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Pandolfo Malatesta di Pesaro Vescovo di Brescia: arcidiacono di Bologna, amministratore dell’Abbazia di Pomposa, amministratore dell’episcopato di Brescia, cappellano e referendario di papa Martino V, vescovo di Coutances, arcivescovo e barone di Patrasso, signore di Pesaro
Pandolfo Malatesta di Pesaro Vescovo di Brescia: arcidiacono di Bologna, amministratore dell’Abbazia di Pomposa, amministratore dell’episcopato di Brescia, cappellano e referendario di papa Martino V, vescovo di Coutances, arcivescovo e barone di Patrasso, signore di Pesaro
Pandolfo Malatesta di Pesaro Vescovo di Brescia: arcidiacono di Bologna, amministratore dell’Abbazia di Pomposa, amministratore dell’episcopato di Brescia, cappellano e referendario di papa Martino V, vescovo di Coutances, arcivescovo e barone di Patrasso, signore di Pesaro
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Pandolfo Malatesta di Pesaro Vescovo di Brescia: arcidiacono di Bologna, amministratore dell’Abbazia di Pomposa, amministratore dell’episcopato di Brescia, cappellano e referendario di papa Martino V, vescovo di Coutances, arcivescovo e barone di Patrasso, signore di Pesaro

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Pandolfo Malatesta di Pesaro (1390-1441) fu arcidiacono di Bologna, amministratore dell’Abbazia di Pomposa, amministratore dell’episcopato di Brescia, cappellano e referendario di papa Martino V, vescovo di Coutances, arcivescovo e barone di Patrasso, signore di Pesaro, ma di lui si è persa quasi del tutto memoria. 
Il lavoro del prof. Galli è teso a ridare luce a questo illustre personaggio storico, in occasione dei 600 anni dalla fine della signoria malatestiana di Brescia (1404-1421), e a chiarire se, nella cronotassi dei vescovi di Brescia, andrebbe rivalutato come tale. 
Prefazione di mons Gabriele Filippini.
LanguageItaliano
Release dateAug 29, 2021
ISBN9791220840545
Pandolfo Malatesta di Pesaro Vescovo di Brescia: arcidiacono di Bologna, amministratore dell’Abbazia di Pomposa, amministratore dell’episcopato di Brescia, cappellano e referendario di papa Martino V, vescovo di Coutances, arcivescovo e barone di Patrasso, signore di Pesaro

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    Pandolfo Malatesta di Pesaro Vescovo di Brescia - Raffaele Piero Galli

    Raffaele Piero Galli

    PANDOLFO MALATESTA DI PESARO VESCOVO DI BRESCIA

    arcidiacono di Bologna, amministratore dell’Abbazia di Pomposa, amministratore dell’episcopato di Brescia, cappellano e referendario di papa Martino V, vescovo di Coutances, arcivescovo e barone di Patrasso, signore di Pesaro

    Raffaele Piero Galli

    PANDOLFO MALATESTA DI PESARO VESCOVO DI BRESCIA

    arcidiacono di Bologna, amministratore dell’Abbazia di Pomposa, amministratore dell’episcopato di Brescia, cappellano e referendario di Papa Martino V, vescovo di Coutances, arcivescovo e barone di Patrasso, signore di Pesaro

    Prefazione di mons. Gabriele Filippini

    Prima edizione settembre 2021

    Edizione a cura di Simone Agnetti e Claudia Foletti

    Centro Culturale 999 www.serviziculturali.it

    L'immagine in copertina - raffigurante probabilmente Pandolfo Malatesta - è di proprietà dell'Archivio fotografico della Basilica di San Petronio a Bologna, che ne ha autorizzato la riproduzione

    UUID: fc89f30d-2fbc-4802-bf5d-338e65cccdaa

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Ringraziamenti

    Grazie alle persone che l’autore ha scomodato, dal vivo e per iscritto:

