Dal mio punto di vista 2: "Quello" va fatto cadere
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Ora ho sentito il desiderio di ripetere questa esperienza; di certo non per convincere qualcuno o perché capace politologo sicuro della bontà delle mie riflessioni ma, anche questa volta, per esercitare una specie di diritto di replica, sempre tra il serio e il faceto.
Nel 2018, si sono tenute le elezioni politiche, vinte da nessuno; gli unici partiti ad aver ottenuto un discreto successo sono stati Lega e Movimento 5 Stelle. Assieme costituivano una forte maggioranza parlamentare e, spinti anche da media e opinione pubblica, hanno deciso di dar vita a un Governo sulla base di un programma, in teoria, condiviso, nonostante le loro profonde differenze ideologiche.
L’esperimento, presieduto da Conte e guidato da due leader, Matteo Salvini per la Lega e Luigi Di Maio per i 5Stelle, è durato poco più di un anno; poi, Salvini ha deciso di far cadere il suo stesso Governo. Scelta dovuta ai problemi nati in seno alla Lega, all’impopolarità che l’imminente finanziaria avrebbe potuto causare al Leader leghista e a una strategia politica personale. Sta di fatto che, per impedire una crisi e tornare al voto, Partito Democratico e Movimento 5 Stelle hanno accettato di formare un nuovo esecutivo presieduto sempre da Conte: esperienza che durerà quasi un anno e mezzo. Che le cose potessero precipitare all’improvviso se n’era avuto sentore quando, a pochi giorni dalla formazione del nuovo governo, Matteo Renzi aveva annunciato la sua fuoriuscita dal Pd, portandosi dietro circa quarantasei parlamentari, per fondare un suo partito, denominato “Italia viva”.
Per non alimentare sospetti sulle sue reali intenzioni, il leader della nuova formazione aveva garantito che non avrebbe fatto mancare il sostegno al governo Conte. Tuttavia, l’esperienza ci ha insegnato che l’affidabilità non è mai stata un pregio di Renzi; il resto è attualità.
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Dal mio punto di vista 2 - Tino Sabaschi Dini
collaterali
DAL MIO PUNTO DI VISTA 2
Quello
va fatto cadere
Pubblicato il. 25/05/2021
ISBN 9791220807760
Introduzione
Dal mio punto di vista
è stato il mio primo sfogo personale riguardante la situazione sociale, politica ed economica dell’Italia negli ultimi vent’anni: più esattamente dalla discesa in campo di Berlusconi fino al 2017.
Ora ho sentito il desiderio di ripetere questa esperienza; di certo non per convincere qualcuno o perché capace politologo sicuro della bontà delle mie riflessioni ma, anche questa volta, per esercitare una specie di diritto di replica, sempre tra il serio e il faceto.
Nel 2018, si sono tenute le elezioni politiche, vinte da nessuno; gli unici partiti ad aver ottenuto un discreto successo sono stati Lega e Movimento 5 Stelle. Assieme costituivano una forte maggioranza parlamentare e, spinti anche da media e opinione pubblica, hanno deciso di dar vita a un Governo sulla base di un programma, in teoria, condiviso, nonostante le loro profonde differenze ideologiche.
L’esperimento, presieduto da Conte e guidato da due leader, Matteo Salvini per la Lega e Luigi Di Maio per i 5Stelle, è durato poco più di un anno; poi, Salvini ha deciso di far cadere il suo stesso Governo. Scelta dovuta ai problemi nati in seno alla Lega, all’impopolarità che l’imminente finanziaria avrebbe potuto causare al Leader leghista e a una strategia politica personale. Sta di fatto che, per impedire una crisi e tornare al voto, Partito Democratico e Movimento 5 Stelle hanno accettato di formare un nuovo esecutivo presieduto sempre da Conte: esperienza che durerà quasi un anno e mezzo. Che le cose potessero precipitare all’improvviso se n’era avuto sentore quando, a pochi giorni dalla formazione del nuovo governo, Matteo Renzi aveva annunciato la sua fuoriuscita dal Pd, portandosi dietro circa quarantasei parlamentari, per fondare un suo partito, denominato Italia viva
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Per non alimentare sospetti sulle sue reali intenzioni, il leader della nuova formazione aveva garantito che non avrebbe fatto mancare il sostegno al governo Conte. Tuttavia, l’esperienza ci ha insegnato che l’affidabilità non è mai stata un pregio di Renzi; il resto è attualità.
