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Il Miliardario: Contratto d’Amore
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Ebook160 pages4 hours

Il Miliardario: Contratto d’Amore

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About this ebook

Sophie Mason ha bisogno di soldi ed anche velocemente. Quando perde improvvisamente entrambi i lavori ed il criminale a cui suo padre deve dei soldi ne pretende il pagamento, si rivolge all’unica persona che le ha offerto un’ancora di salvezza. L’unica persona che sta evitando da quando ha scoperto che è un membro della famiglia che ha rovinato la vita di suo padre.

Ash Kavanagh, miliardario amministratore delegato e bravo ragazzo, ha bisogno di una finta fidanzata che lo aiuti a chiudere un contratto, e chiede a Sophie di interpretarla. Le offre parecchi soldi ed un guardaroba da urlo. Odiando il fatto di essere abbastanza disperata da accettare il contratto, ed odiando il fatto che si sta innamorando di un Kavanagh, prova a resistere ai nervi saldi di Ash. Deve anche evitare che venga a sapersi la connessione tra le loro famiglie.

Ma Ash non si rivela così carino quando scopre cosa lei gli sta nascondendo. A quel punto è troppo tardi. Sophie è innamorata di lui ed è in un mare di guai.

LanguageItaliano
PublisherOz Books
Release dateMay 4, 2021
ISBN9781005525767
Il Miliardario: Contratto d’Amore

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    Il Miliardario - Kendra Little

    Capitolo 1

    A llora, com’è lavorare per il nemico? chiesi a Liam.

    Si fermò e puntò il suo sguardo su di me, con il bicchiere di birra a metà strada per la bocca. La Kavanagh Corporation non è il nemico, Sophie.

    Alzai gli occhi al cielo e posai i tre bicchieri di vino davanti all’altra mia cliente e presi i suoi soldi. Scherzavo, dissi mentre lei cercava precariamente di tenere in equilibrio i tre bicchieri e se ne tornava al tavolo con i suoi amici un po’ brilli.

    Certo, disse Liam a bassa voce. Ovviamente stavi scherzando.

    Non mi credi?

    No.

    Evitai il suo sguardo e mi concentrai sul pulire la birra caduta sul bancone vicino al suo gomito sinistro. Guardarlo mi avrebbe solo permesso di vedere la compassione nei suoi occhi ed io non volevo vederla. Non c’era spazio nella mia vita per la compassione dei miei amici, o degli sconosciuti per quello che conta. La compassione portava al crogiolamento, ed io mi rifiutavo di crogiolarmi. Sarei finita in analisi se l’avessi fatto.

    Dimentichi che ti conosco abbastanza bene, Soph. Liam non avrebbe lasciato perdere ora che era stato sollevato l’argomento Kavanagh.

    Succede quando esci con qualcuno per qualche mese, dissi ridendo. Ma non ero più in vena di ridere. Parlare della sua nuova posizione alla Kavanagh Corporation aveva rievocato vecchi ricordi. Ricordi dolorosi che pensavo di aver sotterrato. Ancora non riuscivo a credere che uno dei miei migliori amici stesse lavorando per le persone che avevano fatto schiantare la mia vecchia e spensierata vita e mi avevano spinta in questa nuova, in cui il momento clou della giornata era non essere presa di mira dagli avventori del Saloon.

    Liam posò il suo bicchiere ed appiattì i palmi sul bancone. Si avvicinò leggermente e mi fissò con il suo intenso sguardo verde. Ascolta, Soph. So che hai qualcosa contro la Kavanagh Corp. Li hai sempre denigrati con me, specialmente da quando sono andato a sostenere il colloquio. Ma a meno che tu mi dica cosa non ti piace della compagnia, io la difenderò. So che è soltanto il mio secondo giorno, ma posso già dirti che mi piacerà lavorare lì. Fece spallucce come per scusarsi.

    Servii un altro cliente, un uomo di mezz’età con i capelli a spazzola che mi fece l’occhiolino quando mi diede il suo ordine. Mi presi del tempo, cercando di riordinare i miei pensieri. Sono felice che ti piaccia il nuovo lavoro, dissi a Liam mentre Capelli a Spazzola se ne andava dopo avermi fatto un altro occhiolino. Ma ho le mie ragioni per non apprezzare la Kavanagh Corp.

    Che sarebbero?

    Feci dei lenti cerchi sul bancone con la pezza, nonostante non ci fossero più schizzi. Mio padre lavorava lì. Lo hanno trattato molto male.

    Liam si risedette riprendendo il bicchiere. Potevo capire dal modo in cui evitava il mio sguardo che avrebbe voluto biasimare mio padre. La sua reazione era comprensibile. Liam conosceva papà soltanto come un perdente ubriacone. Non lo aveva conosciuto prima che i Kavanagh lo masticassero per bene prima di buttarlo via come un pezzo di carne malandato.

