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Novelle giapponesi
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Novelle giapponesi

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About this ebook

Una raccolta di lavori ispirati alla mitologia, alle tradizioni e agli aspetti più dark del Sol Levante. Racconti frutto della fantasia e della capacità dei valenti partecipanti che hanno voluto dare il meglio di loro stessi per un’avventura senza pari dove il Giappone non è un semplice luogo fisico, ma un altro pianeta in tutto e per tutto.
LanguageItaliano
Release dateApr 18, 2021
ISBN9791220293709
Novelle giapponesi

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    Novelle giapponesi - AA.VV.

    AA.VV.

    Novelle giapponesi

    A cura di Linda Lercari

    Novelle giapponesi

    AA.VV.

    © Idrovolante Edizioni

    All rights reserved

    Editor-in-chief: Daniele Dell’Orco

    1A edizione – aprile 2021

    www.idrovolanteedizioni.it

    idrovolante.edizioni@gmail.com

    introduzione

    di Linda Lercari

    E siamo arrivati al secondo anno del contest Racconta il Giappone. Difficile spiegare l’emozione nel constatare che ci sia tanto interesse per il paese del Sol Levante e che le persone si sentano così legate a un immaginario non consueto. La partecipazione anche per questa seconda edizione è stata entusiasta e la selezione è stata dura, durissima. Hanno partecipato scrittori più o meno noti e il cui stile di anno in anno è migliorato e cambiato sensibilmente mostrando una maturità letteraria soddisfacente. Sono rimasta affascinata da tutti gli scritti che ho selezionato perché in essi ho rivisto tanti aspetti del Giappone che conosco e tanti altri del Giappone da me immaginato di cui ho una vaga consapevolezza grazie ai miei molti amici nipponici – sono praticante Kendo alla Scuola Kendo Lucca - che spesso mi hanno narrato scene e particolari della loro mitologia.

    Il Giappone è anche questa volta diviso in due grandi temi: Giappone reale e Giappone Immaginato. Per l’occasione Idrovolante ha voluto creare due raccolte tematiche separate per far sì che il lettore possa fruire appieno sia di un tipo di atmosfere che di un altro.

    Ci immergeremo coi Ritratti Giapponesi in un ambiente moderno, attuale e tecnologico dove la tradizione fa appena capolino per insinuarsi ostinatamente come una piantina che cresce in mezzo al cemento. Un Giappone fatto di agglomerati urbani, ma anche di fortissima eppure estraniata umanità.

    Le Novelle giapponesi, invece, ci faranno assaporare tutto il misticismo, l’eterea bellezza e il paranormale che noi occidentali abbiamo sempre desiderato conoscere e di cui abbiamo la nostra personalissima visione. Si va da leggende più o meno note rivisitate a veri e propri voli pindarici di fantasia. Un’atmosfera magica che ci avvolge e ci culla nel sognato e nell’immaginario che ognuno di noi desidera conoscere.

    Due raccolte, quindi, imperdibili. Frutto della fantasia e della capacità dei valenti partecipanti che hanno voluto dare, anche stavolta, il meglio di loro stessi per un’avventura senza pari dove il Giappone non è un semplice luogo fisico, ma un altro pianeta del tutto e per tutto.

    Buona Lettura

    Rio di Verzuno, 11 aprile 2021

    e se non fosse un sogno?

    di Alessandra Zito

    Nella mia famiglia c’è una tradizione che è dura a morire, di tutte le sciocchezze che mia nonna decantava a noi nipoti da sempre e per sempre è quella che in assoluto preferisco.

    Come ogni tradizione ha origine in una storia raccontata ai bambini la notte del 20 marzo, data che si ricorda come equinozio di primavera.

    Narra di una donna, di uomo e del fato che li ha fatti incontrare per poi separarli per poi ricongiungerli definitivamente.

    Una giovane donna era solita recarsi ogni sera al calar del sole presso le rive del fiume Yodo per posarvi sulle sue acque un fiore di ciliegio per ricordarsi che suo padre sarebbe presto tornato dalla guerra che lo avevo portato così lontano dalla sua famiglia e di pazientare.

