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Fortune: Amori di tre ragazze impresentabili
Fortune: Amori di tre ragazze impresentabili
Fortune: Amori di tre ragazze impresentabili
Ebook314 pages4 hours

Fortune: Amori di tre ragazze impresentabili

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About this ebook

«Quindi è così. Si permette di citare Baudelaire» disse Fortune.
«Mi permetto».

La Stagione 1889 è iniziata e che cosa possono mai fare tre sorelle impresentabili nel grande melting pot londinese, attraversato da moti suffragisti e lotte di classe, affollato di slum dove la povertà è inaccettabile e percorso da avanguardie culturali, crocevia per uomini e donne di ogni cultura e religione, in cui nobili e plebei si trovano a condividere la stessa aria inquinata dal fumo di mille caminetti?
Be’, ma chiaramente vestirsi come meringhe e andarsi a inginocchiare davanti alla Regina!
La sorella maggiore, Rachel, per la verità si è già accasata, nientemeno che con un marchese, ma le due minori, Vera e Fortune, sono ancora a piede libero.
Fortune ad accasarsi non è poi molto interessata, anche se con la famiglia del suo tutore legale le frizioni sono continue. Quindi se la fila il più spesso possibile per coltivare amicizie diverse con le donne più rivoluzionarie in città. Un’occupazione non priva di rischi, dato che le manifestazioni di protesta spesso finiscono con l’arresto di tutti i partecipanti.
Sua cugina Laura non capisce proprio che cos’abbia in testa per mescolarsi con certa gente, quando tutti gli scapoli di Londra le girano attorno. Il problema è che nessuno tra gli scialbi figli dell’aristocrazia del regno costituisce una buona accoppiata intellettuale per Fortune... nessuno tranne uno: il sulfureo, scandaloso, donnaiolo impenitente, giocatore d’azzardo, scapestrato Lord Grey, terrore di ogni madre con una figlia in età da marito.
Ecco, con lui Fortune non si trova male. Peccato che anche solo farsi vedere in sua compagnia potrebbe distruggere la reputazione di tutte le ragazze della famiglia.
Che cosa potrebbe mai andare storto?

Unfit è una trilogia sulle disavventure di alcuni rispettabilissimi gentiluomini, che alla vita non chiederebbero altro che pace, tranquillità e le sacrosante gioie del patriarcato, vessati dalla mancanza di tatto di tre ragazze con il cervello pieno di sciocchezze, ambientata in un tempo migliore in cui gli uomini erano uomini e le donne erano piante da interno.
LanguageItaliano
PublisherMiss Black
Release dateJun 27, 2021
ISBN9791220819466
Fortune: Amori di tre ragazze impresentabili

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    Fortune - Miss Black

    Miss Black

    decoration

    UNFIT VOL.2: FORTUNE

    Amori di tre ragazze impresentabili

    © 2021 Miss Black

    copertina: Amanda Blake

    immagine 1

    UUID: 4eb83a84-3d75-45ef-91c5-0423ce74621f

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Indice dei contenuti

    LUOGHI & PERSONAGGI

    1.. Un pianeta teorico

    2.. Belle statuine

    3.. Pernici e fagiani

    4.. Inizio battuta

    5.. Logistica e improvvisazione

    6.. Il ballo

    7.. Affinità poetiche

    8.. Fuga dalla città

    9.. L’incidente

    10.. Ponderare e agire

    11.. Uno scandalo sfiorato...

    12.. ...E uno soffocato

    13.. Il mondo va avanti

    14.. Lettere da casa

    15.. Notizia bomba!

    16.. Tè a casa Northdall

    17.. Una proposta che non puoi rifiutare

    18.. Preparativi pratici e morali

    19.. Cartoline dalla cerimonia

    20.. Sera

    21.. Patti chiari, stanze buie

    22.. Un castello nel Kent

    23.. La resa dei conti

    EPILOGO

    Ringraziamenti & notazioni

    Miss Black

    Miss Black

    Unfit Vol. 2

    Amori di tre ragazze impresentabili

    Fortune

    immagine 1

    LUOGHI & PERSONAGGI

    House VASSEMER

    Residenza: Cranwell House, Kesteven, Lincolnshire

    Sir Henry Vassemer †: 60 anni, baronetto, astronomo della Royal Astronomical Society.

