L'Innominato e i calamai di Schrodinger: Un collezionista si racconta
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L'Innominato e i calamai di Schrodinger - Giovanni Cattaneo
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PRIMA TAPPA
L’INNOMINATO INCONTRA I CALAMAI
I collezionisti che affollavano e che, sebbene in minor misura, ancora affollano il mercato antiquario che l’ultima domenica del mese si tiene a Milano sulle rive del Naviglio Grande, non hanno molto in comune con il Barone Kaspar Joachim Utz. Mancano loro, o almeno alla maggioranza di loro, l’aristocratica attitudine e la ricchezza di mezzi che spingevano quel collezionista di porcellane di Meissen, cui Bruce Chatwin diede vita, a cercare di arricchire la sua collezione solamente nelle migliori botteghe antiquarie o nei cataloghi delle più note case d’asta.
Però la passione, quella sì, li accomuna. Addirittura si potrebbe sostenere che ne hanno di più, perché spesso affrontano disagi che Utz non affrontò mai, se si dà retta alle pagine che lo descrivono. I navigli sono infatti sovente climaticamente ostili, gelidi e umidi d’inverno, implacabilmente caldi e ancor più umidi in estate. Ma i collezionisti che scrutano le bancarelle appaiono quasi contenti di trovarsi a combattere con i disagi. Sembrano oscuramente avvertiti che dovranno affrontare una minor concorrenza perché altri, meno forti o appassionati, hanno preferito restarsene a casa e lasciar loro migliori scelte e minori prezzi. O, almeno, questo sperano.
Ma il collezionista o, più precisamente, futuro collezionista che sta per apparire in queste pagine, tutto questo non lo sentiva in quella domenica primaverile, climaticamente perfetta, che gli regalò l’appartenenza a questa categoria.
Neppure quando lo sguardo gli si posò su quel sobrio oggetto art deco
in vetro e ottone che si rivelò essere un calamaio, il nostro innominato collezionista si emozionò.
Però un poco di curiosità la sentì. Abbastanza da doverlo prendere in mano, soppesare, guardarlo con attenzione ed apprezzarne l’elegante voluta portapenne che si staccava armoniosamente dal corpo cubico. Così, istintivamente, ne chiese il prezzo, che era tale da non doverci stare a pensar su. L’innominato pagò le 100.000 lire richieste, 50 euro odierni, e si portò a casa quello strambo oggetto.
Da qui in poi, questo futuro collezionista diverrà, come prima annunciato, l’Innominato. Anche se c’è da dubitare che ne sarebbe contento, visto che la sua ripetuta frequentazione delle pagine dei Promessi sposi
lo aveva familiarizzato con un altro, ben più inquietante, innominato.
Da qui in poi comincerà ad accumulare progressivamente oggetti, a cercare informazioni, a documentarsi fino a che, a buon diritto, potrà esser considerato un collezionista
. Come tale sarà considerato, e soprattutto osservato, mettendo in secondo piano ogni sua altra caratteristica. Sarà particolarmente osservato quando, a sua volta, dopo aver effettuato i primi acquisti inizierà ad osservare i calamai per cogliere le relazioni che si stabiliranno tra lui e quei particolari oggetti. Come l’Innominato originale, quello del Manzoni, verrà considerato unidimensionale
. Solo occasionalmente verrà fatta qualche limitata incursione nella sua altra
vita, tanto per dare un poco di colore al racconto ed anche per sottolineare quale valore avessero per lui i calamai.
La sua vita, dal momento di quell’acquisto, cambierà. Non drammaticamente, per carità. Ma si arricchirà, perché appariranno nuovi personaggi, l’orizzonte dei suoi viaggi si amplierà, e soprattutto, acquisirà nuove conoscenze perché i calamai che adagio, adagio, affolleranno la sua libreria lo spingeranno ad interrogarsi sulle abitudini di vita di quei personaggi che nei tempi passati vi ricorrevano quotidianamente.
Per sua fortuna l’Innominato era persona abbastanza equilibrata e questo suo nuovo interesse non lo distoglierà affatto da quanto già colmava la sua vita.
Continuerà quindi a dedicare alla sua professione tutto il tempo e le energie necessarie, continuerà a collaborare con le riviste specialistiche e a tenere rapporti stretti con il mondo universitario.
Neppure la famiglia patirà di una minore attenzione. Anzi, i fine settimana, le vacanze, saranno occasioni per cercare di interessare moglie e figli alla caccia, nei mercatini dell’antiquariato, di qualcosa di speciale da aggiungere a quel primo oggetto.
Di questi, come di altri aspetti della sua vita, già è stato annunciato, non emergerà molto altro, se non quel tanto necessario a individuare i motivi per i quali si immerse nel mondo della scrittura.