    Ebbene passò un anno dall’inizio di quel suo gesto, quando una sera col giungere dell’equinozio di primavera un uomo passò di lì per caso e vide le azioni di quella donna e si incuriosì.

    Non riusciva a comprenderne i motivi eppure ne era così affascinato al punto da avvicinarsi a essa e nel silenzio assoluto. Rimase lì a vederla piangere finchè non riuscì più a vedere le sue lacrime bagnarle il viso e le chiese Perché piangi?

    La donna, in preda al panico scappò via.

    Il giorno dopo Osaka era bellissima con i suoi ciliegi fioriti, le camelie che profumavano le strade della città, le acque del fiume di una limpidezza unica; bastava specchiarsi per riuscire a cogliere ogni sfumatura della propria immagine.

    Era sorprendente come l’inquinamento del mondo esterno riuscisse a non contagiare quel paradiso terrestre.

    Fu in questo clima di pseudo-felicità che l’uomo si recò sulle rive del fiume per poter rivedere la donna della sera precedente, ma con sua grande sorpresa lei non c’era. A un tratto sentì una voce provenire dalle sue spalle.

    Piangevo perché mio padre è lontano, quasi non ricordo più il suo viso.

    L’uomo allora le porse un fiore di ciliegio e aspettò che la donna facesse il suo rito scaramantico. Quella notte si raccontarono le loro vite, ognuno ormai conosceva le debolezze e i segreti dell’altro, ognuno aveva ben capito che ogni sera al calar del sole si sarebbe recato in quel posto anche solo per rimanere in silenzio, anche solo per vedere da lontano la bellezza del castello col tramonto alle sue spalle.

    Mia nonna tra una pausa e l’altra si perdeva nel raccontarci di quanto fossero profumati gli alberi di susine e di pesche che costeggiavano il castello, dentro quest’ultimo è possibile ammirare una ricostruzione dell’antica Osaka in tre dimensioni.

    Avrei ascoltato quei racconti ogni giorno della mia vita, dell’uomo e della donna che si giurarono amore eterno sulle rive di quel fiume; del padre della donna che mai tornò dalla guerra.

    Ero affascinata da tutto questo.

    Un’altra storia che ci raccontava mia nonna la notte del marzo, era quella della principessa Kaguya; un uomo di nome Okina una notte trovò una bambina molto piccola in una canna di bambù; la portò a casa sua da sua moglie e siccome non erano riusciti ad avere figli la presero con loro, la chiamarono Kaguya. Da quel giorno ogni volta che l’uomo tagliava una canna di bambù vi trovava al suo interno una pepita d’oro e ciò fu l’inizio della loro ricchezza.

    Più in là negli anni si presentarono cinque principi a chiedere la sua mano ma lei non voleva sposarsi così chiese in cambio qualcosa di irrealizzabile. Al primo chiese la ciotola di Buddha, al secondo un ramo di un albero dal tronco d’oro e dalle foglie d’argento, al terzo la pelle di un topo di fuoco, al quarto un gioiello proveniente dalla testa di un drago e al quinto una conchiglia nascosta nella pancia di una rondine.

    Tutti fallirono e lei non sposò nessuno neppure l’imperatore al quale raccontò di provenire dalla luna. Un giorno la ragazza scomparve lasciando una lettera con l’elisir della vita eterna, l’imperatore bruciò entrambe siccome nulla avrebbe mai potuto compensare la perdita della donna che più aveva amato.

    Mia nonna, adorava queste storie e ha fatto sì che noi crescessimo in grado di poter aprire la mente, lasciando viaggiare la nostra mente in ogni meandro del mondo che sia il Giappone o l’Italia stessa.

    Ogni anno in memoria di mia nonna getto un fiore di pesco nel fiume del mio paese per ricordare che anni fa in una terra sconosciuta ha trovato l’amore della sua vita, hanno intrapreso un viaggio che li ha portati a mettere radici e se ne sono andati nella spensieratezza dei loro ricordi più cari.

    tōkaidō

    di Alessandro Accorsi

    Mentre Kitagawa e Kaori si stanno dirigendo ad Osaka

    scoppia una bufera di neve,

    e durante la sosta perché la nevicata cessi i due s’innamorano.

