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Germania (De origine et situ Germanorum)
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Il De origine et situ Germanorum, comunemente conosciuto come Germania, è un’opera etnografica scritta attorno al 98 d.C. da Publio Cornelio Tacito, storico, oratore e senatore romano, considerato unanimemente dai moderni storici e filologi il più grande esponente del genere storiografico della letteratura latina. Incentrata sulla storia, le usanze, i costumi, le istituzioni e le tradizioni religiose delle varie tribù germaniche che vivevano oltre i confini settentrionali dell’Impero, la Germania è infatti l’unica opera a carattere squisitamente etnografico su un popolo straniero che ci sia pervenuta integra dell’antichità romana. Essa si inserisce perfettamente all’interno di quella consolidata tradizione etnografica antica che va da Erodoto e Senofonte, fino a Giulio Cesare, a Strabone e a Pausania, e che affondava le proprie radici in autori come Ellanico di Lesbo e Dionisio di Mileto, le cui opere sono (almeno “ufficialmente”) andate perdute.
L’opera, che contiene oltre a quelli puramente descrittivi anche tratti sia moraleggianti che politici, aveva molto probabilmente, nelle intenzioni dell’autore, lo scopo non certo secondario di mettere in luce il potenziale pericolo rappresentato per la civiltà romana da genti fiere e indomabili che le legioni imperiali non erano mai riuscite a conquistare e ad assoggettare. La Storia infatti ci insegna quanto le popolazioni germaniche abbiano sempre rappresentato una spina nel fianco di un Impero, quello Romano, che già al tempo di Tacito aveva conquistato buona parte del mondo allora conosciuto, ma che era ancora ben lungi dall’aver avuto ragione (e mai, di fatto, lo sarebbe stato) di quei popoli che vivevano e prosperavano oltre il fatidico limes settentrionale dei dominî imperiali. Popoli che si sarebbero fatidicamente rivelati, nei secoli successivi, l’ultima risorsa civile e militare di una pars occidentis imperiale ormai in pieno e inarrestabile declino e, al contempo, anche i protagonisti del suo finale e tragico tracollo. Popoli che, infine, nell’alto Medioevo, avrebbero di fatto ereditato e fatto propria la tradizione latina nell’Europa Occidentale, come ci insegnano le vicende carolinge e la costituzione del Sacro Romano Impero.
La Germania di Tacito fu anche al centro, durante la Seconda Guerra Mondiale, di un vero e proprio caso politico e ideologico. Eletta alla stregua di “manifesto” del nazionalismo tedesco e della ipotetica purezza delle antiche tribù germaniche, attirò le mire di Adolf Hitler e di Heinrich Himmler, che tentarono, peraltro senza riuscirci, di impossessarsi manu militari del Codice Esinate, un manoscritto miscellaneo del IX° secolo contenente la versione più antica in circolazione dell’opera di Tacito, scoperto nel 1902 a Jesi nella biblioteca del Conte Baldeschi-Balleani.
L’opera, che contiene oltre a quelli puramente descrittivi anche tratti sia moraleggianti che politici, aveva molto probabilmente, nelle intenzioni dell’autore, lo scopo non certo secondario di mettere in luce il potenziale pericolo rappresentato per la civiltà romana da genti fiere e indomabili che le legioni imperiali non erano mai riuscite a conquistare e ad assoggettare. La Storia infatti ci insegna quanto le popolazioni germaniche abbiano sempre rappresentato una spina nel fianco di un Impero, quello Romano, che già al tempo di Tacito aveva conquistato buona parte del mondo allora conosciuto, ma che era ancora ben lungi dall’aver avuto ragione (e mai, di fatto, lo sarebbe stato) di quei popoli che vivevano e prosperavano oltre il fatidico limes settentrionale dei dominî imperiali. Popoli che si sarebbero fatidicamente rivelati, nei secoli successivi, l’ultima risorsa civile e militare di una pars occidentis imperiale ormai in pieno e inarrestabile declino e, al contempo, anche i protagonisti del suo finale e tragico tracollo. Popoli che, infine, nell’alto Medioevo, avrebbero di fatto ereditato e fatto propria la tradizione latina nell’Europa Occidentale, come ci insegnano le vicende carolinge e la costituzione del Sacro Romano Impero.
La Germania di Tacito fu anche al centro, durante la Seconda Guerra Mondiale, di un vero e proprio caso politico e ideologico. Eletta alla stregua di “manifesto” del nazionalismo tedesco e della ipotetica purezza delle antiche tribù germaniche, attirò le mire di Adolf Hitler e di Heinrich Himmler, che tentarono, peraltro senza riuscirci, di impossessarsi manu militari del Codice Esinate, un manoscritto miscellaneo del IX° secolo contenente la versione più antica in circolazione dell’opera di Tacito, scoperto nel 1902 a Jesi nella biblioteca del Conte Baldeschi-Balleani.
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