La barca dipinta di blu
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About this ebook
Arriverà il 2002 e Luca diventerà maggiorenne e poi nel 2018 un uomo. Nonostante i contrasti con suo padre Paolo, Lupo sarà sempre lì al suo fianco. Giocheranno con i pensieri, viaggeranno con la mente, scriveranno riflessioni, saranno sempre l’uno ispirazione per l’altro. Tutto in una sola estate, o forse no. Tutto per un puro caso, o forse no.
Una lettura dolce e veloce, una storia semplice ma che vi avvolgerà, un romanzo da leggere tutto d’un fiato. Lasciatevi cullare dal mare romagnolo, tra i sogni, i desideri e le speranze di Luca e Lupo.
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Book preview
La barca dipinta di blu - Gianluca Bota
Gianluca Bota
LA BARCA
dipinta di blu
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati.
commerciale@giraldieditore.it
info@giraldieditore.it
www.giraldieditore.it
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ISBN 978-88-6155-875-5
Proprietà letteraria riservata
© Giraldi Editore, 2021
Edizione digitale realizzata da Fotoincisa BiCo
Questo libro è un’opera di fantasia. I personaggi ed i locali pubblici raccontati sono un’invenzione dell’autore e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone è assolutamente casuale.
Alcuni locali pubblici, strade e luoghi sono invece reali ed hanno contribuito con la loro bellezza, i loro colori, i loro profumi, ad ispirare quest’opera.
Alla mia famiglia, che mi ha supportato e sopportato
durante questi mesi dedicati alla realizzazione di questo libro.
Ringraziamenti
Vanno anche questi alla mia famiglia, che ha il merito di avermi guidato e probabilmente salvato, consigliandomi di eliminare contenuti che avrebbero potuto regalarmi copiose denunce.
A loro anche il ringraziamento per aver edulcorato i testi.
E poi grazie a tutti coloro che mi hanno incoraggiato nell’idea della realizzazione di un libro.
Un grazie enorme alle persone incontrate su Instagram e diventate mie amiche; nello specifico a quelle con le quali negli ultimi anni ho condiviso emozioni e sorrisi. A quelle che, con i loro commenti ai miei post, hanno contribuito seriamente a farmi credere di poter scrivere un libro.
E se alla fine non sarà piaciuto, alle stesse persone voi potrete dare la colpa per il tempo e il denaro perso su queste pagine.
7 giugno 1997
«Ehi ragazzino.»
«Dice a me?»
«Sì a te! Mi passi quella cima?»
«Quella cosa?»
«Quella cima.»
Luca guardò in basso vicino alle ruote della sua bici e tornò ad osservare quello che doveva essere un pescatore, chiedendosi di cosa parlasse.
«Quella corda blu. Riesci a passarmela?»
Scese dalla bici e la appoggiò al muretto che costeggiava il porto canale. Si avvicinò alla cima blu, quella più grossa tra tutte le altre, la raccolse con entrambe le mani e tirandola con forza la avvicinò a quell’uomo che se ne stava con un piede sulla banchina e l’altro sul bordo di una piccola barca in legno.
«Grazie.»
«Prego. A cosa le serve?»
«Devo ormeggiare.»
«Ok.»
L’uomo rise. Capì che il bimbo non comprendeva il suo linguaggio.
«Devo utilizzarla per tenere la barca ferma qui, vicino a questo muro. Se non lo faccio il mare potrebbe portarla via».
«Ah ok. Come faccio io con la catena.»
«Con che?»
«La catena. La utilizzo quando lascio incustodita la mia bici, per evitare che qualcuno me la porti via.»
«Ecco sì,» rise l’uomo «più o meno così.»
«Solo che la bici la proteggo dai ladri, la barca invece rischia di essere portata via dal mare. Ma il mare non è un ladro.»
«Lo dici tu.»
«Il mare ruba?»
«No. Non ruba!»
Lupo strinse per l’ultima volta i nodi con cui aveva assicurato la barca al molo, lentamente raccolse uno zaino, un pacchetto di Camel, gli occhiali da sole e con un solo passo lasciò la barca per tornare sulla terra ferma.
«Dove andavi?» chiese al ragazzino.
«Da nessuna parte. Facevo una passeggiata in bici.»
«Perché non sei a scuola?»