    Lady Clara Vassemer, née Harrington †: prima moglie di Sir Henry, morta a 27 anni

    Lady Marianne Vassemer, née Nemme †: seconda moglie di Sir Henry, morta a 52 anni

    Lady Rachel Acton, née Vassemer: 33 anni, primogenita di Sir Henry Vassemer e Lady Clara, attuale Marchesa di Northdall

    Vera Vassemer: 22 anni, figlia di Sir Henry e Lady Marianne

    Fortune Vassemer: 19 anni, figlia di Sir Henry e Lady Marianne

    House NORTHDALL

    Residenza principale: Aylsham Hall, Broadland, Norfolk

    Residenza londinese: Arlington Street

    Lord Julian Acton, settimo Marchese di Northdall, Barone Maltravers etc.: 41 anni, Pari del Regno

    Lady Ann Acton, Marchesa di Northdall †: moglie di Lord Northdall, morta sei anni fa a 32 anni

    Lady Rachel Acton, née Vassemer: 33 anni, primogenita di Sir Henry Vassemer e Lady Clara, attuale Marchesa di Northdall

    Lord Brian Acton, Barone Maltravers: 20 anni, primogenito di Lord Northdall

    Lord Charles Acton: 18 anni, secondogenito di Lord Northdall

    Mr. Dharya Kayal: 41 anni, maggiordomo, ex-compagno d’armi di Lord Northdall.

    Miss Amalia Quinton: 24 anni, cameriera personale di Rachel

    Matthew Brine: responsabile delle scuderie e trainer

    Pappy: amatissimo beagle di Lord Northdall

    House MURSTON

    Residenza principale: The Lodge, Brixworth, Daventry, Northamptonshire

    Residenza londinese: Grosvenor Square

    Lord Hugh Nemme, terzo Barone di Murston: 48 anni, fratello di Marianne Vassemer

    Lady Eloise Nemme, Baronessa di Murston: 42 anni, sua moglie

    On. miss Thomasine Nemme: 22 anni, primogenita del barone

    On. miss Cicely Nemme:18 anni, secondogenita del barone

    On. mr. Mark Nemme:15 anni, erede del barone

    Mr. Rees Argall: 32 anni, istitutore di Mark

    Mr. Thrall: maggiordomo

    Mrs. Pinnick: governante

    House NEMME

    Residenza principale: St. George Street, Hanover Square, Londra

    On. mr. Richard Nemme: 45 anni, fratello di Marianne

    Lady Mary Nemme, Viscontessa di Hadley: 40 anni, moglie di Richard Nemme

    On. mr. Stannard Nemme: 22 anni, figlio di Richard e Mary, futuro visconte

    On. miss Laura Nemme:18 anni, figlia di Richard e Mary

    ALTRI PERSONAGGI:

    Mr. Guy Haddock: 30 anni, industriale

    Lord Francis Landon, decimo Duca di Grey, Conte di Russy, Visconte di Notterhill: 24 anni, Pari del Regno

    Miss Rebecca Farley: 25 anni, insegna francese nella scuola privata dei suoi genitori, nel Norfolk

    Conte di Foster: 25 anni, eterno pretendente di Thomasine

    Lord Edward Beauchamp, Visconte di Beaumont: 22 anni, scapolo in cerca di moglie

    Lord Robert De Vere, Duca di Oxford: 30 anni, scapolo in cerca di moglie

    Lord Simon Roper-Curzon, Barone Teynham: 23 anni, scapolo in cerca di moglie

    Miss Perkins: 19 anni, figlia di un ricco importatore

    Miss Swinton: 18 anni, figlia di un cavaliere delle Lowlands scozzesi

    Contessa Marlon-Barrigton: anziana vedova animatrice della vita mondana londinese

    1.

