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Il fantasma di Poveglia: In Questo Mondo Infestato, #1
Il fantasma di Poveglia: In Questo Mondo Infestato, #1
Il fantasma di Poveglia: In Questo Mondo Infestato, #1
Ebook350 pages4 hours

Il fantasma di Poveglia: In Questo Mondo Infestato, #1

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About this ebook

C’è della follia in tutti noi …

2015
Con un passato travagliato alle spalle, una coppia sposata, Rob e Louise visitano Venezia per la prima volta insieme, in cerca di un weekend rilassante. Non è solo una destinazione romantica, è anche la ‘città più infestata del mondo’ e presto Louise si ritrova nel mirino di un’entità che non riesce a comprendere, una ‘donna velata’ che la perseguita.


1938
Dopo aver sposato il giovane medico veneziano, Enrico Sanuto, Charlotte si trasferisce dall’Inghilterra a Venezia, piena di speranze per il futuro. La sua casa non è però in città, ma a Poveglia, nella laguna veneziana, dove viene messa a lavorare in un manicomio, occupandosi di coloro che la società respinge. Quando il vero orrore di ciò che la circonda si rivela, la speranza diventa polvere.

Dai labirintici vicoli di Venezia ai tortuosi corridoi di Poveglia, i loro destini si intrecciano. La vendetta sta aspettando…

LanguageItaliano
Release dateAug 20, 2021
ISBN9781667409498
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    Book preview

    Il fantasma di Poveglia - Shani Struthers

    Il fantasma di Poveglia, In Questo Mondo Infestato: Libro Primo, Copyright Shani Struthers 2016

    Questa edizione Kindle è stata pubblicata nel 2016

    Il diritto di Shani Struthers di essere identificata come l'Autrice dell'opera è stato da lei rivendicato in conformità con il Copyright, Designs and Patents Act 1988.

    Tutti i diritti riservati su tutti i media. È vietata la riproduzione totale o parziale del presente documento, così come il salvataggio dello stesso in sistemi informatici, la sua trasmissione sotto qualsiasi forma e con qualunque mezzo elettronico, meccanico, attraverso fotocopie, o altri metodi, senza prima avere l'autorizzazione scritta da parte dell'autrice. Questo eBook è concesso in licenza al solo scopo d'intrattenimento personale. Non può essere ceduto o rivenduto ad altre persone.

    ––––––––

    Tutti i personaggi e gli eventi presenti in questa pubblicazione sono puramente fittizi e qualsiasi somiglianza con qualsiasi persona, organizzazione / azienda, vivente o morta, è del tutto casuale.

    Crediti di copertina: Rob Wilson, Danatos 1205 Bigstock. Design di RoseWolf Design

    * * *

    Dedica

    Per Jack Struthers, destinato a essere uno dei grandi esploratori della vita.

    Ringraziamenti

    Il primo libro di una serie nuova di zecca, farlo bene si è rivelato un compito arduo, ma tanti mi hanno aiutato lungo la strada. Per prima cosa, la mia incredibile banda di lettori beta, notano così tanti dettagli che io non vedo e mi fanno cambiare così tanto, ma tutto a fin di bene! Un enorme ringraziamento a Louisa Taylor (che l'ha letto due volte!), Rob Struthers (che ho obbligato a leggerlo due volte!), Lesley Hughes, Alicen Haire, Sarah England, Sarah Savery, Corinna Edwards-Colledge, Julia Tugwell, Jan Ruth, e, ultimo ma non meno importante, il gentile Rumer Haven. Un enorme grazie anche al mio editore Jeff Gardiner, con cui è sempre un vero piacere lavorare, e a Gina Dickerson, che ha progettato la copertina e formattato i libri per la stampa e l'e-book. Grazie anche a te, lettore, tanti di voi sono stati di grande supporto, fin dal primo libro. Spero ti piaccia anche questo.