    Alberto Bargnani, Alberto Vaglia, Alessandra Corna Pellegrini, Alessandro Guerini, Andrea Caccaveri, Andrea Spiriti, Anna Falcioni, Carlo Pelagalli, Cesare Laconi, Claudia Foletti, Cristina Boschetti, Fabiana Zanola, Fabio Simeoni, Fausto Formenti, Flourant Rohmer, Francesca Alessandri, Franco Bianchini, Gabriele Filippini, Gabriele Medolago, Giorgetta Bonfiglio-Dosio, Giovanni Rimondini, Laura Gorati, Lucia Signori, Maria Falcone, Mario Prignano, Matilde Seneci, Maurizio Bellavista, Maurizio Marinelli, Michele Faleschini, Oreste Delucca, Paola Bonfadini, Paolo Perugini, Romeo Seccamani, Sabrina Oriani, Sara Dalena, Simone Agnetti, Simone Marchesani, Theodore Park, Triantafyllia Vrana.

    Grazie

    INDICE

    Ringraziamenti

    PREFAZIONE

    AVVERTENZE

    INTRODUZIONE

    IL CONTESTO FAMIGLIARE

    INFANZIA E FORMAZIONE

    BOLOGNA, POMPOSA E PADOVA

    L’EPISCOPATO DI BRESCIA

    BRESCIA SI PREPARA AD ACCOGLIERE IL PAPA

    AL CONCILIO DI COSTANZA

    CON PAPA MARTINO V

    IL PAPA A BRESCIA

    A COUTANCES

    A PATRASSO

    IL RITORNO A PESARO

    APPENDICE: DOCUMENTO DI SICCO POLENTON

    APPENDICE: I SEI ANNI DI GENTILE DA FABRIANO A BRESCIA

    APPENDICE: MOTTETTO DI DUFAY

    ​BIBLIOGRAFIA

    ​ATRE FONTI - SITOGRAFIA

    INDICE DEI NOMI

    1421-2021

    600 ANNI DALLA FINE DELLA SIGNORIA MALATESTIANA DI BRESCIA

    immagine 1

    PREFAZIONE

    Ecco un appassionante libro di storia. Storia di un vescovo dimenticato, eppure tanto importante dentro le vicende bresciane del XV secolo: Pandolfo Malatesta.

    La prima domanda alla quale un’opera a lui dedicata può rispondere è: Pandolfo fu Vescovo di Brescia o Amministratore Apostolico?

    Il primo pregio della documentata e autorevole opera di Raffaele Piero Galli è proprio quello di far chiarezza sul ruolo realmente incarnato da Pandolfo a Brescia. Ma il dubbio rimane. Nell’elenco dell’Annuario della Diocesi è riportato come Amministratore, come pure nella storia de I Vescovi di Brescia, curata da mons. Antonio Fappani e Francesco Trovati. In quest’opera, stampata nel 1982 dalle Edizioni del Moretto, si legge: Il suo nome, pur citato dal Gradenigo, non è compreso nella tavola cronologica dei pontefici bresciani; l’autore del catalogo non ne traccia un distinto profilo biografico perché, quale amministratore apostolico, non è ritenuto un vero e proprio vescovo.

    Ma, di fatto, Pandolfo, con o senza il titolo canonico, ha governato pastoralmente la Diocesi dei Santi Faustino e Giovita, Filastrio e Gaudenzio con il polso e la mente del Vescovo, anche se forse quest’ultima correva al desiderato Patriarcato di Aquileia.

    L’ottimo lavoro di Galli, con un ampio e preciso apparato di note che rimandano ad autorevoli fonti storiche, ripercorre i cinque anni della presenza pastorale di Pandolfo in terra bresciana, ben inquadrata dentro l’intera esistenza del personaggio, Arcidiacono della Chiesa bolognese, appartenente al nobile casato dei Signori di Rimini, nato a Pesaro nel 1390 e morto nell’aprile del 1441 nella sua città natale, dove si era ritirato dopo una intensa vita come Vescovo di Coutances e poi come Arcivescovo di Patrasso. Una vita che lo ha pure condotto a contrasti con Venezia e con papa Eugenio IV.