    Un pianeta teorico

    Lord Northdall guardava attraverso l’oculare del grande telescopio da trentasei pollici installato di recente nella soffitta di Aylsham Hall.

    «Lo vedi?» gli chiese Rachel, in piedi dietro di lui.

    «Penso di sì. Sembra un piccolo disco azzurro».

    «Nettuno! L’ultimo pianeta del nostro sistema solare». Un attimo di pausa. «O così crediamo. La storia della sua scoperta è affascinante, vuoi ascoltarla?»

    Northdall emise un vago borbottio che avrebbe potuto significare certo, con piacere, come anche ti prego, sposta quella mano più in basso.

    Rachel recepì entrambe le richieste.

    Mentre Northdall cercava Nettuno nel cielo notturno, infatti, lei gli aveva slacciato lentamente i primi bottoni della camicia e aveva preso a sfiorargli con la punta delle dita la zona attorno al capezzolo sinistro.

    Se qualcuno fosse entrato in soffitta in quel momento, li avrebbe trovati entrambi molto carenti sul piano della comune decenza. Northdall indossava solo una camicia sulla pelle nuda e dei calzoni tenuti su da una singola bretella. Rachel era a tutti gli effetti in déshabillé; ossia aveva addosso soltanto una chemise di seta senza maniche, mutande al polpaccio dai bordi ricamati, corsetto e sottoveste dotata di crinolette a balze sul retro.

    Una tale impudicizia, per fortuna, era destinata a restare privata. Per prima cosa, la porta della soffitta era chiusa. Secondariamente, la servitù non si sarebbe mai permessa di disturbare il padrone mentre era da solo con sua moglie. Infine, tutti avevano paura del grande telescopio in soffitta, un macchinario costoso, fragile e dalla funzione incomprensibile che solo Lady Northdall poteva usare.

    E Lady Northdall lo stava appunto usando.

    Le sue dita scivolarono lungo il petto di suo marito, slacciando un altro bottone nella loro discesa verso il basso.

    «Be’, per cominciare, già Galileo l’aveva osservato, ma l’aveva scambiato per una stella, perché in quel periodo il moto apparente di Nettuno era eccezionalmente lento. Infatti, proprio quel giorno Nettuno aveva iniziato a percorrere il ramo retrogrado del suo moto apparente in cielo, un moto che non poteva essere individuato tramite gli strumenti primitivi di Galilei».

    Northdall emise un basso sospiro e la lasciò fare a modo suo.

    Rachel, in piedi dietro di lui, i seni a sfiorargli la schiena, gli baciò il lato del collo e si compiacque del brivido che ottenne in risposta.

    Con Julian avevano avuto un inizio lento, per usare un eufemismo, ma nell’ultimo periodo avevano raggiunto un livello di fiducia reciproca tale che Rachel si sentiva autorizzata a esplorarlo a piacimento.

    «Ma quando, nel 1821, Alexis Bouvard pubblicò il primo studio dei parametri orbitali di Urano... ossia il pianeta subito prima Nettuno, hai presente?»

    «Ho presente» confermò Northdall. Rachel constatò che la sua voce era arrochita dal desiderio.

    «Insomma, nel ‘21 gli astronomi si accorsero che il moto di Urano divergeva in maniera chiara dalle previsioni teoriche. Quale poteva essere il motivo?»

    «C’è un moto in corso anche adesso, amore. Ma ammetto che non si discosta dalle previsioni teoriche. Spero che possa interessarti lo stesso».

    Rachel gli baciò di nuovo il collo e gli fece scivolare la camicia giù da una spalla. Northdall non osservava più il cielo a quel punto, era chiaro, ma manteneva la finzione di scrutare Nettuno attraverso l’oculare del telescopio, forse solo per dar modo a Rachel di procedere come preferiva.

