Nella terra dei sorrisi. Vietnam, Thailandia e Cambogia
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E con la precisa convinzione che possa funzionare la formula: tutto a tutti in tutto il mondo.
Il mondo come un paesone colla sua grande piazza dove ci si incontra la sera dopo il lavoro e felici si chiacchiera del più e del meno. Vane speranze. Al contrario dalle aspettative, le diseguaglianze sono invece aumentate così come i desideri di possesso di oggetti e di status imposti da altri.
E così la Thailandia, la Cambogia e il Vietnam diventano terribile specchio dove ognuno di noi fa fatica a riconoscersi.
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Book preview
Nella terra dei sorrisi. Vietnam, Thailandia e Cambogia - Sergio Trifiletti
Copyright
© Copyright Tralerighe libri
© Copyright Andrea Giannasi editore
Lucca, luglio 2021
1° edizione
Tutti i diritti sono riservati. Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633).
ISBN 978-88-32281-69-9
I lettori che desiderano informazioni possono visitare il sito internet: www.tralerighelibri.com
Dedica
A mio padre e a mia madre che mi hanno visto tante volte partire senza mai provare a fermarmi. Sapendo che sarei tornato per raccontare.
Chi viaggia senza incontrare l’altro, non viaggia, si sposta.
Alexandra David-Néel
Incipit
Eccomi, sono qui, in fuga dall’inverno del mio eremo garfagnino. Mese di novembre. La spiaggia è quella dell'isola di Koh Phangan, Thailandia. Di fronte c’è un mare bello e calmo. Sul mio corpo seminudo batte un sole caldo, avvolgente. La temperatura, ideale. Dopo una lunga passeggiata, mi sono buttato in acque cristalline dalle sfumature verdi. Poi, gocciolante ancora, mi aspetta un ricco caffè e, subito dopo, frutta fresca, ananas, banane prese direttamente dalla cornucopia. Sull’isola mi disseto con la linfa rigenerante del cocco.
Il mio alloggio si trova a pochi metri dalla spiaggia, un semplice bungalow non del tutto privo comodità. I gestori parlano un inglese basilare, come il mio del resto. Ogni giorno scambio quattro chiacchiere con loro, tanto per non sembrare un asociale. Sono un po’ asociale in verità da qualche anno. Mi sento fortunato per essere qui, fuori dall’inverno, ma anche un po’ triste. Mi godo il caldo e la natura rigogliosa ma per il fatto che la felicità non può mai dirsi perfetta mi viene fatto di chiedermi sempre più spesso quanto mai potrà durare il paradiso. Fino a quando cioè l’acqua del mare sarà fonte di pura gioia per gli umani e per gli animali che la popolano. E la spiaggia, una spiaggia ancora bianca e fine su cui poggio i piedi ora, continuerà a lungo a essere così?
Se mi guardo intorno fortunatamente non vedo i residui del passaggio dei turisti cialtroni come accade ormai troppo spesso in molte località marine. Niente plastica, vetro o le porcherie varie che altrove stanno contaminando il nostro mondo. Penso che ai nostri figli e ai figli dei figli lasceremo in eredità un mondo adulterato e molti problemi da risolvere. Questo pensiero mi mette tristezza. A meno che non riusciamo a cambiare le cose, a invertire la malefica tendenza dettata dalle regole del consumismo. Stamani, in questo paradiso, dopo averci pensato a lungo ho finalmente deciso di scrivere un libro. Un libro, questo libro che forse risulterà il prodotto ibrido di una persona che fa prove, che sperimenta, che però ha l’ardire di raccontare, di narrare ad altri le storie che da tempo racconta solo a se stesso. Guardo il cielo, la bellezza del mare, l’aria serena. Poi guardo dentro me. Vedo i grovigli che non chiedono che di essere sciolti. Proverò, in tutta umiltà.
Mi viene spontaneo pensare che i nostri antenati ci hanno lasciato un mondo ben diverso da questo in cui stiamo ogni giorno sempre più precipitando. Ma che può mai essere successo di così grave in questo ultimo scorcio di secolo? Mi basta ricordarmi ragazzo. Ben diversa da quella di ora era l'educazione impartita dai genitori a me e a tutti i figli del mio tempo. Diversa, non dico migliore, ma forse più solida, più dura e infine più semplice nella sua essenzialità. Due vie precise da seguire: il bene e il male. Che altro c’era da spiegare? Scegli ragazzo! Ora tocca te.
