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Tre porte ad un padre
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Tre porte ad un padre

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About this ebook

Sono tre porte che si aprono sulle domande più difficili: il senso della vita, Dio, l’Amore e il Dolore, l’Oltre della Morte. E sono tre porte che anche preparano, accompagnano, interrogano la morte del padre e che vorrebbero accompagnarlo anche oltre la morte, proprio come fa la scaletta dello scultore Italo Lanfredini, che attraversa la soglia della porta e va di là: non a caso il titolo della scultura in copertina è Oltre la soglia.

Milena Nicolini è nata a Modena nel 1948, dove vive e ha insegnato. Laureata in Filosofia con Luciano Anceschi, fa parte del gruppo di amiche in poesia  Donne di Poesia, e del circolo culturale Rossopietra,  di Modena. Partecipa alle attività teatrali dell’Associazione non professionista  Arcoscenico, di cui è Presidente. Ha pubblicato i testi di poesia: “Duale”, Geiger 1975; “Lilith o del sogno”, Symbola ed. 1984; “Le stagioni del sogno”, in “Vi son frecce”, Il lavoro editoriale 1989; “Villa Edmea”, Edizioni Mongolfiera 1990; “La vita minima (dedicando”, Cultura Duemila 1994; “I tagli e le giunture”, Book Editore 1999, “Trasloco”, Copertine di M.me Webb 2003, “i miei stanno bene, grazie”, Quaderni di Rossopietra 2007 ; i romanzi: “Oltre”, Symbola ed. 1986; “A chi resta”, Tracce 1990; il testo teatrale: “L’assoluto che accade”, Quaderni di Rossopietra, 1990. Suoi saggi e recensioni sono comparsi su numerose riviste e miscellanee. 
LanguageItaliano
Release dateApr 23, 2021
ISBN9791220296236
Tre porte ad un padre

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    Tre porte ad un padre - Milena Nicolini

    padre

    Nero di re

    Solo la notte lascia che parli davanti agli occhi:

    solo la foglia in ascolto dov’è il vento ancora;

    solo la voce nella voliera.

    Solo loro, solo loro soltanto.

    Ma tu smuoviti e dì’ a te stesso:

    coraggio, sii degno della pietra che ti sta sopra,

    resta amico delle barbe dei morti,

    unisci fiore a verme,

    alza la tua vela sulle casse da morto,

    fai salire a bordo dalla terra più fonda gli scarabei,

    fatti sentire dai tribolati.

    *

    Da’ loro duplice notizia:

    di te e di te,

    dei due piatti della bilancia,

    del buio, che domanda di entrare,

    del buio, che accetta di entrare.

    Fatti sentire dagli scarabei,

    fatti sentire dai tribolati,

    unisci fiore a verme,

    alza la tua vela sulle casse da morto,

    metti in testa al letto il tuo cuore.

    PRIMA PORTA

    anche quando non nomina dove

    anche quando è solo tensione in silenzio

    la poesia va questuante a una ricongiunzione

    alla parola degli uomini è dato

    potere nominare dio:

    non è segno di grandezza

    ma bisogno

    Visione cosmica

    tra i capelli radi si intravede

    la curva della terra

    quel piegarsi rotondo dell’orizzonte

    che non avevo mai visto

    non la schiena del sole sbirciata tra le nuvole

    non la luna a pancia in su

    tra le striature nere della notte

    come dall’universo

    il mondo levigato

    tondo nella mia testa

    Non voglio sentir parlare

    Della saggezza dei vecchi, bensì della loro follia,

    La loro paura della paura e della frenesia, la loro

    [paura del possesso

    Di appartenere a un altro, o ad altri, o a Dio

    fatica di dio

    e non è una bestemmia

    come quei lampi di luce

    nella lanugine lattiginosa

    (ma dell’opale si dice

    che porta male

    2.

    non sei tu, dio

    è la mia testa ingombra

    di quei lampi effimeri di quelle

    ideuzze dall’apparenza eclatante

    di quelle frasi di fascino inerte

    che non sanno fare tempesta

    non scalfiscono il latte dell’opale

    come botti stonati a capodanno sul balcone

    di te forse è il silenzio da ascoltare

    O buio, buio, buio. Tutti vanno nel buio

    Ho detto alla mia anima: taci e lascia che scenda su

    [di te il buio

    Che sarà l’oscurità di Dio

    3.

    io devo venirti vicino

    col passo della morte

    fin quasi a toccarti

    allungando il braccio

    per attraversare il silenzio

    adesso ormai

    Com’è difficile, Dio.

    4.

    gliel’ho fatto portare tanto tempo

    a mia madre

    dio per me

    ma adesso tocca proprio

    alla misera cosa di me

    fare tempio del sacro

    e sentirsene degna capace

    responsabile

    e comincia così:

    col silenzio

    ‘Padre del cielo’, prendila su di te

    la suprema malvagità

    che la tua candida mano ha forgiato

    in un attimo di contrabbando.

    Anche se l’avere fiducia in noi ci sembrerebbe

    più dignitoso, ‘Siamo polvere’.

    Ti chiediamo scusa noi

    della tua stessa doppiezza.

    come se si fosse persa la fede

    non inconcepibile, lo conosciamo già

    il niente di noi: tutto quell’esserci del mondo

    e non esserci noi, tutta quella storia

    tutto

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