    Era una premura che lei apprezzava sempre, e che lui non mancava quasi mai di prestarle. Quasi, perché in fondo era un essere umano.

    «Due astronomi, Adams e Le Verrier, fecero dei calcoli ognuno per conto proprio e suppergiù nello stesso periodo, e suggerirono che il moto di Urano fosse dovuto a un pianeta ancora sconosciuto. Scrissero ai rispettivi osservatori... mi piace quando fai così».

    Northdall emise una risata un po’ ansimante. «Scrissero questo?»

    Lei continuò ad accarezzarlo giù in basso, stringendo attraverso i pantaloni la forma soda del suo desiderio.

    Da ragazza non avrebbe mai pensato, un giorno, di poter essere così audace. Ma non era più una ragazza ed erano successe tante cose. Poteva toccare suo marito senza la minima vergogna anche perché, si era scoperto, il pudore non ti protegge dalle sgradevolezze della vita.

    «Scrissero consigliando di puntare i loro telescopi in un certo punto, perché avrebbero osservato un nuovo pianeta. Ad Adams il suo osservatorio non credette, ma all’osservatorio di Berlino puntarono il telescopio nella direzione che Le Verrier consigliava loro e osservarono Nettuno per la prima volta. Sai qual è la cosa più incredibile?»

    «Non la definirei incredibile, amore, ma sta per succedere».

    Rachel si fermò.

    Tornò ad accarezzare il petto ampio e velato di peluria di Julian, riprese a baciargli le spalle.

    La soffitta che ospitava il telescopio era illuminata solo dalla luce delle stelle, c’era un buon odore di legno, di ottone lucidato e di Julian.

    Lui si voltò e le prese il viso tra le mani.

    La baciò piano, il naso che accarezzava il lato del suo naso.

    «Qual è la cosa più incredibile?»

    «Ti amo»

    Rachel sentì le sue labbra che si incurvavano in un sorriso. «Non è incredibile. So benissimo che mi ami».

    Lei sospirò, mentre le mani di Julian percorrevano con calma i suoi fianchi e le scendevano sulle cosce.

    «Per la prima volta sono stati i calcoli a dirci dove guardare, è questa la cosa sorprendente. Al contrario di tutti gli altri pianeti del sistema solare, Nettuno è invisibile a occhio nudo».

    «Un pianeta teorico».

    «Un pianeta teorico» confermò Rachel, stringendosi a lui.

    Northdall le fece risalire la sottoveste sulle cosce. Il suo mento le grattò la pelle del collo, mentre la baciava. Le sue dita si insinuarono nell’apertura delle mutande di Rachel e le sfiorarono i riccioli del sesso.

    Rachel si abbandonò.

    Si aggrappò alle sue spalle, si strinse a lui.

    Julian la toccò senza falsi pudori. La penetrò con le dita, facendola gemere sottovoce.

    Prima che il responsabile delle scuderie di Aylsham Hall abusasse di lei, Rachel non aveva mai pensato molto al sesso. Era convinta che fosse una necessità che non la riguardasse, ai turbamenti del proprio corpo non badava. Dopo... dopo aveva dedotto che fosse la cosa peggiore al mondo e si era ripromessa di non permettere più a nessuno di toccarla.

    Julian aveva rispettato la sua decisione.

    L’aveva rispettata per quanto umanamente possibile, perché Rachel non intendeva lasciarsi toccare, ma aveva toccato lui. Le piacevano il suo profilo aquilino, la sua figura snella e atletica, i suoi occhi del blu di certe porcellane mediorientali, del blu dei laghi d’estate.

    Era stato un processo lungo ed estenuante.

    Era stato un avvicinamento lento.

    La mano di Julian si strinse attorno a uno dei suoi seni e Rachel si rallegrò per l’ennesima volta di essersi avvicinata a lui e di essersi lasciata avvicinare.

    Si inginocchiò sul tappeto, lo tirò verso il basso.

