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A tu per... te
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A tu per... te

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About this ebook

Uno scambio epistolare, in tempo di pandemia, tra due amiche, fatto di domande e riflessioni sull’infanzia e l’adolescenza. Ne scaturiscono diverse chiavi di lettura, basate sulle esperienze che le due protagoniste, una maestra e l’altra psicoterapeuta, hanno vissuto grazie anche alle loro professioni. Emerge la forte necessità di sintonizzarsi con i vissuti di bambini/e, ragazzi/e per osservare e comprendere ciò che stanno vivendo, in particolare in questo periodo di emergenza sanitaria che ha privato tutti noi di occasioni di relazione e confronto.
LanguageItaliano
PublisherHomeless Book
Release dateApr 22, 2021
ISBN9788832761924
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    Book preview

    A tu per... te - Maria Rosa Gherardini

    2021

    Prefazione

    di Maria Luisa Iavarone

    Viviamo un tempo particolarmente complesso in cui gli scenari del virus hanno profondamente modificato la nostra quotidianità che, in un solo anno di pandemia, è stata completamente stravolta, producendo radicali mutamenti nell’organizzazione dei nostri sistemi di vita: da quello sanitario a quello economico, da quello dell’istruzione a quello dell’organizzazione del lavoro. I sistemi dell’educazione, in particolare, hanno subito forzosi riadattamenti essendo stati chiamati a gestire un’emergenza sconosciuta da cui non sembriamo uscirne facilmente. Ed anche quando l’emergenza sanitaria, in senso stretto, sarà passata avremo comunque un enorme lavoro da svolgere per affrontare il dopo-pandemia che consisterà, necessariamente, nella riprogettazione dei sistemi dell’educazione, dell’istruzione e della cura che dovremo profondamente ripensare.

    Ma la pandemia non ha portato solo morte, distanziamento sociale e crisi economica ma ha consentito che nascessero anche positivi spazi di riflessione, che hanno valorizzato tempi di meditazione producendo frutti interessanti. Uno di questi è A tu per… te, un libro molto originale che parla di relazioni, di cura, di educazione. Una conversazione intima tra due amiche, Marianna e Rosa, che si dispiega in un equilibrio delicato, sul crinale di un doppio registro dialogico-narrativo ed autobiografico-diaristico, sullo sfondo di un evento metaforicamente assai generativo: la gravidanza di una delle due amiche.

    Le due autrici dialogano, parlandosi, ascoltandosi, raccontandosi all’interno di una relazione che si fa paradigma di ermeneutica della cura reciproca, nell’intento di contribuire a definire un perimetro di relazione educativa che diviene auto ed etero terapeutica.

    Il libro realizza un caleidoscopio ricco di emozioni, regalando spaccati di vita, fotogrammi di quotidianità, ritagli di esistenza e di esperienza professionale offrendo, di volta in volta, spiragli assai sensoriali, materici, potentemente evocativi che fanno percepire come le esperienze contenute, seppur in un singolo microcosmo emotivo, possono assurgere a metafora di riferimento collettiva. Il carteggio che Marianna e Rosa si scambiano è tuttavia solo un pretesto, un’occasione per riflettere dando voce a quel vissuto silenzioso che molti educatori naturali attraversano quotidianamente, fatto di domande scomode, interrogativi nitidi e risposte sfuggenti, questioni faticose e dolorose che abitano il loro orizzonte professionale e che fanno della trama narrativa del testo un tessuto spesso e ricco di spunti problematizzanti.

    Le autrici si avventurano così su terreni scivolosi, incerti dove poggiano le grandi domande dell’educazione, di quel mestiere più antico del mondo che, come un pendolo foucaultiano, oscilla tra necessità e libertà, intenzionalismo e spontaneismo e che ci fa praticare l’utopia di mestiere.

    Questo libro è bello perché, a suo modo, insegna ad aver pazienza, a prendere tempo per regalarne agli altri. Tempo per osservare quello che non sempre è visibile, per sentire ciò che non sempre è percepibile, nella consapevolezza che, lì dove non è possibile trovare risposte, diviene utile almeno provare a riformulare le domande.

    Attraverso le pagine di questo libro, Marianna e Rosa ci conducono a capire, con apparente disinvolta leggerezza, che l’unica strada possibile per abbracciare il senso dell’esperienza educativa è semplicemente accoglierla, allargando le braccia ad una relazione autentica innanzitutto con se stessi. Lo fanno attraverso una scrittura ugualmente autentica che, come sostiene Wittgenstein, da sempre aiuta l’arricchimento e la complessificazione del pensiero, fino a farsi dispositivo di cura, di catarsi, di liberazione.

    Buona lettura!

    Maria Luisa Iavarone è professore ordinario di pedagogia sperimentale all’Università di Napoli Partenope e fondatrice dell’Associazione ARTUR (Adulti Responsabili per un Territorio Unito contro il Rischio).

    INTRODUZIONE

    Queste pagine sono nate per gioco.