    Premessa

    Il fantasma di Poveglia è il primo libro della mia nuova serie paranormale In Questo Mondo Infestato. Una serie di libri non collegati da personaggi ma da luoghi del nostro vasto mondo considerati infestati. Ogni libro sarà un libro a sé stante che cerca di mescolare la finzione con i fatti, o per lo meno il mito e la leggenda con cui i luoghi infestati tendono ad essere avvolti. Come tutti i miei libri, cerco di trovare la storia umana dietro i fantasmi, cosa hanno sofferto, perché sono ancora radicati e perché alcuni di loro sembrano decisi a vendicarsi e distruggere. I miei libri non sono horror ma a volte, e inevitabilmente, i confini si confondono. Se lo stai leggendo di notte, magari lascia una luce accesa...

    In Questo mondo infestato: libro primo

    Il fantasma di Poveglia

    Indice

    Prologo

    Capitolo primo

    Capitolo due

    Capitolo tre

    Capitolo quattro

    Capitolo cinque

    Capitolo sei

    Capitolo sette

    Capitolo otto

    Capitolo nove

    Capitolo dieci

    Capitolo undici

    Capitolo dodici

    Capitolo tredici

    Capitolo quattordici

    Capitolo quindici

    Capitolo sedici

    Capitolo diciassette

    Capitolo diciotto

    Capitolo diciannove

    Capitolo venti

    Capitolo ventuno

    Capitolo ventidue

    Capitolo ventitré

    Capitolo ventiquattro

    Capitolo venticinque

    Capitolo ventisei

    Capitolo ventisette

    Capitolo ventotto

    Capitolo ventinove

    Capitolo trenta

    Capitolo trentuno

    Capitolo trentadue

    Capitolo trentatré

    Capitolo trentaquattro

    Capitolo trentacinque

    Capitolo trentasei

    Capitolo trentasette

    Capitolo trentotto

    Epilogo

    Nota dell'autrice

    Sempre dell’autrice

    Prologo

    ––––––––

    Louise fece un respiro profondo. Eccola lì. Non poteva più rimandare il momento. Doveva saperlo. Guardò Rob. Era impaziente quanto lei.

    Fallo e basta, la esortò.

    Va bene, lo farò. Aspetti lì, vero?

    Tesoro, non vado da nessuna parte.

    Louise corse di sopra in bagno. Dopo aver chiuso la porta si avvicinò allo specchio e ci si specchiò, cercando di calmare i nervi e le mani: tremava come una foglia. Chiudendo gli occhi, li riaprì per poi fissarsi allo specchio. Sulla trentina, di corporatura media con capelli castani lunghi fino alle spalle, poteva essere considerata attraente, supponeva, ma aveva rughe intorno agli occhi ed uno sguardo scavato. Sarebbero sparite quel giorno? Avrebbero brillato per la felicità? Per tutto il tempo che poteva ricordare aveva desiderato una famiglia. Cresciuta da sola con solo la madre a prendersi cura di lei, con il padre presente ma più assente che presente, il bisogno di farsi una famiglia era forte. Era quello su cui fantasticava, un bambino, due bambini, o meglio una nidiata con lei e Rob, i genitori perfetti. E lo sarebbero stati... così tanti dei loro amici lo pensavano, amici che erano impegnati a farsi una famiglia propria.

    Prese il test di gravidanza e lo scartò con cura. Qualcosa che aveva fatto già tante volte in passato. Due righe, questo è tutto ciò che voleva, a dimostrare che i suoi sogni si fossero realizzati. Mentre si accovacciava, pregava, ripetendosi la stessa parola. Ti prego, ti prego, ti prego... C'erano stati altri segni questa volta, un sapore metallico in bocca, il seno dolorante... Segni che il suo corpo fosse cambiato, avesse risposto.

    Alzandosi, tirò lo sciacquone e si tirò su le mutande, tutto con una sola mano. L'altra non avrebbe lasciato andare il test, non prima di averlo guardato. Lo fissò, pregando in ogni modo possibile perché fosse positivo. Apparve una sola linea, poi... più niente.

    Come se il test fosse incandescente, lo lanciò attraverso la stanza. Con la schiena contro la porta, si lasciò scivolare verso il basso, mentre un dolore familiare la invase. Era sempre lo stesso: prima ci sarebbe stata speranza ed emozione per la possibilità di una nuova vita, il puro miracolo di essa e poi la delusione. Delusione schiacciante. Ma la rabbia era molto peggio. Sarebbe aumentata e l'avrebbe consumata.

    Oh Dio, la rabbia...

