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Amando s'impara
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Amando s'impara

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Romance - romanzo breve (92 pagine) - Maturare anche attraverso l’amore, senza un adulto che accolga e la ascolti, non è facile. Bianca però ci riuscirà, grazie all’amore di un giovane marinaio e alla comprensione di due donne: una è la sua vicemadre, l’altra la sua balia, una donna che ha imparato da sola i fatti della vita e che sa parlarne a lei.


Dover proteggere una ragazzina dalle attenzioni indesiderate, porta Baciccia Sciaccaluga, il giovane marinaio che ha ricevuto l’incarico della sua sicurezza, ed è un bravo ragazzo, a innamorarsi di lei. Figlia di un ricco mercante spagnolo e di una signora genovese, Bianca è rimasta senza mamma, e il padre l’aspetta a Genova. La città l’accoglie col suo tradizionale rispetto per le donne, con la sua storia, con la bellezza dei suoi palazzi. Anche Enrico Acquarone è un bel ragazzo, di ottima famiglia, e Bianca, che ha 17 anni, flirta un po’ anche con lui, e le famiglie caldeggiano quell’unione. La ragazzina però avrebbe voluto solo giocare, come le belle ragazze di Santander con i loro adoratori. Il problema era che a Genova le ragazze potevano anche essere economicamente indipendenti, grazie a un’usanza tipica di questa città di donne sole: dovendo imparare molte cose, difficilmente si sposavano prima dei vent’anni, e aspettare può essere molto pesante, per un giovanotto. Specie quando s’innamora di una ragazza troppo indipendente.


Laila Cresta è nata a Chiavari, Genova, il 14 febbraio 1952. Insegna da 40 anni, con esperienze a vasto raggio, dagli adulti, ai ragazzi, alle persone diversamente abili. Ama la scrittura e vi si dedica da sempre, tanto con testi ad hoc per i “suoi ragazzi”, quanto con testi di svago per tutti. Quest’anno ha pubblicato una silloge di poesie, Di Terra e di Cielo – Romanzo d’amore in versi (La Lettera Scarlatta Edizioni) e il giallo L’albergo del ragno, Arduino Sacco Editore. Dal mitico numero 0, fa parte della Redazione della rivista Writers Magazine Italia, dove si occupa di poesia, di haiku e di recensioni.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateJun 15, 2021
ISBN9788825416763
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    Amando s'impara - Laila Cresta

    9788825414615

    Capitolo I

    Dolcezza. Una meravigliosa dolcezza. Non pareva possibile. Bacci faceva piano, con una gentilezza che dava l’affanno. Come poteva resistere ancora a lungo? Eppure, doveva, con tutti i suoi sogni agitati. Non poteva approfittare di lei! E neppure avrebbe voluto, in realtà. Non se lei non fosse impazzita per lui, come lui impazziva per lei.

    Finalmente il cielo si schiarì, e i fantasmi d’amore svanirono.

    Avevano appena passato le Colonne d’Ercole, e le banchine di Genova erano ancora un sogno. Fino a quel momento, in tutta quella solitudine azzurra, l’unica immagine rassicurante era stata la nave che procedeva sicura, con i venti che parevano al suo servizio. Sull’acqua, solo un minimo di bollezzûmme: e davvero quella condizione del mar Ligure, che lo faceva somigliare a una grande pentola che sobbollisse senza sosta, era piacevole da vedere, ma non da vivere, e più pericolosa di quanto non sembrasse.

    Mentre il golfo di Genova si profilava in lontananza, un branco di delfini si avvicinò alla nave facendo capriole, e subito il mare, con quelle creature che parevano così gioiose, sembrò più amichevole.

    Dalla murata della nave, Bianca le osservava sorridendo. Col pretesto che il Comandante voleva che lui la proteggesse, e quindi le stesse vicino, Bacci la guardava incantato, preso e quasi commosso dalla sua grazia, dalla sua tenerezza, e dal sole che giocava fra i suoi capelli, accendendoli di luce.

    Quello era stato un viaggio un po’ particolare, per la Zenoa.

    Era una nave ben equipaggiata, con motrice mista a vela e a vapore: aveva persino un’agile feluca armata come nave appoggio, con un piccolo albero battipoppa che ne aumentava la manovrabilità e la velocità.

