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Felici separatamente: Come affrontare la separazione e il divorzio senza stress e tensioni
Felici separatamente: Come affrontare la separazione e il divorzio senza stress e tensioni
Felici separatamente: Come affrontare la separazione e il divorzio senza stress e tensioni
Ebook120 pages1 hour

Felici separatamente: Come affrontare la separazione e il divorzio senza stress e tensioni

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About this ebook

Nel mio lavoro di psicoterapeuta, aiuto le coppie a ritrovarsi dopo una crisi, oppure a divorziare. Credo che se non potessi dire a testa alta che aiuto le persone a separarsi, non avrei neanche l’autorità necessaria per dire che posso aiutarle a ritrovare il loro amore: si tratta di due versanti che devono essere entrambi praticabili. Se non puoi mettere fine a una relazione quando lo desideri, anche il restare insieme perde di significato. Il matrimonio è troppo spesso inteso come costrizione, mentre invece dovrebbe essere una libera scelta che va confermata giorno dopo giorno.
LanguageItaliano
Release dateSep 24, 2021
ISBN9791220848879
Felici separatamente: Come affrontare la separazione e il divorzio senza stress e tensioni

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    Felici separatamente - Fiammetta Favalli

    1.

    Cultura e divorzio: il peso della tradizione

    Il divorzio è un regolamento di conti.

    Come il matrimonio.

    Roberto Gervaso

    La storia del divorzio in Italia è decisamente breve: il primo dicembre 2020 la legge che consente lo scioglimento legale del matrimonio ha compiuto i suoi primi cinquant’anni.

    Questa giovinezza è un fatto abbastanza strano se consideriamo che in tutte le società antiche il divorzio, anche se non come lo conosciamo noi, esisteva! Ma dal medioevo in poi, un po’ in tutta Europa, la famiglia a iniziato ad assumere sempre più valore, il matrimonio è diventato un sacramento e l’idea di poter distruggere un’unione considerata la base della società è iniziata a sembrare una cosa pericolosa.

    Quando tra Ottocento e Novecento tutti i governi, chi presto e chi tardi, hanno iniziato a reintrodurre delle leggi per permettere alle persone di divorziare, gran parte della popolazione non era d’accordo. C’era la paura che, dando questo diritto a tutti, i valori dell’amore coniugale e della famiglia sarebbero andati persi.

    Per fortuna, erano solo paure.

    L’Italia, che ha riconosciuto il divorzio solo nel 1970, è stato uno degli ultimi Paesi europei a fare questo passo: non l’ultimo in assoluto, dato che in Spagna è possibile ottenerlo solo dal 1981 e in Irlanda – pensa! – dal 1996.

    Bene, ora immagina di essere un uomo o una donna irlandese nel 1996 o di una qualunque regione d’Italia nel 1970. Vivi in un Paese che sì, è pieno di gente che manifesta in piazza per il diritto a divorziare, e che sì, ha un governo illuminato e promotore di una legge d’avanguardia… ma intanto, non conosci nessuno che abbia divorziato nel tuo paese, il parroco e il vescovo sono contrari, e non parliamo dei tuoi genitori: che dolore, che vergogna provocheresti loro se divorziassi da tua moglie o tuo marito!

    Magari non hai di questi problemi, i tuoi genitori erano in prima fila con te sotto il palazzo del governo, portavano gli striscioni pro-divorzio insieme a te, cantavate canzoni… ma proprio tu nel paese, nella città, nel quartiere, proprio tu devi essere il primo? Proprio tu devi farti guardar male? E se i vicini mormorassero e si mettessero a fare pettegolezzi? E i tuoi figli… poverini. Che cosa diranno di loro i compagni di scuola? Li prenderanno in giro?

    Se tutto questo ti sembra assurdo, pensa che tali preoccupazioni somigliano molto a quelle che stanno vivendo oggi le coppie omosessuali che hanno appena conquistato il diritto alle unioni civili, o le famiglie atipiche che desiderano avere dei bambini.

    E infatti, per non parlare di Italia ma di Irlanda, ultimo Paese d’Europa a conquistare il divorzio nemmeno trent’anni fa, vediamo che lì questa legge è applicata ancora pochissimo: su mille coppie, solo lo 0,7% scioglie il proprio matrimonio. Questo perché le leggi, una volta stabilite, devono anche poter essere utilizzate con serenità, ma affinché le cose si normalizzino ci vuole un certo tempo. E, all’inizio, anche un certo coraggio.

    È stato così anche da noi, in fondo, e continua a esserlo per le generazioni più anziane. Loris Fortuna, autore con Antonio Baslini della legge italiana sul divorzio del 1970, in un’intervista rilasciata dieci anni dopo ha dichiarato di notare ancora una certa ritrosia nella popolazione a metterla in pratica: la colpa era anche dello stigma sociale che accompagnava i divorziati e, soprattutto, le divorziate. Quando nel 1974 i cattolici hanno promosso un referendum abrogativo contro il divorzio hanno perso sonoramente, perché il 59% degli italiani si era espresso in modo positivo nei confronti di questa istituzione.

    Sì, ma l’altro 41%?