    Aveva appena finito di piovere alla locanda; dalla porta scorrevole aperta si vedevano grigi pini madidi d’acqua e il muschio che scalava il vecchio legno dell’edificio. Il cielo era ancora grigio, ma Kitagawa e Kaori vollero continuare il loro viaggio per Osaka, e perciò scesero in una strada affiancata da altri rustici edifici simili alla locanda rimettendosi a bordo della loro Nissan.

    Era così rilassante quel tragitto autunnale; miti villaggi di lignee case dai tetti appuntiti si alternavano a caotiche ed affollatissime città costiere come Nagoya o Shizuoka, e anche la natura coi suoi spenti ciliegi e umidi pini ricordava a Kaori le sue estati in montagna dove alla fine di agosto si festeggiavano in paese le divinità locali.

    In mezzo ai boschi la donna ebbe l’impressione d’intravedere una vecchia statua di Buddha ingrigita dagli anni, oppure poteva essere uno yokai; chi mai seppe che cosa vide esattamente...

    Il cielo da grigio che era si fece bianco, e la neve cominciò a cadere rischiarando quel verde scuro dominante; ma i cristalli nivei si posarono a terra con tale velocità che Kitagawa dovette fermare l’auto giù di strada presso una casupola al cui interno vi si trovava un distributore automatico. I due, vecchi amici, avevano una tale poesia nel cuore data dall’osservazione degli alberi e delle appuntite colline imbiancate che cominciarono a parlare di argomenti a loro insoliti.

    Che bella la neve... A Tokyo non si vede mai; l’ultima volta che vidi un paesaggio così fu quando m’innamorai di Ushio, disse Kitagawa.

    Che bella persona che era, mi manca da morire; peccato che la sua urna si trovi a Saitama, così lontano da Yokohama dove io abito, disse Kaori.

    Ciò che conta è il ricordo che ho di lei; era proprio in uno spazio così imbiancato che gli diedi il primo bacio; faceva freddo, ma l’amore che ci tratteneva era più caldo del fuoco…

    Kitagawa, quante volte ti sei innamorato nella vita?

    Una sola; Ushio era la donna migliore che mai conobbi, e il vederla lentamente deperire mi sbranava il fegato come una tigre, e dopo la sua dipartita non volli più appassionarmi a nessuna; da allora penso solo a omaggiare la sua memoria, e almeno una volta a settimana mi reco a Saitama per riverire i suoi resti…

    Mentre si parlava di Ushio si faceva strada il tramonto, e la neve non accennava di smettere di cadere. Oramai l’ambiente era del tutto imbiancato, neanche il giallo tramonto smorzava quella luce riflessa dalla neve; si era acceso il lampione, e il suo raggio di luminescenza fece apparire per un secondo una donna trasparente abbigliata secondo lo stile tradizionale, e a distanza di qualche secondo l’uomo sentì sussurrare all’orecchio il suo nome.

    È stata Ushio! Ho riconosciuto la sua voce! Anche quel breve flash, mi sembrava proprio lei la donna che è apparsa!

    Kitagawa, cosa dici? Io non ho visto e sentito nulla…

    Eppure io l’ho vista…

    Sai Kitagawa, ogni tanto nella vita occorre superare i dispiaceri del passato; l’amore che ti legava a Ushio è stato un gran piacevole ricordo, ma non deve essere nulla più di questo... capisci cosa intendo?

    Certo Kaori, difatti non vorrò mai dimenticare la mia Ushio, ma la vita deve andare avanti. Un’esistenza bloccata è come la morte, non è diversa da essa; nulla più prosegue e niente si può evolvere, proprio come nell’urna cineraria... Tu Kaori sei innamorata di qualcuno?

    Non in particolare... Ci sarebbe in realtà una persona che stimo moltissimo, un vecchio amico che ogni volta che lo vedo mi nascono le farfalle nello stomaco…

    Pure io sono innamorato di una cara vecchia amica…

    E detto questo Kitagawa lanciò un profondo bacio a Kaori. In quel contatto di labbra vi era lo stesso freddo riscaldato dai sentimenti che Kitagawa provò qualche anno prima, e gli occhi della donna lacrimarono per l’emozione.

