Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Bukowski. Inediti di ordinaria follia - Vol. 8
Bukowski. Inediti di ordinaria follia - Vol. 8
Bukowski. Inediti di ordinaria follia - Vol. 8
Ebook383 pages5 hours

Bukowski. Inediti di ordinaria follia - Vol. 8

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Charles Bukowski è uno degli autori più conosciuti e apprezzati della letteratura statunitense del Novecento. E il più controverso. La sua ingente produzione, che comprende romanzi, racconti e poesie, si avvale dell’imprescindibile confronto con la vita, quella autentica che Bukowski ha realmente vissuto sulla propria pelle.
La miscellanea “Inediti di ordinaria follia – Vol. 8” comprende trenta poesie e altrettanti racconti. In ognuno dei testi l’autore ha raccontato la vita vera, fatta di sofferenza, di sospetti, di compromessi ma anche di gioia, di risate e di amore. E lo ha fatto attingendo alle proprie esperienze e sensazioni, incurante delle mode stilistiche ed editoriali.
La selezione è il risultato dell’ottava edizione del Premio Letterario Nazionale Bukowski.
LanguageItaliano
Release dateJun 20, 2021
ISBN9788832928976
Bukowski. Inediti di ordinaria follia - Vol. 8

Read more from Aa. Vv.

Related to Bukowski. Inediti di ordinaria follia - Vol. 8

Related ebooks

Anthologies For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for Bukowski. Inediti di ordinaria follia - Vol. 8

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Bukowski. Inediti di ordinaria follia - Vol. 8 - AA. VV.

    Prefazione

    Ogni edizione del premio Bukowski si porta dietro il suo carico di aspettative e di curiosità. La sensazione è simile a quella di aprire un baule dimenticato da tempo in soffitta e scoprire come ogni oggetto susciti un ricordo, un’emozione, una suggestione. Inutile negare, quest’anno c’era da parte nostra maggiore interesse per capire come l’esperienza del Covid-19 avesse influito sulla produzione delle opere in concorso. Se infatti l’edizione 2020 aveva avuto poco tempo per sedimentare e accogliere i turbamenti e le ispirazioni dovute al confronto/scontro con un tempo sospeso, eccezionale, una parentesi nuova nelle nostre vite, questa edizione, l’ottava, si presentava come quella ideale per riflettere su ciò che stiamo passando.

    Gli spunti non sono mancati. Così come la constatazione finale che, malgrado tutto, la letteratura, come la vita, va avanti. Alla fine il bilancio non è stato poi così diverso dagli altri: quando abbiamo ricevuto i manoscritti, ci siamo messi in cammino verso una destinazione ignota e, all’inizio, la paura è stata quella di perdersi, di non trovare le risorse per affrontare l’impresa. Ogni imprevisto, anche il più insignificante, ci spaventava. Di fronte a questo spaesamento, la soluzione è solo una: proseguire. Solo così tutto diventa naturale. Anche quando il percorso prende tracce imprevedibili e i consueti punti di riferimento si fanno mano a mano più labili e insignificanti. Andare avanti. Perché prima o poi la strada da qualche parte condurrà.

    Da questo percorso noi ne usciamo arricchiti, ancora una volta. Anche se i nostri giudizi non accontenteranno tutti e daranno adito a polemiche e recriminazioni. Ma questo, ahinoi, fa parte del gioco (a volte crudele) di un concorso. Da parte nostra resta comunque la consapevolezza di aver goduto a pieno il ruolo privilegiato. Che, badate bene, non è quello di esprimere un giudizio sulla metrica di una poesia, sulla potenza di un racconto, sulla linearità di un romanzo. È il privilegio di entrare in contatto con i vostri mondi, con le vostre idee. Riattivare i sensi, aprire il cuore e il cervello. Non è cosa di poco conto: a chi ci chiede perché dopo molti anni siamo ancora qua, in questa giuria, la risposta viene spontanea: perché il Premio Bukowski ci permette di osservare una porzione di mondo da vari punti di vista, ci consente di accogliere spunti e riflessioni. È un momento di confronto e di crescita, è un modo per stare insieme agli altri. Ecco, sta proprio qui l’energia di questo premio: in una fase storica in cui i corpi (e le menti) si sono dovuti per forza di cose allontanare, il premio Bukowski ci ha permesso di riattivare le connessioni e di riportare al centro delle nostre discussioni la letteratura.

