La signora delle caverne
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Weird - racconto lungo (48 pagine) - Un miagolio tra gli arbusti, una ragazza che sparisce nel nulla... un mito classico rivisto in chiave “weird”.
Una coppia di fidanzati italiani si trova in vacanza a Creta. Dopo una giornata in una spiaggia isolata stanno per tornare in albergo quando sentono provenire da una vasta macchia di arbusti il miagolio di un gatto intrappolato. Elena si mette alla ricerca mentre Ezio va a chiedere una torcia in un piccolo bar sulla spiaggia, perché si sta facendo buio. Quando torna sul posto la ragazza è scomparsa. Da qui le radici più sanguinose del mito classico vengono riesumate in chiave “weird” come orrore assoluto da cui anche gli Dei celesti derivano. Una storia secondo le teorie del “Ramo d’Oro” di Frazer in cui Dei e razza umana possono sottrarsi al “cuore di tenebra” che li ha generati.
Dal 1992 Marco Rubboli si dedica alle arti marziali storiche europee: scherma storica medievale e rinascimentale, pugilato, pancrazio, gladiatura. Istruttore al massimo livello con parecchi titoli agonistici, fra cui diverse medaglie d'oro nazionali, ha fondato la più grande associazione europea di scherma storica, Sala d'Arme A. Marozzo, diffusa nella maggior parte d'Italia.
Ha al suo attivo numerose pubblicazioni in materia: sulla scherma medievale L'arte cavalleresca del combattimento di Filippo Vadi, Flos Duellatorum di Fiore dei Liberi, sulla scherma del Rinascimento L'arte della spada di Anonimo Bolognese, Opera Nova di Antonio Manciolino, Monomachia di Francesco Altoni, La lancia, la spada, la daga, L'arte perduta di combattere con lo scudo secondo la scuola italiana, tutti per Il Cerchio Editore, sulla scherma di coltello in Spagna Manuale del baratero (Planetario Libri),oltre a diversi articoli in raccolte e atti di convegni sulla scherma storica.
In ambito letterario ha pubblicato per Watson Edizioni il romanzo fantasy Per la Corona d'Acciaio di cui nel 2020 è in programma il seguito. Ha pubblicato racconti per Sensoinverso: due per le antologie del concorso Lucenera (Luce di tenebra in I mostri non mangiano seitan, La cassa, nell'antologia omonima) e due per il concorso Oceano di carta (La via degli anni oscuri in Come Marylin Monroe, Oltre le nuvole in Precipitare in libertà) e su Book Magazine il racconto Il pagliaccio. Altri racconti sono in uscita su antologie per Sensoinverso e Mezzelane.
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Book preview
La signora delle caverne - Marco Rubboli
All human thought, all science, all religion,
is the holding of a candle to the night of the universe.
Clark Ashton Smith
Capitolo 1 – La spiaggia
Elena riemerse dall’acqua cristallina sorridendo, i capelli neri grondanti e gli occhi d’un blu simile a quello del mare fissi su di me. Fu colpita alle spalle da un’onda e traballò, senza smettere di sorridermi. Io, che l’aspettavo sulla spiaggia, non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso, né a togliermi dalla faccia un sorriso ebete. Ci frequentavamo da circa sei mesi, io ed Elena, e da tre giorni eravamo in vacanza a Creta, una settimana insieme in totale libertà che avevamo atteso e sognato a lungo. Venne a sdraiarsi accanto a me e io chiusi gli occhi, fingendo di sonnecchiare. Sentivo il profumo del sale e della crema solare sulla sua pelle.
– Fai finta – ridacchiò.
– Come?
– Non stai dormendo, fai finta.
Non potei reprimere un sorriso sornione.
– Non sto dormendo: vedi che ti rispondo, no? È solo a metà, mi riposo. Ieri non ci siamo dati tregua, fra Cnosso e il Museo a Iraklion. Bellissimo, ma abbiamo fatto un tour de force… e quasi senza dormire la notte prima.
– Colpa tua.
Non potevo negarlo. Percepii che si girava a pancia in giù e mi si avvicinava fino ad arrivare a contatto spalla contro spalla.