    Parte prima

    Louise

    Capitolo primo

    ––––––––

    Atterrando sul suolo veneziano, Louise afferrò il braccio del marito.

    Siamo qui, siamo finalmente qui!

    Ne sono consapevole. C'era un sorriso ironico sul viso di Rob.

    Louise si appoggiò a lui. Oh andiamo, devi essere emozionato!

    Lo sono, guardami in faccia, sono emozionato.

    Louise rise. Sapeva che i sentimenti del marito corrispondevano ai suoi, ma erano su un aereo, un aereo pieno di gente, e lui era un tipo riservato; non c'era modo che fosse espansivo come lei. A Rob piaceva veramente fare il figo. Si conoscevano da quindici anni, erano stati sposati per la maggior parte di questi, ed era qui che avrebbe voluto venire per la loro luna di miele: Venezia, con i suoi canali disseminati di gondole, i suoi vicoli come labirinti e il suo senso di atemporalità. Ma c'era stata una casa da comprare, una carriera da costruire, una fecondazione in vitro da pagare visto che non riuscivano ad avere figli. Di recente erano giunti a una decisione. Avrebbero vissuto la vita l'uno per l'altro, viaggiando in tutti i posti che volevano. Le città italiane erano tra le prime che volevano vedere. Avevano ammirato il Colosseo a Roma, erano rimasti a bocca aperta di fronte all'arte a Firenze e avevano ammirato la gente alla moda a Milano. Lei era ancora sulle nuvole dopo aver visto La Primavera di Botticelli. Adesso era la volta di Venezia, la numero uno sulla lista di Louise ma la numero quattro della sua, e lui aveva ottenuto quello che voleva. Non importa. Adesso erano lì.

    C'era movimento tutt'intorno a loro. Anche se stavano ancora rullando verso il gate designato, i passeggeri già si slacciavano le cinture, accendevano i cellulari e recuperavano i cappotti e le sciarpe. Impaziente di scendere anche lei dall'aereo, di stare sul suolo veneziano, anche se era solo sull'asfalto dell'aeroporto, Louise si strofinò le mani in attesa. Riusciva a stento a trattenersi. L'etica del ‘carpe diem’ che avevano deciso di seguire dopo il loro quarto round di sofferenza stava davvero funzionando. La loro incapacità di concepire non era né colpa di lui né di lei.. Era semplicemente inspiegabile. In un terzo dei casi non viene mai stabilita una causa chiara e, incredibilmente, erano caduti in quel gruppo, nonostante i vari test. Che sentenza! La medicina moderna era arrivata così lontano e ancora non riuscivano a trovare una ragione? Potevano clonare animali ma non creare la vita umana? Non incolpare i dottori, cercò di ragionare Rob. Non sono Dio i dottori. No, ma in un certo lo erano. L'avevano tutti delusa, sia i dottori che Dio.

    Un rapido sguardo a Rob e riuscì ad abbandonare tali pensieri, ricordò a se stessa di vivere nel presente, di dimenticare il passato e non soffermarsi su un futuro senza figli. Doveva vivere l'istante. Seguendo il consiglio del suo psichiatra. E proprio in quel momento la vita era bella.

    Finalmente furono in grado di seguire una lunga fila di persone che si muovevano lungo il corridoio e all'aperto. Era metà novembre. Certo, non era il periodo ideale per visitare Venezia, avrebbe fatto freddo, ma erano stati troppo occupati per visitarla prima. Rob era un architetto e lei lavorava nel marketing. Entrambi lavoratori autonomi, dovevano impegnarsi affinché ci fosse lavoro, e viaggiare quando era meno interessante. Ma c'era un netto vantaggio: ci sarebbe stata meno folla. Dove vivevano, vicino al centro di Londra, era sempre affollato.

    Non solo fuori faceva freddo, ma pioveva, che Dio la mandava. Anche se erano passate da poco le quattro, il sole si era arreso e si era ritirato per la notte. Rob le stava vicino mentre aspettavano al controllo passaporti, l'odore di legno di cedro del suo dopobarba era un conforto familiare.

    Questo clima renderà Venezia ancora più romantica, disse Rob. Davvero.