    Gli estremi della sua esistenza raccontano di tanti avvenimenti che fecero la storia della Chiesa e dell’Europa in quel mezzo secolo: lo scisma d’occidente, il Concilio di Costanza, l’espansione della Serenissima Repubblica di Venezia, gli accordi e le baruffe fra vari Signori d’Italia…

    La storia di quegli anni è particolarmente un intreccio di storia civile e religiosa. E dalla approfondita indagine di Galli emerge una Brescia che al tempo di Pandolfo era una città aperta, con incredibili relazioni e rapporti con altri territori della penisola italiana e dell’Europa.

    La proclamazione di Brescia, congiuntamente a Bergamo, di capitale italiana della cultura nel 2023 ha profondissime e lontane radici: vanno riscoperte. E questo testo è un aiuto formidabile.

    Queste pagine sono da salutare volentieri: non solo fanno conoscere un personaggio versatile e poliedrico quale era Pandolfo, ma contribuiscono anche a far conoscere una pagina di storia che fa trasparire un volto inedito di Brescia, città di arte, fede e opere in tutti i campi dell’umana esistenza.

    Mons. Gabriele Filippini

    (direttore del Museo Diocesano di Brescia)

    AVVERTENZE

    1) Malatesta o Malatesti? Consci della maggior popolarità odierna del termine al singolare, per indicare i cognomi dei personaggi di questo casato, si è scelto l’utilizzo indifferenziato di entrambe le forme, nel rispetto della fonte citata. È normale infatti l’uso di entrambe le modalità in libri sia antichi, sia recenti. È possibile in testi originali, del XV secolo, trovare le forme singolari de Malatesta e plurali de Malatestis riferite anche alla stessa persona.

    Entrambe le forme sono quindi corrette e supportate da fonti manoscritte. [1] Laddove non ci sia riferimento ad una fonte si è optato per l’utilizzo al singolare Malatesta nei nomi di persona singola e al plurale Malatesti, per indicarne due o più, anche se forse l’Accademia della Crusca avrebbe qualcosa da ridire…

    2) Essendoci nella storia della famiglia Malatesta moltissimi casi di omonimia, nel presente testo il cugino di Pandolfo, Carlo, verrà sempre indicato come Carlo I, per distinguerlo da Carlo suo fratello. Per la stessa ragione si dovrà porre attenzione a non confondersi con il cugino signore di Brescia, Pandolfo detto Il Grande, che in questo testo verrà sempre nominato Pandolfo III, mentre il nonno del nostro Pandolfo è Pandolfo II. Diverse volte, per essere più chiari, il vescovo Pandolfo verrà anche definito il nostro Pandolfo. La coesistenza di omonimi, nel periodo trattato, è particolarmente emblematica, poiché in due rami della famiglia Malatesta abbiamo in fratelli la stessa coppia di nomi: Pandolfo e Carlo sono due fratelli del ramo di Pesaro, figli di Malatesta dei Sonetti; Pandolfo III e Carlo I sono due fratelli del ramo di Rimini, cugini diretti di Malatesta dei Sonetti. In pratica a Brescia abbiamo avuto due Pandolfo Malatesta e due Carlo Malatesta.

    3) Dove le fonti non sono chiare, oppure le cose affermate sono prive di fonte o sono di incerta veridicità, si utilizza il condizionale, si specifica sempre che trattasi di ipotesi, oppure si sottolinea la dichiarazione con forse, probabilmente, è possibile e altri simili avverbi e locuzioni.

    4) L’autore del presente, Raffaele Piero Galli, dove si cita in note lo fa solo con il termine autore.

    immagine 1

    I sigilli dei due fratelli a confronto: Carlo I e Pandolfo III [2], cugini del vescovo Pandolfo

    [1] Giorgetta Bonfiglio-Dosio conferma che entrambe le forme sono usate nella storiografia, da taluni autori anche in modo altalenante, motivando la sua scelta in note, in BONFIGLIO-DOSIO Giorgetta e FALCIONI Anna (a cura di), La signoria di Pandolfo III Malatesti a Brescia, Bergamo e Lecco, Bruno Ghigi Editore, Rimini 2000, p.7; In RIMONDINI Giovanni, Castello Mirabilis, Fano (PU) 2019, p. 18, si spiega come il termine Malatesti sia più legato alla tradizione storiografica riminese, presente già dal Trecento.

