Lockdown Prima linea virale
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Book preview
Lockdown Prima linea virale - a cura di Anastasia Carcello
rifiuto!
Un gruppo di medici, in parte amici, in parte incontrati sul web, hanno condiviso le proprie esperienze professionali ed emotive vissute durante la quarantena per il Covid-19.
Sulla scia di altri colleghi, che hanno già dato alle stampe le proprie emozioni in tempo di Coronavirus, sono state raccolte ulteriori testimonianze provenienti da varie regioni italiane, allo scopo di informare e ribadire che anche i medici e i superdirettori della sanità sono esseri umani come tutti, sebbene questo in apparenza sia ben noto, dotati di pregi, difetti ed emozioni.
I responsabili della Sanità pubblica, legati al ruolo ricoperto, con scarsa dimestichezza della trincea lavorativa, a volte commettono errori di gestione, che a cascata ricadono sugli operatori sanitari e sui pazienti.
Si aggiungano anche gli esperti di virologia, epidemiologia, malattie infettive ecc. che sui media hanno diffuso informazioni contraddittorie, alimentando in tutti il timore del contagio e l’incertezza sul futuro.
Pertanto le testimonianze provenienti dalla prima linea aiutano il lettore a comprendere quello che hanno sperimentato gli operatori sanitaria durante la quarantena, entrando nella vita personale e professionale dei medici, spesso avviliti dai giudizi negativi o perseguitati da denunce per malasanità.
Il testo, suddiviso in tre sezioni, disegna appieno gli ASPETTI EMOTIVI
degli autori, descrive parzialmente gli ASPETTI CLINICI
difformi del Covid-19 e l’assenza di linee guida terapeutiche ed infine espone, negli ASPETTI SOCIALI E DI POLITICA SANITARIA
, le immediate conseguenze delle normative in quarantena, che suscitano a volte la rabbia per i provvedimenti non sempre condivisi.
Non mancano progetti socio-sanitari realizzati e portati avanti con ottimi risultati a Tradate (VA) , a Milano, a Modica (RG) e dalla rete Avis della provincia di Ragusa.
I medici autori del testo, mettendo a nudo la propria vita, comprese le emozioni sperimentate, dalla gratitudine alla rabbia, il vissuto della solitudine e della sconfitta, dimostrano che solo umanizzando le cure mediche ed elargendo con generosità le proprie competenze, si può affrontare anche un virus devastante come il Coronavirus, responsabile della pandemia.
In questo compito di miglioramento è necessaria la collaborazione del paziente, delle famiglie e di tutta la società, affinché non sia frainteso l’atto medico, trasformando i medici da eroi a responsabili delle morti per il Covid-19 e non si finisca in tribunale per difendersi da accuse miranti al risarcimento.
È davanti agli occhi di tutti quanto la società attuale sia interessata solo all’aspetto economico e di guadagno materiale in senso lato, piuttosto che alla comprensione e all’amore per il prossimo, senza differenza di età, sesso, razza o religione. Questo interesse egoistico porta alla mancanza di rispetto non solo fra gli esseri umani ma anche per la Natura, che in qualche modo si ribella con calamità di ogni sorta.
LOCKDOWN
PRIMA LINEA VIRALE
Esperienze dal fronte ed emozioni da casa
Testimonianze coordinate dalla Dott.ssa Anastasia Carcello
Studio Byblos editore
Presentazione
Era passato di moda guardarsi negli occhi
Era passato di moda guardarsi negli occhi... Anche così potremmo definire la storia di questa pandemia, con le parole di un medico in questo testo, che ha vissuto le storie che abbiamo vissuto tutti. Ognuno l’ha vissuta col suo personalissimo colore, con la gioia della guarigione, con il dolore della perdita, anche di sconosciuti, tuttavia con la voglia di andare oltre, resi più forti dall’incredulità iniziale o dalla disperazione successiva, ma soprattutto dalla profonda coscienza di essere medici e di essere uniti per un unico fine. In questi mesi si sono ridefiniti significati sociali che sembravano persi, valori di solidarietà che pensavamo perduti: tutti hanno dato il loro contributo, chi più chi meno, secondo capacità e sensibilità. Guardare negli occhi, sì, anche la malattia e la morte ci ha reso tutti uguali, perché tutti proviamo gli stessi sentimenti; e guardarsi negli occhi tra malati e medici, tornato necessariamente fondamentale, ci ha fatto riscoprire l’eccezionalità dell’esperienza umana.
Ed è diventata anch’essa terapia.
Dott.ssa Teresa Serini
Specialista in Psichiatria, docente di materie mediche Università di Ostrava, Sede distaccata di Chiasso
Con il Patrocinio
Logo_Ordine.jpgGli autori e l'editore devolveranno i proventi della vendita del libro
alle famiglie dei medici deceduti lottando contro il Covid, attraverso la FNOMCeO
Pensieri...
Chi nel cammino della vita ha acceso anche soltanto una fiaccola nell’ora buia di qualcuno non è vissuto invano.
Madre Teresa di Calcutta
Non esiste uomo tanto codardo che l’amore non renda coraggioso e trasformi in eroe.
Platone
Dedicato all’uomo egoista, narcisista, che si sente invincibile, immortale, che si è deificato ed ha perso la sua umanità... A questo uomo il coronavirus ha voluto insegnare la fragilità, il valore del sacrificio, della solidarietà e della compassione. Se anche un solo uomo è cambiato l’umanità ha vinto... a noi la scelta.