    Aveva già visitato la città, quando era più giovane, un paio d'anni prima che si conoscessero, ci era andato con alcuni suoi amici in moto. Era rimasto solo per un giorno e non ne era stato così colpito. D'altronde, aveva spiegato, siamo andati veramente solo in Piazza San Marco. Non crederesti mai al prezzo di un caffè lì. Dobbiamo stare lontano dalle trappole per turisti, credo.

    Mentre uscivano dalla dogana e seguivano le indicazioni verso il taxi sull'acqua, Louise iniziò a parlare di Poveglia, una piccola isola nella laguna veneziana con una storia molto movimentata. Non solo era servita come zona di confino temporaneo per le vittime della peste durante i secoli, ma, negli anni '20, gli edifici erano stati convertiti anche in un manicomio per malati di mente. Apparentemente, le pratiche svolte lì erano state a dir poco dubbie. Per fortuna, l'ospedale aveva chiuso alla fine degli anni Sessanta e da allora era caduto in rovina. L'isola era in quel momento di proprietà privata e l'investitore anonimo avrebbe deciso il modo migliore per sfruttarla.

    Mi chiedo chi comprerebbe un'isola con quel tipo di storia? rifletté. Dicono che lì siano morte circa centocinquantamila persone. Davvero, è come un grande cimitero.

    Chi lo sa? Che ti importa?

    Lo so, lo so. È solo che quando stavo cercando quali luoghi vedere, Poveglia ‘infestata’ continuava a venire fuori, ci sono tonnellate di scritti al riguardo. Devi ammetterlo, è affascinante.

    Rob si strinse nelle spalle e la guardò di traverso. "Il soprannaturale è affascinante, ma restiamo vicini ai vivi questo fine settimana."

    Non troppo vicino, gli ricordò Louise. Hai detto fuori dai sentieri battuti ricorda, anche se ad essere onesti, la città sembra essere abbastanza compatta, tutto è raggiungibile a piedi. Invece di programmare troppo ogni giorno, non dovremmo semplicemente andare dove ci porta l'umore?

    La spontaneità mi sta bene. Daremo un'occhiata a Piazza San Marco, ma non mangiamo né beviamo lì!

    Ah! Non hai mai smesso di far fatica a spendere tutti quegli euro per un caffè, vero? Deve essere lo scozzese che è in te.

    Ehi, non criticare le mie radici scozzesi, ne sono orgoglioso! Penso solo che ci siano posti migliori e più autentici per bere un espresso. Inoltre, non sono così meschino, ho pagato un motoscafo privato per portarci a Venezia, così non dobbiamo sgomitare sul vaporetto.

    Peccato che tu non abbia noleggiato una gondola.

    Una gondola, che sciocchezza. Non c'è modo di farmi salire su una gondola! Sollevò un sopracciglio prima di aggiungere sfacciato: Inoltre, sono anche dannatamente costose.

    Al molo, avevano ricevuto la loro prenotazione e li accompagnarono alla loro barca. Il timoniere prese le loro valigie e, con il pollice, fece loro cenno di entrare nella cabina. Il tetto era così basso che lei dovette piegarsi, così come fece Rob, entrambi avevano paura di sbattere la testa. Poi si posizionò al timone per il viaggio di mezz'ora attraverso le acque fino al cuore di Venezia. Accomodandosi ai loro posti, Louise guardò fuori dal finestrino. Questo era il significato della vita: nuove esperienze, nuove immagini e suoni, questo era ciò che la faceva sentire viva. Un miracolo considerando quanto era caduta in basso dopo aver finalmente capito che non avrebbero mai creato una famiglia insieme. Erano stati giorni neri; giorni in cui si era comportata... da pazza. Non c'era altra parola per definirla, oscillava tra gli stati d'animo come un pendolo selvaggio. Non si era resa conto che fosse possibile per una persona piangere così tanto. Non dimenticare che i tuoi ormoni sono stati scombussolati, diceva Rob in uno dei suoi tanti tentativi di consolarla. La fecondazione in vitro distrugge tutto. Ecco perché la si chiama una giornataccia. Non potevano sopportare oltre. Ricordando tutto ciò, sospirò.

    Tutto bene? Chiese Rob, notando il suo malessere.

    All'inizio il suo sorriso fu forzato ma gradualmente si rilassò e divenne più naturale.