    [2] Rinvenuto in un fondo della Biblioteca Queriniana (MS Mf I 5 pergamena n. 109; MS Mf I 6-7 pergamena n. 106; MS Mf I 6-7 pergamena n. 110) da Gabriele Medolago nel novembre 2018, nell’ambito di una ricerca condotta per l’autore su Antonia da Barignano, riconosciuto dall’autore come inedito, con il parere confermativo della prof.ssa Anna Falcioni, è stato restaurato digitalmente per l’autore da Romeo Seccamani, per essere presentato il 12 aprile 2019 nell’evento Il volto di Pandolfo III e nuovi documenti malatestiani alla Prefettura di Brescia (ala malatestiana di Palazzo Broletto) dall’ANPS – sez. di Brescia, con il patrocinio del Centro Internazionale di Studi Malatestiani di Fano.

    INTRODUZIONE

    Ho provato a ricostruire la storia di un vescovo a Brescia dimenticato, o quasi, raccogliendone i pezzi sparsi. Si è delineata una vita, ma certamente non la si è esaurita, soprattutto per quanto riguarda la parentesi bresciana. Non è facile nemmeno dimostrare che fosse vescovo, anzi, i dubbi in proposito, seppur ridotti, permangono e lasciano spazio alle contestazioni.

    Esiste un lungo atto notarile (in Appendice) dove è nominato governatore, rettore e amministratore, ma non si è ad oggi rintracciata l’elezione (o confermazione) pontificia, se non quella postuma, o tardissima, di papa Martino V.

    Esistono documenti dove sono elencate le sue mansioni episcopali, parificabili a quelle di vescovo, ma raramente si legge l’esplicita, inequivocabile, odierna definizione terminologica. Più diffusamente è indicato come amministratore dell’episcopato. Laddove la parola vescovo, compare, lo fa così timidamente da non fugare i sospetti ch’egli non lo sia.

    Per esempio, nell’Archivio Vescovile di Brescia esiste un Registro di Spese del XV secolo che riporta un biglietto di molto più tardo, forse del XVIII secolo, dichiarante: Libro di spese fatte in Clusane ed altrove d’ordine dell’Eccelso Signore Pandolfo Malatesta, amministratore loco Episcopi in Brescia ne li anni 1413, ’14, ’15, ’16 come ritirato in castello di Clusane con il campo suo e genti d’arme a Lovere. Detto signore era Archidiacono in Bologna e faceva le veci di Vescovo in Brescia. [1]

    Il biglietto confonde due omonimi Pandolfi, soprattutto in successiva scrittura del XIX secolo, dove amministratore loco episcopi è sostituito da signore di Brescia. I due omonimi sono: il nostro Pandolfo vescovo e suo cugino Pandolfo III, signore di Brescia.

    Esiste anche un’investitura del marzo 1414, dove un certo Domenico de Regnadolis da Pesaro è definito procuratore di Pandolfo Malatesta, vescovo di Brescia. [2]

    La sua carica episcopale è annotata nell’elenco dei vescovi bresciani, [3] ma il suo ritratto non campeggia nel Salone dell’Episcopio, in Vescovado, affrescato nel Seicento da Antonio Gandino con i ritratti dei vescovi, da Sant’Anatalone a Lorenzo Zane, che ha concluso il servizio nel 1480-81. Era vescovo de facto, ma questa persistente nominazione di amministratore apostolico, riportata in molte fonti, ne limita l’autorevolezza e sminuisce la figura. Diciture come presul o l’inequivocabile electo Brixiensi [4] vengono trascurate da chi perentoriamente afferma: era solo amministratore. Carica ch’era comunque equiparata a quella di vescovo e superiore a quella di arcidiacono.

