Il suono del lastrico
By Stan Rubin
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Giallo - racconto lungo (55 pagine) - Le indagini sulle morti misteriose di Howo Lake City sono a una svolta. Ma una ridda di personaggi bizzarri e una musica ipnotica porteranno Paul Niente e l’agente Qualunque a loro volta al suicidio?
Paul Niente e il suo agente Qualunque sono molto lontani dal risolvere il mistero dei suicidi in smoking e abito lungo di Howo Lake City, tra i quali si conta anche quello del fratello di Aaron Green, il commerciante di rettili che ha incaricato la Paul Niente Detective per provare che si sia trattato di un omicidio. Per dare una svolta alle indagini i due investigatori decidono di risalire la corrente che porta abitualmente i cadaveri in ghingheri sulla riva di un promontorio del lago poco oltre il centro abitato. L’attraversata dello specchio d’acqua nero darà sorprendenti frutti.
Inaspettati luoghi, nuovi, complicati – e per questo fortemente sospetti – personaggi entreranno in scena in un giuoco di sovrapposizioni, sostituzioni, comparse e scomparse che non renderà affatto semplice a Paul e Qual portare a termine l’indagine.
Un ingegnere del suono, ovvero l’uomo chiave che fu dietro al successo dei Black Abba; una discendente della tribù degli Appalquawi e la sua dama di compagnia, sorda ma sveglia, e quella musica ipnotica che ossessiona i due detective fin dal loro arrivo a Howo Lake City, udita la prima volta proprio nel negozio di animali dei Green, tutto sembra chiaro provenire oltre il lago. Come la risoluzione del mistero dei suicidi.
Andrea Nani, in arte Stan (Milano, 1967), grafico creativo e paroliere, disegna, inventa e gioca con i linguaggi da sempre. Laureato in Architettura al Politecnico di Milano è Marketing Art Director presso Mondadori Libri. Blogger dal 2004, scrive aforismi, gag, microscritti. Ha pubblicato due racconti nella collana Gialli Mondadori: Il parquet nudo (2008) e Boulevard Delacroix (2011). È stato tra gli autori di L’antitempo, rivista di satira, premio Satira di Forte dei Marmi 2013. Nel marzo 2015 è uscito sul numero 69 di Nuovi Argomenti (Mondadori) il suo racconto Rifiuti. Nel frattempo ha portato in scena i suoi testi comici nei panni di stand-up comedian. Paul Niente nasce sul blog Stanlaurel, ma le prime microstorie a fumetti, disegnate da Davide Caviglia, sono apparse sul numero 4 di L’antitempo. Il primo e unico numero a fumetti di Paul Niente. Falsipiani è stato autoprodotto, stampato nell’aprile 2014 e presentato per la prima volta al Comicon di Napoli ottenendo il successo della critica.
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Il suono del lastrico - Stan Rubin
Prologo
– Sai, Paul, c’era questo indiano Cheyenne o Walkytalky, non ricordo bene, che ascoltava i sentieri orecchio a terra e che, per meglio udire, amplificava ed equalizzava smanacciando sui sassi. E poi diceva: Sono in quindici: dodici uomini e tre donne, viaggiano su due carri trainati ciascuno da due cavalli. Tutti laureati. Due coppie di coniugi. Gli altri si conoscono appena. Uno è un cantante. È stato famoso ma non canta più da molto. Una è ostetrica. Una organizza festival. Due sono di Trieste. E. Un momento…
schiacciava ancora di più l’orecchio sulla strada sterrata, toccava, alzava i bassi, abbassava gli alti, strofinava il palmo delle mani sul terreno polveroso, spostava leggermente alcune pietre e: Uno è armato di bazooka.
– E come ci riusciva?
– Gli veniva facile, era un ingegnere del suolo.
I
Nella cittadina di Howo Lake City, Qual e io stavamo girando intorno alla nostra indagine senza venire a capo di niente. Il suicidio di Herbert Green rimaneva inspiegabile sia per quale potesse esserne il motivo, sia per le circostanze in cui era avvenuto, mentre il calo demografico della città lacustre si faceva sempre più palpabile e il tempo stringeva. Ormai di dominio pubblico, grazie all’insuperabile abilità di Filona Waller di scovare le notizie, la morìa locale e d’importazione, causa suicidio, stava assumendo dimensioni inaudite.