    Certo che sto bene, sono felice! rispose lei, allungandosi per stringergli la mano.

    Avrebbero potuto viaggiare di notte, ma il viaggio era comunque impressionante. La pioggia era leggermente diminuita e le nuvole dovevano essersi aperte perché la luce della luna brillava sul mare, conferendogli un tocco quasi etereo. Fungendo da guide, i pali di legno si alzavano verso l'alto, assomigliando a uomini bastone, logorati dal costante lavaggio dell'acqua salata. Aveva pietà della loro solitudine. Qui fuori, nella laguna, ci si sentiva così vicini alla civiltà, eppure così lontani. Eri bloccato. Dov'era quell'isola, si chiese? Ne avevano passate diverse durante il viaggio.

    Guarda, ecco Venezia, la vedi?

    Rob parlò di nuovo. Si avvicinò di più, respirò il suo odore, assaporandolo tanto quanto la vista di fronte a lei.

    Mentre si avvicinavano a Venezia la barca rallentò, rispettando i limiti di velocità della città. Rimase rapidamente incantata mentre gli edifici si innalzavano come giganti su entrambi i lati, dipinti in sfumature sbiadite di pastello. Lungi dall'essere umili, la maggior parte erano grandi strutture con porte ad arco, balconi e persiane, romantici come sperava che fossero. Davanti a loro erano ormeggiate varie barche, la maggior parte di natura pratica. All'inizio i canali erano stretti, il loro timoniere li superava con una facilità impressionante, ma svoltarono un angolo e si aprì una distesa molto più grande. Era il Canal Grande, brulicante di colori, di vita, con l'andirivieni di barche, taxi e autobus, tutti per solcare l’acqua e pieni zeppi.

    Guarda, c'è una coppia su una gondola! Non poteva farci niente, stava strillando di nuovo.

    Rob roteò gli occhi ma sembrava comunque divertito. Il nostro hotel è un po' più lontano, spero che ti piaccia. Ha ottime recensioni online.

    Sono sicura che mi piacerà. Amo tutto di questo posto. Tutto!

    Tutto? domandò Rob mentre il timoniere accostava leggermente a sinistra per poter attraccare. Anche quella strana isola di cui stavi leggendo, come si chiama? Pov...

    Poveglia, rispose lei ridendo. Si chiama Poveglia. Apparentemente non si pronuncia la ‘g’, quindi foneticamente è Pov-el-ia.

    Ah, okay, Pov-el-ia, ripeté in modo esagerato.

    Rendendosi conto che il timoniere aveva spento il motore, percorse la breve distanza verso il ponte, con Rob alle sue spalle. Era bello essere di nuovo in piedi, a respirare l'aria fresca. Stava per ringraziare il timoniere per il viaggio in tutta sicurezza, dicendo, in italiano, grazie mille, ma la sua espressione la rese muta. Cosa c'era che non andava? Sembrava... spaventato.

    "Perché parli di questo posto?" disse in italiano.

    Louise non aveva idea di cosa avesse detto. Mi dispiace, io... disse in inglese.

    "Poveglia, perché parli di questo?"

    L'isola, quella su cui aveva fatto ricerche, che Rob aveva appena menzionato... Mi correggo, che lei aveva appena menzionato... È a quello che si riferiva? In una lingua per lei incomprensibile, riconobbe almeno il nome. Non essendo sicura che lui l'avrebbe capita, cercò di spiegare.

    Guarda, è solo uno scherzo, su Google quando io...

    Sorprendendola ulteriormente, l'uomo colmò quel poco spazio che c'era tra loro. Quando erano saliti a bordo, non l'aveva davvero notato, era stata troppo presa da tutto ciò che la circondava.  Non aveva fatto scattare nessun campanello d'allarme... era stato abbastanza benevolo, una figura nell'ombra, semplicemente quello che li avrebbe trasportati a Venezia e sarebbe stato pagato bene per farlo. Ma in quel momento cambiò idea. Non era più benevolo... si era trasformato in qualcosa di minaccioso.

    Si sentì nel panico. Guardi disse, siamo qui solo per il fine settimana, noi...

    Incerta su cos'altro dire, guardò Rob per chiedere aiuto, sembrava confuso quanto lei, la sua mente si sforzava di capire cosa stesse succedendo.

