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Il legame spezzato (parte seconda)
Il legame spezzato (parte seconda)
Il legame spezzato (parte seconda)
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Il legame spezzato (parte seconda)

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Fantasy - romanzo (135 pagine) - Dufryn e i suoi compagni stanno rendendo sempre più bella la loro casa, ispirandosi alle antiche dimore della nazione dei nani. L’aiuto di Seul è stato preziosissimo, ma il bambino ha il suo viaggio da compiere. Un viaggio che lo porterà più a fondo nei segreti della magia e dell’Esistenza, accedendo al sapere antico degli esseri spirituali.


Lukkar Montego cerca di trovare il giusto compromesso fra i suoi valori e una società maschilista che ride delle preoccupazioni di femmine isteriche, come il suo stesso comandante le ha definite. Ma il maresciallo non molla e si rivolge a Delem Fortemano, il giudice che più gli ha dimostrato di essere impermeabile alle influenze del potere.

Il magister dei maghi ha rapito la madre di Seul, in modo da costringere il ragazzino a tornare a prenderla. L’Ordine dei maghi, intanto, è spezzato fra la fazione che vuole la morte di Seul e chi cerca ancora di controllarlo.

Districandosi fra interessi di potere e alleanze politiche, Vulco e Montego sembrano gli unici a interessarsi del bene di madre e figlio.

La resa dei conti sarà sanguinosa e gli ufficiali dovranno attingere a tutto il loro ingegno per riuscire a sopravvivere.


Umberto Maggesi vive a Milano dove svolge la professione di Formatore Counselor e Mental Coach. Insegna e pratica Qwan Ki Do – kung fu vietnamita. Appassionato di lettura e scrittura fin da bambino ha pubblicato vari romanzi con case editrici quali: Stampalternativa, Delos Books, Ugo Mursia, GDS edizioni.

Redattore del periodico dell’Unione Italiana Qwan Ki Do, ha collaborato per molti anni alla rivista di settore marziale Samurai.

Ha pubblicato numerosi racconti in riviste di settore come: Tam TamInchiostroWriters Magazine, in tutte le storiche “365 Racconti” di Delos Books e in appendice al Giallo Mondadori.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateMay 11, 2021
ISBN9788825416190
Il legame spezzato (parte seconda)

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    Il legame spezzato (parte seconda) - Umberto Maggesi

    9788825416022

    40

    1356 periodo del Caprone

    Il padrone rimase fuori tutta la mattina. Bealice ne fu lieta perché faticava a contenere l’agitazione. Quella mattina aveva sparso la voce che cercavano un cuoco, o una cuoca. Cogliendo l’occasione per gettare qualche domanda sulla servitù di casa Daipan, ma senza ottenere nulla. Fatta la spesa si era dedicata alla camera. Lo spezzatino sobbolliva sulla stufa. Il pane caldo abbrustoliva accanto.

    Dapian Mheerim spaccò la microserie spalancando la porta.

    – Sono diventato un cazzo di impiegato nello stato – borbottò fra sé.

    – È pronto signore. Volete rinfrescarvi prima?

    – Voglio una stanza calda e cibo, anche un po’ di vino. C’è da festeggiare… serviti pure Bealice. Oggi festeggi anche tu. – Dal tono non pareva ci fosse nulla da festeggiare, ma lei non replicò.

    La ragazza afferrò la bottiglia e un bicchiere.

    – Meglio di no signore. Sto lavorando e il vino mi dà alla testa.

    – Suvvia – protestò entrando in cucina. – Mi farai mica bere da solo.

    Prese un secondo bicchiere versandovi meno di un’unghia.

    – Alla salute!

    – Alla salute, signore.

    Il vino era denso, molto forte. Un rosso fermo che s’accomodò nel suo stomaco come una palla di piombo caldo.

    – Ehm… buono.

    – Lo credo bene, con quello che costa! Bene, vediamo cosa ci ha preparato la nostra Bealice!

    Attaccò lo spezzatino con determinazione. Una voracità che sembrava compensare tutti gli avanzi di quei giorni.

    – State bene signore.

    – Sì, lo ammetto. Se non altro una novità. Da domani starò via tutto il giorno. Avrò da fare. Tornerò per pranzo, a meno di diverse istruzioni.