Sole e irresponsabilità
Con l’arrivo della bella stagione, a giugno 2020, era scoppiata la voglia dell’italico popolo di scaricare la gioia di vivere, repressa durante il primo look down: sole, mare, vacanze, movida e viaggi. L’estate aveva anche scatenato l’ansia di un’economia aggressiva e impaziente, intenzionata a riavviare incondizionatamente consumi e incassi, penalizzati dalle restrizioni governative messe in atto per arginare i contagi da covid.
Passata la grande paura, annacquati buon senso e restrizioni, tutti si erano dati da fare salvo la politica, che fingeva di non vedere ciò che stava accadendo. Addirittura, la destra continuava a manifestare irresponsabilmente senza l’uso di mascherine e non rispettando il distanziamento, per convincere le masse che il covid fosse un grande inganno, poco pericoloso, e che comunque il peggio fosse passato; nonostante nulla facesse credere che il covid fosse stato momentaneamente o definitivamente clinicamente
sconfitto.
Siccome in Italia tutto è fatto per creare difficoltà, anche i Vescovi si erano buttati nella querelle delle riaperture, auspicandone il ritorno a breve.
Temevano forse che i fedeli perdessero l’abitudine di andare in chiesa?
O mancavano loro le offerte abitualmente raccolte durante le celebrazioni?
Qualunque fosse stato il motivo del loro intervento, rimaneva comunque un atteggiamento del tutto inopportuno. Fortunatamente, tempestività e buonsenso non erano mancati a Papa Francesco che, intervenuto rapidamente, aveva invitato tutti a osservare le regole, mettendo così la parola fine a inutili e dannose polemiche. D'altronde, un credente può pregare in casa, per strada, al lavoro o in qualsiasi altro posto; quindi, che fretta c’era? Certo, fare una visita al proprio padre di persona, a casa sua, è ben diverso da una semplice telefonata; ma un genitore amorevole non avrebbe mai fatto rischiare la vita ai propri figli.
In piena pandemia, qualsiasi maggioranza si sarebbe trovata a operare tra mille difficoltà; e il resto dell’Europa l’ha confermato. Tuttavia, se il nostro Governo abbia agito bene o male, sarà il tempo a darci la risposta più giusta. Alle prese con una crisi sanitaria devastante, l’Esecutivo non poteva che ascoltare, e ci auguriamo che continui a farlo, i suggerimenti del Comitato Scientifico, coniugandoli con le necessità dell’emergenza che stava mettendo a dura prova strutture ospedaliere, cittadini ed economia.
L’uso costante dei DPCM da parte del Premier è stato fortemente contestato; però, rimane il dubbio che qualora i provvedimenti fossero stati discussi prima in parlamento o in altre sedi deputate, sarebbero risultati ancora più lenti e condizionati da lobbie, associazioni e altri interessi. Sarebbero diventati una trappola politica mortale. Quel che è certo è che non hanno portato a una deriva autoritaria, come paventato dai soliti destabilizzatori.
Non serviva essere maghi della politica per capire che qualsiasi decisione avesse preso Conte, sarebbe stata considerata, dagli sciacalli nostrani, sbagliata, inadeguata e tardiva. In molti erano pronti a pasteggiare sul cadavere politico del Capo del Governo, a sfruttare il malcontento inevitabile in tali circostanze, pur di catturare le simpatie di qualche pezzo importante della società, ergendosi a loro protettori. Destabilizzare è stato un imperativo politico; così Salvini, Meloni e Renzi ci hanno provato con tutte le forze; ogni ritardo sarebbe stato per loro fatale.
La sovraesposizione mediatica di Conte si scontrava con la voglia di protagonismo degli altri leader e oscurava, anche all’interno del governo, l’immagine di altre prime donne. Siccome, alcuni insofferenti vestivano la casacca della maggioranza, per Conte è stato difficile governare con serenità e con l’aiuto di tutto l’esecutivo.
È inconcepibile che alcuni uomini politici, in un momento così delicato e pericoloso, abbiano giocato con la salute delle persone al posto di propagandare la massima prudenza e proporre una critica costruttiva.
Il Partito Democratico, non volendo lasciare alle opposizioni la tutela di chi premeva per riaprire subito, si era schierato, inizialmente, al fianco di chi avrebbe voluto una maggiore libertà individuale e imprenditoriale.
Si è ricorso anche ai dettami costituzionali a