«Perché l’anno scolastico è finito venerdì scorso.»
«Ma questa mattina ho visto le solite mamme con i bimbi che andavano a scuola, laggiù vedi? I ragazzini ora sono fuori nel cortile a giocare.»
«Non lo so. La mia scuola è finita!»
«Qual è la tua scuola?»
«La Leonida, a Bologna.»
«In vacanza qui?»
«Diciamo!»
«Diciamo? Che vuol dire?»
«Vuol dire che ora sono qui in vacanza ma poi ci resterò per sempre a vivere. Il mio papà ha cambiato lavoro e da tre giorni ci siamo trasferiti qui!»
«Bene. E sei contento?»
«Per niente! Non mi piace questo posto.»
«Questa è bella» disse l’uomo ridendo. «Non ti piace questo posto. E cosa ci sarebbe che non ti piace di questo posto?»
«Non conosco nessuno tanto per cominciare. E poi non so cosa fare. A Bologna avevo tanti amici e vicino casa avevo un parco immenso con il campetto per giocare a calcio.»
«Beh, conoscerai nuovi ragazzi anche qui e se vuoi un campetto da calcio troverai anche quello.»
«Lei cosa fa qui tutto il giorno?»
«Io? Sto qui.»
«Cioè?»
«Sto qui. Vado in mare, poi torno, pulisco la barca, mi siedo su quel muretto e rifletto, parlo con i gabbiani.»
«I gabbiani parlano?»
«Certo.»
«Lei parla con i gabbiani? E loro la capiscono?»
«Certo ragazzo mio.»
«E cosa vi dite?»
«Mi raccontano tutto di tutti.»
«Ma come? Loro sanno tutto di tutti?»
«Certo. I gabbiani sono come le barche, sono i custodi del mare. Quando c’è qualcosa che vuoi sapere di ciò che accade qui tu chiedilo a loro, parlaci. Loro lo sapranno con certezza.»
«Ok, mi prende in giro.»
«Non mi permetterei mai di farlo.»
«E poi?»
«Poi cosa?»
«Cos’altro fa?»
«E poi ora si è fatto tardi. Il pranzo mi aspetta.»
Luca osservava quell’uomo strano e poco simpatico andar via. Lo seguì con lo sguardo curioso di… non sapeva neanche lui di cosa. Quando fu oramai distante da lui, tirò fuori da un sacchetto qualcosa che portò alla bocca. Il ragazzo continuò a seguirlo con lo sguardo attraversare il ponte che lo portò dall’altra parte del canale per poi perdersi per le vie di Igea Marina.
9 giugno 1997
"Buongiorno e buon 9 giugno 1997. Il buongiorno di Radio Estate di oggi è tratto da Un poeta di Lingua morta di Giovanni Pascoli…"
Questo mare è pieno di voci e questo cielo pieno di visioni…
«Un mare pieno di voci, eh?»
«Guarda chi si vede. Buongiorno piccolo.»
«Buongiorno signore.»
«Mi chiamo Lupo.»
«Cosa sta facendo?»
«Preparo la barca per andare a pesca di squali.»
Lupo era inginocchiato sul fondo della barchetta in legno e con uno straccio puliva due canne da pesca.
«Come di squali?»
«Sì. La domenica si va a squali qui, ragazzo mio.»
«Si va chi?»
«Io e i miei compagni di avventura. Da tre anni, ogni domenica mattina, ci incontriamo e andiamo al largo per provare a pescare squali.»
«Ma davvero? Ci sono gli squali qui? E cosa ne fate poi?»
«Non ne abbiamo mai pescato neanche uno.»
«E perché continuate a provarci?»
«Perché siamo testardi. E perché ci piace avere una scusa e un motivo per vederci al mattino di ogni domenica e andare in mare. Molto probabilmente non riusciremo mai a pescare uno squalo e fino a quando non succederà continueremo a incontrarci ogni domenica alle otto.»
L’uomo notò lo sguardo del bimbo che presentava un grande punto di domanda. La cosa lo divertiva perché, se da un lato il piccolo non capiva, era anche vero che quelle cose dette e non dette lo incuriosivano tanto.
