa di più su ciò che ricorda effettivamente di quel periodo? chiese Maya.
Più mi racconta, maggiori sono le mie possibilità di scovare l’assassino di Ben."
Non saprei davvero che dirle,
disse Timothy. Visto che ormai abbiamo appurato che ero completamente ignaro del tradimento di mia moglie con il mio migliore amico, direi che possiamo concordare sul fatto che non sono tra i più dotati nel notare i dettagli.
Maya non poteva che essere d’accordo. A quel punto, quindi, estrasse il telefono per dare ancora un’occhiata veloce al fascicolo, volendo accertarsi di non aver dimenticato niente, anche se in realtà cercava solo una scusa per riflettere un attimo.
Mentre fissava il fascicolo digitale, Maya si ricordò dove aveva già sentito parlare delle orchidee della prateria occidentale.
E quella rivelazione improvvisa le fece sudare i palmi delle mani e desiderare intensamente di poter dire tutto d’un fiato ciò che pensava di sapere. Ma no, doveva fare più attenzione. Doveva accertarsi di non aver capito male. Osservò Jameson e le sembrò di vedere una gocciolina di sudore in sospeso sul suo sopracciglio.
Mi scusi,
intervenne Jameson. Ha altro da chiedermi? Perché avrei delle faccende da sbrigare.
Solo un’ultima cosa,
disse Maya. Lei se ne intende di fiori, giusto?
Mi piace pensarla così,
rispose Jameson. Sembrò quasi che, per un attimo, avesse seppellito l’ascia di guerra.
In mezzo a quali fiori si trovava il corpo di Ben? Non riesco mai a ricordarne il nome esatto.
Le orchidee della prateria occidentale,
disse Jameson.
Quelle parole colpirono Maya come pallottole. Dovette combattere contro se stessa per non lasciar trapelare alcuna reazione, perché internamente… beh, dentro di sé stava impazzendo, rischiava quasi di andare completamente nel panico. Fissò Timothy Jameson, cercando di mettere insieme i vari tasselli.
In quel momento, infatti, era certa di trovarsi insieme all’assassino di Ben Harrow.
Maya sapeva cosa avrebbe dovuto fare: andarsene come se non fosse successo niente, per poi tornare con i rinforzi. Ma cosa sarebbe successo se Jameson avesse realizzato l’errore commesso dopo la sua partenza? E se mentre aspettava i rinforzi fosse scappato via?
No, doveva farlo, e in quel preciso momento. Non c’era altro modo.
Maya annuì a se stessa per darsi coraggio e si alzò in piedi, cercando di sembrare quanto più normale possibile, nonostante il flusso di adrenalina e paura che scorreva dentro al suo corpo. Jameson probabilmente ebbe l’impressione che Maya fosse in procinto di andarsene.
Forse avrebbe potuto semplicemente estrarre la sua arma di servizio e intimargli di inginocchiarsi a terra, ma prima voleva avere una conferma. Forse c’era un’altra spiegazione a cui non aveva ancora pensato.
E come fa a saperlo, Timothy?
chiese Maya. Come sapeva che quella specie floreale era proprio lì, e non in qualche altro punto della foresta?
A quel punto vide un cambiamento improvviso nell’espressione di Jameson, un chiaro segno della consapevolezza di aver detto la cosa sbagliata.
Qualcuno… qualcuno me ne deve avere parlato.
Era un dettaglio che non è mai stato reso pubblico.
Infatti, era una pratica standard: tenere private alcune informazioni, così da poter escludere tutti i mitomani e i disperati in cerca di attenzione che sostenevano di aver commesso un certo crimine. Il punto era avere in mano qualcosa da poter usare a titolo di conferma. E per quanto ne sapeva il pubblico, l’omicidio era avvenuto in una porzione anonima della foresta.
Maya fissò Jameson, che ricambiò il suo sguardo. Vide qualcosa nei suo occhi che era cambiato, che era diventato più freddo e pericoloso. Quegli occhi ora trattenevano a malapena una sorta di furia di cui prima non c’era alcuna traccia.
Maya allungò una mano verso la sua pistola, perché quello era l’esatto momento in cui aveva bisogno di puntargliela contro. Ma Jameson fu più rapido, caricandola con tutta la velocità e la forza di un vecchio giocatore di football americano.
Maya ebbe un solo istante per decidere il da farsi. Lasciò perdere il tentativo di recuperare la sua pistola, perché quel movimento si sarebbe trasformato in una lotta per prenderne possesso, senza contare il rischio di cadere vittima di un colpo sparato dalla propria arma. Oltretutto, avrebbe davvero sparato ad un uomo disarmato?
Quindi, decise di colpire Jameson con il pugno più forte che riuscì a caricare, spingendo tutto il suo peso all’indietro per darsi la spinta necessaria. Sentì Jameson gemere a seguito del colpo, ma lo slancio dell’uomo fu sufficiente per spingerli entrambi sulla stessa sedia su cui Maya era stata seduta fino a poco prima. La sedia si ribaltò di rimando e Maya cadde a terra con un impatto stridulo. Jameson faticò a sormontarla, probabilmente pensando che sarebbe facilmente riuscito a mettere Maya fuori dai giochi mentre era priva di sensi a terra.
L’adrenalina, però, superò il dolore dell’impatto sul pavimento, e Maya reagì di istinto. Si era allenata per questo. Sapeva come combattere. E mentre Timothy cercava di rialzarsi, agganciò una gamba dietro la sua coscia, facendolo girare e capovolgere; ora era lei a sormontarlo.
E persino in quella posizione di svantaggio, Jameson cercò di colpirla; era così forte che, quando i suoi colpi giunsero a destinazione, le fecero davvero male. Tuttavia, ormai era sotto di lei, e non aveva la gravità dalla sua per dare ancora più slancio ai propri pugni. Maya digrignò i denti e si