    Aspetta un minuto, amico... cominciò a dire, ma il timoniere non ne voleva sapere.

    Un flusso di parole in italiano gli uscì di bocca e ancora una volta fu proprio quella che spiccava... proibito. Quando aveva guardato le immagini di Poveglia, ce n’erano un paio che includevano un cartello, situato all’ingresso dell’isola dove si fermavano le barche, e su di esso era scritta la parola ‘Proibito’ a grandi lettere rosse. Il posto era proibito.

    Mentre Rob e il timoniere continuavano a fronteggiarsi, le espressioni sui loro volti si facevano sempre più feroci, lei alzò una mano in un gesto conciliante e la infilò tra di loro, nel disperato tentativo di impedire che la situazione si aggravasse. "Capito, capito, disse maledicendo il suo italiano terribile, proibito, Poveglia proibito."

    Ciò che c’era stato negli occhi dell'uomo, iniziò a dissiparsi, ma con una lentezza a dir poco straziante. C'era orrore, rabbia e anche qualcos'altro... Anche così, aspettò pazientemente che lui parlasse e quando lo fece si sentì quasi mancare per il sollievo nel notare che era più calmo.

    "Capito?" ripeté.

    "Sì, Louise rispose in fretta. Capisco. Facendo un ampio arco con la mano, continuò: Solo la città, stiamo visitando la città, tutto qui."

    "Proibito, sottolineò. E poi in inglese esitante: Do not go. No tourists."

    Promesso. Con vigore scosse la testa per sottolineare le sue parole. Guardando di nuovo un Rob ancora sorpreso, disse: Paga l'uomo e andiamo al nostro hotel.

    Mentre l'uomo si fermava, fortunatamente lasciandoli passare senza ulteriori incidenti, lei sussurrò a suo marito. E assicurati di dargli la mancia.

    In quel momento, tutto quello che voleva era calmarlo e scappare.

    Capitolo due

    ––––––––

    Cosa cercava di fare? chiese Rob, mentre si trovava sul molo, fissando il timoniere mentre faceva retromarcia per immergersi nel traffico.

    Anche Louise era scioccata. È perché ho menzionato Poveglia. Deve essere un punto dolente per la gente del posto.

    Rob si chinò per prendere la sua valigia. Beh, allora non parlarne più.

    Guardandolo allontanarsi, anche se non poteva crederci, sembrava infastidito da lei in quel momento! Avrebbe voluto gridargli dietro, difendersi. Sei tu che hai tirato fuori l'argomento in barca, non io! Ma fece uno sforzo cosciente per trattenersi. Erano lì per divertirsi senza discutere, di certo non per un tassista acqueo dalla mente sanguinaria e un'isola con una storia losca.

    Cercando a fatica di respirare in modo regolare, Louise afferrò la valigia e lo seguì. Di fronte a lei, incisa in lettere d'oro su doppie porte di vetro, c'era la scritta Venezia Palazzo Barocci. Quando le aprì e si fermò nell'atrio, vide che l'interno era stupendo come l'esterno. Era niente meno che opulento, con un pavimento bianco marmorizzato, e accenti di color oro, rosso e nero nell'arredamento. Dipinti della vecchia Venezia abbellivano le pareti, richiamando i tempi in cui era stato un porto commerciale piuttosto che una destinazione turistica. Nella barca Rob aveva detto che sperava che le piacesse l'hotel che aveva scelto. Non gli piaceva, lo adorava.

    Mentre si avviavano al banco della reception, uno dei quadri in particolare attirò la sua attenzione. A differenza degli altri, era di una casa, posta sopra un arco, sotto un viottolo tranquillo. Non era stata romanticizzata, proprio il contrario; era squallida, in stile dickensiano direbbe lei. Anche lui era stato lì, durante il suo Grand Tour dell'Europa, non è vero? Era qualcos'altro che era emerso quando aveva studiato Venezia: Charles Dickens l’aveva visitata e l'aveva descritta come una città onirica, ‘così decadente da confondere i sensi.’ Le immagini dell'Italia avevano ispirato i suoi libri o erano stati scritti prima? Comunque sia, la scena di fronte a lei assomigliava più alla Londra del diciannovesimo secolo che alla Londra attuale. Ma era proprio Venezia; una targa d'oro sotto, con la sola parola Venezia, confermava questo fatto. Non vedeva l'ora di esplorare, di immergersi nel suo carattere e nella sua atmosfera.