Renata Vaiani
Agli eroi sconosciuti e silenziosi volati in cielo senza onori che ci hanno lasciato la traccia del cammino da seguire senza paura.
Anastasia Carcello
Ai donatori di sangue che neanche questo flagello è riuscito a distogliere dal desiderio di aiutare tutti i malati trasfusione dipendenti
Pietro Bonomo
L’uomo che sta zitto sa quello che dice, chi non ha mai pianto mai sarà felice, non vincerà mai chi non ha mai perduto e chi non è mai morto mai sarà vissuto.
Pierdavide Carone
Aspetti emotivi
10.pngCovid
opera di Giancarlo Giudice
In punta di piedi, un fil di voce
Antonella Amadori Specialista NPI Sassari
Eccomi qui, in punta di piedi con un fil di voce, a provare a mettere su carta quello che è successo in questi due mesi. Non è un fatto individuale, per lo meno non solo, è un fatto collettivo, un taglio epocale, un punto di non ritorno, una frattura del tempo fluido che eravamo abituati a vivere. Con umiltà e con un po’ di vergogna provo di getto a buttare giù cosa è successo.
Era febbraio quando distrattamente iniziavo ad informarmi su quanto accadeva in Cina, nella lontanissima Cina, sembrava non toccarci, sembrava un altro pianeta, pianeta Covid-19. Questo meccanismo dell’Altro più volte ritornerà nella mia riflessione. Noi Mondo Globale, noi che una cocacola la trovi anche alla fine del mondo, improvvisamente pensavamo di essere distanti da ciò che accadeva a qualche checkin da noi.
Ah i meccanismi di difesa!! Ce ne saremmo accorti in seguito quando gli Altri
saremmo diventati noi, les Italiens
. E dopo un mese di notiziari, di allarmi lontani, arriva Mattia
a catapultarci progressivamente nei numeri esponenziali della catastrofe: Uno, nessuno, centomila
. Siamo passati da succede a Codogno
a succede in Lombardia e in Veneto
, a può succedere e accadrà
.
Ero spaventata, nel trance perenne di chi sembra prepararsi ad un impatto imminente.
Per lavoro sono abituata a fare delle grandi meta-rappresentazioni ma ciò che stava accadendo non riuscivo a simbolizzarlo, non riuscivo ad inquadrarlo, non volevo.
Dal venerdì il caffè al bar forse non lo prendiamo
, siamo passati al lunedì LOCKDOWN globale, tutti ZONA ROSSA.
Le notizie continuavano a scorrere copiose e drammatiche, notizie di malati, di morti, di infetti, non più persone, nei numeri a tre zeri sembrava perdersi la soggettività.
Di fronte al Coronavirus, questo sconosciuto, noi medici cresciuti con le evidenze della medicina moderna eravamo improvvisamente fragili, impotenti e disarmati. Sono una neuropsichiatra infantile, ho studiato medicina con il desiderio di aiutare, prendermi cura del paziente, esserci e sporcarmi le mani
(di pennarello e slime nel mio caso) nel solco della tradizione familiare. Sono figlia di medici ed il mio pensiero è subito andato ai miei genitori entrambi medici di medicina generale, soldati semplici di questa guerra senza vincitori né vinti.
Loro, sicuri di trent’anni di esperienza, sembravano avere nel volto la fermezza di chi deve convincerti che sei nelle buone mani di chi sa cosa sta facendo. Io mi sono sentita un verme, ho sentito il giuramento di Ippocrate bruciare come se fosse un marchio a fuoco: dovevo fare, dovevo studiare, dovevo aiutare, avrei voluto essere sul campo, in trincea. Allora ho iniziato uno studio matto e disperatissimo
di pubblicazioni cinesi, alla ricerca di una chiave, di una soluzione.
Il mio Servizio NPI bloccava tutte le visite programmate, solo urgenze
e che Dio ce la mandi buona e che ce li mandi negativi", senza nessuna eventuale protezione individuale. I famosi DPI, sacro Graal dei tempi moderni, sono arrivati a fine marzo, recati al servizio con la stessa cura dei Magi e con la stessa rarità.
Avevo paura, mi sentivo alienata, stava succedendo a me, ma lasciavo correre. In balia di questa angoscia un giorno per caso sono stata invitata al gruppo medici Covid-19, una scialuppa in un naufragio collettivo. È stato importantissimo ascoltare le esperienze dirette dei colleghi, ascoltare la prima linea di chi stava fronteggiando l’impatto che io solo temevo. Arrivavano testimonianze, reviews, utili confronti clinici, improvvisamente eravamo diventati di nuovo una classe, non più 100 ma 100.000, le specialità erano diventate un dettaglio, ognuno dava il proprio contributo per una causa unica.
Nel frattempo nella mia città guadagnavamo il triste primato di essere i primi in Sardegna per numero di contagi, Sassari era prima per positivi, l’incubo si avvicinava, ne potevo sentire il fiato sul collo. Mio padre e mia madre hanno studiato le prassi, fatto le prove di vestizione così come si usa fare in una famosa festa in Sardegna, la Sartiglia: si osserva la vestizione misteriosa del cavaliere mascherato che propizierà l’andamento e le sorti dell’annata. Così nella correttezza della vestizione dei DPI si giocava il destino.
E poi un giorno è passato vicino l’incubo: mio padre, lui che ha recuperato presidi e rotto i coglioni a tutti per utilizzarli correttamente, un giorno decide di fare il sierologico, d’impulso entra in un laboratorio privato e lo fa, senza pensarci... Il giorno dopo arriva il referto, io sono al lavoro, sono ad un’ora di distanza, non sono