Mente essenziale: Un viaggio negli elementi costitutivi di corpo, mente e spirito, accompagnato dall’energia degli oli essenziali
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Mente essenziale - Monica Di Mauro
sé.
PRIMA PARTE
IL CORPO
1.1 LA CURA DI SÉ, RI-PARTIRE DAL PROPRIO CORPO
Nella mia pratica clinica di psicoterapeuta e nella vita personale ho compreso ormai da tempo che senza un buon livello di energia
non si va da nessuna parte, che si voglia risistemare l’armadio, dimagrire o risolvere un pensiero ossessivo o un qualunque stato di angoscia profonda altrimenti espresso dalla nostra mente.
L’energia da qualche parte deve pur arrivare.
Sicuramente e principalmente dovrà giungere da pensieri e sentimenti benevoli e fiduciosi provenienti dal nostro interno. Da un buon equilibrio emotivo.
Il naturale corso del pensiero e del sentire interiore
di ogni uomo dovrebbe essere caratterizzato da benevolenza, altruismo e fiducia. Il problema spesso è che questo naturale sentire viene inficiato da meccanismi autosabotanti
. Modificare una forma-pensiero o uno schema mentale distruttivo richiede a sua volta molta energia. Oltre che tempo, solitamente.
Penetrare l’inconscio e poi riscriverlo
non è la cosa più veloce che ci sia. Per lo meno, in molti casi non lo è.
Quindi? Come si può iniziare a trasformare uno stato di sofferenza diventato ormai pervasivo?
Intanto partiamo dalla cura di sé più basilare e concreta, quella del corpo. La ricerca dell’equilibrio acido base può essere un primo
punto di partenza: quello per molti aspetti più semplice e più sensato.
L’equilibrio acido-base, come si vedrà, ha a che fare con i sali mine-rali, e questi, oltre a mantenere l’intero sistema mente-corpo in equilibrio, svolgono molte altre funzioni, tra cui, appunto, quella di generare energia elettrica
, luce, dentro di noi. Sali significa ioni, ioni significa elettroni; vedremo come questo elemento sarà sotteso a diversi concetti che nel libro ho voluto intrecciare. Che si parli di cibo, di corpo e tessuti, di pensiero, di emozioni o di oli essenziali, l’alfabeto che tutto accomuna è in fondo composto da queste fondamentali lettere
.
Riequilibriamo, quindi, il più possibile fluidi e tessuti, diamo nel più veloce tempo possibile energia al sistema e poi, o meglio intanto, faremo tutto il resto, procedendo dal materico all’eterico, ovvero dal concreto al simbolico, sempre più.
In molti casi questa può essere una modalità di procedere più affrontabile di altre
. Questo dipenderà certamente dal livello di coscienza e consapevolezza di un individuo ma è comunque un punto a cui prima o poi dobbiamo arrivare tutti quanti. Che una persona abbia saputo modificarsi dentro partendo dalla riflessione anziché dal corpo, prima o poi di quest’ultimo dovrà comunque occuparsi. Migliorarne la condizione fisiologica e funzionale migliorerà anche l’esperienza mentale complessiva, sempre.
Un corpo stanco ha voglia di sonno, riposo e pace. Non di mettersi a elaborare questioni a volte sommerse e complesse. Un organismo affaticato e intossicato può portare a due estreme e opposte modalità di funzionamento mentale e comportamentale: o iperattiva e instabile, o, al contrario, pigra, apatica e disimpegnata
.
In entrambi i casi non avrò una persona nella condizione di tollerare quella frustrazione che l’incremento emotivo, legato al cambiamento, porta a livello psico-fisico.
La tolleranza alla frustrazione è una competenza emotiva importantissima − di cui parleremo nella prossima sezione − che spesso è necessaria allo sblocco emotivo
. Quello sblocco emotivo indispensabile all’evoluzione della nostra coscienza. Affrontare una paura, una verità scomoda, una rabbia inespressa o a una qualunque presa di coscienza necessaria al nostro progresso personale richiede un’iniziale tolleranza.
La crescita emotiva a volte rende necessario far emergere dall’inconscio contenuti emotivi repressi per lungo tempo e richiede uno sforzo costruttivo
(ma pur sempre sforzo) che va protratto. Non sarà un tempo infinito, ma dovrà essere sufficiente a consolidare le nuove orme nel nostro cemento
interno.
La tolleranza alla frustrazione è un prerequisito fondamentale alla realizzazione di sé in senso ampio. Quando si voglia uscire da un profondo stato di malessere personale essa va costruita e nutrita. A mano a mano che si acquisisce avremo la possibilità di procedere sempre più in profondità. Ci consente di uscire dalla zona di comfort. Ed è sempre un comfort mentale
prima di tutto, quello che si intende.