    Saggiamente, Liam non disse nulla. Era un bravo ragazzo. Un ragazzo carino. Ecco il motivo per cui non avevamo funzionato. Io ed i ragazzi carini non andavamo bene insieme. Alla fine, non gli piaceva il mio lavoro di barista, mi dicevano che potevo fare di meglio ed uscire dalla monotonia in cui ero intrappolata. E poi conoscevano mio padre ed entravano di più nella mia vita e capivano di essersi sbagliati. Non potevo fare meglio. La mia vita non era mai stata pranzi aziendali e conversazioni intellettuali come le loro, e mai lo sarebbe stata. Vivevo in un quartiere di merda, guidavo un’auto di merda ed avevo a malapena i soldi per coprire vitto e alloggio. Vivevo con quel perdente di mio padre da quando aveva perso il lavoro tre anni fa e la mia istruzione era terminata con le superiori. Fare due lavori mi lasciava senza tempo per andare avanti come un mio ex l’aveva definito.

    Non Liam. Non era mai stato uno stronzo riguardo alle nostre differenze. Un giorno aveva semplicemente interrotto la nostra relazione dopo avermi detto che eravamo meglio come amici che come amanti. Ero d’accordo con lui – adesso – ma non significava che all’epoca non avesse fatto male, dal momento che era successo subito dopo che mi aveva aiutato a portare papà a casa dal bar in cui era rimasto a bere per dodici ore di fila.

    Servii un’altra cliente e, mentre prendevo i suoi soldi, lanciai uno sguardo verso la porta. Il mio cuore sfarfallò leggermente mentre un ragazzo divino entrava. Era alto e slanciato, capelli corti e scuri. Il suo abito grigio antracite sembrava costoso, ma le linee decise gli davano ancora maggiore sensualità. Era rasato e sfoggiava dei lineamenti scolpiti come un modello da catalogo senza alcuna aria da ragazzino. Era mascolino come uno sportivo. Anche il modo in cui lanciava occhiate in giro per il bar, esaminando i pochi clienti abitudinari di un martedì sera bagnato, era sexy. Non era arrogante e non c’era nulla del guardatemi-perché-sono-figo in lui, ma era comunque imponente. Come se non gli importasse che qualcuno lo notasse o meno. Immagino che agli Dei non importi cosa pensiamo noi meri mortali.

    Ma ragazzi, lo notarono tutti. Il Saloon non era rumoroso di suo, ma tutte le conversazioni cessarono e tutte le teste si voltarono verso di lui. Uomini e donne lo squadravano, alcuni con ammirazione, altri con riluttanza, riconoscendo di non essere più i più affascinanti nella stanza. Il gruppo di tre avvocatesse al tavolo più vicino alla porta gli stava mandando eclatanti segnali di ammiccamento. Lui le oltrepassò con lo sguardo e continuò ad esaminare la stanza.

    Cristo, mormorò Liam.

    Lo conosci?

    Già. Lui è un…amico.

    Come mai non l’ho mai incontrato?

    Un nuovo amico. Non lo conoscevo quando uscivamo insieme. Liam fece segno al nuovo arrivato. Il ragazzo arrivò, passo sicuro ma non altezzoso. Le avvocatesse studiarono il suo sedere mentre passava il loro tavolo, ridendo e dandosi colpetti l’un l’altra. Cercai di darmi un’aria sensuale e sofisticata ma lasciai perdere. Non c’è niente di sofisticato nello spillare birre.

    Ce l’hai fatta, disse Liam, stringendo la mano dell’altro ragazzo.

    Lui si sedette su un sgabello, poggiando un gomito sul bancone. Hai parlato così bene di questo posto e del servizio che ho pensato di fare un giro. Si guardò di nuovo intorno, più lentamente stavolta. Bell’atmosfera. Tranquilla. È raro trovarla qui intorno.

    Dipende dall’essere nascosto in un vicolo, disse Liam. Soltanto i clienti abituali sanno che è qui. Io ci vengo da quando ho incontrato Sophie.

    Annuì verso di me ed il ragazzo seguì il suo sguardo. Wow. Che occhi! Erano del colore dell’oceano profondo – prevalentemente blu con una traccia di verde scuro e malinconico grigio. Una ragazza poteva affogare in occhi come quelli se non stava attenta. Ma ciò che davvero mi piaceva dei suoi occhi non era il colore. Era il modo in cui non vagarono per il mio corpo. Neanche una volta il suo sguardo si spostò a sud del mio viso. Anzi, il suo sguardo non lasciò il mio. Era un’esperienza più intensa di ogni altro sguardo lascivo che avessi mai ricevuto.