Luca non capiva in effetti perché porsi come obiettivo una cosa impossibile. Non capiva che quello che Lupo e i suoi compagni avevano trovato era solo un astuto stratagemma. Volevano godere del mare al mattino almeno una volta a settimana, e per farlo ciascuno di loro doveva avere una scusa, solo con sé stesso o con la famiglia, perché quell’uscita avvenisse senza defezioni. E l’avrebbero continuato a fare fino a quando la scusa reggeva; ma perché la scusa continuasse a reggere si erano dati un obiettivo impossibile: riuscire a pescare uno squalo. Trovare uno squalo nell’Adriatico a poche miglia dalla costa è davvero un’ardua impresa. Riuscire a pescarlo con due lenze da una barchetta in legno di cinque metri è impossibile. Ecco, avevano bisogno di sapere che avrebbero continuato a trovarsi ogni domenica mattina fino a quando non sarebbero riusciti a ottenere di pescare uno squalo perché sapevano che non sarebbe mai successo. E in questo modo avrebbero potuto continuare a vedersi ogni domenica mattina e andare in mare.
«Mio padre mi ha detto che gli squali qui non ci sono.»
«Ah sì?»
«Sì! Un giorno ho disegnato su un cartellone il mare, le stelle marine, le sirene e gli squali. E ho detto a mio padre che avrei voluto vedere ciascuno di quei disegni dal vivo. Lui mi ha risposto che il mare e le stelle marine li avrei visti presto. Per gli squali non avevo molte speranze di vederne qui a Bellaria.»
«E le sirene?»
«Le sirene non esistono.»
«Dici?»
«Non lo dico io. Non esistono.»
«E chi l’ha detto? Le puoi ascoltare al mattino. Mentre il sole sorge e il mare si risveglia, loro intonano melodici silenzi. Le sirene esistono! Ed esistono anche i puffi. E l’isola che non c’è, il mostro di Loch Ness, i liocorni e persino la casetta piccolina in Canadà con vasche pesciolini e tanti fiori di lillà. Dopotutto chi può fregiarsi del diritto di dire cosa per me esiste e cosa no?! Ognuno è libero di crearsi le proprie convinzioni, di alimentare le sue libere fantasie. Gli alieni ad esempio non esistono, ma hanno creato l’Area 51. I fantasmi non esistono, ma ci sono i ghostbusters. Babbo Natale non esiste, ma sotto l’albero troviamo ogni anno deliziose sciarpe riciclate. Quindi le sirene esistono!»
«Va bene signore.»
«Mi chiamo Lupo.»
Luca annunciò che si era fatto tardi, salutò, saltò sulla bici e cominciò a pedalare bruscamente verso casa. Non capiva quell’uomo, usava parole mai sentite, diceva cose strane e si comportava in modo ambiguo con lui. Non lo capiva ma lo incuriosiva. La sera a cena fu silenzioso. Un’ora dopo, da solo nel suo letto, fece una preghiera come era solito fare ogni sera prima di addormentarsi e alla fine parlò al suo Dio: «Ma caro Gesù, ho bisogno di un tuo aiuto. Davvero Babbo Natale non esiste?»
11 giugno 1997
Bellaria durante i primi giorni di giugno sembra un camaleonte che velocemente cambia colore.
Le spiagge pian piano prendono forma. Nascono ombrelloni e lettini, sbucano campi da ping-pong, scivoli, altalene. Tutto comincia a prendere posizione per prepararsi alla stagione estiva.
Le spiagge in realtà sono già blandamente movimentate da qualche giorno. Nell’ultima decina di maggio la Romagna è la meta preferita di tedeschi, russi, danesi, gente del nord Europa che vive i ventidue gradi in spiaggia così come noi italiani affrontiamo i trentasette di fine luglio.
Anche le strade cambiano volto e già dalle nove del mattino viale Panzini diventa un mercatino a cielo aperto. A bar, parrucchieri e negozi di abbigliamento ricercato si alternano decine di piccoli bazar che espongono tutto ciò che nessuno comprerebbe mai se passeggiasse nella propria città. Dai marsupi alle t-shirt Cazzo guardi?
, dagli anelli di bigiotteria ai binocoli.