    Sembra spiegare la sua posizione di amministratore nell’episcopato di Brescia un documento di papa Martino V [5] Ma va sottolineato che il pontefice scriveva nel 1419, da un punto di vista certamente non oggettivo, soprattutto se si trattava di parlare di cariche conferite da uno dei suoi predecessori illegittimi, come poteva essere per lui papa Giovanni XXIII (futuro antipapa).

    Così, anche se la sua presenza vescovile è attestata in numerosi brandelli bibliografici, c’è reticenza nel ricordarne il passaggio nella storia della Chiesa bresciana.

    Una ragione si può rintracciare nella damnatio memoriae (intento di cancellazione del ricordo da parte dei successori nei confronti dei loro predecessori) che ha colpito l’intera signoria malatestiana di Brescia, e ancora oggi persiste nel relegarla riduttivamente a passaggio trascurabile, tra epoca viscontea e periodo veneto.

    A questa motivazione già sufficiente, anche perché reiterata da Visconti, Veneti e Chiesa, particolarmente sotto papa Pio II Piccolomini, possiamo aggiungere la confusa epoca scismatica. Pandolfo è infatti incaricato del ruolo episcopale durante il periodo di coesistenza di tre papi, ciascuno operante come fosse il legittimo, anche nell’emanare provvedimenti e nell’eleggere propri cardinali e vescovi. A contemporanee promulgazioni si sommano cancellazioni dell’operato, o delegittimazioni, repentine o postume.

    Si può così intuire il motivo per cui a Costanza il nostro Pandolfo, già da anni amministratore della Chiesa di Brescia, sarà fra gli elettori in qualità di arcidiacono di Bologna, nonostante l’amministratore dell’episcopato abbia maggior dignità dell’ufficio dell’arcidiaconato. Ovvero, si può intuire che la sua elezione non sia stata largamente condivisa e riconosciuta.

    A non aiutare la memoria storica è anche la questione dell’omonimia, ostacolo psicologico che colpisce persino gli addetti ai lavori, storici e ricercatori. Tra i due Malatesti, con il rischio di confondersi e di confondere, meglio recuperare il ricordo del cugino Pandolfo III, signore della città, già abbondantemente relegato all’oblio dagli ingrati bresciani.

    Tutto sommando, la città di Brescia, per prima, ha dimenticato il vescovo Pandolfo Malatesta.

    A 600 anni dalla fine della signoria malatestiana di Brescia, conclusasi nel 1421 con l’uscita di Pandolfo III dalla città e l’ingresso del visconteo Francesco Bussone, Conte di Carmagnola, con questo libro si vuole contribuire a recuperarne il ricordo.

    Raffaele Piero Galli

    [1] Registro n. 74 della Sezione Mensa dell’Archivio Vescovile di Brescia, come riportato da CONTI Elisabetta in Atti giornata di studi malatestiani 2, Bruno Ghigi Editore, Rimini 1989, pp. 143-144.

    [2] Ibidem, p. 144.

    [3] MONTINI Chiara e VALETTI Ornello (ricerca bibliografica a cura di), I vescovi di Brescia, supplemento ai commentari dell’Ateneo di Brescia per l’anno 1987, Tipo-Lito Fratelli Geroldi, Brescia 1987;

    [4] Lo storico Giovanni Rimondini è del parere che il titolo electus abbia avuto più un valore di stipendio che l’assegnazione di un dovere di governo religioso. Poteva riferirsi ad una elezione da parte dei cardinali canonici, anche senza la conferma del papa e una sua cerimonia di ordinazione. Tuttavia un electus amministratore non consacrato poteva reggere la diocesi, ma doveva delegare le attività religiose episcopali (consacrazione di chiese, ordinazione di sacerdoti, partecipazione ai riti delle Cresime…) a vescovi vicini;

    [5] Archivio Apostolico Vaticano, reg. Lat. 204, ff. 0060, 0142-0143.