    Quel 41% è composto da uomini e donne che sono i genitori dei cinquantenni di oggi. Gente che con buona volontà e una visione del mondo ben chiara si è rimboccata le maniche per lottare contro un diritto in cui non credeva. E giù sensi di colpa, se inaspettatamente nasce anche in te, loro figlio o nipote, il desiderio di chiudere un matrimonio dove l’amore non c’è più…

    Nonostante le recentissime aperture alla discussione da parte di papa Bergoglio, la Chiesa vieta ancora oggi in modo assoluto la possibilità di sciogliere il matrimonio. Anche se la Chiesa permette ai divorziati di prendere la comunione (cosa che non tutti sanno e che molti si sentono in imbarazzo nel fare), chi dopo il divorzio si risposa è escluso per sempre dall’eucarestia. Si capisce con quale difficoltà, se sei cattolico osservante e divorziato, potresti essere costretto a gestire la tua vita religiosa; vita che comprende il parroco che conosci da una vita, gli amici e la famiglia d’origine. Potresti sentire, dolorosamente, che le tue figure di riferimento remano contro le tue scelte.

    Tutto questo influisce in modo determinante sulla psicologia, perché tu non sei fatto solo del tuo vissuto personale, ma anche di altro: tradizioni certo, ma anche idee e pensieri ereditati dai genitori o abitudini condivise nella nazione di cui fai parte. E poi ricordiamo che, prima della recentissima istituzione delle unioni civili gay, il matrimonio e il divorzio ponevano sempre di fronte un uomo e una donna, con tutto quello che ne consegue a livello di disparità dei sessi, mentalità maschilista e il resto.

    Per capire quale lotta ci sia stata dietro alla possibilità di divorziare e quali problemi siano ancora oggi attuali, credo che sia utile fare un piccolo ripasso di storia. Perché in Italia il divorzio è molto giovane, ha solo cinquant’anni, ma forse non tutti sanno che nei cento anni precedenti molti uomini e donne hanno lottato per esso.

    Il primo tentativo di introdurre il divorzio in Italia risale addirittura al 1878. A proporlo è stato il deputato socialista Morelli, impegnato tra l’altro nella lotta per la parità dei sessi e per il diritto di voto alle donne. Ma la sua proposta non è stata ai tempi accettata: allora vigeva un modello di famiglia gerarchico e maschilista; come se non bastasse, la società era anche fortemente cattolica. Anche se il governo liberale si proclamava laico, le istituzioni erano ben coscienti che una gran parte del Paese – oltre che del governo – sarebbe stata ostile a questa legge.

    Infatti due anni dopo, nel 1880, il Papa ha deciso di prendere in mano la questione scrivendo un’enciclica chiamata Arcanum divinae sapientiae, nella quale ha riaffermato la contrarietà assoluta della Chiesa al divorzio.

    Dopo la prima guerra mondiale, il governo liberale ci ha riprovato più volte, ma i disegni di legge per diversi motivi hanno continuato ad arenarsi. A metterli in pausa definitiva ci ha pensato poi il regime fascista, con la sua linea patriarcale e decisamente anti-divorzista. Non è un caso che, cinquant’anni più tardi, saranno proprio i neofascisti a mettersi in prima linea contro la legge Fortuna-Baslini.

    Detto ciò: negli anni Cinquanta, le coppie che non si amavano più restavano comunque insieme? No, o meglio, non tutte. Il fatto che mancasse una legge non significa che la pratica non esistesse.

    La Chiesa cattolica prevedeva – e prevede ancora – in casi molto ristretti la possibilità di annullare il matrimonio. Anche se qualcuno lo chiama il divorzio cattolico non si tratta di un vero divorzio – per la Chiesa sempre impossibile – ma di una dichiarazione di non validità del matrimonio a posteriori. Questa è una distinzione molto sottile, ma importante: per i cattolici nessun matrimonio può essere sciolto, si può solo annullarlo quando si scoprano più tardi dei motivi, prima sconosciuti, che lo rendono non conforme. Nel gergo comune, l’annullamento cattolico è conosciuto come la Sacra Rota: in realtà, la Rota è un termine che definisce il tribunale civile ecclesiastico, e non il procedimento.

    Quali sono i motivi per cui il matrimonio è considerato nullo dalla Chiesa? A grandi linee si tratta di:

    Matrimonio combinato, quindi senza volontà spirituale degli sposi di unirsi, o casi in cui una persona è costretta a sposarsi con la violenza

    Incapacità psicologica di uno dei coniugi di conoscere e accettare i doveri del matrimonio

    Mancata consumazione del matrimonio

    Impotenza permanente o, in certi casi, sterilità

    In realtà, queste regole sono piuttosto stringenti e riguardano tutte la situazione presente al momento del matrimonio. Se un coniuge si ammala, diviene mentalmente infermo o violento, non c’è niente da fare: per la Chiesa, bisogna restare sposati.

    Chi non poteva passare per il tribunale della Rota – cioè quasi tutti – che alternative aveva? Si separava semplicemente, in modo informale; a metà anni Cinquanta c’erano circa 70 mila separazioni l’anno. I più ricchi, forniti di raccomandazioni e denaro, andavano ad annullare il matrimonio all’estero (molti nella vicina San Marino).

    Quali erano i problemi? Prima di tutto, non era possibile risposarsi con un eventuale nuovo partner, e si era condannati a vivere una vita a metà, mai completamente libera. Quando, anni più tardi, Fortuna ha proposto la legge sul divorzio, la

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