    Julian la spinse dolcemente indietro, le salì sopra. Il fiato lasciò i polmoni di Rachel in un gemito soffocato quando lui le entrò dentro. Il corpo di Julian sul proprio, la sua bocca sulla bocca, il suo peso che le mozzava il respiro a ogni affondo.

    Amava quell’uomo. Lo amava fino al dolore.

    L’onda del loro amplesso salì fino a toccare il culmine. Affondo dopo affondo. Pulsazione dopo pulsazione. Gemito dopo gemito.

    Rachel si contrasse attorno a lui e si abbandonò al piacere.

    Fu in quel momento che sentì qualcosa di nuovo.

    Un movimento. Uno spigolo che cozzava al suo interno. Un... calcio?

    Lanciò un grido. No, non esattamente. Nel suo cervello fu un grido, un’esclamazione oltraggiata, ma nella realtà fu un vocalizzo debole, spaventato.

    Northdall ansimava sopra di lei, fermo, ma ancora al suo interno.

    «J-Julian...»

    Lui si alzò su un gomito. «Mi sposto. Un attimo».

    «No, non... credo che si sia... ancora! L’ha fatto ancora!»

    «Che cosa?»

    Nell’oscurità della stanza, non riusciva a vedere la sua espressione, ma sentiva il suo tono. Divertito. No, chiaramente Julian non capiva la gravità della questione.

    «Si è mosso».

    «Che cosa—

    «Sì è mosso. Lui, lei, che ne so! Mi ha tirato un calcio!»

    Julian rotolò da una parte. Le circondò la vita con un braccio, calmo e protettivo. «Lo fanno. È normale».

    Rachel si alzò su un gomito.

    «Lo so, non sono del tutto ignorante. Finora non era mai successo, tutto qua».

    Julian non disse nulla. Non le accarezzò la pancia, quella pancia strana e dura, diversa. Non l’aveva mai fatto, che Rachel ricordasse, e gliene era grata.

    «Vorrei che smettesse» disse, a voce così bassa che forse lui non riuscì a sentirla.

    Ma l’aveva sentita.

    «Lo capisco».

    «Finché non si muoveva... era un po’ come se non ci fosse». Si sollevò su un gomito. «Come Nettuno quand’era solo un calcolo, no? Ecco, di nuovo. Perché non sta fermo?»

    «Perché è vivo, suppongo».

    Rachel si sentì oppressa dall’enormità di quella consapevolezza.

    Sì, era vivo, lo sapeva. E, in senso stretto, era un bene che non le fosse morto dentro, per quante volte lei si fosse sorpresa ad augurarselo. Erano pensieri rivoltanti e cercava di scacciarli, ma mai abbastanza in fretta.

    Deglutì.

    Tanto valeva ammetterlo. «Non lo voglio» disse. «So che non è colpa sua e suppongo che non volerlo mi renda una persona mostruosa—

    «Neanch’io lo voglio» la interruppe Julian. Sospirò. «Sarò mostruoso anch’io».

    Non era quello che le aveva detto, all’inizio. All’inizio le aveva detto che il bambino era un’innocente e che si sarebbe preso cura di lui. Gli avrebbe dato il suo nome, l’avrebbe cresciuto come se fosse suo figlio.

    Almeno, ora, si era deciso a essere onesto.

    Le baciò il lato della fronte e le sospirò tra i capelli.

    «Va be’, in qualche modo faremo. Neppure mio padre mi ha mai amato e sono sopravvissuto lo stesso».

    Quel cinismo, invece di irritarla, la calmò.

    Si alzò a sedere e si tirò su le spalline della chemise.

    Il giorno dopo sarebbero partiti alla volta di Londra per l’inizio della Stagione. Sperava che gli impegni mondani, i balli e le frivolezze riuscissero a distrarla da quel figlio che non voleva e che non poteva amare.

    2.

    Belle statuine

    Fortune percorse a passi silenziosi il corridoio al secondo piano di casa Nemme in St. George Street, sicura che nessuno avrebbe fatto caso a lei. Erano quasi otto mesi che sgusciava via per fare le sue cose, ormai era un’esperta.