    Marianna, alla vigilia di un nuovo anno scolastico, scopre di essere incinta: inizia così la sua descrizione di stati d’animo carichi di interrogativi riguardo la sua maternità appena rivelata e in parallelo le sue responsabilità verso bambini e bambine, ragazze e ragazzi che durante il suo cammino di formazione o grazie alla sua professione ha incontrato.

    Forse per tenere a bada le ansie che vanno delineandosi decide di scrivermi una lettera per ogni mese di gravidanza.

    Fissare su carta emozioni e riflessioni è un buon metodo per contenere un mondo interno che preme per manifestarsi.

    È così che mi trovo coinvolta in questo viaggio di nove mesi, nei quali Marianna mi sollecita con i suoi interrogativi, con la sua vulcanica ricerca di risposte, con il suo bisogno di corrispondere alle esigenze dei bambini più sofferenti, ma non solo, vi sono spunti anche per parlare dei cosiddetti plusdotati.

    Mi sono ritrovata ingaggiata dai suoi quesiti, alla ricerca insieme a lei di soluzioni, che mi hanno condotta a rimboccarmi le maniche per sostenere un’idea, applicare un concetto, fare ricorso a principi pedagogici di base per mettermi a confronto con le storie da lei raccontate.

    Tanto slancio educativo mi ha coinvolta e aperta al gioco, alla ricerca di risposte o, meglio, a formulare diversamente le sue stesse domande.

    Sono tanti i limiti educativi, soprattutto in tempo di pandemia, che costringono insegnanti e genitori a rivedere abitudini, a individuare strategie, a proporre un nuovo sguardo su ciò che sta accadendo nel nostro piccolo mondo come nel mondo intero. Un mondo talmente complesso da non poter essere compreso se non per sezioni, piccoli segmenti.

    Cosa fare, dunque, di fronte all’angoscia di un bambino che ha perso la mamma troppo presto e che manifesta il suo dolore con rabbia violenta? Cosa pensare della reazione aggressiva di un padre che si sente sfuggire dalla mano la propria bambina, rischiando di perderla in un incidente stradale? Come interrompere la compulsione di un ragazzino straniero a percorrere una strada verso la devianza sociale, avendone conosciuto risorse e talenti, compromessi però dai segni evidenti di una storia già troppo lunga (nonostante l’età) e dolorosa?

    Ogni individuo comporta una propria narrazione e ogni narrazione è passibile di essere rivista e corretta continuamente dall’esperienza, dalle emozioni, dai significati e dalle relazioni.

    Abbiamo giocato, dunque, Marianna ed io, sapendo di essere all’interno di una cornice di leggerezza, ma con il desiderio di percorrere una strada trasformativa, che possa aiutare a correggere i comportamenti degli adulti, quando mancano di rispetto a bambini e bambine, ragazzi e ragazze, inascoltati nei loro bisogni, che richiedono, invece, attenzione e cura per evolvere efficacemente.

    Forse nel fare questo abbiamo semplicemente dato voce alla bambina interiore che è dentro di noi, cercato di riparare i guasti subiti nelle nostre parti più fragili.

    Del resto, è a partire da sé che ciascun individuo può attraversare la vita, sviluppando consapevolezza sufficiente ad aprirsi alla comunicazione con il mondo esterno, accettando di lasciar emergere creativamente la propria personale identità.

    SETTEMBRE 2019

    Tempo di iniziare,

    tempo di ritornare.

    Tempo per rotolare,

    tempo per avanzare.

    Lieve come una foglia,

    come un filo che si imbroglia

    Tempo per apprendere,

    tempo per crescere.

    Tempo per aspettare,

    tempo per amare.

    Forte come un uragano

    come un bambino che scappa di mano.

    Ciao Rosa,

    come stai? Dopo questa pausa estiva sento forte il bisogno di riallacciare i contatti con te. C’è qualcosa che bolle in pentola. È la classica notizia che tutti si aspettano dopo qualche anno di matrimonio di una coppia giovane. Quella notizia che finalmente potrà dare risposta alle tante domande impertinenti che siamo destinati a subire da quando nasciamo. Ebbene sì… Con te so che posso essere sincera e trasparente e ti racconto tutto nei dettagli. Ovviamente avrai capito che ci sono arrivi in vista! Ieri, appresa la notizia, ho lanciato il test di gravidanza sul letto. L’ho ripreso in mano almeno cinque volte. Non pensavo fosse possibile. Era il giorno prima dalla ripresa della scuola e non sono di certo pronta ad iniziare anche un viaggio di questo tipo.

    Solo nove mesi, nove mesi alla fine della scuola, nove mesi all’inizio di una vita. Una vita che in realtà è già iniziata. Vivo la forte dicotomia tra felicità e preoccupazione. Gli imprevisti non sono mai stati la mia carta preferita a Monopoli, figuriamoci nella vita! Ho mandato un messaggio via whatsapp alla mia ginecologa con la foto del test, non ho aggiunto altre parole; lei ha sentenziato: Ma che bella notizia!!! Uno spritz puoi permettertelo, non esagerare però!

    Che genio! ho pensato, ecco cosa ci voleva!

    Le ho chiesto la percentuale di attendibilità e mi ha risposto che non le è mai capitato che dichiarasse il falso. Ammetto che la sua

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