– Comunque stai facendo finta di dormire. Ti ho visto, prima. Perché sei uscito dall’acqua così presto, poi?
Aprii un occhio solo e mi trovai a fissare il suo viso dolce, vicinissimo, che aveva assunto un’espressione scettica e furbetta.
– Presto? Ma se siamo stati in acqua più di un’ora? Sei tu che sei un pesce, mica una donna!
– Proprio un pesce no. Potrei essere una sirena, allora.
Spalancai anche l’altro occhio e mi alzai a mezzo per baciarla. La bocca mi si riempì del sapore delle sue labbra e della sua lingua, un sapore dolce.
Poi mi lasciai ricadere giù.
– Non ti donerebbe avere le ali come un uccellaccio marino.
– Ali? Di che ali vai cianciando? – chiese, incuriosita –Non ne so niente di ali… ma potrei mostrarti la mia bella coda di pesce multicolore, babbeo!
Risi e mi girai verso di lei appoggiandomi sul gomito.
– La coda di pesce se la sono inventata i crucchi nel Medioevo. Le sirene del mondo classico erano tipo le arpie, mezze donne e mezzo uccelli. Per niente belle.
Mi guardò di sbieco, sospettosa.
– Quindi stai usando i tuoi stupidi studi classici per darmi dell’arpia? È così?
– No, ma cos’hai capito, niente affatto! – ribattei, coprendomi per parare un pugno sferrato senza vera intenzione di farmi male. Altrimenti probabilmente mi avrebbe steso: faceva Kick-Boxing, lei, a livello agonistico.
La afferrai e rotolai sul dorso, mettendomela sopra. Mi puntò i gomiti sul petto per evitare che la baciassi di nuovo e mi fissò con gli zaffiri che la natura le aveva donato al posto delle normali iridi di qualunque altro essere umano. Dalla sua chioma corvina gocce di Mare Egeo mi cadevano sul viso e sul petto. Mi sentivo davvero vicino al Paradiso, in quel momento. O forse avrei detto vicino ai Campi Elisi, per colpa dei miei maledetti studi che continuavano a non darmi di che vivere. Per fortuna avevo trovato altre strade. E poi avevo trovato Elena. Un nome dal sapore classico, peraltro, e non dei più fausti. Così avrebbe detto un augure o un aruspice del mondo antico. Ma lei, almeno, viveva nel presente. Non come me. In compenso ero stato in grado di farle da guida anche troppo bene fra le rovine minoiche. Ecco, a quello erano serviti tutti quegli anni di studio alla Facoltà di Archeologia. Proprio un bell’Indiana Jones ero diventato. Ma avevo lei, ora fra le braccia.
Poi non più. Elena sgattaiolò via e si alzò, iniziando a raccogliere zainetti, ciabatte e ombrellone.
– Dai, andiamo, fra un po’ tramonterà il sole. Torniamo all’hotel che è tardi.
Rotolai sulla sabbia girandomi a pancia sotto e rimasi a guardarla lavorare alacremente.
– Uff… si sta ancora bene qui.
Avevamo trovato quella spiaggetta per caso, prendendo uno stradello laterale sterrato che scendeva dalla litoranea, la via principale che percorreva tutta la costa settentrionale dell’isola.
La carrettiera serpeggiava costeggiando un fiumiciattolo che scorreva placido occultato da canne, e passava sotto la strada principale, che correva lassù in alto su un cavalcavia. Poco dopo la viuzza sbucava sulla spiaggia, dove le scogliere di pietra giallastra si allargavano lasciando che il fiume sfociasse nel mare turchino percorso da riflessi dorati. C’erano altre auto, non molte, parcheggiate sula ghiaia calcinata dal sole, e un minuscolo bar acquattato sotto un ombrellone di canne. Io ed Elena eravamo scesi e ci eravamo accampati lì per il pomeriggio, godendo della carezza del vento e del respiro del mare, passando le ore bagnandoci fra le onde dell’Egeo e asciugandoci al sole tra baci e abbracci, e poi gettandoci di nuovo in acqua.
– È