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Movimento
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Ebook162 pages2 hours

Movimento

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About this ebook

"Manuel M. Buccarella ci aiuta a riassaporare il gusto dell'adolescenza, sognando a occhi aperti, ricordandoci quei momenti che ci hanno visti acerbi, folli, ingenui e protesi verso un futuro carico di dubbi e speranze. La storia di Giacomo, il protagonista, e dei suoi amici si intreccia con le vite degli adulti e con le loro problematiche, spesso indotte dalla crisi economica e di valori di questi anni. Giacomo dimostra, in alcuni tratti, di cavarsela anche meglio degli adulti, manifestando una serietà e tranquillità di pensiero che lo porterà ad adottare scelte di vita forse contro corrente..."
LanguageItaliano
Release dateApr 26, 2021
ISBN9791220296557
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    Movimento - Manuel M Buccarella

    Copertina di Elena Sofia Buccarella

    Prima ediz. 2014, Talos Edizioni (solo cartaceo)

    Seconda ediz.2021, selfpublishing (solo ebook)

    Manuel M. Buccarella

    MOVIMENTO

    Tutto ha inizio in una città di provincia. Tanti sono i desideri di un adolescente: oltre a quelli pressoché scontati e fisiologici, il sogno che accompagna le ore spesso uguali e routinarie delle lezioni di scuola è quello delle note del pentagramma. Quante volte la mia mente, anche per evitare stati da encefalogramma piatto, spazia da Chopin a Schopenauer, dal basso di Marcus Miller alla chitarra di George Benson, passando per Morrissey e Sir Oscar Wilde; L’Opera da Tre Soldi di Bertolt Brecht e gli archi de L’Era del Cinghiale Bianco… Spero che ritorni presto! Infatti gli spaziosi archi che mi invadono la massa cerebrale vengono improvvisamente stoppati dalle parole della prof di Geografia, che mi chiede conferma circa il Capo dello Stato del Canada! Diavolo, la regina Elisabetta!

    Non che abbia mai amato monarchi, gerarchi o dittatori, ma la regina è sempre madre. God Save The Queen, e mi ritorna in mente il 1977 con il movimento punk ed un altro assaggio di rivoluzione. «Dieci, cento, mille, rivoluzioni!». In Italia a Bologna moriva, nel corso di una manifestazione, lo studente di medicina Francesco Lorusso, militante di Lotta Continua. La rivoluzione è anche il movimento che la Terra compie intorno al Sole.

    Movimento, movimento, è stato sempre ciò che mi ha veramente eccitato. Lento o  convulso non importa, purché sia movimento! Nella mia città non è che ci sia molto spazio per il movimento; piccola, a volte asfittica, un po’ borghese e conformista. Ma quale ostacolo può imporre al libero movimento delle idee ed al desiderio di incontrarsi con gli amici per condividere momenti ed opinioni?

    Ah, dimenticavo di presentarmi: mi chiamo Giacomo Lazzi, ho 18, quasi 19 anni e frequento la terza liceo, l’ultimo anno del liceo classico. Sono alto un metro e ottantuno centimetri, longilineo, capelli castano scuri, occhi castani, un discreto riscontro presso il pubblico femminile. Quanto alla dimensione scolastica, posso ritenermi fortunato, in quanto ho una particolare predisposizione per le materie umanistiche, che trovo per altro assai vicine alla musica, mia grande musa, nonostante neppure un’ora a scuola sia dedicata all’educazione musicale. Quindi, per le rudimentali nozioni tecniche, devo quasi prendere a saccheggio quanto faticosamente appreso nei tre anni di scuola media.

    Francesco, Teodoro e Jonathan sono i miei migliori amici: Teodoro frequenta la mia stessa classe, mentre Francesco e Jonathan sono miei coetanei: Francesco è in un’altra sezione del mio liceo, Jonathan invece frequenta il liceo linguistico. Ci accomuna, oltre all’età, l’amore per la musica e la predisposizione verso idee anarco-socialiste.

    Con Francesco e Teodoro ci incontriamo tutti i giorni durante la ricreazione, con Jonathan, assieme agli altri, un po’ più di rado qualche pomeriggio nel mezzo della settimana, il sabato e la domenica. 

    «Ciao, ragazzi, come va?».

    «Benone, Giacomo», rispondono in coro Francesco, Teodoro e Jonathan. Siamo nel garage sotto casa di Teodoro, nella prima periferia della città. I ragazzi stanno già provando qualcosa con gli strumenti; sono arrivati una decina di minuti prima di me, nell’improvvisato studio musicale insonorizzato con le classiche confezioni portauova e realizzato in uno dei due garage di proprietà dei genitori di Teodoro. Jonathan imbraccia una Fender Stratocaster seminuova, recente regalo di suo padre, e lancia l’incipit di Hey Joe del grandissimo Jimi Hendrix, prematuramente scomparso il 18 settembre del 1970. L’immortale chitarrista americano, per un attimo reincarnatosi nelle dita di Jonathan, è accompagnato da me alle tastiere, da Francesco al basso, e da Teodoro alla batteria. Dopo Jimi, si passa a provare le note di Light My Fire degli intramontabili Doors.