    Terminato il bacio faceva buio e la neve aveva smesso di cadere; uno spazzaneve passò liberando la strada mentre Kaori e Kitagawa, colpiti da una felicità eterna restavano a guardare la selva notturna rischiarata da tanta neve e da un mite lampione grazie al quale l’uomo riprese ad amare.

    Che dici, proviamo a continuare alla volta di Osaka?, domandò Kitagawa.

    Volentieri, rispose Kaori.

    sudicia

    di Alessandro Sangalli

    Il volo AZ786 di Alitalia atterrò al terminal 1 dell’aeroporto di Tokyo Narita alle undici. Paola recuperò i bagagli e, superati i controlli, ritirò il router wi-fi a noleggio all’ufficio postale.

    Salita sul Narita Express, accese il router e si connesse alla rete 4G di B-Mobile. Vide un’insolita notifica "ho bisogno di incontrarti".

    Non aveva amici in Giappone, pertanto si chiese chi potesse essere il mittente. Toccando la notifica con il pollice, non successe niente. Non c’era possibilità di interazione.

    In un’ora e venti il treno arrivò alla stazione di Shinjuku. Paola prese la linea Marunouchi e in cinque minuti arrivò a destinazione, dopodiché percorse 180 metri e raggiunse l’hotel. Al check-in, come sempre, i Giapponesi si dimostrarono sorridenti e gentili, soprattutto se il gaijin si sforzava di parlare la loro lingua. Raggiunse la sua camera. Una piccola stanza con un letto singolo, una scrivania e il tanto desiderato bagno con la tazza tecnologica.

    Lo smartphone vibrò sul comodino. Vide una nuova notifica: Conosco quella sensazione orrenda.

    Paola iniziò a preoccuparsi sul serio. Non era possibile avvisare la polizia. Cosa avrebbe potuto spiegare? Scrisse al suo migliore amico e programmatore, Daniele, spiegandogli la situazione nei minimi dettagli.

    In Italia erano ancora le quattro del mattino, doveva aspettare. Paola conosceva bene Shinjuku, per distrarsi un pò si recò alla Taito Game World, una sala giochi molto famosa a Tokyo. Entrò al suo interno e si mise a curiosare tra gli ufo catcher. Vide che tra i premi c’era Tanjiro Kamado, protagonista di di Demon Slayer, un anime di successo. Provò a spostare la scatola con il ragno meccanico a più riprese ma senza successo.

    Gridò "Sumimasen!" cercando di contrastare il rumore assordante della musica j-pop che riempiva la sala. In un batter d’occhio comparve la commessa. Paola spiegò che non aveva mai giocato prima di allora, e che secondo lei era una truffa per spillare i soldi ai turisti. La ragazza con un grande sorriso prese una chiave e aprì la vetrina mostrando i vari passaggi necessari per vincere il premio. La commessa spostò la scatola più vicino al buco per aiutare Paola che, seguendo le istruzioni con grande abilità, riuscì ad ottenere il suo premio.

    La commessa la applaudì esclamando "yatta!".

    Uscita dalla sala giochi, Paola prese la linea Yamanote e in una ventina di minuti arrivò a Shibuya, il suo quartiere preferito. Era sempre pieno di gente e di insegne luminose giganti. Le piaceva perdersi tra i negozi di vestiti e curiosare le mode del momento. Uscita dalla stazione vide la statua di Hachiko con un bambino occidentale intento a trovare la posa migliore per una foto ricordo. Attraversò l’incrocio mastodontico, che contraddistingueva Shibuya da tutte le altre città del mondo, raggiungendo l’altra parte della strada in mezzo a una fiumana di gente. Camminò senza meta fino a scegliere un ristorante. Si trovò davanti ad un piccolo banco in cui un uomo, ben vestito, le chiese se era da sola o se stava aspettando qualcuno.

    Il commesso parlava un discreto Inglese. Paola spiegò che era da sola e che desiderava un posto appartato.

    Paola si sedette al tavolo, sul telefono vide delle notifiche su Whatsapp. Alcuni messaggi erano di colleghi che le auguravano di rilassarsi ed altri di amici che volevano sapere com’era andato il viaggio. Tra questi c’era quello di Daniele,

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