Il Debate e la didattica: un laboratorio di democrazia: Riflessioni sulla scuola
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Il Debate mette in pratica tutto questo.”
Il Debate – o dibattito – è uno strumento didattico che oltre a formare studenti e studentesse più preparati, offre loro le
competenze per essere cittadini e cittadine consapevoli del mondo che li accoglierà dopo la scuola.
In cosa consiste il Debate e quali sono le sue potenzialità ce lo spiega bene Alessandri che la scuola la conosce per mestiere ma si spinge oltre: ci regala un punto di vista illuminato sulla società com’è e come sarebbe auspicabile che fosse. Più che un manuale quindi: una riflessione su quanto gli strumenti che usiamo possano farci cambiare prospettiva. Didattica, ma non solo.
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Il Debate e la didattica - Lorenza Alessandri
Il Debate e la didattica:
un laboratorio di democrazia
Riflessioni sulla scuola
Con prefazione di Vera Gheno
Prefazione di Vera Gheno
State per leggere un libro sul Debate, un metodo che auspicabilmente si diffonderà sempre di più nelle scuole italiane nei prossimi anni. L’autrice, Lorenza Alessandri, ha scritto questo testo a partire da una pluridecennale, invidiabile esperienza di docenza, durante la quale non ha solo insegnato le sue materie, ma anche osservato, con grande attenzione, i cambiamenti alle necessità cognitive dei suoi alunni. E invece di lamentarsi delle loro presunte pecche, si è sempre impegnata ad andare incontro a esigenze che, nel corso dell’ultimo decennio, si sono modificate in maniera importante a causa dell’arrivo di internet e dei social media, portando a una complessificazione dell’orizzonte cognitivo.
Il testo, come potrete verificare sin dalle prime pagine, è chiaro, schematico e ben strutturato; proprio per questo, semplice da leggere e forse anche agevole da mettere in pratica: è un libro operativo, che non si disperde in rivoli collaterali ma anzi, si concentra molto efficacemente sui dettagli necessari per iniziare a sperimentare con la tecnica del Debate in classe o in aula. Eppure, nonostante la sua linearità, il testo di Lorenza Alessandri non parla solo del Debate; piuttosto, questo argomento diventa un pretesto per un ragionamento molto più ampio sul nostro presente, sul modo in cui si è modificata la nostra bolla mediale e sulla necessità di tenere conto di tutto questo in ambiente scolastico. Oggi, molto probabilmente, dobbiamo formare generazioni in grado di gestire la complessità cognitiva, di argomentare in maniera approfondita e pacata, di problematizzare le informazioni, di governare l’infodemia, e soprattutto di non diventarne attori inconsapevoli. Tutto questo è reso possibile tramite il Debate come descritto da Alessandri, che allena non solo all’argomentazione, ma anche alla valutazione critica delle fonti e alle conseguenze dei propri atti comunicativi. Da questo punto di vista, il testo dell’autrice è senz’altro pionieristico.
Infine, questo libro è scritto da una donna. Per me non è irrilevante, soprattutto se consideriamo che ancora nel 1957 un giurista del calibro di Eutimio Ranelletti riteneva la donna inadatta a svolgere il ruolo di giudice, cioè di giudicare, perché è una «funzione che richiede intelligenza, serietà, serenità, equilibrio; che va intesa come missione
, non come professione
; e vuole fermezza di carattere, alta coscienza, capace di resistere ad ogni influenza e pressione, da qualunque parte essa venga, dall’alto o dal basso; […]; coscienza della gravità del giudizio, e della gravissima responsabilità del giudicare
. Elementi tutti, che mancano – in generale – nella donna, che – in generale – absit injuria verbis
– è fatua, è leggera, è superficiale, emotiva, passionale, impulsiva, testardetta anzichenò, approssimativa sempre, negata quasi sempre alla logica, dominata dal pietismo
, che non è la pietà
; e quindi inadatta a valutare obbiettivamente, serenamente, saggiamente, nella loro giusta portata, i delitti e i delinquenti.»
Il testo di Lorenza Alessandri, se ce ne fosse bisogno – e credo che non lo si ripeta mai abbastanza – mostra con grande efficacia quanto siano sciocchi e disinformati i molti pregiudizi legati alla supposta scarsa capacità della donna di essere approfondita, precisa, logica. E per questo ringrazio l’autrice: per aver scritto non solo un testo fondamentale, aperto al futuro, ma per avere anche contribuito efficacemente a combattere uno dei peggiori stereotipi di genere in circolazione.
Dedico questo libro a tutti i miei studenti, passati, presenti e futuri, che quando spiego guardano il mondo che c’è fuori dalla finestra.
1. Introduzione
Negli ultimi anni la scuola italiana è stata percorsa da una novità metodologica che ha suscitato grande interesse: il Debate.
Viene chiamato Debate, o dibattito, quella molteplice varietà di metodi che consistono in mettere in atto un dibattito, appunto, sui temi più vari, che vanno da tematiche disciplinari a fatti di attualità e temi di interesse pubblico (come per altro citano le linee guida della disciplina Educazione Civica).
In generale possiamo definire il Debate una gara, un confronto argomentativo preparato grazie a studio e ricerche, una sfida di capacità logiche, un confronto fondato su ragionamento ed eloquenza, un momento formativo in cui si alternano momenti pianificati e momenti improvvisati.
Dialogare e dibattere non sono novità pedagogiche.
Fin dagli albori della storia del pensiero umano abbiamo testimonianza di dialoghi volti alla ricerca della verità: è d’altro canto, il dialogo il mezzo utilizzato da Socrate — a quanto ci racconta Platone — per indagare la verità e definire quali siano i comportamenti migliori per il cittadino della polis per garantire a sé stesso e alla collettività che lo circonda, la felicità.