Quanto sia importante dialogare con il nostro inconscio lo vedremo. Negli ultimi anni mi sono dedicata alla ricerca di modalità sempre più efficaci a tale scopo. L’inconscio non si modifica semplicemente parlando e usando la mente razionale.
Mi spiace sentenziarlo in modo così netto per quei colleghi che ancora ritengono la parola accogliente e la saggia interpretazione
gli strumenti elettivi della prassi psicoterapeutica. L’inconscio coglie più la parte non verbale, per altro, del nostro linguaggio. È più sensibile all’empatia che non all’intelligenza in senso stretto. Ma non sarà sufficiente nemmeno essere empatici per essere realmente trasformativi
su di esso.
L’inconscio va conosciuto e studiato. Ha un linguaggio suo e bisogna adottarlo per entrarvi in contatto. S. Freud, C. V. Jung, M. Erikson, solo per fare alcuni nomi emblematici nel panorama dello studio della psiche e della personalità, dedicarono i propri studi e la propria attività clinica a comprendere in quale modo entrare in dialogo con le parti inconsce.
Parafrasando quanto descritto dalla dott.ssa Erica Poli in Anatomia della guarigione, l’inconscio è una parte cospicua e potente del nostro essere, estesa e coincidente con il corpo stesso. Risponde e dialoga soprattutto con le sensazioni corporee, con tutto ciò che colpisce ripetutamente i nostri sensi: immagini, colori, suoni, mantra e azioni ripetute, per l’appunto.
Freud sosteneva che esso non possiede e non conosce l’analisi logica e grammaticale con cui si esprime la nostra razionalità.
Ecco perché gli oli essenziali, di cui mi occupo da alcuni anni in modo anche professionale, possono esserci di molto aiuto in questa comunicazione basata su canali sensoriali più che lessicali.
Dobbiamo conoscere questi dati fondamentali di noi stessi, poiché l’inconscio abita ovunque
, nella collettività, come Jung descrisse, e tanto più in noi stessi. Altrimenti non potremo dialogare con esso e soprattutto non potremo capire i messaggi che ci invierà. L’inconscio si esprime continuamente in forma metaforica attraverso di noi: in sogno, nelle fantasie a occhi aperti
, nei nostri prodotti artistici e in molti gesti automatici
che ogni giorno compiamo senza che la soglia della nostra attenzione li intercetti.
L’inconscio, se sappiamo interpretarlo, ci parla in ogni gesto che compiamo. Nei piatti che cuciniamo, in come guidiamo la macchina, in come sistemiamo i nostri cassetti
dell’armadio. E anche nelle bugie che raccontiamo, anzi soprattutto in quelle! Tutto può parlarci di noi. Se siamo in ascolto e abbiamo adottato una visione simbolica
della vita, ovvero disposta a cogliere un senso più profondo in tutto quello che ci riguarda.
Sbloccare la nostra libertà, rimasta intrappolata in paure inconsce provate da piccoli (e questo riguarda tutti, è ora di dirselo con franchezza; la sofferenza non è il destino di pochi, varia solo per l’intensità di certe paure, ma riguarda ognuno di noi) richiede, come dicevo, energia, perché bisogna trovare coraggio. Farsi coraggio e procedere.
Entrare nella paura è come entrare in un bosco di notte col vento che soffia forte, e lo si deve fare necessariamente da soli. Il terapeuta o chi per esso è uno strumento che accompagna, ma il vuoto, il senso di catastrofe, l’abbandono li si sperimenta da soli. Si teme a volte di morire
.
Molti miei pazienti mi dicono che sentono come devastante
la sola idea di non assecondare certi impulsi a fare o non fare determinate cose.
Rivivere certe emozioni e permettersi di andare fino in fondo una volta per tutte
al fine di liberarsene può spaventare ma è necessario.
L’importante è soprattutto affrontare tutto ciò avendo chiaro che lo si fa per restituire maggior senso alla nostra storia e alla nostra esperienza presente. E questo a volte rende il lavoro davvero delicato. Bisogna infatti stare attenti che la terapia
(che la si faccia con uno psicoterapeuta o con un operatore olistico o con una figura carismatica o guru che dir si voglia) non porti semplicemente a una ennesima riedizione
(magari anche traumatica) di sofferenze emotive fini a se stesse.
La liberazione emozionale
si deve accompagnare a una nuova analisi di significato: la persona deve poter dare senso oltre che voce ai vecchi contenuti emotivi.
