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La comunicazione aziendale in lingua straniera: Indagine tra le Imprese Pugliesi Operanti con l’Estero
La comunicazione aziendale in lingua straniera: Indagine tra le Imprese Pugliesi Operanti con l’Estero
La comunicazione aziendale in lingua straniera: Indagine tra le Imprese Pugliesi Operanti con l’Estero
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La comunicazione aziendale in lingua straniera: Indagine tra le Imprese Pugliesi Operanti con l’Estero

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Questa pubblicazione riporta gli esiti di una ricerca condotta tra un

campione di aziende pugliesi operanti con l'estero, al fine di

analizzarne le esigenze comunicative in lingua straniera e di

promuoverne la conoscenza negli ambiti accademici. I dati raccolti

costituiscono una occasione di riflessione sulle potenzialità che le

nostre stesse aziende possono esprimere a beneficio dell'economia

regionale. Gli imprenditori che avranno la curiosità di leggere almeno

le parti di loro più diretto interesse potranno riflettere

sull'importanza della comunicazione specialistica e trarne giovamento a

vantaggio delle innovazioni da introdurre nei processi produttivi. Gli

esiti della ricerca forniscono anche spunti utili agli operatori del

mondo dell'istruzione per valutarne la ricaduta in termini didattici,

nonché ai ricercatori di linguistica applicata, in direzione di un

potenziamento degli studi sull'ESP (English for Specific Purposes) e più

in particolare sul Business English.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateSep 30, 2021
ISBN9791220356428
La comunicazione aziendale in lingua straniera: Indagine tra le Imprese Pugliesi Operanti con l’Estero

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    La comunicazione aziendale in lingua straniera - Salvatore Averna

    1.1 Il contesto di riferimento e la ricerca sul campo.

    Lo studio riportato in questo elaborato muove dall’esigenza di aggiornare la didattica della lingua straniera per scopi professionali attraverso la ricerca sul campo nel mondo del lavoro, a beneficio del bagaglio di competenze degli studenti e delle imprese che li assumeranno. Si giustifica così il ruolo dell’insegnante-ricercatore che osserva e riflette sulla comunicazione d’affari in modo sistematico, in alternativa ad un approccio intuitivo e soggettivo (Rizzardi, 1997:223).

    Si tratta di una ricerca che eredita spunti e considerazioni relative ad una indagine analoga condotta nei primi anni ’90 in Bari e provincia¹ i cui risultati vennero presentati in un convegno del 1993 che coinvolse anche alcune aziende pugliesi².

    L’impostazione dello schema di lavoro qui riportato è molto simile alla precedente e consiste nell’analizzare i risultati di un sondaggio completato nel 2019 tra aziende le cui attività di importazione ed esportazione comportano un esame degli strumenti operativi adottati e delle pertinenti modalità comunicative.

    Le analogie di impostazione tra le due indagini³ permettono anche di esporre delle considerazioni utili al confronto dei dati raccolti nelle due diverse epoche al fine di comprendere i mutamenti intervenuti, i punti di forza maturati in epoca recente, nonché la presenza di punti di debolezza che richiedono investimenti mirati.

    Sul piano operativo l’indagine del 1992 registrò un campione di aziende intervistate più consistente, sebbene limitato alla provincia di Bari, ed una maggiore disponibilità di dati resi fruibili dagli enti preposti. A suo tempo la Camera di Commercio di Bari permise l’accesso a una dettagliata lista delle aziende operanti con l’estero, attinta dalla banca dati DOE (Ditte Operanti con l’Estero), che permise di interloquire con un campione più esteso di aziende.

    Nella ricerca più recente, invece, l’individuazione delle aziende da intervistare è risultata più onerosa e difficile, in mancanza di una banca dati più articolata di libera fruibilità. L’individuazione delle ditte da intervistare⁴ ha, quindi, richiesto una ricerca più complessa tra varie banche dati (Globus, SDOE, Italiancom) e fonti (Assindustria, ICE, associazioni di settore ecc.). Si è reso necessario fare indagini nei siti web, azienda per azienda, al fine di aggiornare indirizzi e-mail e soggetti di riferimento, in quanto la normativa sulla privacy, seppure giustificata in linea di principio, in più casi ha costituito un paravento utile a giustificare una scarsa volontà di collaborazione.