    IL CONTESTO FAMIGLIARE

    Pandolfo Malatesta nasce a Pesaro nel 1390 da Malatesta Malatesti, detto Malatesta dei Sonetti, [1] e da Gentile da Varano. Suo nonno Pandolfo II, dal quale eredita il nome, era morto nel gennaio del 1373. [2]

    Forse primogenito, forse no, [3] Pandolfo cresce in un’ampia famiglia con sette fratelli, tutti nati dalla stessa madre. I maschi sono Galeazzo (probabile primogenito), [4] Carlo e Galeotto; le femmine sono Anna, Cleofe, Paola e Taddea.

    Nella sua vita, ed in particolare nel periodo che riguarda la città di Brescia, sono molto importanti due suoi parenti romagnoli: i fratelli Carlo I e Pandolfo III. Sono suoi cugini, ma non di primo grado. Sono infatti figli di Galeotto I, fratello di Malatesta Guastafamiglia (Malatesta III Malatesti, detto anche Malatesta Antico) che è il bisnonno di Pandolfo.

    Ne consegue che sono cugini diretti del nonno Pandolfo II. Insomma, essendo cugini di suo nonno, per semplificare, Carlo I e Pandolfo III li chiameremo cugini anche di Pandolfo (non zii come si ritrova in varie fonti). Da parte di madre poi, sono cugini diretti, in quanto la mamma di Pandolfo, Elisabetta da Varano, è sorella della mamma di Carlo I e di Pandolfo III, Gentile da Varano.

    Per la precisione, Pandolfo III è anche suo zio, ma solo fino a quando il nostro Pandolfo ha circa 8 anni, in quanto sposato con sua zia Paola Bianca Malatesta, che muore nel 1398.

    Se non ci si è persi, ingarbugliandosi nella matassa parentale e nominale, si può procedere.

    In quegli anni si consolidano i due rami principali della casata, quello di Rimini e quello di Pesaro, sempre mantenendo fra loro stretti rapporti di natura culturale, economica e politica. [5] Il nostro Pandolfo è del ramo di Pesaro.

    Per comprendere l’aria preumanistica e protorinascimentale che il piccolo Pandolfo respira durante la sua infanzia, vanno sottolineati gli aspetti culturali della corte pesarese.

    Già il nonno, Pandolfo II, ammiratore della poesia di Francesco Petrarca, si dilettava nella scrittura in versi. Tra l’altro, conobbe personalmente il Petrarca a Milano, nel 1356, iniziando con lui un rapporto epistolare che comprese anche un sonetto sulla fama che rende gli uomini immortali. [6]

    A Milano (o Pavia) va anche il padre di Pandolfo, Malatesta dei Sonetti, nel 1398, [7] stavolta da Gian Galeazzo Visconti, a contatto con la corte più all’avanguardia in Italia per quanto riguarda influenza francese e moda del gotico internazionale. Si presume, quindi, il suo contatto con i raffinati artisti presenti nel Castello Visconteo di Pavia, dal giovane Gentile da Fabriano all’altro grande pittore e miniatore Michelino da Besozzo. [8]

    Anche il mondo culturale toscano entra nella corte di Pesaro per quanto concerne l’arte pittorica. Nel 1400, quando il nostro Pandolfo ha circa dieci anni, viene chiamato dai Malatesti il pittore fiorentino Mariotto di Nardo a dipingere, in Pesaro, una Madonna col Bambino, per la chiesa di San Giovanni. [9]

    È nello stesso anno che suo padre viene nominato erede del vescovo di Rimini Leale Malatesta.

    Il medico di famiglia Ugolino Caccini da Montecatini, proveniente da Firenze, descriverà suo padre Malatesta dei Sonetti, nel 1405, come un uomo colto, interessato anche alla lettura di Avicenna e agli esperimenti di scienza. Anche con l’umanista fiorentino Coluccio Salutati i rapporti di collaborazione di casa Malatesti sono molto vivi, fino al 1406. Della loro relazione emerge l’interesse del padre di Pandolfo per i testi classici della civiltà greca e romana. [10]

    Come il suo stesso soprannome dei sonetti lascia intendere, il padre Malatesta è egli stesso autore di poemi. Di lui ci restano oltre

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