    La Giuria

    (Simona Viciani, Rosa Galli Pellegrini, Michele Nardini)

    Classifica finale

    VIII ed. Premio Letterario Nazionale Bukowski

    Sezione Poesia inedita

    1. classificata: Anna Martinenghi - Fate conto di essere matti

    2. classificato: Simone Sagripanti - Si tratta di rimettere il sole in mezzo al cielo

    3. classificato: Sante Serra - Un giaciglio di fortuna

    Premio Speciale della Giuria: Manuela Melissano - Tutti i colori dell’arcobaleno

    Menzione Speciale: Erika Caser - Marzo 2020

    Lista finalisti pari merito (in ordine alfabetico):

    Silvia Alonso - Le cose che le suore non dicono

    Daniele Giovanni Baccaro - La ruota di ossa

    Marco Barbieri - Il terrore che semini

    Luca Benatti - Ch’io possa ancor intravedere l’alba

    Emilia Bezzo - Quaderni parigini

    Marco Bravini - A basket case

    Riccardo Carli Ballola - Dialogo

    Danilo Ceirani - Il buio nell’anima

    Andrea Creuso - La chiave del tempo

    Vittorio Di Ruocco - Il treno per Treblinka

    Rolando Greco - Route 395

    Paolo J Iraci - Mia mamma camminava a piedi nudi

    Elisabetta Liberatore - Elegia di un precario

    Venusia Marconi - Un bicchiere di vino

    Roberto Marsiglia - Anima, di cosa vuoi parlare?

    Eva Giulia Pederneschi - Last One

    Isabella Petrucci - Squallore

    Carlo Ricci - E se fossero nuvole

    Simona Salice - Nota violata

    Donatella Sarchini - Red carpet

    Silvia Sardini - Umano canto

    Chiara Trombetta - Tempi migliori

    Rubens Villarboito - Il poeta

    Annalisa Viola - Beffe del Fato

    Diego Zanoletti - Incubo #13

    Sezione Racconto inedito

    1. classificata: Elena Marrassini - Io e Berp

    2. classificato: Mattia Cecchini - La coscienza di zero

    3. classificato: Davide Sannia - Whisky&Proust

    Premio Speciale della Giuria: Piero Sesia - Dinamite

    Menzione Speciale: Marzia Astorino - Samuele

    Lista finalisti pari merito (in ordine alfabetico):

    Franco Amato - Il giorno del mio funerale

    Marco Angelini - Il motoscafo

    Stefania Bacci - Un po’ d’aria

    Andrea Barbuto - Quelli dell’autobus numero 30 (delle 15.45)

    Antonio Bini - In sala

    Stefano Camossi - Il grande Gaspi

    Carlo Castelli - L’amante degli addii

    Giancarlo Cotone - La casa nuova

    Ugo Criste - Pietra-sabbia-acqua-terra

    Deadlyluka - Incidente a Chiantown

    Fabiola Discianni - Lo stato embrionale

    Daniela Dose - Shaila

    Mario Eleno - Nerina

    Laura Figini - Inevitabilmente Covid 19: Di quanto non ci fosse bisogno che tutto si fermasse o forse sì

    Oliviero Lolo - Da una notte all’altra

    Alessandro Manzi - Storia d’amore in sei caffè (…non necessariamente in ordine cronologico)

    Gianmarco Marabini - Essere

    Enrico Nottoli - Maledetto De André

    Emanuele Rizzi - La festa dei pazzi

    Linda Rossi - La culla della vergogna

    Stefania Rotondo - Block ró ż a

    Gabriele Scelza - Lo scrittore anonimo

    Maria Luisa Stomeo - Nel nome del Padre

    Lino Tomei - L’incontro

    Alessandro Trinci - L’ultimo assalto

    Sezione Romanzo inedito

    1. classificato: Pierfrancesco Mastroberti - L’eredità di Gregor

    2. classificata: Elettra Iago - Etere

    3. classificato: Emilio Noaro - Memorie di polistirolo

    Premio Speciale della Giuria: Santo Triolo - Sudd

    Menzione Speciale: Luca Pellizzoni - Odio comandato

    Lista finalisti pari merito (in ordine alfabetico):