Lo vedremo meglio in seguito: per ora basti sapere che ci vuole applicazione, costanza, motivazione e continuità. In altre parole: cambiare a livello emotivo richiede auto-disciplina e tolleranza alla frustrazione. Rieducarsi alla felicità necessita di gradualità e costanza.
E per compiere tutto ciò è necessaria una notevole energia.
1.1.1 IL CAMBIAMENTO PSICOLOGICO E IL CIBO
Realizzare dei cambiamenti profondi e stabili a livello psico-emotivo non è impossibile, ma necessita di risorse. Ci vuole energia per mettere impegno mentale
. Dal momento che la mente è nel corpo, ha sede in ogni sua cellula, potrò ricostruire un pensiero armonico partendo anche dall’attenzione a quello che mangio, ovvero da ciò con cui costruirò
letteralmente il mio corpo: il cibo.
Si potrà forse obiettare che mettere disciplina e ordine nella cura di sé sia impossibile fin tanto che non ci si senta più sereni internamente e che in una condizione di grande sofferenza il cibo compensa
e porta velocemente endorfine.
Quando si vuole migliorare la propria condizione psico-fisica bisogna iniziare, e basta. Da qualche parte, la più facile e immediata che potremo trovare, ma partiamo. Stando molto attenti a non cadere in una serie di alibi, che l’Ego (vedremo diffusamente oltre di che si tratti nello specifico) non si travesta da buon senso
, non utilizzi cioè la nostra razionalità, per tenerci fermi. Il rischio è di ritrovarsi in un circolo vizioso che genera stasi: mangerò adeguatamente quando sarò tranquillo, ora sono troppo agitato
; oppure, viceversa, come faccio a stare tranquillo che ho male dappertutto, l’intestino non funziona, sono sempre di corsa e stanco, nessuno riuscirebbe a star tranquillo
. Da qualunque parte la si guardi, la situazione pare auto-giustificarsi
. Se vogliamo cambiare dobbiamo fare appello solo alla nostra volontà e, attraverso la tolleranza alla frustrazione, partire al di là delle mille obiezioni che muoveranno dall’interno di noi stessi.
Bisogna vincere la pigrizia mentale, questo è il vero punto.
Da qualche parte dobbiamo iniziare a modificare le nostre abitudini di pensiero, di comportamento, di vita. Senza autoinganni involontari.
Partire dal cibo può essere un modo molto immediato di introdurre energia dentro di noi.
Credo che non si debba mai frustrare la gratificazione orale, né ci si debba forzare a compiere attività sportiva senza alcun desiderio autentico o una corretta motivazione personale. E infatti è importantissimo trovare gli adeguati compromessi: nella prossima sezione vedremo come l’Io, il nostro coordinatore interno
, sia a nostra disposizione proprio a tale scopo. La sua funzione è infatti quella di trovare i giusti compromessi per assecondare ognuna delle nostre istanze interiori. La volontà di autorealizzazione nel mondo e il bisogno di accudimento amorevole, calore e pace.
Come dicevo, visto che comunque da qualche parte bisogna pur iniziare, partire da qualcosa di concreto può essere più facile. Provare a farsi una tisana dopo cena per favorire il sonno notturno. Fare una passeggiata in un luogo che amiamo. Utilizzare un aroma in diffusione nell’ambiente che promuova un sonno più profondo. Assumere poche gocce di un olio essenziale che faciliti la digestione e migliori il pH di ciò che ho ingerito ecc. sono qualcosa di veloce e gratificante ma benefico.
Trovare una ricetta veloce che riesca a gratificare il palato e rispetti gli equilibri organici è qualcosa di possibile e oltretutto gratificante per la nostra creatività.
Vi consiglio in questo ambito i libri di Filippo Ongaro se voleste un punto di partenza: Mangia che ti passa e Mangia che dimagrisci o anche i meravigliosi libri di Laura Cuccato se voleste cimentarvi con un livello ulteriore di creatività culinaria salutista: Il crudo è servito; Frullato e mangiato; Dolce e crudo; La cucina crudista.
Compiere il primo passo in una certa direzione è la cosa più importante ma anche la più difficile. E partire da una cosa semplice, semplicissima anche, è comunque partire. E questo sia per la nostra mente conscia sia per quella inconscia è un segnale preciso di volontà di cambiamento. Questo è ciò che più conta, poiché il cambiamento
è sempre una sfida, soprattutto per una psiche già organizzata
in modo inadeguato. Se il gesto sarà un gesto piccolo, gratificante e semplice, anche il Super-Io più punitivo (vedremo oltre di che si tratta) potrebbe consentirgli di passare la dogana della "punizione