Luca abitava con i suoi genitori in una villa su due piani circondata da terra, alberi e tanto prato. Sedendo sul dondolo, sotto i due aceri che proteggevano dal sole la facciata posteriore della casa, sembrava di essere in una località di campagna, lontani dal traffico, distanti dalla folla. E invece bastava lasciare alle spalle l’uscita principale, camminare per cento metri su via Mar Tirreno per ritrovarsi nel pieno centro di Bellaria, circondato da decine di migliaia di turisti e a due passi dalla spiaggia e dal porto. E il porto era diventato oramai una meta fissa nelle passeggiate mattutine del ragazzo.
Quella mattina, alle otto in punto, piazzò la borsa a tracolla e con la sua bici partì in destinazione porto canale.
Non voleva ammetterlo a sé stesso ma in realtà sperava di incontrare di nuovo lo scorbutico del porto, l’unica persona di Bellaria con la quale, dal giorno che era arrivato, aveva scambiato più di cento parole. Non gli era simpatico quel tipo, anzi era proprio una persona strana e maleducata, ma intanto pedalava su via Cristoforo Colombo guardando il mare alla sua sinistra, fin quando non giunse al porto canale e svoltò per via Rubicone. Risalendo il canale attraversò il circolo nautico con tutte le sue barche messe in pose non garbate, superò la Baracca e dopo qualche metro si fermò e vide il suo amico seduto sul muretto volto verso la sua barchetta ormeggiata lì tra due pescherecci.
«Buongiorno signore.»
«Buongiorno ragazzo. Mi chiamo Lupo.»
«Cosa fa questa mattina?»
«Guardo la mia barca e cerco di immaginarla tutta blu.»
«Tutta blu?»
«Sì. Voglio che si mimetizzi col mare. Non mi piace l’idea che il rosso e il verde lì ai fianchi possano disturbare l’estasi di chi guarda al mare mentre sono di passaggio io con la mia barca. La farò tutta blu.»
«Da che ora è qui?»
«Dall’alba. Come ogni mattina. Arrivo insieme a Carletto.»
«Chi è Carletto?»
«Il bagnino del bagno I Fantastici 4
. Ci vediamo poco prima dell’alba, lui prepara il caffè e insieme guardiamo il sole levarsi all’orizzonte.»
«Ogni mattina?»
«Sì!»
«Non è noioso?!»
«Per niente ragazzo. Lo spettacolo del mattino non è mai lo stesso. Sai, abbiamo un solo mare, guardiamo sempre lo stesso cielo e il sole che sorge al mattino è sempre lui. Eppure… mai gli stessi colori, mai la stessa luce, mai la stessa emozione. Quei tre, messi insieme, sono geniali!»
Luca ascoltò quelle parole e gli venne voglia di ammirare lo spettacolo di cui parlava quello scorbutico di Lupo.
«Tu piuttosto. Che ci fai qui?»
«Nulla, passeggiavo, sono passato per caso di qui e l’ho vista» mentì audacemente.
«Hai fratelli tu?»
«No.»
«Sorelle?»
«No.»
«Hai trovato un campo da calcio dove poter giocare come a Bologna?»
«No, in realtà non l’ho neanche cercato.»
«Beh, se continui a girare con la tua bici tra i pescatori e importunare i solitari come me farai fatica a crearti dei nuovi amici per le tue partite di calcio.»
«Posso aiutarla a dipingere la barca di blu?»
«Aiutarmi?»
«Sì.»
«Non se ne parla. Non mi piacciono le verniciature a quattro mani. Se proprio non hai niente da fare e ti va di imbrattarti di vernice, lo puoi fare tu. Io ti spiegherò come fare e supervisionerò i lavori.»
«Io da solo? Non l’ho mai fatto.»
«Neanche io.»
«Ok, va bene. Ci sto.»
«Bene. Allora ci vediamo dopodomani alle 5:30.»
«Del mattino?» chiese il bimbo, stupito e quasi spaventato.
«Sì. Ci vediamo alle 5:30 al bagno I Fantastici 4
, così potrai guardare come si accende il mondo.»
«Ok, a dopodomani allora signore.»
«A presto ragazzo. Mi chiamo Lupo.»
13 giugno 1997
«Aspettiamo un bimbo di dodici anni per prendere il caffè?»
«Sì.»
«Per poi guardare insieme l’alba?»
«Certo.»
«E poi lo porterai con te al canale e gli farai dipingere la tua barca?!»
«Proprio così.»
«Questo è sfruttamento di minori, lo sai vero?»
Carletto punzecchiava il suo amico. Cercava di capire come mai