    Pier Luigi Nanni - Paradise Buffet e il dilemma d’amore

    Oriano Bertoloni - Lucertole nell’ombra

    Patrizia Bianco - L’incantato

    Annamaria Bonandrini - Nella sfera di cristallo

    Luca Bucciantini - La partigiana

    Stefano Ceccanti - Il Regno del silenzio

    Marco Ciaramella - Curzio… un investigatore in Valdera

    Giancarlo Cotone - Gabbiani sul Bosforo

    Riccardo Piero Dalle Luche - Confessioni di un portatore occasionale di tangenti

    Lucrezia Guaita Diani - La lista

    Luca Sinesi, João Avelar Lobato - Equatore - Un’avventura amazzonica del detective Alfonso Scardicchio

    Francesco La Tessa - Psorophora

    Giovanni Macrì - La mia strada

    Angela Mannini - Oltre lo specchio

    Donatella Minola - La pelle sotto la divisa

    Romano Nigiani - L’ora del Crepuscolo

    Marisa Piccioli - Il cobra fuma la pipa

    Sara Romanato - Opal

    Serena Salerno - Un altro me, un altro mondo

    Franco Sorba - Sapevo contare fino a cento

    Daniela Tani - Buona condotta

    Alessandra Tredicine - Resistente

    Dayla Villani - Punto e virgola

    Michele Visconti - Il ponte di ghiaccio

    Nicola Vitale - I pittori del lunedì

    Sezione Poesia

    Silvia Alonso

    Finalista Sezione Poesia

    Le cose che le suore non dicono

    Confessioni segrete di una Sorella

    Il mio sposo non ha la pancetta

    come gli uomini della sua incerta età,

    neppure si consola con l’amichetta

    quando gli dico: No caro, stasera non mi va.

    Con lui non cerco una scusa

    le volte che sono indisposta,

    non devo pensare alla spesa

    se per caso mi duole la testa.

    Lo incontro ogni momento in chiesa

    nell’intimità con la più fida panca

    non ho la certezza che ascolti

    ma almeno non mente,

    finte scuse non arranca.

    Il mio sposo non mi esige in cucina

    macchiata dalla lotta coi fornelli,

    piuttosto mi desidera candida,

    immacolata come la Venere del Botticelli.

    Non devo sedurlo ogni sera

    con la tortura delle collant velate,

    né acrobazie funamboliche inventare

    per render le mie forme più aggraziate.

    Le volte che il piatto langue

    non fingo falso stupore,

    né estasiato improvviso il godimento,

    quando è così forte il suo odore

    da fare quasi spavento.

    Dell’estetica non subisco l’assillo,

    ma tramuto la frusta in stordimento,

    come il più segreto e astuto gingillo,

    del piacere il prezioso strumento.

    Sembrava clausura forzata

    la mia unica strada per la libertà,

    invece ho scoperto la porta segreta

    dispensatrice di cosmica voluttà.

    Fare l’amore con la perfezione

    più incorruttibile dell’universo

    è mettere le ali alle preghiere

    fecondando in loro vece l’immenso.

    Sfuggo al deterioramento della relazione

    aspirando alla passione più assoluta:

    è pura sete di ribellione

    la nascosta voce del mio giuramento.

    Non temete, comunque:

    non credo nella redenzione.

    In questa assurda valle di lacrime

    lascio agli altri la breve menzogna,

    io mi tengo in eterno la gogna

    di un amato, infinito tormento.

    Daniele Giovanni Baccaro

    Finalista Sezione Poesia

    La ruota di ossa

    I monti nell’amara contemplazione assorti

    bisbigliano all’animo fresco di temporale

    i terrori serpeggianti delle nere nubi, complici

    del rivelare pianti sopiti dinanzi al trono luminoso

    della natura su letto di morte distesa, un tessuto

    d’ossa fredde di sterno marmoreo ed eviscerato,

    dinanzi a tale trono, intagliato dalla sorte in un sego

    pronto a morire sotto il pianto di Dio paralitico.

    Di che saranno i pioppi orfani a somiglianza?

    scarnificati e ciechi, le loro mani alla marea

    offrono doni cinerei, blasfemie e un avvenire

    prezioso come sogni di zolfo egregio e palpitante;

    a destare vene sgombre l’odore del lutto,

    di lei che piange un sepolcro mansueto,

    cui ogni putrefazione sarebbe assai più lieve,

    ma non l’unica creatura che conobbe il suo ventre.