    Per la prima volta, navigando su un battello abbastanza piccolo come la Zenoa, i marinai non avevano neanche dovuto dormire per terra: il loro armatore aveva recentemente procurato loro delle amache che venivano dall’America.

    Per la prima volta, la nave aveva imbarcato anche dei passeggeri.

    Per la prima volta poi, la Zenoa aveva ospitato anche una ragazza, e da sola.

    Per lo più, solo sulle navi che ogni tanto si avventuravano lungo la lunghissima e pericolosa tratta oceanica, in mezzo agli emigranti accatastati sul ponte, c’erano anche alcune donne, confuse con una turba che poteva essere, per loro, più pericolosa del mare stesso. Come sempre, anche in quel viaggio le donne avevano dovuto affrontare il mugugno dei marinai più vecchi, che non vedevano di buon occhio la loro presenza a bordo, che dicevano addirittura portasse disgrazia. Solo la polena, di fatto una dea, aveva il diritto di solcare il mare con gli uomini: quella che si ergeva sulla prora della Zenoa era una bellissima donna seminuda che sosteneva una lampada, per solcare i mari fugando le brume, anche quelle dell’ignoranza, che potevano far perdere la rotta e rendere ancor più pericolosa la navigazione. La nave aveva circumnavigato tutta la penisola iberica, con un carico già atteso dai mercanti di Genova: partita da Santander, in Spagna, sarebbe presto arrivata alla Superba.

    In quel momento però, Bianca era partita ancor più malvolentieri di quanto non avesse temuto: nella città spagnola si teneva il Mercado medieval, durante la quale la città vecchia si trasformava in un borgo medioevale, popolato di artigiani che si esibivano negli antichi mestieri con le modalità antiche. Spesso la gente era anche vestita in sintonia con l’epoca in cui era ambientato il mestiere: a Bianca piaceva molto quella festa e, quell’anno, avrebbe voluto partecipare anche lei, ma aveva dovuto partire prima della manifestazione. Alla sua età, si trattava di una rinuncia grave. Con tutto quello che era successo in casa sua, però, non era proprio stato il caso, e ormai, con tutta probabilità, a quella festa lei non avrebbe mai più potuto partecipare.

    Adesso era sulla Zenoa, diretta a Genova, dove avrebbe abitato da allora in poi. La consolava solo che quella città estranea fosse stata la città della sua mamma, che l’aveva sempre rimpianta.

    In quel viaggio, la Zenoa ospitava anche una decina di passeggeri: mercanti, con le loro famiglie. L’armatore pensava che questo servizio, insieme alla vendita del carico, avrebbe aiutato a contenere ulteriormente la spesa della traversata, procurandogli un ancor più lauto guadagno.

    A poppa, erano state organizzate due cabine distinte, una per le quattro donne, e una per gli uomini. Una delle donne era la moglie spagnola di un mercante genovese, e viaggiava sulla nave col marito e una domestica. I due sposi andavano in viaggio di nozze nella città di San Giorgio, dai parenti di lui che la sposa non conosceva ancora, ed erano teneri, nella loro felicità. Tutta la nave li invidiava, anche Bianca. Anzi, lei ancor di più degli altri: angosciata com’era dal proprio futuro, invidiava davvero la mercantessa, che era una donna gentilissima e sempre sorridente. Per forza: era felice, si era detta la ragazza!

    A lei invece, pensare al futuro metteva angoscia. Era giovanissima, ed era accompagnata solo da una domestica, e da un cuginetto troppo giovane per essere considerato responsabile di lei. Per la prima volta in vita sua, Bianca si sentiva proprio sola, spersa nell’immensità del mare. Fortunatamente (almeno quello!) la ragazzina non soffriva la prepotenza delle onde, o, almeno, Bacci, il marinaio responsabile della sua sicurezza, non l’aveva mai vista star male.