    Sophie, questo è Ash, disse Liam. Ash, ti present Sophie.

    Ash allungò la mano. Piacere di conoscerti. Liam mi ha detto tutto di questo posto così ho deciso di fare un tentativo. Lavoro non lontano da qui, ma non avevo mai saputo che esistesse.

    Oh? gli strinsi la mano. Le sue dita erano lunghe, forti, con piccoli calli sul palmo che non si accordavano con la sua netta immagine di uomo d’affari. Dove lavori?

    In uno dei grattacieli sulla Quinta.

    Ash lavora in proprio, lo interruppe Liam.

    Ash alzò entrambe le sopracciglia verso Liam.

    Liam scrollò le spalle. Posso offrirti qualcosa da bere?

    Birra. Ash mi guardava mentre la versavo ed accettò il bicchiere quando lo feci scivolare verso di lui. Lavori qui da molto, Sophie?

    Troppo. Sorrisi. E lui mi sorrise di rimando. Dannazione, aveva anche dei denti perfetti ed un sorriso rilassato, come se fosse qualcosa che faceva spesso. Ho bisogno di uscire di più, di spalancare le ali, come si dice. Che diavolo stavo dicendo? Sembravo un’idiota.

    Anche io, mormorò Ash. Certi giorni mi sento come se non lasciassi mai la scrivania. Non mangio un pasto vero da una settimana, solo cibo da asporto, ordinato dalla mia assistente prima che vada a casa.

    Lei cosa pensa delle tue abitudini di lavoro? chiesi.

    Una volta mi ha detto che ho bisogno di farmi una vita.

    I tuoi impiegati ti parlano in questo modo?

    Solo quelli che mi conoscono abbastanza bene. Penso che gli altri credano che sono una macchina visto che sono lì quando arrivano al mattina e ci sono ancora quando vanno via la sera. Il fatto è che la mia assistente ha ragione. Io non ho una vita.

    Stasera sei uscito.

    Lui sospirò. La verità è che avevo bisogno di un drink. Problemi di famiglia. Non importa quanto lavori, non puoi sfuggirgli.

    Allora abbiamo qualcosa in comune. Evitai di guardare Liam mentre lui beveva con calma la sua birra e non ci interrompeva.

    Vuoi dire che hai un fratello più grande la cui vita è una spirale fuori controllo che sta tirando giù con sé chiunque?

    Gli rivolsi uno sguardo di compassione. Non un fratello, un padre. Sono figlia unica.

    A volte vorrei esserlo anche io, mormorò nel suo bicchiere.

    Tuo fratello ti sta facendo passare un momento difficile?

    Indirettamente, sì. Anche l’altro mio fratello maggiore. Lui riesce a causare problemi anche non vivendo più a Roxburg.

    Quella è un’impresa. Quanti fratelli hai?

    Quattro.

    Quattro! Sorelle?

    Nessuna. Forse quello è il problema. Una sorella ammorbidirebbe le riunioni di famiglia e porterebbe un tocco più femminile. D’altra parte, avrebbe potuto diventare come mamma. Lei non ha il minimo istinto materno.

    Rimasi in silenzio. Mi stava piacendo conversare con Ash e non volevo rovinare l’atmosfera parlando della morte di mia mamma. Allora dove ti posizioni nella gerarchia di testosterone?

    In mezzo. E sì, è brutto come sembra e no, non ho la sindrome del figlio di mezzo. Più o meno. Sorrise.

    Io risi poi servii un altro cliente. Ash si girò dall’altra parte nello stesso momento ed io feci un cenno d’approvazione verso Liam. Liam sorrise.

    Fui impegnata per i successivi venti minuti, ma ogni tanto riuscii a sentire qualcosa della loro conversazione. Parlavano in modo informale, perlopiù di sport e di persone che entrambi conoscevano, ma niente di cattivo. Liam non aveva neanche un osso cattivo in corpo e sembrava che Ash gli somigliasse molto. Non era una sorpresa che fossero amici. Entrambi avevano il temperamento socievole dei ragazzi equilibrati. Ash poteva aver scherzato sui problemi di famiglia e sull’essere il figlio di mezzo, ma sospettavo che fosse proprio così – una battuta. Mi sembrava normale e quello significava sempre un’infanzia normale con due genitori amorevoli e uniti. Invidiavo la fortunata ragazza che gli aveva rubato il cuore. Non indossava una fede, ma quello non significava che non fosse sposato o non avesse una relazione stabile. D’altra parte, non aveva menzionato una donna quando aveva parlato delle sue nottate a lavoro.

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