    Il paradiso! Sgorghino i sangui dal cranio di Abele

    e bacino, se possono, il capo nudo della madre,

    oserebbero violare la virtù che nulla parla,

    oserebbe lo spirito disconoscer questa legge?

    La donna non mai piegherà lo strazio crudo

    all’idiota che la croce vorrebbe credere reale,

    né sapranno pagine di legno vecchio consolarla

    trapelate dai sorrisi d’un giullare della Mente.

    Sanerai forse tu col tuo spago lanoso una piaga

    vista quasi per errore sul saper di gioventù,

    un sapere sconosciuto, solo noto a chi lo visse

    una mole di dolore, roccia fusa e dannazione?

    Lei è silente, nei tuoi occhi scaglia i suoi anatemi

    e si rifugia nelle albe ove il figlio giubilava,

    e da memorie fresche si lascia pur bruciare,

    da quei baci di sangue dati al corpo già di cera.

    Appeso alla serpe di iuta da lui stesso congiunta,

    lo scalpitio del Perché, chi potrà mai conquistarlo?

    prigioniero del respiro, del canto delle stagioni

    ne comprese uno stridio e non volle altro avvenire.

    E questo lei trovò, malefico incanto di occhi socchiusi

    due vite già fuggite, ma un sangue solo ancor bollente:

    l’orrore tutto umano; e la fontana d’affezione

    alla follia dovette cedere ogni landa del suo cuore.

    La gola della madre è un vulcano calcificato,

    e poi, subito, dalla sua anima cola viscido un inferno;

    le lacrime, gradini di una scala incandescente

    per giungere fino al volto giovane e sbiancato

    dalla Morte che le sue sacre labbra sfavillanti

    ha poggiato su vent’anni pregni di inerzia brulicante;

    ma forse che ciò potrà mai spegnere il dolore

    della donna cui carne glaciale fu figlio -e vero sorriso?

    Dove trova ella conforto? A nulla vale la bottiglia,

    non scorda il gusto amaro del cuore di Gesù

    masticato nelle diaboliche abluzioni della vigna.

    Ella tutto ha in odio, nutre il cancro del suo orrore.

    Quale essere partecipa della tua maledizione?

    quale senso della tua Passione sarà la ghigliottina?

    e quando il rotolare atroce di un vivere perduto

    si congelerà nell’ermetico abbraccio della fossa?

    Non saprà quel coltello scavare fino alla ragione,

    non placherà il demonio della colpa a nome assenza.

    È assente quanto il giallore dalle morti più pensose

    ma rinasce a ogni alba per l’abisso dell’attesa.

    Marco Barbieri

    Finalista Sezione Poesia

    Il terrore che semini

    Nata da gocce innocenti

    di nuvole senza colore,

    spalanchi le porte

    del disumano abbandono

    e percorri strade pulite

    come sale operatorie sterili.

    Ammantata di sangue in vapore

    ti diverti a soffocare

    con la cieca nebbia nera

    chiunque tenti di dipingerti

    con il vero volto scuro del nemico.

    Osservi le anime cadere

    in precipizi affilati di accuse

    e disprezzi i corpi spezzati

    che si dibattono ancor prima di toccare terra,

    ma resti immobile

    con il volto anonimo di chi non è tra loro.

    Non esiste scudo così astuto

    che ripari dai tuoi dardi acuminati e invisibili.

    Se fossi odio

    moriresti d’amore,

    ma sei l’indifferenza

    e l’unico modo per respingerti

    è ricordare a tutti

    il terrore che semini.

    Luca Benatti

    Finalista Sezione Poesia

    Ch’io possa ancor intravedere l’alba

    Ho perso la voglia di rimanere in piedi,

    cieche memorie

    si intarsiano di parole.

    Ingabbiati orli succinti

    sono ombre di velate offese,

    ho perso lieti parole

    che verdeggiavano su crinali d’alba

    portandomi tramonti incantati.

    Che d’io possa ancor

    intravedere i tuoi occhi

    in questi angusti angoli oscuri

    nei tessuti portati a bocca,

    nelle tetre dimore del tuo io

    or portami luce

    abbandona quell’oscura vanità

    e inonda di pieno sole

    gli angoli oscuri della mia mente.

    Ch’io possa graziar le tue membra

    al color fugace,

    di te che porgi la mia velata tristezza;

    ho arso tra pieghe infauste

    di questo inquieto mio vagare.