    – Certo, signore… ehm… quando intendete vedere i candidati?

    – Candidati?

    – Gli aspiranti cuochi.

    L’uomo parve annaspare, poi si ricompose.

    – Certo, i cuochi… ehm occupatene tu.

    – Come ordinate signore. – Mauva… Bealice faticò a contenere il sorriso che le spingeva sulle labbra.

    Il pomeriggio vennero due candidati, entrambi umani. Si divertì moltissimo nella parte di quella che doveva decidere il loro destino. Sempre stata dall’altra parte, a sperare nella benevolenza di questo o quello. Fino a quando non aveva conosciuto Rachel! Nella sua vita aveva provato solo due cose: rifiuto da parte di suo padre e indifferenza dal resto della gente. Nutrita a rifiuto e indifferenza era cresciuta insicura, un carattere schivo, pronto a richiudersi in sé stesso al minimo accenno di pericolo. Quel lavoro stava cambiando molte cose. Aveva voglia di riuscirci bene, di mostrare a tutti di che pasta era fatta!

    Sorrise e uscì per le commissioni del pomeriggio. La lettera pesava nella tasca del giacchino.

    – Vi trovo meglio – sentenziò il maresciallo. – Più… sicura.

    – Avere un lavoro sistema molte incertezze.

    – Lo immagino… avete… qualcosa per me?

    – È possibile, ma chi mi dice che, una volta ottenuto ciò che volete, non mi arresterete ugualmente?

    Lukkar alzò un sopracciglio.

    – Nessuno madama, dovrete fidarvi di me. Posso dire che, se trattassi un testimone in questo modo, la notizia si spargerebbe e non otterrei più collaborazione. Nessuno parla a uno sbirro che poi lo fa arrestare.

    – Sbirro?

    – Un modo per dire Guardiano. Un modo poco riguardoso a dire la verità.

    – Va bene. – Infilò la destra nel giacchino di lana. – Questa era in un cassetto chiuso a chiave. Dovrete riportarmela però.

    Una convocazione ufficiale della Sovrintendenza alla Difesa. Firmata da Mioc Celeniuur. Per il conferimento della carica di Mastro delle Macchine di Difesa.

    Lo stipendio annuo evidenziato in rosso era dieci volte quello di Lukkar.

    – Ci costerà un patrimonio il nuovo Mastro delle Macchine da Difesa.

    L’altra non replicò.

    – Purtroppo questo non è sufficiente. – Mauva si sentì morire. – Ci vuole un collegamento con l’Ordine dei Maghi. Cercate qualcosa con su scritto…

    – Io non so leggere.

    L’altro la fissò esterrefatto, poi si ricompose.

    – Va bene. Allora tenete le orecchie aperte e cercate di scoprire dove è finita la servitù.

    – Ho provato, ma nessuno mi dice niente. Forse non si fidano perché sono nuova.

    – È importante, continuate a chiedere, ai bottegai, al mercato, magari nei templi che frequentavano. Probabilmente si nascondono. Sarà più facile per voi che per un Guardiano… e rimettete questa al suo posto.

    41

    Lo trovarono con facilità. Una piccola vena schiacciata fra due enormi lastre piatte. L’oro era abbastanza compatto e separato dalla roccia.

    – Compagni ci siamo!

    Le picconate si fecero più energiche, mentre la vena si allargava. L’aiuto del bambino facilitava molto il lavoro.

    – Dovrai costruirci delle carriole.

    – Posso fare di più. Mio papà ha progettato un sistema che porta fuori continuamente i detriti, è mosso dalla corrente di un fiume. Possiamo usare il torrente.

    – E come farebbe?

    – Meglio che ve lo spiego con un… – Il giovane sorrise.

    State a vedere. Comunicò nella mente degli amici. Ogni nano fu partecipe della sua idea. Un lungo nastro che girava su sé stesso continuamente. Ruote dentate, perni e pale mosse dalla forza dell’acqua.

    Suo padre non aveva mai condiviso il lavoro con lui. Era Seul che sgattaiolava nel suo ufficio osservando i disegni, passando i polpastrelli su pergamena e carta a seguire quei simboli di cui inizialmente ignorava il significato. Poi aveva imparato a leggere e il disegno aveva preso una forma coerente.