    Sulla nave, Bianca passava il proprio tempo seduta vicino alla murata di babordo, a sinistra della prua, con gli occhi persi sull’immensità azzurra che la circondava. Al giovane marinaio avevano detto che lei stesse andando a Genova, da suo padre: era un mercante spagnolo appena rimasto vedovo, e aveva chiesto al socio che lo assisteva nei suoi affari in Spagna di mandargli la ragazzina rimasta sola. Inoltre, il Comandante aveva chiesto al giovanotto di tenerla d’occhio, e aveva alleggerito le sue mansioni sulla nave quando il nostromo non si era rivelato affidabile: si era offerto di pensarci lui, ma poi aveva cercato di approfittarsi della ragazza.

    Oddio, un po’ Bacci lo capiva: e non solo, e non tanto, perché lei fosse davvero carina. Tutti i marinai, in tutti i porti che toccavano, appena possibile cercavano una donna: era forse l’aspetto più pesante del navigare, quella fame che i marinai dovevano fare per mesi, nonostante la maggior autonomia e la maggior velocità dei piroscafi moderni come la Zenoa, rispetto ai velieri puri. La ragazzina però era giovanissima, e non era una donnassa come ce n’erano in tutti i porti, come quelle che lavoravano a Genova alla Maddalena: era solo una ragazzina. Nonostante Bacci avesse poco più di una ventina d’anni, il Comandante gli aveva affidato la sua sicurezza perché lo conosceva tanto bene da fidarsi di lui, e non l’aveva stupito che intervenisse a difenderla dal rozzo e brutale interessamento del Nostromo.

    Quel che però Bacci non voleva ammettere, era quanto piacesse anche a lui, Bianca: non riusciva neanche a stare a lungo senza guardarla. Lei non era più una bambina, ma, per una ragazza di Genova, diciassette anni non erano poi molti.

    La madre di Bianca era figlia di un ricco mercante genovese, e aveva sposato un giovane commerciante spagnolo, un ragazzo bellissimo che aveva conosciuto quando lui era stato a Genova per studiare la possibilità di aprire degli uffici commerciali in quella città.

    Nella Superba, le ragazze del popolo erano a volte particolarmente indipendenti, perché potevano lavorare con la mamma nelle botteghe di cibi pronti di Sottoripa, le sciamadde, che si tramandavano per via matrilineare, e sapevano far di conto e a volte persino leggere e scrivere, come la madre di Bianca. Difficilmente le ragazze come loro si sposavano prima dei vent’anni: forse perché, prima, dovevano imparare molte cose, dalla contabilità alla cucina. La mamma di Bianca aveva voluto che anche la sua bambina potesse imparare a leggere e a scrivere, e, come usava nella sua città, aveva convinto il marito a pagarle un maestro, anche se lui non sarebbe stato molto favorevole a spendere soldi per dare a una femmina un’istruzione che non le serviva.

    Bacci era un bravo ragazzo, e il Comandante era sicuro che non avrebbe mai fatto del male alla ragazzina. Il giovane era convinto che solo una bestia potesse compiere una violenza su una donna: Bacci pensava che sua mamma non avrebbe mai potuto essere la donna dolce che era, se qualcuno l’avesse maltrattata così. Meno male che suo nonno aveva capito le intenzioni del vicino di casa molto prima che le capisse lei.

    In quel XIX secolo, erano ben pochi gli uomini che non girassero in qualche modo armati. Il nonno di Bacci era stato un caravana, cioè un facchino ammesso dalla dogana della Repubblica a lavorare negli appositi siti in cui si sottoponevano a controlli e modifiche gli imballaggi, specie quelli delle merci più preziose, come balle di lana o sacchi di caffè. Il nonno aveva preso in mano il gancio, quel pericoloso attrezzo col quale si movimentavano i sacchi al porto, e aveva tolto quell’uomo di torno a sua figlia. Raccontandolo al nipote, nonno Baciccia gli aveva anche detto che la violenza su una donna fosse un comportamento da animale, non da uomo, e Bacci (si chiamava Battista, come il nonno) non lo aveva mai dimenticato.

    Il giovane marinaio capiva anche di avere addosso lo sguardo invidioso di tutti i colleghi. C’era chi non vedeva l’ora di accusarlo di comportamento irrispettoso con la ragazza, per vedere se gli riusciva di sostituirlo in quel lavoro di cura. Anche per questo la cameriera di Bianca le era sempre vicina.

    Un pomeriggio, Bacci stava guardando la ragazza, seduta, come sempre, alla murata di babordo,

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