    Regna mia soave scrivente

    tu, sì tu, ancora tu,

    a infliggere questo mio tormento

    solchi di muri divisori

    che porgano le tue assenze.

    No! No, che esso sia

    la fine del mio canto

    nelle tue mani.

    Emilia Bezzo

    Finalista Sezione Poesia

    Quaderni parigini

    III

    Si condensano lì,

    nel muretto scrostato

    di un vicolo cieco

    le sofferenze umide di una

    moltitudine grigiastra.

    Attiri la nebbia, confondi i passanti,

    o Lutezia perduta,

    cola il sangue dai tuoi viali

    morenti

    curi col gelo le ferite

    putrescenti,

    e noi convalescenti

    ad attendere inermi il tuo verbo materno.

    Nulla.

    E camminiamo su ponti e cadiamo stremati

    gli occhi insanguinati

    rossi incandescenti

    vittime di convulsioni irrigidite.

    Nulla.

    Avanziamo senza gambe

    tra cimiteri senza tombe:

    la Senna ci chiama, la meta è vicina.

    Marco Bravini

    Finalista Sezione Poesia

    A basket case

    Incastrato

    bloccato

    senza aria

    chiuso, rannicchiato

    stretto su me stesso

    per dare meno fastidio possibile

    per occupare meno spazio possibile

    su questo mondo

    e poi di colpo

    le pareti si stringono

    non posso più muovermi

    allungare braccia e gambe

    i muscoli iniziano a dolere

    ogni cosa inizia a far male.

    Oramai sono abituato

    i miei pensieri

    le mie nevrosi

    mi hanno modellato

    nel fisico e nell’anima

    questo è quel che sono ora

    incastrato

    accartocciato su me stesso

    come una pallina di carta

    da buttar via.

    Riccardo Carli Ballola

    Finalista Sezione Poesia

    Dialogo

    Dentro di me c’è una vocina

    che ne intrattiene un’altra

    con cui discute -s’interroga parla-

    di mille cose sempre diverse,

    tornando spesso sulle stesse.

    Si consultano di volta in volta,

    quasi per appuntamento,

    nei momenti del giorno

    tra gesti e spazi soliti.

    Attimi come pozzi

    per risposte importanti

    nel silenzio che io ascolto

    come se non ci fossi.

    Attimi e ombre dell’abisso

    che mi stringono il cuore,

    che zitto zitto ascolta

    quasi senza battere,

    perché il dialogo

    non cessi mai.

    Erika Caser

    Menzione Speciale Sezione Poesia

    Marzo 2020

    Ho salutato un nuovo mondo,

    dalla finestra di casa mia.

    La paura, sconosciuta sensazione di impotenza.

    Un odore strano quel giorno di marzo

    riempiva l’aria che annunciava la morte.

    Il suono squillante delle ambulanze riempiva le strade.

    Quel giorno

    vidi una nuova alba.

    Ero come un uccello senza piume.

    Incapace di volare!

    La mente che viaggiava, sconfinando la realtà.

    La voglia di scappare in un posto sicuro.

    Un nemico silenzioso era giunto portandosi via i sogni.

    Un nemico affamato di anime era entrato nelle nostre vite.

    Un urlo verso quel cielo,

    che quel giorno di primavera

    aveva deciso di tingersi di un azzurro come mai aveva fatto prima.

    Ho pianto,

    ho chiesto scusa al mondo, dalla mia prigione di cemento.

    Ho chiesto perdono per non averlo amato prima.

    Danilo Ceirani

    Finalista Sezione Poesia

    Il buio nell’anima

    Scrivere per liberare l’anima,

    unico modo per non dover soffrire.

    Il male di vivere, circonda, attanaglia,

    ogni istante della vita.

    Opprimono le catene dell’indifferenza,

    ombre oscure fanno compagnia.

    Camminare in luoghi in preda alla follia,

    inciampare, cadere, senza potersi rialzare.

    Pensieri trasandati,

    in cerca di risposte,

    annaspano nel vino,

    di nuovo stracciati i fogli del destino.

    Sei Sisifo o Amore?

    Costretto alla perenne fatica

    o consumato dal dolore.

    Cercare la luce nel tormento,

    accanto al baratro,

    silenzioso attende,

    l’ultimo balzo

    nell’oblio delle tenebre.