Il dialogo filosofico continua fino a tempi molto recenti a essere strumento di elezione per veicolare contenuti complessi.
Fortuna analoga ha anche avuto il dibattito.
Le università medievali, ci raccontano gli storici, erano luoghi di dispute: gli scolari, disputando con i propri maestri dimostrano la loro preparazione e la loro competenza in materia.
La formazione, quindi, per lungo tempo è stata il frutto di un confronto tra le autorità riconosciute e coloro che volevano apprendere una disciplina: studiare, per secoli, è consistito nella ricerca di opinioni documentate rispetto a una controversia, e nell’esposizione di quelle opinioni in un confronto dialettico con qualcuno che era esperto.
Credo sia per questo che le metodologie fondate sul dibattito stanno avendo un grande successo: la scuola come luogo di pura trasmissione dei contenuti non è soddisfacente né per chi la frequenta né per molti di quelli che la fanno in qualità di docenti.
E questo interesse, ovviamente, ha prodotto una grande proposta didattica tra cui scegliere.
I format di dibattito a disposizione dei docenti sono molteplici e vari: alcuni sono più specifici per le classi della scuola primaria e della secondaria di primo grado, altri sono pensati per le scuole secondarie di seconda grado in cui sia presente nel curricolo di studi lo studio della filosofia, altri ancora sono più generalisti
e si rivolgono — adattando le difficoltà all’età dei discenti — a tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Tutti questi format, però, hanno delle cose in comune: vengono formalizzati in terre anglosassoni, e hanno delle procedure di svolgimento molto precise.
Per questo motivo per approcciarsi alla tecnica ci sono corsi di formazione specifici di livelli diversi per le diverse tipologie di format: un docente che voglia avvicinarsi al metodo deve studiare e formarsi per massimizzare i vantaggi e ridurre i problemi da affrontare nell’organizzare un dibattito nelle classi.
E quindi a che cosa serve questo libro?
Questo libro vuole essere il racconto di ciò che può fare la metodologia Debate nella scuola; non un manuale d’uso quindi (anche se ci saranno molte parti tecniche) ma una riflessione di quanto si possa cambiare prospettiva didattica cambiando gli strumenti che usiamo.
È una riflessione su quanto abbiamo bisogno, noi, i nostri studenti e le nostre studentesse, di un metodo per indagare la verità nell’era che è stata definita, con una espressione drammaticamente felice, dall’ex presidente Trump della post-truth, la post verità.
In un momento in cui le istituzioni hanno perso forza, in cui le autorità tradizionali vedono indebolito il loro ruolo, in cui le informazioni arrivano velocissime e senza che ci sia tempo di verificarne la veridicità, uno strumento che insegni come approcciare un argomento in modo critico è quanto di meglio possiamo offrire ai giovani.
In questo libro — sia per la mia formazione specifica che per i risultati che ho ottenuto utilizzando questo specifico format — farò sempre riferimento a un format specifico di dibattito: il World School Debate o World School Style.
In questo momento nel panorama del dibattito in Italia questo format ha il vantaggio di avere una rete di corsi di formazione (a distanza e in presenza) capillare e una rete di scuole che hanno aderito al progetto coordinato dalla Rete Wedebate1 che organizza anche le gare regionali e nazionali.
Ma il format, ci tengo a ribadirlo, è solo l’occasione per raccontare di come il metodo Debate abbia enormi potenzialità per innovare la scuola, per motivare allo studio ragazzi e ragazze, soprattutto quelli che rischiano l’abbandono scolastico, per preparare cittadini e cittadine consapevoli e per creare un luogo di apprendimento fruttuoso e realmente democratico e inclusivo.
Perché se, come diceva Morin2, il compito della scuola non è riempire teste ma costruire teste ben fatte
, questa finalità può essere raggiunta soltanto adottando un metodo che rimetta studenti, studentesse e il mondo contemporaneo al centro della riflessione nelle classi.
1. www.debateitalia.it è il sito ufficiale a cui fare riferimento.
2. Edgar Morin, filosofo e sociologo francese, autore tra gli altri libri di La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero e I sette saperi necessari all’educazione del futuro che ha introdotto il concetto di complessità come fondamento per la nuova educazione scolastica.
2. Le parole del Debate
Per parlare di Debate occorre familiarizzare con il lessico specifico che riguarda questa pratica.
Il Debate è una tecnica che nasce in terra anglosassone e che coinvolge scuole di tutto il mondo grazie ai campionati internazionali. Campionati che si svolgono in lingua inglese, quindi alcune parole, anche quando si pratica il Debate a scuola in Italia, restano comunemente in inglese.
Ecco un lessico minimo
per orientarsi.
Debate: la traduzione del termine è - si vede bene anche a senso - dibattito.
In generale si preferisce usare il termine inglese perché la parola dibattito può avere un significato fuorviante.
Quando usiamo il termine dibattito immediatamente immaginiamo un dialogo serrato fatto di botta e risposta.
Il Debate è invece una cosa molto diversa: è un dibattito, sì, ma strettamente regolamentato, in cui i valori di fair play e il metodo di indagine alla ricerca della verità
prendono il sopravvento.
Quindi il Debate non ha a che fare con una competizione retorica o con la capacità di parlar bene, ma ha soprattutto a che fare con il rispetto di regole precise che garantiscono a ogni partecipante di aggiungere il suo pezzo di argomento rispetto all’indagine che viene svolta.
Protocollo: si definisce protocollo l’insieme delle regole del Debate.
Esistono diversi tipi di Debate e diversi protocolli.
I protocolli