Ma accadde qualcos’altro di inspiegabile, l’improvviso ripensamento da parte di Mr Green riguardo alla fine innaturale del fratello Herbert. Fu proprio Aaron Green, infatti, a commissionarci l’incarico di provare quello che secondo lui non sarebbe stato nemmeno un suicidio ma nemmeno un incidente, bensì omicidio. Ma la mattina del secondo giorno Mr Green ci dette solo ventiquattr’ore per dimostrare il sospetto iniziale per cui fummo ingaggiati, dopodiché saremmo stati sollevati dall’incarico con buona pace del fratello e della moglie, Ory Green, da sempre in disaccordo, quasi ostile, o per lo meno sarcastica, verso l’ipotesi originaria del marito.
Sicché il pomeriggio del secondo giorno decidemmo di tornare sulla riva dei suicidi, là dove spiaggiavano come orche, ma questa volta cambiammo il punto di osservazione. Fa sempre bene vedere le cose da un altro punto di vista, fa sempre bene vedere i piani di Borg, la regione dell’inconscio conscio, le cui porte d’accesso e la strada per arrivarci si trova a soli cinque minuti a piedi e a est della propria milza.
La prima volta che lessi Aldox Mosley, lo psicoterapeuta tennista che scoprì i piani di Borg, ero a Peschiera Wahea, lavoravo a un caso di truffa ai danni di un certo Mr Tale, uno che non la finiva di raccontare aneddoti sulla sua vita di commerciante, fin dalla prima transazione all’età di quattro anni: un soldatino di piombo, un fuciliere dell’esercito francese, in cambio di un boiler elettrico da 80 litri. Non male. Ma tutta la sua scaltrezza di commerciante non l’aveva salvato da una stupida truffa che l’avrebbe ridotto sul lastrico e a pezzi se non fossi riuscito a risolvere la faccenda e recuperare il suo magazzino da sessantamila metri cubi di merce varia. L’aveva ceduto in cambio di un sifone di mogano che sarebbe dovuto appartenere a un re africano o belga, non era chiaro, ma secondo i truffatori aveva un valore inestimabile e un potere incommensurabile, capace di moltiplicare per enne qualsiasi importo in entrata e dividere per la stessa enne quello in uscita. Il sifone sarebbe stato la chiave della felicità perenne. Così diceva: per–enne. Ma che idiota. Insomma, durante le indagini, proprio nel magazzino trovai una copia dei Piani di Borg e fu grazie a quella lettura che recuperai tutti i sessantamila. E ancora a essa devo molte delle svolte investigative che per il mio lavoro si sono rivelate cruciali, risolutive, o almeno mi hanno avviato sulla strada della risoluzione.
Sicché, avendo dato un’occhiata ai piani di Borg, Qual e io prendemmo la via dell’acqua, noleggiammo un piccolo motoscafo e dal molo di Howo Lake City puntammo verso la doppia baia divisa dal promontorio.
– Hai notato, Qual?
– Cosa.
– La corrente.
Eravamo in mezzo al lago, avevo rallentato il motore fino quasi a fermarmi. Alla nostra sinistra, a una ventina di metri era ben visibile un gorgo, l’acqua nera si attorcigliava lenta su se stessa.
– Il lago gira, proprio come un LP, Qual.
– Dovrebbe regalarci qualche traccia allora. Maledetta pozza nera. Facci sentire le tracce! Facci vedere! Liquido vinile muto. Muto come un morto!
– Qual.
– Cosa.
– Guarda.
C’era qualcosa di sgargiante e senza forma che galleggiava di fronte a noi, stava trascinandosi verso la baia dei suicidi, la corrente aveva lambito il gorgo e l’avrebbe portata là dove arenavano i cadaveri in lungo.
– Avviciniamoci.
Ci avvicinammo, e tirammo in barca una giacca, un bolero fuxia da donna, in fleximoplen e qualche altro materiale idrorepellente, dal taglio plastico, roba d’alta moda. Ricostruendo la rotta del relitto convenimmo che proveniva dalla sponda che si trovava sul lato opposto della doppia baia, e lì puntammo il nostro motoscafo, facendo bene attenzione al gorgo.
– Ma come vanno in giro vestiti da queste parti, Paul.
Approdammo sul fianco di un pontile, scendemmo dalla barca e arrivammo sulla strada,