    Andrea Creuso

    Finalista Sezione Poesia

    La chiave del tempo

    Il silenzio è la chiave

    che il tempo concede

    per entrare nel suo limbo

    in punta di piedi

    ripercorro gli attimi andati

    più volte e più volte

    osservo e riascolto

    per capire, imparare

    percepisco i profumi

    riecheggiano i suoni

    riavvolgo tutto veloce in fretta

    oppure stendo i minuti

    dilatati in sconfinata lentezza

    forse per fissarne l’immane bellezza

    posso uscire e rientrare

    e continuare a viaggiare

    il silenzio è la chiave

    che il tempo concede

    Vittorio Di Ruocco

    Finalista Sezione Poesia

    Il treno per Treblinka

    Dedicata ai martiri di Treblinka

    Strappati come piante dalla terra

    seimila o forse più lungo il binario

    che porta fino al fondo dell’inferno,

    né semi né radici da salvare.

    Il treno della morte corre lento

    tra gli alti pini bianchi per il gelo

    nel livido lucore dell’aurora

    nell’infinita notte della vita.

    Le anime aggrappate alla speranza

    trattengono le schegge di paura

    con trame di incosciente leggerezza

    con nuvole dipinte di preghiera.

    Stipati nei vagoni sigillati

    dal lugubre mantello del terrore

    senza più indizi sulla loro sorte

    ricolmano col miele del ricordo

    quell’orrido scavato nel presente.

    Qualche sorriso misericordioso

    compensa lunghi e disperati pianti

    di fronte alla certezza della fine

    nel gelo dell’inverno di Treblinka.

    Oltre il filo spinato va il pensiero

    ai sogni calpestati con il fuoco,

    a un nefasto giorno di settembre,

    ai demoni alemanni che a migliaia

    fecero scempio della libertà,

    quando brillava il sole per le strade

    già nude e indifese di Varsavia.

    Adesso in questo sordido burrato

    di sofferenza e pena senza fine

    le bestie armate dal sembiante umano

    straziano i corpi senza una ragione

    tra deliranti risa di follia.

    Poi l’orgia delle fiamme a cancellare

    le tracce dell’ignobile mattanza

    l’orrore della turpe verità

    che morta nella cenere rovente

    risorge nel trionfo del ricordo

    nel tragico sgomento del ritorno

    quando il passato sembra già annegare

    nel cielo terso e azzurro dell’oblio.

    Martiri di Treblinka voi vivrete

    nel pianto eterno dei puri di cuore

    nella vendetta fatta di perdono

    nei templi intatti della libertà.

    Rolando Greco

    Finalista Sezione Poesia

    Route 395

    Mammoth Lakes, CA

    Ci eravamo incontrati per caso

    nel cuore nero della notte

    in California, facevano rumore

    le nostre anime sedute

    in disparte sullo sgabello rosso

    di un fast food, a smaltire

    la sbornia a forza di sbadigli

    e lacrime e bibite sgasate.

    Era appena cominciata l’estate.

    Non c’era molto da fare

    se non guardarsi attorno

    e desiderare, in qualche modo,

    di non essere mai nati.

    Eravamo ubriachi di idee,

    eravamo spiriti illuminati

    dal sole di altre terre,

    non ci bastavano la strada

    la religione e la sbrigativa mondatura

    delle guerre, vedevamo

    nella nostra stessa presenza nel mondo

    una ragione per non affogare.

    Ma c’era l’asfalto, al di là

    della notte, c’erano graffiti

    a forma di croce sulle pareti dei night club

    e c’erano residui di uomini

    che oltre l’oceano si erano

    sentiti chiamare soldati, troppo

    imbrattati di sangue e ricordi,

    troppo affamati di effimere glorie

    per meritare il conforto sbiadito

    di un tetto. E allora non restava

    che partire, o premere il grilletto.

    Noi eravamo partiti, altri

    vagavano ancora in cerca dell’ultimo

    comandamento inciso sul libretto

    delle omelie.

    C’ero io, al volante, davanti a me

    solo querce e un torrente d’asfalto,

    sul sedile di fianco

    Natalie e una bottiglia di scotch

    doppio malto -vuota

    come il cielo all’orizzonte.