Poi abbiamo cominciato a dare soverchia importanza al denaro. Eccessiva. Il denaro come presenza esisteva anche quando ero ragazzo. Esisteva nelle nostre vite ma era legato al lavoro, spesso manuale, frutto di fatica, di sudore, di sforzo ma anche di intelligenza. Due sempre le strade da intraprendere, la corta, la lunga, la difficile, la ardua. Che altro? Oggi il denaro è il signore della nostra vita. Lo chiamiamo dio. Dio denaro. Burattinaio delle nostre vite. Ovunque nel mondo, dai quartieri più poveri di Calcutta ai grattacieli di Park Side. Si chiama globalizzazione quella cosa che all’inizio era solo una parola nuova, inesistente sul vocabolario. Poi, con l’uso costante di chi racconta le nuove storie, è stata salutata con gioia. Tutto a tutti in tutto il mondo. Il mondo, dicono sia divenuto un villaggio globale in cui gli uomini di ogni razza e cultura possono finalmente comunicare con facilità, senza più barriere. Il mondo come un paesone colla sua grande piazza dove ci si incontra la sera dopo il lavoro e felici si chiacchiera del più e del meno. Così accadeva nel mio paese d’origine. Ma che bello! Vane speranze. Al contrario dalle aspettative, le diseguaglianze sono invece aumentate così come i desideri di possesso di oggetti e di status imposti da altri. Ecco che i grandi scalini sociali si fanno più alti, ai pochi ricchissimi si contrappongono i molti poverissimi cui devono la loro ricchezza ripagati ingiustamente spesso solo con panem et circenses. Crescono intanto gli emigranti del bisogno, delle guerre, delle catastrofi ambientali. Insieme all’insofferenza di chi vede mettere in dubbio un sistema di vita che reputava intangibile. Mi guardo intorno e penso a dove ci porterà questo squilibrio i cui segni sono sempre più evidenti nella natura come nei rapporti tra gli esseri umani. Eppure c’è qualcuno che mostra un desiderio almeno all’apparenza genuino di voler invertire il corso precipitoso che hanno preso le cose. Si tratta di donchisciotteschi personaggi lasciati correre liberi verso immaginari giganti affinché vadano a sbattere il muso tra le pale di reali mulini a vento per il gusto maligno poi di prendersi gioco di loro o personalità capaci di orientare davvero i gusti e le decisioni di maggioranze più consapevoli? Chissà. Quel che oggi a mio parere è manchevole è un'educazione di base, prima di tutto famigliare e subito dopo scolastica. Abbiamo un disperato bisogno di cultura, di essere consapevoli di che cosa è bello e utile rigettando quello che non lo è. Quando ero giovane io avevo degli ideali. Mi sentivo convinto di riuscire a cambiare sistemi di vita che disapprovavo ritenendoli ingiusti. Per questo insieme ad altri che condividevano il mio pensiero sono andato in piazza a protestare, ho partecipato alle riunioni, ho gridato quando c’era da gridare, ho scioperato per i diritti miei e degli altri, ho urlato la mia rabbia. Con il passare degli anni e il diminuire delle forze è subentrata la calma. Non mi sono però mai arreso anche se alla mia età mi rendo conto di non aver ottenuto quello che prima ritenevo di facile riuscita. Sono deluso? Forse. Però ho lottato per qualcosa in cui credevo. Quanti giovani di oggi possono dire di avere degli ideali? Quali che siano i risultati posso affermare di aver portato il mio piccolo granello di sabbia nel grande deserto. Questo pensiero mi conforta, mi fa sentire in qualche modo a posto con la coscienza. Ci ho provato e se ho sbagliato l’ho fatto in buona fede. Non ho mai cercato la via più breve per raggiungere la mia meta. Non ho calpestato il legittimo diritto di nessuno. Non ho dato al denaro un’importanza superiore a quella che ha. Le strade mostratemi a suo tempo da mio padre e mia madre mi sono sempre presenti. Ho sempre voluto e vorrò sempre coricarmi la sera sereno, tranquillo, convinto di aver dato il massimo di quello che potevo fare. Il mio riposo deve essere privo degli incubi o dei fantasmi che certamente turbano le anime di chi ha compiuto dei misfatti. Sono un uomo di speranza. Spero che quello che è marcio venga prima o poi a galla e che il giusto prevalga sull’ingiusto. Dove risiede il male se non in quei pochi che occupano i centri di potere che consentono di gestire a loro piacimento le cose con grandi benefici? Il potere si misura non solo in base alle quantità di denaro accumulate, il lusso, l’esibizione della forza ma soprattutto nella capacità di manovrare i bisogni della gente, di guidare le scelte dei singoli semplicemente trattandoli come massa anziché come individui. Per un lungo periodo della mia vita mi sono tenuto alla larga dalla Chiesa.
I miei genitori mi hanno trasmesso un’educazione tradizionale, cattolica, eppure a un certo momento nella foga della ribellione, ho abbandonato tutto. La fede che avevo si è eclissata. Almeno lo credevo. Ho cominciato a pensare alla Chiesa non come a un centro di vita spirituale, una guida, ma come uno dei tanti centri di potere, una base per dirottare assensi e dissensi. Potere e denaro. Ho incominciato a viaggiare per il mondo, a conoscere religioni diverse da quella in cui sono stato cresciuto. Nel confronto con altri popoli ho capito tante cose anche della mia religione. In molti seguono la parola del loro Dio, delle loro divinità, dei profeti, con comportamenti molto consoni agli insegnamenti che hanno ricevuto. Queste persone godono di tutto il mio rispetto a prescindere dalla religione che professano. Per me non ha importanza il nome con cui definiscono il Dio in cui credono se i loro comportamenti sono ispirati dal rispetto per la vita in generale e non per la sopraffazione. Ho incontrato sulla mia strada buoni cristiani e cattivi cristiani esattamente come buoni e cattivi buddisti, musulmani e via dicendo. Il mio allontanamento dalla Chiesa non era certo un rifiuto di Dio quanto dei suoi portavoce che erano i primi a non rispettare quello che pretendevano dagli altri con alterigia. Talvolta provavo come un senso di vergogna dichiararmi appartenente a un’istituzione che si era macchiata di scandalosi comportamenti, senza rendersi conto che in questo modo andava perdendo di credibilità agli occhi dei fedeli. Esattamente com’era capitato a me. Fortunatamente oggi posso dire che la fede che avevo, piano piano sta riprendendo il suo posto nella mia anima e non perché non sono più il ragazzo ribelle