    A settembre dell’anno prima la casa in Lincolnshire della sua famiglia era crollata. Fisicamente crollata, insieme alla vita di Fortune. Suo padre era morto e, considerando che Fortune era già orfana di madre, sarebbe stato abbastanza brutto così. Ma Sir Henry non si era limitato a morire, aveva anche lasciato un testamento in cui affidava le sue tre figlie a tre diversi tutori.

    La più grande, Rachel, era stata spedita nella magione nel Norfolk di un marchese, che nell’arco di cinque mesi aveva finito per sposare. Non male per una che voleva restare zitella e dedicarsi all’astronomia.

    Il tutore della secondogenita, Vera, non era affascinante come Lord Northdall – ed era anche uno zio, il Barone di Murston. Vera aveva dovuto trasferirsi nella sua residenza nel Daventry, dove il passatempo più eccitante era guardar crescere le rose.

    La più piccola, Fortune, era finita con l’altro fratello della madre, l’onorevole mr. Nemme, che quantomeno abitava a Londra. Non c’erano altri punti a favore, visto che i Nemme di Londra erano noiosi, moralisti e superficiali quanto quelli del Daventry.

    In otto mesi, Fortune aveva imparato che, per sopravvivere, la cosa migliore era mimetizzarsi con loro. Come una zebra nella savana, le cui strisce verticali servono a confondersi nell’erba alta, Fortune aveva assunto una facciata noiosa e rispettabile. O almeno ci aveva provato.

    Perché la finzione funzionasse, tuttavia, aveva bisogno anche di uno spazio in cui essere se stessa. Neppure l’attrice più consumata può vivere sempre sotto i riflettori.

    Aveva iniziato a svignarsela, quando il resto della casa pensava fosse in camera sua a leggere. Non aveva mai avuto problemi e non ne prevedeva neppure quel giorno.

    Alla cena mancava più di un’ora, il sole non era ancora calato. Di sicuro, sua cugina Laura stava giocando a carte con sua madre, Lady Mary, o era in giro per negozi, alla frenetica ricerca dell’ultimo accessorio alla moda da sfoggiare durante la Stagione.

    Fortune aveva tutto il tempo di cambiarsi, ripulirsi e prepararsi per sedersi a tavola come se avesse passato il pomeriggio a casa.

    Nessuno sospettava che fosse uscita.

    Era in una botte di ferro.

    Circa un secondo più tardi, quest’ultimo assunto si rivelò disastrosamente errato.

    Silenziosa come un ragno, abbassò la maniglia della sua camera e... una voce acuta provenne dall’interno. «Fortune!»

    A Fortune quasi venne un colpo. Poco dopo, tuttavia, si rese conto che la voce stridula era solo quella di sua cugina Laura.

    «Ehm. Scusa se te lo chiedo, ma che cosa ci fai nella mia stan—

    «Dov’eri? Santa Brigida, ti rendi conto che stiamo per debuttare in società?» stridette Laura, interrompendola.

    Sua cugina non era la ragazza più sveglia in circolazione, ma questo Fortune avrebbe potuto perdonarglielo. Nessuno si era preoccupato di stimolare la sua mente, non era colpa sua. Aveva un faccino da topo e i capelli molto rossi, la voce gracchiante e il temperamento di una matrona cinquantenne ossessionata dalla rispettabilità. A diciott’anni, secondo Fortune, era un handicap notevole.

    «Che cosa c’entra il debutto?» chiese.

    Un’altra caratteristica di Laura era di ricondurre tutto all’importantissimo ingresso in società che l’attendeva quell’anno. Si era preparata alla sua prima Stagione come a una competizione atletica ed era decisa a fidanzarsi prima dell’estate. Tutto il contrario di Fortune.

    «Come fai a dire una cosa del genere? L’inchino alla regina è domani! Il giorno più importante delle nostre vite! Si può sapere dov’eri finita?»

    «Da un’amica» borbottò Fortune.