    Correvamo perché,

    quando una fiamma divampa

    nella foresta dello spirito

    e si trasforma in incendio

    non si può camminare

    o restare a guardare,

    l’unica nostra meta era

    la luna che avevamo di fronte,

    l’unico pensiero

    che ci frullava per la testa:

    a cosa serve uno stipendio

    quando il tuo cuore brucia

    nel fuoco?

    Non era un gioco, ma non era

    neanche il retrogusto di caffè

    sepolto nell’alito di un lunedì mattina,

    non era la rivoluzione armata

    di un popolo, ma neanche

    cieca obbedienza alla tirannia

    di una società senza volto.

    Non c’era molto da fare

    se non guardarsi attorno

    e desiderare, in qualche modo,

    che la strada potesse non finire.

    Avevamo perso tutto, ma solo così si perde

    la paura di morire.

    Non ci eravamo lasciati rimpianti

    alle spalle, davanti a noi

    solo terra bruciata e deserti.

    Però pensate a quegli istanti

    in cui, sotto un cornicione immenso

    di tenebra, solo le stelle

    potevano vedere i nostri corpi incerti

    rimanere nudi come due pianeti

    e scomparire in un abbraccio

    nelle acque bollenti dei crateri

    di Wild Willy, solo le alghe imprigionate

    tra le rocce al fondo

    potevano sentire l’eco

    delle nostre parole trasformarsi

    in bolle di sapone.

    Pensate a due anime fredde

    e nude che si sciolgono

    nella sorgente nera del mondo,

    solo le stelle e il silenzio

    dei campi a vegliare,

    due spiriti persi nella notte

    che si ritrovano

    facendo l’amore.

    Paolo J Iraci

    Finalista Sezione Poesia

    Mia mamma camminava a piedi nudi

    Mia mamma camminava a piedi nudi,

    la scuola era chiusa,

    e il cucinare era sollievo.

    Laggiù lungo quella via si moriva,

    di stenti e dimenticanze,

    la vita aveva un odore

    di taralli al limone.

    E quel sapore che viaggiava,

    nella mia memoria entrava,

    accendeva una stanza buia,

    fin a trovare casa.

    Carretti siciliani,

    che valevano più dei sogni,

    e il gusto del pane

    s’era dimenticato.

    La camminata pian piano s’era calzata,

    ma non v’era più quel bisogno.

    E non dimenticai mai

    quei piedi nudi,

    e il giocare sotto gli affreschi

    del vecchio gelso.

    Quei piedi nudi rimasero gelidi,

    e il mio cuore,

    non seppe andare via

    lungo le strade,

    che non portavano alla vita,

    quei ricordi del cuore,

    rimasero come

    il sapore dei Taralli.

    Elisabetta Liberatore

    Finalista Sezione Poesia

    Elegia di un precario

    Cambierà questa brulla incertezza

    da funambolo, madre,

    il commiato senza suono

    e il tuo saluto muto sulla soglia.

    Cambierà il mio futuro

    sospeso come un fiato

    su un tempo mai giunto,

    la rata di un debito inesauribile,

    l’ingordigia vestita di regole.

    Cambierà il conteggio

    di un prodotto lordo d’ansia

    cucito sull’anima

    e la favola bella del merito,

    la grigia sembianza di una chimera.

    Finirà la misura sgranata

    di questa bilancia guasta

    che esonda numeri come

    lame affilate su vite prescritte.

    Finirà il brivido del mio esilio

    l’ondeggio indegno

    di questo imbroglio e

    il mio tassametro saturo d’inverni.

    Finirà l’infame sostanza

    di questa maschera da precario,

    un marchio a fuoco e una sconcia ferita

    che gronda ingiustizia.

    Vedrà un nuovo giorno quest’alba scura,

    il mio sguardo opaco

    e questo treno grigio

    diretto oltre il confine.

    Venusia Marconi

    Finalista Sezione Poesia

    Un bicchiere di vino

    Un bicchiere di vino

    per disinfettare le ferite

    di una notte insonne

    e guardare allo specchio

    le macerie di un volto

    conosciuto e nuovo.

    Un bicchiere di vino

    per ogni sogno lasciato

    a un angolo patologico

    e ogni fiore incastrato

    dentro un cielo viscoso

    che chiede perdono.

    Un bicchiere di vino.

    Ancora.

    E la smorfia diventa sorriso.

    E il sapore delle lacrime

    un ironico amante.

    Roberto Marsiglia

    Finalista Sezione Poesia

    Anima, di cosa vuoi parlare?