    Sul punto di voltare le spalle al dipinto e unirsi a Rob, qualcos'altro la colpì. Nella finestra della casa c'era una sagoma. Fece qualche passo più vicino per vederla meglio. Era una figura, forse una donna, aveva qualcosa di bianco che le copriva la testa, un velo forse? L'artista non l'aveva definita bene, come se la si guardasse attraverso strati di garza. Era secondaria o il punto focale? La stava ritraendo o era apparsa come una ‘sorpresa’? Rapidamente, i suoi occhi scrutarono il resto delle finestre, ma erano vuote, non c'era nessun altro nei paraggi. Chiunque fosse la figura, fissava Louise, approfittando del fatto che l'avesse notata. La stava ipnotizzando.

    Tesoro, vuoi un bicchiere di champagne?

    Champagne? A fatica Louise riuscì a distogliere lo sguardo. Rob aveva già un bicchiere e l'addetta alla reception aveva in mano la bottiglia, pronta a versarne dell’altro.

    Oh, ehm ... sì, per favore. Sì, mi piacerebbe.

    Benvenuti a Venezia, Signori Henderson, disse la donna mentre Louise si avvicinava alla reception. Si chiamava Gisela dal suo cartellino e aveva una voce solo leggermente accentata. È la sua prima volta?

    È la mia prima volta, Louise le prese il bicchiere. Grazie, che gentile.

    È un piacere, sorrise Gisela. Era giovane e bella, con i capelli scuri in uno chignon, le labbra rosse e gli occhi bordati di kohl... davvero l'epitome dello chic. Louise notò Rob che la fissava con apprezzamento e si sentì molto cupa, molto inglese in confronto, vestita com'era con jeans, stivali e un maglione nero un po' trasandato. Anche i suoi capelli erano disordinati dopo il viaggio. Essere splendida sembrava così facile per le donne straniere, mentre non riusciva a ricordare l'ultima volta che si fosse sentita in quel modo. Calmati. Si portò il bicchiere alle labbra e sorseggiò. Gli è permesso guardare. Mentre un'altra giovane coppia, chiaramente anch'essa ospite, passava davanti a loro e usciva nella notte, lei si trovò ad ammirare la metà maschile, alta e magra con un vestito elegante. E anche tu puoi guardare. Il pensiero la fece ridere.

    Salute, disse Rob, facendo tintinnare il bicchiere contro il suo.

    Salute, rispose Louise.

    Quando la sua attenzione ritornò su di lui, sembrava rilassato. Si era lasciato alle spalle l'incontro con il timoniere così facilmente. Gli occhi di Rob erano vivaci come quelli di Gisela e aveva un sorriso a quarantadue denti. Era bello, si rese conto, sorpresa di quanto spesso se lo ‘dimenticasse’. Poi certo, quando hai vissuto con una persona per così tanto tempo, tendi a vedere la persona nel suo insieme, a concentrarti sulla sua essenza piuttosto che sul suo aspetto. Era sicura che lo stesso fosse vero per lui. Peccato davvero...

    Vedendola scrutarlo, il suo sorriso divenne un ghigno, un ghigno sfacciato. C'era un messaggio nei suoi occhi, ne era sicura: sbrigati e finisci quel drink che andiamo di sopra.

    Con grande disappunto della receptionist, lo mandò giù in un colpo solo, non sentendomi più cupa ma sexy, e anche desiderosa, più di quanto lo fosse da mesi, o forse di più.

    Le bollicine dovevano averle dato alla testa. Pochi minuti dopo, quando furono soli nell'ascensore, non poté resistere a strofinare il suo corpo contro il suo uomo. La risposta di Rob fu immediata. Quando raggiunsero il numero 201, lui aprì la porta e praticamente volarono nella stanza, con le mani ancora impegnate a esplorarsi. Con gli occhi puntati su di lui piuttosto che sulla pienezza dell'ambiente circostante, lo trascinò verso il letto matrimoniale e ce lo spinse sopra prima di

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