Liz e il milionario
By Susan Meier
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About this ebook
Il destino è davvero bizzarro. Liz non può fare a meno di pensarlo visto che sta rassettando la casa di Cain. Ora non è più la signora Nestor e per il momento non vuole essere la signora di nessuno; anche perché non è semplice dimenticare i caldi abbracci e i baci mozzafiato del suo ex. Ma il passato è passato. Oppure no?
Susan Meier
Americana dell'Iowa, riesce a conciliare i suoi interessi con la famiglia e l'attività di scrittrice.
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Liz e il milionario - Susan Meier
1
Biancheria intima rosa?
Con una smorfia, Cain Nestor lanciò in lavatrice i boxer che una volta erano bianchi e chiuse lo sportello con un colpo. Dannazione! Si sarebbe dovuto fermare a comprarne di nuovi la sera prima, ma era tardi quando l’aereo privato era finalmente atterrato a Miami.
Tenendosi l’asciugamano legato in vita, uscì come una furia dalla lavanderia e si diresse in cucina proprio mentre la porta del retro si stava aprendo. Dal lezioso grembiule giallo che era il marchio di fabbrica della Happy Maids, capì che Ava, la sua segretaria, si era già occupata della faccenda. Era senza domestica dall’inizio di febbraio, tre settimane prima. Anche se Ava aveva fatto parecchi colloqui, a lui non era piaciuta nessuna, ma era chiaro che adesso non poteva più farne a meno.
Evidentemente, Ava aveva pensato a un rimedio temporaneo. E si era rivolta a un’impresa di pulizie...
Pronto a scusarsi per essere seminudo, Cain colse lo sguardo della donna e si irrigidì.
«Liz?»
Anche se i lunghi capelli neri erano raccolti in una crocchia severa ed era dimagrita di parecchi chili dall’ultima volta che l’aveva vista, avrebbe riconosciuto ovunque quegli occhi verdi da gatto.
«Cain?»
Un milione di domande gli passarono per la testa, ma furono subito sostituite da un acuto senso di colpa. Lei aveva lasciato un buon lavoro a Philadelphia e si era trasferita a Miami quando si erano sposati. Adesso, faceva la cameriera?
Deglutì. «Non so cosa dire.»
Liz Harper sbatté le palpebre parecchie volte per assicurarsi che gli occhi non l’avessero tradita e che chi aveva davanti fosse davvero il suo ex marito, coperto solo da un piccolo asciugamano, nella cucina della casa che doveva pulire come primo incarico della giornata. In tre anni non era cambiato. Gli occhi grigio onice avevano mantenuto la capacità di leggerle in fondo all’anima. Portava sempre i capelli neri corti. E aveva quegli incredibili muscoli che si tendevano quando si muoveva. Spalle larghe. Pettorali definiti. Addominali scolpiti. Tutti in mostra in quel momento.
Si inumidì le labbra arse. «Potresti cominciare dicendo "Scusa per l’abbigliamento. Corro di sopra a mettermi un accappatoio".»
Quello lo fece ridere e una miriade di ricordi la assalì...
Il giorno che si erano conosciuti sul volo da Dallas a Philadelphia... quando si erano scambiati i biglietti da visita e lui l’aveva chiamata al cellulare prima ancora di essere uscito dall’aeroporto...
Avevano cenato insieme quella sera e poi avevano cominciato un rapporto telefonico a distanza prima di fare l’amore sulla spiaggia di fronte alla sua casa di Miami e si erano sposati a Las Vegas in preda a un raptus di follia.
E adesso era la sua cameriera.
Poteva cadere più in basso di così?
«Okay. Io...»
«Pensi...»
Si zittirono. Il profumo del suo dopobarba le giunse alle narici e Liz si rese conto che era sempre lo stesso. Altri ricordi le mulinarono in testa. Il calore del suo tocco. La sensualità dei suoi baci.
Si schiarì la gola. «Comincia tu.»
Lui scosse la testa. «No. Prima le signore.»
«Okay.» Trasse un profondo respiro. Se tutto andava per il verso giusto, non sarebbe neppure stata costretta a vederlo mentre svolgeva il suo lavoro. «Pensi di avere dei problemi?»
Lui allacciò più stretto l’asciugamano.
«Per cosa? Perché lavori per me o perché sono davanti a te mezzo nudo?»
Liz divenne paonazza. Il fatto che le avesse rammentato che era nudo sotto quel pezzo di stoffa striminzito le provocò un brivido. Era ridicolo a tre anni dal divorzio, ma tra loro c’era sempre stata una chimica speciale. Così forte da convincere un’assennata ragazza della Pennsylvania ad abbandonare il lavoro a lungo sognato e seguirlo a Miami e convincere un imprenditore molto riservato a lasciarla entrare nella sua vita.
«Perché lavoro a casa tua finché non trovi una cameriera definitiva.» Con un ampio gesto indicò la cucina, gli armadietti di ciliegio con gli elettrodomestici d’acciaio e i pensili di vetro brunito che faceva risaltare il legno scuro. «Sarà un problema?»
Cain guardò il pavimento di piastrelle e poi tornò a concentrarsi su di lei. «Voglio essere sincero, Liz. Sono in imbarazzo.»
«Perché? Non dovrai essere presente quando ci sono io. Anzi, mi hanno detto che di solito vai in ufficio per le otto, quindi è un caso che ci siamo incrociati adesso. Ho bisogno di questo lavoro!»
«Proprio per questo mi sento a disagio.»