    In fila indiana a timbrare il cartellino,

    2800 saldature e i dorsi delle mani bruciati,

    l’auto attende al solito parcheggio.

    Anima, di cosa vuoi parlare?

    Son troppo stanco e spaventato

    per scrivere una poesia.

    Idee frenetiche e confuse

    volteggiano nella mia testa,

    cercano una forma di creta,

    dei confini corporei ove esprimersi.

    Vorrei che tacesse l’eco che mi tormenta

    e nutre la notte d’un fuoco perenne;

    è meglio essere già morti che morire lentamente

    con l’etica del lavoro che consuma l’anima,

    il cibo spazzatura e la boxe in tv.

    I pugili dimostrano orgoglio e coraggio.

    Da quanto tempo ho smesso di lottare?

    Continuo a esibirmi dentro un circo

    anche se gli unici spettatori sono i topi.

    Bisogna lottare per un briciolo di dignità,

    provo pena per il me stesso omologato

    mentre l’altro me stesso sbraita, con una birra in mano,

    pretendendo i suoi diritti di libertà.

    L’omologazione è la rovina dell’uomo,

    è come una serie di formiche addomesticate

    che cercano di sopravvivere guardando il cellulare,

    è come un lurido verme solitario

    che ti divora dall’interno senza ucciderti,

    è una fottuta replica di un sordido spettacolo

    che finisce sempre nel medesimo modo: con la tua morte.

    Anna Martinenghi

    1. classificata Sezione Poesia

    Fate conto di essere matti

    Lasciate una poesia sospesa

    un avanzo d’anima

    una gioia involontaria

    una cosa piccola

    ben fatta

    Fate conto di essere matti

    sbattete contro gli arcobaleni

    date valore ai giochi nei cortili

    alla gentilezza che non finisce sui giornali

    adeguarsi al male

    al brutto

    all’iniquità

    è associazione a delinquere

    Rompete i coglioni al mondo

    nei giorni bui

    esigete la luce come diritto

    e quando siete nel sole

    non dimenticate

    che serve a fare le ombre

    Manuela Melissano

    Premio Speciale Sezione Poesia

    Tutti i colori dell’arcobaleno

    Se io fossi verde,

    nata verde in questo mondo,

    buccia di acino d’uva dalla polpa succosa,

    rara, intensa, preziosa come pietra smeraldo,

    chioma di quercia antica che protegge le tue fragilità,

    tu l’azzurro ameresti.

    Soffocheresti i miei desideri nelle dense nuvole del cielo,

    affogheresti il nostro amore nell’acqua cristallina degli oceani,

    poseresti il tuo sguardo negli occhi cerulei di un’altra donna.

    Se io fossi rossa,

    nata rossa in questo mondo,

    fragola matura, sensuale, carnosa,

    tra le mani bocciolo delicato di rosa,

    preludio erotico di bacio sulla bocca,

    tu il giallo ameresti.

    Ti mostreresti aspro con me come succo di limone acerbo,

    bruceresti le mie certezze nella fiamma inarrestabile della gelosia,

    accecheresti nei raggi del sole la speranza dei nostri giorni futuri.

    Se io fossi bianca,

    nata bianca in questo mondo,

    bicchiere di latte caldo nel risveglio del mattino,

    lana morbida, pregiata, accogliente sul corpo,

    fiocco candido di neve nella magia dell’inverno,

    tu il nero ameresti.

    Vedova nera velenosa ad aspettarmi nella tela saresti,

    notte buia senza luna, priva di stelle, che divora i sogni,

    macabro vestito nero nel giorno del mio lutto.

    Se io fossi,

    fossi nata tutti i colori dell’arcobaleno,

    tu nessun colore ameresti.

    Eva Giulia Pederneschi

    Finalista Sezione Poesia

    Last One

    Nel nome di ciò che

    rinneghi

    tacerò ormai i tuoi sguardi

    finiti

    Ho camminato

    col tuo medesimo passo

    brevi miglia che sembravano

    incapaci di salvarsi

    di salvarci

    e di svanire

    Ho camminato

    con immutata devozione

    lunghe interminabili miglia

    inseguendo i tuoi passi

    risaputi e andati

    Ciò che resta sono

    distacchi sovrapposti

    e contingenze stordite

    da mesi colati

    come anestetici esausti

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1