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Il mio Guccini: «non è uno scherzo saper continuare»
Il mio Guccini: «non è uno scherzo saper continuare»
Il mio Guccini: «non è uno scherzo saper continuare»
Ebook115 pages1 hour

Il mio Guccini: «non è uno scherzo saper continuare»

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About this ebook

Il mio Guccini è un tributo a Francesco Guccini, descrive la sua figura attraverso l’esperienza di chi scrive. A metà strada tra memoria personale e saggio biografico, è il racconto emozionale delle opere musicali e letterarie del cantautore, arricchiato da link a filmati live.
Parla di lui per parlare di me, racconta come le sue canzoni abbiano accompagnato le varie fasi della mia vita. Occasioni, note a margine, commenti su uno dei personaggi più amati del nostro tempo, un esempio di coerenza che affascina almeno tre generazioni.
Non è uno scherzo sapere continuare, un verso di 100 Pennsylvania Ave, rappresenta bene il Guccini attuale che non si piange addosso, accetta serenamente la vecchiaia e continua a suscitare a interesse il pubblico.
La prima volta che ho ascoltato La locomotiva nel 1976, il servizio militare che ho prestato a Bologna nel 1978, quando cercavo la sua abitazione in Via Paolo Fabbri. Gli anni Ottanta e il mio viaggio americano, dieci anni dopo di lui, immaginando di incontrare la ragazza di Autogrill che mescolava birra chiara e Seven up. I Novanta, il nuovo millennio, la conclusione della sua carriera musicale e le tante cose ancora oggi da raccontare.
LanguageItaliano
Release dateJun 12, 2021
ISBN9791220813730
Il mio Guccini: «non è uno scherzo saper continuare»

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    Book preview

    Il mio Guccini - Fabrizio Nelli


    Proprietà letteraria riservata

    © 2021 Fabrizio Nelli

    www.fabrizionelli.it

    Revisione del testo ed edizione ePub curata da Cristina Ghetti

    www.librinaria.it

    Copertina: © Mauro Marinari

    Edizione digitale: giugno 2021

    Fabrizio Nelli

    IL MIO GUCCINI

    «non è uno scherzo sapere continuare»

    Io credo che sappiamo che è diverso se le cose son state poi più avare,

    le accetti, tiri avanti e non hai perso se sono differenti dal sognare

    perché non è uno scherzo sapere continuare.

    F. Guccini, 100 Pennsylvania Ave, in Amerigo, 1978

    Indice

    Introduzione

    Capitolo I

    La prima volta

    Capitolo II

    Bologna

    Capitolo III

    Anni ottanta

    Capitolo IV

    Anni Novanta

    Capitolo V

    Duemila

    Capitolo VI

    Non solo canzoni

    Capitolo VII

    L’ultima Thule

    Capitolo VIII

    La storia continua

    I dischi di Francesco Guccini

    I libri di Francesco Guccini

    Bibliografia

    L'autore

    Introduzione


    Il mio Guccini è un tributo a Francesco Guccini; descrive la sua figura attraverso l’esperienza di chi scrive. Parla di lui per parlare di me, racconta come le sue canzoni abbiano accompagnato le varie fasi della mia vita. Occasioni, emozioni, note a margine, commenti su uno dei personaggi più amati del nostro tempo. Si colloca a metà strada tra memoria personale e saggio biografico; può essere definito un racconto emozionale perché si nutre dei sentimenti che suscitano le sue opere.

    Ho riascoltato tutti i suoi album; è stato un modo per approfondire la sua poetica e amarlo ancora di più. Vista l’importanza dei testi oltre che della musica, nel descrivere la sua produzione musicale, ho riportato spesso alcuni versi delle canzoni.

    Nei vari capitoli si trovano numerosi link a contributi audiovisivi esterni, per integrare i brani o gli eventi di cui si sta parlando. I link sono corredati di codice QR e rimandano prevalentemente a filmati live caricati su YouTube. Il codice QR è utile per chi legge l’ebook su un dispositivo che non consente di riprodurre direttamente il contributo.