Quell’affermazione la fece ribollire di collera. «Tu ti senti a disagio per me?»
Lui trasalì. «Non a disagio per te...»
«Per cosa allora?» Ma appena le parole le uscirono di bocca, si rese conto della situazione. In tre passi raggiunse la penisola al centro. «Tu credi che io sia andata in pezzi quando è finito il nostro matrimonio e sei convinto che adesso possa ambire solo a un impiego come domestica?»
«Be’...»
Si mise le mani sui fianchi in un atteggiamento di sfida. «Tesoro, questa impresa di pulizie è mia. Sono io che ho creato la Happy Maids.»
Era sufficientemente alta perché potesse guardarlo dritto negli occhi piegando di poco il capo, ma si pentì subito. Dall’espressione del suo viso capì che anche per lui la vicinanza aveva avuto l’effetto di ristabilire il vecchio magnetismo. Calore e desiderio la invasero. Il respiro si fece più affrettato. L’aroma di dopobarba che aveva annusato prima la colpì con violenza riportandole alla mente ricordi belli e dolorosi al tempo stesso.
Cain indietreggiò di un passo e ruppe il contatto visivo. «Non ci credo.»
«Chiama la tua segretaria.» Quando la voce uscì come un sussurro, Liz si interruppe e inghiottì dell’aria nel tentativo di calmarsi. «Ha trattato con me. Sono io che ho gestito la faccenda e firmato il contratto.»
«Se sei la proprietaria, perché sei venuta tu a pulire casa mia?» Strinse gli occhi. «Volevi spiarmi?»
«Spiarti? Dopo tre anni?» Fece una smorfia di disgusto. «Sei l’uomo più vanitoso che conosca! Non sapevo che avrei lavorato per te. La tua segretaria mi ha assunto per pulire la casa del direttore generale della Cain Corporation. Non ti ho associato a quel nome. Quando eravamo sposati, la società si chiamava Nestor Construction.»
«La Nestor Construction è un’affiliata della Cain Corporation.»
«Fantastico.» Si girò e tornò al centro della stanza. «Ho sei dipendenti, ma a volte non bastano. Perciò, spesso mi metto in gioco anch’io invece di occuparmi solo della parte amministrativa o dei progetti di espansione.» Non aveva intenzione di dirgli che il suo obiettivo era di assumere il maggior numero possibile di donne della A Friend Indeed, un’associazione benefica che forniva un tetto alle vittime di abusi e maltrattamenti che avevano bisogno di una seconda opportunità. Cain non aveva mai approvato gli enti assistenziali, né tantomeno le seconde opportunità.
«Espansione?»
«Voglio entrare nel campo del giardinaggio e della pulizia piscine.» Con le dita raccolse dietro l’orecchio una ciocca che era sfuggita dallo chignon. «Non c’è fretta. In questo momento, sono concentrata sul servizio domestico. Ho bisogno di una trentina di clienti in più.»
Lui emise un lungo fischio.
«Non è così difficile in una città come Miami» ragionò Liz.
«Non ho fischiato per la difficoltà, ma perché sono impressionato dalle tue ambizioni. Da quando ti sei messa in affari?»
Lei esitò, poi si chiese perché. Non doveva importarle il suo giudizio. «Tre anni fa.»
«Dopo che abbiamo divorziato?»
Liz sollevò il mento. Non gli avrebbe permesso di farla sentire a disagio per le sue scelte.
«No. Prima, ho accettato dei lavori di pulizia per mantenermi, poi la cosa si è ingrandita ed eccomi qui.»
«Ti ho offerto gli alimenti.»
«Non li volevo.» Raddrizzando le spalle sostenne il suo sguardo.
Errore.
Aveva sempre pensato che, se mai l’avesse rivisto, la conversazione si sarebbe concentrata sul perché l’aveva lasciato senza una parola di spiegazione. Invece, la chimica che vibrava tra loro aveva preso il sopravvento e lei era pronta a scommettere che nessuno dei due stava pensando a quello, bensì a lenzuola di seta e giornate passate a letto.
«Nel giro di un anno avevo lavoro per me e per un’altra cameriera a tempo pieno e in sei mesi avevo altre quattro dipendenti, a cui se ne sono aggiunte due di lì a poco. È stato allora che mi sono resa conto che potevo trasformare questo business in qualcosa di grande.»
«Capisco. So cosa significa avere un’idea e impegnarsi perché abbia successo.» Le girò le spalle. «Come hai detto, non è obbligatorio che le nostre strade si incrocino.»
«Allora, va bene?»
«Sì.» Sussultò. «Non è che potresti fare una lavatrice come prima cosa?»
«Perché?»
«Non so come, ma le mie mutande sono diventate rosa.»
Liz scoppiò a ridere e immediatamente le apparve la visione di altre risate e si sentì intrappolata nella morsa del tempo.
Il loro matrimonio era finito così male che aveva dimenticato i momenti belli passati insieme e adesso, di colpo, erano tutti lì, schierati davanti a lei.
Ma era sbagliato.
Lunghi e dolorosi anni erano trascorsi dai momenti belli che li avevano spinti a sposarsi la settimana in cui avevano accompagnato degli amici a Las Vegas.
Solo poco tempo dopo le loro frettolose nozze, la fase felice era diventata un ricordo lontano.
E adesso lei era la sua cameriera.
«Okay. Vado subito a lavare quelle che ti restano.»
Circa un’ora dopo, Cain parcheggiò la sua Porsche nello spazio davanti al grande edificio che ospitava la