Chi lo avesse osservato nel fare i primi acquisti, nel suo aggirarsi fra le bancarelle dei mercatini, nel suo guatare nelle vetrine degli antiquari avrebbe avuto molte perplessità a definirlo un collezionista. Tuttalpiù lo avrebbe considerato una persona dominata da una sorta di pulsione ad impossessarsi di qualsiasi oggetto deputato a contenere inchiostro. Insomma, più che collezionare, comprava. Era privo di qualsiasi criterio selettivo.
Una tendenza, comunque, i primi acquisti la riveleranno. Questo nostro apprendista collezionista
normalmente rifuggiva (per istinto?) dai calamai che gli apparivano troppo apertamente essere un calamaio.
E’ possibile che questa sua propensione fosse nata dai suoi abbastanza frequenti viaggi all’estero, particolarmente in Francia, dove i mercatini antiquari son più ricchi di proposte interessanti. Una borghesia più ricca e più colta voleva che anche i più comuni oggetti, come in fin dei conti erano i calamai, fossero attrattivi e anche almeno un poco originali. Insomma, utili ma al contempo decorativi. Utili ma non smaccatamente tali.
Ma è anche possibile che la sua mano scegliesse i calamai un poco mascherati
per un motivo più profondo, per nascondere a se stesso i motivi del comprare. Sembrava voler evitare di capire il perché di questa sua propensione.
La Cité des Antiquaires di Lione è una vera miniera di tesori per i collezionisti e l’Innominato, che per motivi di lavoro andava periodicamente nella vicina Ginevra, trovò un ulteriore stimolo a passarvi qualche pomeriggio e un paio dei suoi primi calamai li trovò proprio in questo bel mercato.
Il primo che vi acquistò, e che appare qui accanto, non è dissimile da quello trovato sui navigli milanesi perché la sua forma è ancora e dichiaratamente quella che è negli occhi di un qualsiasi passante cui, per avventura, venisse chiesto …ma come è fatto un calamaio?
.
Ma è nel suo successivo acquisto che quella tendenza prima annunciata prende smaccatamente corpo, perché il suo aspetto è per lo meno sorprendente. In questo calamaio-veliero il contenitore dell’inchiostro è visibile ma è solo un piccolo particolare della struttura complessiva. Il suo primo proprietario doveva essere dotato di singolare destrezza per poterne far uso. Il solo versarvi dell’inchiostro e intingervi la penna ne richiedeva una buona dose!
Si può perfino ritenere che l’oggetto sia stato fin dall’inizio pensato più per i collezionisti che per gli utilizzatori. E il nostro Innominato, ancora piuttosto naif
, puntualmente lo comprò!
Ma forse ne rimase sconcertato perché, tornato a Milano, dopo qualche tempo cadde nella più deplorevole banalità, e comprò quel tristissimo calamaio da ufficio, con datario, che appare qui accanto.
Si potrebbe perfino ritenere che lo fece per punirsi, per ricordare a se stesso di non esagerare con le diversioni, che in fin dei conti lui era e sarebbe restato null’altro che un burocrate.
Forse, semplicemente se ne pentì e deluso dalla poca varietà che il mercato antiquario italiano era in grado di offrire, almeno nel settore degli oggetti di scrittura, decise di continuare a rivolgersi altrove nella sua ricerca di nuovi oggetti.
Gli fu facile dar corso a questa sua decisione poiché abitualmente trascorreva l’agosto a Ramatuelle e quindi, nel corso della estate seguente, visitò la fiera antiquaria della adiacente, e ben più nota, Saint Tropez. Appena vi mise piede ebbe un colpo di fulmine che mise in ombra il precedente, infelice acquisto.
In armonia con l’internazionalità dell’ambiente si impossessò di un originale calamaio…inglese. Anzi, tipicamente inglese. Elegante e, al contempo, tendente sobriamente al macabro. Lo zoccolo che reca inciso il nome, Candy
, del cavallo cui apparteneva e le sue date di nascita e morte, costituiva evidentemente l’atto d’amore di un proprietario verso il compagno di più di vent’anni di vita.
L’inserto in ceramica destinato a contenere l’inchiostro è incastonato nel coperchio in sterling che si apre grazie ad una cerniera situata posteriormente.
Questo arricchimento della sua, per il momento ancora modesta, raccolta (che non può essere ancora definita una collezione
) gli diede conferma della sagacia della sua decisione di trascurare il mercato patrio.
Verso la fine di quella stessa estate accompagnò sua moglie a Salisburgo, dove doveva visitare una cliente della nota casa di moda di cui curava le vendite.
Dopo una splendida serata passata nel pieno rispetto del clima del festival (abito da sera, a teatro per il Ratto dal serraglio
di Mozart, a cena per gustare un imperdibile capriolo) decise che il modo migliore per conservare un degno ricordo di tanta meraviglia fosse acquistare un calamaio. Non avendo trovato nulla a Salisburgo, in una modesta bottega di un piccolo villaggio, Traunkirchen, incontrato durante il viaggio di ritorno, trovò qualcosa che gli parve convenientemente