    Dopo un po’ ci raggiungono Katya e Roberta. «Ragazzi, arrivano le squinzie!». Katya è la mia ragazza da qualche tempo ormai, Roberta invece se la fila con Teodoro da pochissimi mesi.       «Ahiahiai – dico – mi sa che è venuto il momento di deporre per un po’ le nostre armi», e la musica è costretta ad interrompersi.

    Katya mi confida di essere preoccupata per aver preso la terza insufficienza di fila in matematica. Cerco di tranquillizzarla: «Capisco il tuo stato d’animo, amore, ma non ne farei un dramma: sia tu che i tuoi insegnanti conoscono le tue qualità. E’ un momento un po’ così: la materia in sé per sé è a volte ostica e sicuramente sei un po’ deconcentrata per la crisi che stanno attraversando i tuoi. In ogni caso sai che puoi fare affidamento su di me. Continuerò a starti vicino, come sempre d’altronde». Katya allora abbozza un sincero sorriso e mi stringe le braccia al collo. Poi un bel bacio raggiunge le mie labbra. La ricompensa che stavo aspettando! Roberta e Teodoro, novelli innamorati, pomiciano alla grande ed abbozzano un breve petting; sono proprio senza ritegno, quei due!

    Non si sa se le ragazze interromperanno definitivamente la nostra serata musicale, oppure se daranno vita ad una breve sospensione dello show. Perdippiù Francesco e Jonathan sono lì ad attendere un nostro cenno per riprendere a suonare. Dopo circa un quarto d’ora, alla fine, le squinzie, dotate di comprensione e buona educazione, si fermano nel garage ad ascoltare i loro beniamini. La serata, dopo un’oretta, si conclude con una non perfetta esecuzione di Purple Rain del grande Prince.

    «Fine serata, che si fa? Pizza?», chiede il padrone di casa. D’accordo: pizza veloce mordi e fuggi da Il Gigione, una delle pizzerie più rapide e tuttavia più economiche della città. La serata si conclude rapidamente, dopo la consumazione in piedi. Accompagno in scooter Katya a casa. «Buona notte, mon amour».

    Liaisons dangereux

    La mattina successiva mi aspettano le solite cinque ore di scuola. Spengo la sveglia con un po’ di ritardo: mi alzo dal letto alle 7,45 piuttosto che alle sette e mezza. Colazione velocissima a base di latte e caffè ed una manciata di biscottini; golfino dolce vita blu scuro, un paio di jeans e Converse alte nere senza stringhe. In venticinque minuti sono fuori di casa ed a bordo dello scooter raggiungo, comunque in orario, il liceo.

    Anch’io in matematica non sono per niente un portento; ed infatti ieri pomeriggio, tra band, pizza e Katya, non sono riuscito ad approfondire la lezione. Fortunatamente Pasquale Misurato, il prof di  Matematica e Geometria, ha dovuto fare un ritardo di circa mezz’ora per accompagnare la figlia dal dottore; quindi, si limita a ripetere insieme a noi la lezione, senza interrogare nessuno. Teodoro mi dice: «L’hai scampata, Giacomo, dobbiamo essere più preparati, però».

    Mentre sto per varcare il cancello d’uscita della scuola, ricevo sullo smart la chiamata de la guagnedda. Katia mi appare già sulle prime poco tranquilla: «Ciao, amò, come va?».

    «Bene, Katia, non mi posso lamentare. Oggi Misurato è arrivato in classe con molto ritardo e non ci ha neppure interrogato. Lo sai che la matematica ed il prof li temo un pochino …». Poi lei crolla in un fiume di lacrime. «Mio padre è andato via di casa! Io e mia madre l’abbiamo cercato tutto ieri e stamattina. Non risponde al telefono. Temiamo che abbia deciso di abbandonarci per seguire quella zoccola!».

    «Mmmh, brutta storia! Cerca di stare serena, Katya. Vengo a casa tua dopo pranzo, verso le tre e mezza».

    E’ da quasi un anno che il matrimonio dei genitori di Katya è a forte rischio. Giovanni Meloni, il padre, è un rappresentante di un’azienda d’abbigliamento che sta subendo, da circa tre anni, una significativa contrazione del fatturato; piuttosto benestante sino a tre anni fa, ora cerca di cavarsela per come meglio può, attingendo anche ai risparmi accumulati negli anni di maggior benessere. Distinto ma anche alla moda, e non potrebbe essere diversamente per chi fa un lavoro come il suo, ha 46 anni e da qualche tempo si è invaghito di una collega più giovane di lui di una decina d’anni. Chi ha visto Annamaria la definisce una bella sorca. In effetti gli ammiratori non sbagliano: magra e di statura medio alta, ha capelli castani, lievemente trattati, curve mozzafiato messe in risalto da scarpe con tacchi a spillo che spesso non disdegna di calzare.