    Una differenza sostanziale ha riguardato la diversa modalità di somministrazione dello strumento di indagine. In precedenza, si era fatto ricorso ad un supporto cartaceo costituito da una lettera di presentazione corredata dal questionario di indagine che le società intervistate di Bari e dell’allora provincia restituivano per posta. A quel tempo furono raccolti una sessantina di questionari. Nella nuova ricerca si era preconizzato di acquisire una maggiore adesione in quanto le società intervistate non avevano l’onere di gestire il cartaceo, bensì, molto più facilmente, dopo aver letto una e-mail, potevano cliccare su un link ed aprire online il questionario la cui compilazione comportava un impegno di 5-10 minuti. I quesiti esposti sono stati basati sugli strumenti operativi ricorrenti e per motivi di sinteticità non hanno potuto estendersi a varie altre problematiche di settore.⁵ Ebbene, nonostante la maggiore fruibilità dello strumento di raccolta dei dati, è stato registrato un basso livello di adesione delle aziende, tanto che si è reso necessario allargare il campione di indagine a tutte le altre provincie pugliesi, ricorrendo anche a sollecitazioni esercitate in due diverse ondate di spedizioni distribuite lungo diversi mesi. I risultati in termini numerici sono stati meno confortanti rispetto a quelli del ’92 in quanto dopo aver contattato circa 250 aziende potenzialmente orientate ad operare con l’estero, sono state raccolte le risposte di 25 aziende pari al 10% del campione di riferimento. Tale campione è costituito quindi da un’avanguardia imprenditoriale consapevole su cui si è polarizzata la ricerca e che ha dovuto purtroppo lasciare nell’ombra tante altre realtà aziendali, significative ma poco propense ad aperture comunicative.

    In base a scambi di notizie con alcune aziende successivamente alla ricezione del questionario, sembrerebbe che la minore disponibilità delle aziende risponda anche all’esigenza di non rendere note informazioni sulla propria organizzazione, atteggiamento che invece non era stato registrato nel 1992. Se ne deduce che l’avvento di Internet invece di migliorare i livelli di trasparenza nella comunicazione aziendale, li abbia di fatto ridotti. Il che, peraltro, non gioca a favore di un potenziale ampliamento di occasioni di partenariato con l’estero, poiché uno degli aspetti essenziali per l’instaurazione di nuove relazioni internazionali passa proprio attraverso le informazioni aziendali rese disponibili, anche tramite i propri siti web, agli operatori stranieri che hanno bisogno di comprendere la portata del profilo internazionale delle aziende con cui vorrebbero instaurare rapporti commerciali⁶.

    Statisticamente il campione raccolto può apparire non incoraggiante, ma, considerata la qualità delle risposte acquisite, è comunque risultato utile per rendere conto del contributo fornito dalle aziende che hanno voluto partecipare all’indagine.

    Le aziende che hanno risposto si trovano prevalentemente nella Città Metropolitana di Bari⁷ (68%), seguita dalla dalle province di Lecce (16%), Foggia (8%), Barletta-Andria-Trani e Taranto (4% per ciascuna); nessuna azienda ha risposto per la provincia di Brindisi. Questi dati confermano il ruolo di prevalenza di Bari nel mercato import-export nella Regione Puglia. Tra le altre province il secondo posizionamento di Lecce è indice di una particolare vivacità imprenditoriale quale unica provincia pugliese posizionatasi più di recente.⁸

    L’iniziativa è stata presentata alle aziende come un’occasione per contribuire al miglioramento della formazione delle nuove generazioni, affiancando la promozione di una didattica accademica al passo con i tempi ed in sintonia col mondo imprenditoriale, senza che ciò comporti uno schiacciamento delle esigenze della ricerca a contingenze imprenditoriali di corto raggio. Per far questo è necessario che le aziende si aprano a rapporti di collaborazione. Anni di esperienza con rapporti scuola-impresa e tirocini formativi misti università-aziende non sembra che abbiano prodotto una ricaduta utile a questo tipo di ricerca, diversamente da quanto registrato in passato. Le aziende lamentano frequentemente di non poter disporre di giovani formati in modo adeguato rispetto alle loro esigenze, ma d’altro canto appaiono poco collaborative verso la ricerca

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