    Il sottotitolo «non è uno scherzo sapere continuare», usato anche come citazione iniziale, ripropone un verso del brano 100 Pennsylvania Ave (in Amerigo, 1978). Richiama la voglia di risollevarsi, l'energia necessaria per accettare le cose andate male e tirare avanti, ma si riferisce specialmente al Guccini di oggi che, a ottant'anni, accetta serenamente la vecchiaia, non si piange addosso e continua a interessare il pubblico anche se non scrive più canzoni. Prende dalla vita quello che può, contento di esserci, mentre purtroppo diversi suoi amici se sono andati. Un esempio di coerenza, una lezione che affascina almeno tre generazioni.

    Il racconto inizia dalla prima volta in cui ho ascoltato La locomotiva nel 1976, prosegue con il servizio militare che ho prestato a Bologna nel 1978, quando cercavo la sua abitazione in via Paolo Fabbri. Narra gli anni Ottanta e il mio viaggio americano, dieci anni dopo il suo, mentre cercavo di immaginare la ragazza di Autogrill, che «mescolava birra chiara e Seven up».

    E ancora parla degli anni Novanta quando, con l'auto in una zona appartata, facevo ascoltare a un'altra ragazza Parnassius Guccinii. Poi l’inizio del nuovo millennio, quando il cantautore dice addio alle cose futili del villaggio globale; il periodo 2001-2011 in cui non incide più dischi e si dedica alla scrittura di libri. Infine, la conclusione della sua carriera musicale con L’ultima Thule nel 2012 e le tante cose ancora da raccontare.

    Capitolo I

    La prima volta


    Era il terzo o quarto giorno di primavera del 1976. Le giornate si allungavano e l'inverno stava per finire. Ci lasciavamo alle spalle le sferzate di tramontana che avevano spazzato il paese e ci avevano rinchiuso in casa o nelle stanze fumose dei bar.

    Il vento di mare entrava dalle finestre spalancate e stuzzicava le pagine del libro che invano cercavo di leggere. Avevo quasi diciotto anni e frequentavo la quarta ragioneria. La scuola cominciava a essere dura, non come nelle prime classi, quando bastava un rush finale per agguantare la promozione.

    Abitavo nel centro storico, a ridosso del municipio e della chiesa. La vita si concentrava nelle strade racchiuse dentro il perimetro ristretto delle vecchie mura del castello.

    La radio copriva gli echi provenienti dal bar sottostante: le voci che animavano le interminabili partite a carte tra pensionati, il tifo per lo sport trasmesso in televisione.

    E fu proprio la radio che diede il colpo definitivo alla voglia di studiare, obbligandomi ad alzare il volume:

    Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva[1]…

    Le radio libere, nate da poco, si ricevevano in modulazione di frequenza. Francesco Guccini aveva trentasei anni. Radici, l'album che contiene La locomotiva, uscì nel 1972, ma io quel brano lo ascoltai allora per la prima volta.

    Mi colpì la voce possente, trascinante, la pronuncia vibrata della lettera erre, la triplice ripetizione del verso finale di ogni strofa:

    … gli eroi son tutti giovani e belli,

    gli eroi son tutti giovani e belli,

    gli eroi son tutti giovani e belli…

    E poi quella frase che avrebbe spinto ad alzare i pugni nei concerti:

    Trionfi la giustizia proletaria!

    Trionfi la giustizia proletaria!

    Trionfi la giustizia proletaria!

    Il 20 luglio 1883 il ferroviere anarchico Pietro Rigosi decise di scagliare una locomotiva contro «un treno pieno di signori[2]». L'autore ne aveva ricostruito la vicenda ispirandosi ai temi anarchico-libertari di Pietro Gori[3] e Fausto Amodei[4].

    La canzone, sospinta dal vento del ’68, dilagò nei primi anni Settanta e diventò un successo.

    Guccini assurse, suo malgrado, a simbolo della canzone politica. Non che nascondesse le sue idee di sinistra, ma i suoi pezzi, come quelli di De André, non potevano essere rinchiusi in gabbie precostituite.

    … però non ho mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni, si possa far poesia[5]…

    Scoppiò il fenomeno dei cantautori. De

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