    Alle tre e mezza in punto sono sotto casa di Katya. La mia ragazza vive in una zona residenziale tra la periferia e la campagna, non lontano dallo stadio. E’ un quartiere per benestanti, in linea di massima. E’ una zona piacevole da vivere e da vedere: tanto verde, e di qualità, con alberi di olmo e qualche alto pioppo, oltre ai più comuni pini ed alberi di leccio. Qualche sparuta palazzina, delle villette a schiera e ville a tre piani con ampi giardini e qualche piscina.

    La villetta di Katya si trova nel mezzo: giardino di circa mille metri quadrati, con tre cedri del Libano, un paio di piccole palme da cocco, una siepe ben tagliata e vegetazione più comune, come alcune piante da rosa di diverso colore ed altre piante da fiore (margherite celesti, bianche e gialle, qualche bella begonia bianca e caprinelle dal fiore celeste) con un bel tappeto misto a dicondra e prato inglese. In fondo al giardino l’ingresso della casa affaccia su un bel patio. L’appartamento, dalle pareti belle vive colorate di giallo come la maglia della Seleçao brasiliana, si sviluppa su due piani con la zona letto sistemata nel seminterrato.

    Katya mi attende in giardino da almeno cinque minuti. E’ contenta di vedermi e ciò pare contribuire a rasserenarla, almeno per un po’. «Ciao, Giacomo. Non ti ho mai aspettato con tale ansia prima d’ora! Quanto ti amo! ».

    «Dimmi, mia bella pulsella, raccontami ...».

    «Giacomo, sai bene come stanno le cose da un po’ di tempo in casa mia. Papà se la fila con quella troia di Anna Maria da quasi un anno, ma ora ha superato ogni limite. La mamma li ha beccati nel fuoristrada di papà in una strada secondaria, a pochi chilometri da qui. Erano ben appartati, molto probabilmente lo stavano facendo. Giovanni si è accorto quasi subito della presenza di mia madre, che urlava e tirava calcioni sul Suv chiuso a quattro mandate, si è ricomposto e senza colpo ferire, ha messo in moto ed è andato via. Da ieri sera, dopo l’incidente, non è più tornato a casa e non risponde al telefono, né a me né a mamma. E’ la prima volta che fugge via di casa, Giacomo. La sua storia con Anna Maria diventa sempre più lunga e temo anche più seria. La mamma senza volerlo ha dato loro il là per consolidare ed ufficializzare la tresca».

    Stringo forte tra le mie braccia Katya: è molto provata. I suoi grandi occhi neri, che mi hanno fin dall’inizio attratto per la loro bellezza e per la profondità dello sguardo, mi dicono inequivocabilmente che si sente smarrita e che teme molto per la salute di Sofia, sua madre. Sofia è una bella signora di 44 anni, insegnante di inglese in un liceo scientifico della provincia, abbastanza minuta ma non per questo affascinante di suo. Ricorda vagamente la giornalista Lilli Gruber. Oltre che per Sofia, sono ovviamente preoccupato per la mia ragazza che, peraltro, è anche figlia unica.

    Sofia non è in casa: è impegnata, oltre che nella ricerca del marito, in un consiglio di classe convocato nella sua scuola. Dopo aver ricevuto i necessari aggiornamenti sulla situazione, entro nella villetta di Katya, la mia mano nella sua. Il suo palmo trema lievemente ed è anche un po’ sudato. Faccio finta di non averci fatto caso, per non far crescere ulteriormente l’ansia nella mia compagna.

    «Penso sia il caso – dico – di sederci un attimo in salotto a bere un po’ d’acqua o un succo di frutta. Ci aiuterà a distenderci un po’ ed a riprendere la giornata con maggior serenità». 

    «Hai proprio ragione, Giacomo. Sono molto stanca. Sai quanto io ci tenga alla mia famiglia … penso sia più che naturale … Meno male che ci sei tu, amore mio! ».

    Entriamo in casa attraversando prima il grande patio. Il salone si trova poco dopo l’ingresso, in uno spazio open alquanto moderno. Ci sediamo su un bel salotto d’alcantàra acquistato dai genitori di Katya prima dell’inizio dell’avventura di Giovanni con Annamaria; di ottima fattura, sarà costato occhio e croce un duemila euro.

    «Ti porto dell’Ace, Giacomo, va bene?».

    «Benissimo, Katya», le rispondo.

    Lei mi raggiunge sul divano, sedendomi accanto. Sembra un po’ meno sconvolta di quando l’ho sentita per telefono all’uscita di scuola e di come l’ho vista dieci minuti fa. «La tua presenza, la tua dolcezza mi trasmettono tranquillità», mi dice lei.  «Vorrei stare sempre con te, Giacomo. Chissà se un domani …», dice con occhi per un attimo sconnessi e trasognati. Katya è davvero importante per me. Ci siamo conosciuti circa sedici mesi fa alla festa di compleanno di un’amica, Angela Bettini. Alla festa c’erano una quarantina di persone, equamente distribuite tra maschietti e femminucce. Ma si sa come accadono le cose, certe volte: tra tanti volti e tante persone più o meno anonimi o più o meno interessanti, fui colpito pressocchè immediatamente dalla figura di Katya Meloni. Non era la prima volta in assoluto che la vedevo – d’altronde la mia città ha

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