    Oppure posso pensarci io. Un grosso cumulo di rocce levitò all’esterno.

    – La tua… macchina è… interessante, ma credo che la magia sia più veloce.

    All’ingresso si era accumulata un bel po’ di pietra. Gl’intagliatori, erano a buon punto con l’arco.

    Il bambino si stava dedicando agli appartamenti. Gli avevano indicato una grande grotta interna, unita alla prima da una stretta galleria.

    – Più difendibile – aveva spiegato Dùfryn.

    Sgretolò la roccia facilmente. Quattordici grandi grotte presero forma. Diverse braccia quadrate che, ognuno, avrebbe intagliato a suo piacimento. Seul era pieno di idee. Piccoli balconi. Una spirale di colonne che dall’alto portava a terra. Luce se possibile, e per lui lo sarebbe stato. Avesse dovuto scavare braccia e braccia di roccia. Un rosone circondato da otto piccoli rosoni. Non sapeva perché quel numero, ma gli sembrava giusto così.

    La voce della madre lo istruiva ogni notte, ma lui sapeva che non era la madre. Sua mamma non conosceva i segreti della magia. Non sarebbe stata capace di insegnargli come dominare, liberare, far crescere e dirigere il suo potere. Era la stessa voce che lo aveva aiutato a nascondersi dai maghi.

    I sogni erano strani, fatti d’immagini sfocate, volti e suoni. Per lo più litanie e canti. La voce non dava indicazioni, era incomprensibile, ma gettava semi che generavano idee. Il giorno dopo Seul volle provare quanto sensibile fosse il suo potere. Intagliò una scena di lotta su un sasso. Poi su uno più piccolo. Il terzo era poco più grande del suo pollice. Poi fu la volta dell’unghia. Il quinto era praticamente una scheggia, ma poteva distinguere la superficie come fosse un grande foglio. Non con gli occhi. Capì che avrebbe potuto andare avanti all’infinito. Annuì felice e si avviò lungo il pendio dove gli aghifoglia s’infittivano. A quell’altitudine non ce n’erano molti, stavano lasciando il posto ai larici e cembri. Almeno era quello che gli aveva detto Lirth. Gli piaceva quel nano, gli spiegava un sacco di cose e lo faceva sentire una persona normale.

    L’aria era fredda. In molti punti la neve persisteva, ma quel giorno i soli svettavano incontrastati nel cielo. Purtroppo, poco efficaci a osteggiare il vento gelido che scendeva dalle cime. Istintivamente strinse la pelliccia di lontra. Erano pessime da mangiare, ma ci avevano fatto parecchie giacchette. Peluyn Picozza era abile con l’ago e Seul ci aveva messo pochissime serie minori a preparargliene una decina. Per pulitura e concia un piccolo aiuto da parte sua era stato gradito.

    Le cose migliorarono fra gli alberi. Il vento perse la sua forza. Seul tenne comunque il cappuccio calato. Poteva sentire il chiacchiericcio degli alberi, dei fiori e i fili d’erba. Le felci cantavano al ritmo del vento. Un’energia scorreva in tutte le cose. Ecco di cosa gli aveva parlato quella notte la voce. I maghi lo chiamano mana. I goblin Forza Creatrice. Qualcuno Tao. Energia Cosmica. Forza. Canzone della Vita. Scorre persino al Centro di Tutte le Cose. Dove tutti i Vettori di Tutte le Possibilità, s’incontrano. Qualcuno lo immagina come un enorme buco nero. Altri come un albero. Yggdrasil, Freju, Maladrin… Una sfera di cristallo, come un talismano. Una colonna di fuoco o una Torre Nera! O la volontà della Causa Prima: un artiglio che stringe l’Esistenza.

    Le immagini sfocate acquistavano un senso. Una mastodontica torre piena di finestre che salivano a spirale fino a un cielo fatto di nubi nere. Il cielo nascosto dalla fronda di un albero immenso. Una montagna alta e lussureggiante, abitata da una cacofonia cinguettante, urlante, zampettante, strisciante e volante, proveniente da tutti i Mondi possibili.