    Laura emise una risatina acida. «Sì, certo. Come se, il giorno prima del proprio debutto, una qualsiasi ragazza volesse correre il rischio di prendere un colpo di freddo. Stai vedendo qualcuno, è vero?»

    Fortune aggrottò la fronte.

    «Qualcuno?»

    «Santa Brigida, un ragazzo! Ti rendi conto che anche il contatto più innocente potrebbe distruggere la tua reputazione? E, cosa più grave, la mia?»

    «Che cosa c’entra la tua reputazione, ora?»

    Laura si piantò i pugni sui fianchi. «A volte mi sembri tonta. Se qualcuno mettesse in dubbio il tuo buon nome, anche il mio potrebbe risentirne. Come fai a essere così sconsiderata? Credi davvero che un gentiluomo sia disposto a sposare una ragazza che non si sia attenuta ai più alti standard morali?»

    Fortune si mise a ridere. «Sì». Laura sembrò offesa e sconvolta dalla sua risposta, così Fortune si affrettò ad aggiungere: «Ma non ho visto nessun ragazzo, te lo assicuro. Al tuo contrario, non ho fretta di cedere tutti i miei beni, i miei diritti e le mie libertà a un uomo. Sono stata a casa di Emmeline Pankhurst, in Russell Square».

    Come c’era da aspettarsi, Laura la fissò con sguardo bovino. Era chiaro che il nome Pankhurst non le diceva nulla, che fosse pronunciato in relazione a Emmeline – attivista per il suffragio femminile di fama internazionale – o a suo marito Richard – magistrato e sostenitore dei diritti civili.

    Fortune pensò di sfruttare l’ignoranza di Laura a suo favore. In fondo non c’era nulla di male.

    «Richard Pankhurst è un barrister [1] , ti dice nulla?»

    «Anche sua figlia debutta domani? Questa Emmeline?»

    Fortune non riuscì a reprimere una smorfia. «Emmeline è sua moglie».

    La conversazione stava diventando ridicola come tutte le conversazioni con Laura, anche se, in questo caso, i ragionamenti di sua cugina non erano del tutto privi di senso.

    Le figlie degli alti magistrati, dei medici e degli ufficiali delle forze armate erano le uniche giovani non-aristocratiche a poter debuttare davanti alla regina. Oh, e le borghesi abbastanza ricche da potersi pagare la presentazione di una nobildonna. Non erano poche, anche se Laura, senza dubbio, preferiva ignorarne l’esistenza.

    «Ascolta, la mia visita non ha nulla a che fare con il debutto di domani. Mi dispiace che tu ne sia tanto ossessionata, ma per me è un impegno come un altro. Al contrario, in questi giorni a casa di Emmeline è ospite Lydia Becker, l’editrice del Women’s Suffrage Journal, e volevo conoscerla».

    Non le disse quanto il Journal significasse per lei, era sicura che Laura non avrebbe capito.

    Fortune Vassemer aveva assorbito da sua madre, Lady Marianne Vassemer, la nozione rivoluzionaria che le donne avessero le stesse facoltà intellettive degli uomini. Era stata sua madre a farle leggere per la prima volta il Women’s Suffrage Journal di Lydia Becker e Jessie Boucheret.

    Specialmente, era stata sua madre a dimostrarle ogni giorno, con l’esempio, quanto le tesi del Women’s Suffrage Journal fossero corrette. Marianne era forte, spiritosa, affettuosa, colta, piena di idee e di passioni.

    Pur essendo la figlia del secondo Barone di Murston, non aveva mai avuto paura di rimboccarsi le maniche e darsi da fare. Aveva messo al mondo due figlie e aveva accolto nel suo cuore enorme anche Rachel, che era nata dal primo matrimonio di suo marito, Sir Henry.

    Non passava giorno senza che Fortune sentisse la sua mancanza, e portare avanti le sue idee, per lei, non era una scelta puramente intellettuale. Fortune credeva nei diritti delle donne come

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