    – …ostra ultima esperienza con lui.

    La voce era vicinissima. Seul si accosciò nascondendosi dietro un gruppo di felci.

    – Le persone cambiano.

    – Qualcuna, altre no. Ma è il tuo tempo, se vuoi impiegarlo a istruire una causa persa accomodati.

    Il bambino si spostò cauto, bene attento a dove metteva i piedi. Un passo dopo l’altro, aggirò un tronco. Due uomini sedevano fra le radici, masticando del pane nero. Uno canuto e l’altro di un rosso acceso. Indossavano tuniche marroni logore e rabberciate.

    – Vedremo… ne abbiamo ancora per molto qui?

    – Siamo a poco più di metà. C’è una valle qui vicino, ne cresce in abbondanza.

    Seul si sentì sprofondare, si mosse prudente indietreggiando. Quando fu dietro un cespuglio di felci si volse correndo piegato in due. Infine, si raddrizzò accelerando la corsa… Si fermò improvviso, derapando sul sottobosco. Una pioggia di aghi colpì un tronco.

    Non era un bimbo indifeso. Il pensiero gli diede una forza che non sospettava. Sentiva che la Voce avrebbe approvato.

    Poteva aiutare davvero la comunità… i suoi fratelli.

    Tornò indietro. L’espressione da bambino era scomparsa, sostituita da una grave aria matura. Non doveva ucciderli, altrimenti ne sarebbero arrivati altri.

    – …fanno di due come noi?

    – E se non lo sanno che non abbiamo niente?

    – I banditi che ci sono qui ce l’hanno col governo del Nehar Emìon.

    – E ammazzano e derubano chi gli capita.

    Si erano alzati e stringevano le sacche da viaggio. Seul sedette e si concentrò. Percepì il loro timore e gli diede forza. Poco alla volta. Come faceva sua madre sull’altalena in giardino. Una piccola spinta a ogni ascesa. Il timore divenne trepidazione.

    – Pensa a Morél e Fabriqué.

    – Erano due imbecilli chissà in cosa si erano immischiati. – La voce esitava. L’affermazione non aveva tutta la forza per essere credibile.

    – Li hanno scuoiati vivi Berard!

    Un’altra spinta, leggera. La trepidazione volò verso la paura.

    – Va bene, è pieno giorno…

    Seul dondolava con le loro emozioni, sempre più veloce, sempre più alto. Suggeriva dolcemente, ma costantemente. Come soffiare un blando veleno.

    – I banditi del giorno o della notte se ne fregano. Torniamo su. Ho una brutta sensazione. Raccoglieremo altre ortiche strada facendo.

    – Va… bene. Però basta, mi hai messo addosso una paura schifosa.

    – Andiamocene.

    Raccolsero velocemente le loro cose e si avviarono senza voltarsi indietro.

    Il sorriso del bambino era meraviglioso. Pieno di soddisfazione. Peccato che non ci fosse nessuno a vederlo. Si guardò intorno sperando in un provvidenziale spettatore. Nulla. Nemmeno si era accorto di aver ascoltato una conversazione in una lingua che non avrebbe dovuto conoscere. Riprese la sua passeggiata, ma il buonumore restò indietro. Chissà cosa stava facendo la mamma. Dove l’avevano portata? Al quartiere dei maghi sosteneva Dùfryn. Volevano che lui andasse a salvarla. Ci sarebbe andato, di questo era certo. Ma al momento giusto. Il pensiero lo rattristò riempiendo gli occhi di lacrime. Chissà quanto tempo ci sarebbe voluto. Tornò alle gallerie rinfrancandosi per la presenza dei compagni. Non seppe resistere e raccontò dell’avventura con i druid, scatenando una discussione generale.

    Bisognava pensare alla difesa, sosteneva qualcuno. Altri erano più ottimisti: una volta avuto l’oro tutto si sarebbe aggiustato.

    42

    La sera festeggiarono l’installazione della porta. Cominciava a fare freddo, presto la neve sarebbe scesa abbondante. Gidon, Sanet e Lirth avevano fatto acquisti a Tonasegrad. In poco più di cinque giorni erano andati e tornati con due muli carichi di attrezzi, cibo e birra.

    – Una

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