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Omicidi in fuga
Omicidi in fuga
Omicidi in fuga
Ebook476 pages6 hours

Omicidi in fuga

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About this ebook

Cinque donne, che apparentemente non hanno nulla in comune, vengono trovate brutalmente assassinate in una casa nei pressi di Washington, DC. Molte sono le domande che circondano il massacro ma il vero dilemma è: cosa ha riunito queste sconosciute prima che venissero uccise?

Prendendo in carico il suo primo caso ufficiale di omicidio, il Tenente Murphy Thornton, della Marina Militare degli Stati Uniti, si convince che l'unico modo per trovare l'assassino sia quello di individuare quel filo misterioso che sembra collegare tutte le vittime.

In poco tempo, il caso prende una piega inaspettata. Murphy scopre che una delle donne assassinate aveva un legame con la sua matrigna, il detective della omicidi Cameron Gates, o meglio con il suo primo marito, un poliziotto della Pennsylvania rimasto ucciso più di dodici anni prima mentre pattugliava l'autostrada in una fredda notte d'inverno.

In questa prima puntata dei Misteri della Rosa Spinosa, i protagonisti  della serie Lovers in Crime si uniscono ai novelli sposi, il Tenente Murphy Thornton e Jessica Faraday, per setacciare una fitta rete di bugie e insabbiamenti.

Insieme, i detective della Rosa Spinosa riusciranno a scoprire la verità senza cadere vittime di un astuto assassino?

LanguageItaliano
Release dateApr 16, 2021
ISBN9781071596500
Omicidi in fuga

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    Book preview

    Omicidi in fuga - Lauren Carr

    indice

    Informazioni generali

    Dedica

    Personaggi

    Epigrafe

    Prologo

    Capitolo Uno

    Capitolo Due

    Capitolo Tre

    Capitolo Quattro

    Capitolo Cinque

    Capitolo Sei

    Capitolo Sette

    Capitolo Otto

    Capitolo Nove

    Capitolo Dieci

    Capitolo Undici

    Capitolo Dodici

    Capitolo Tredici

    Capitolo Quattordici

    Capitolo Quindici

    Capitolo Sedici

    Capitolo Diciassette

    Capitolo Diciotto

    Capitolo Diciannove

    Capitolo Venti

    Capitolo Ventuno

    Capitolo Ventidue

    Capitolo Ventitre

    Capitolo Ventiquattro

    Capitolo Venticinque

    Capitolo Ventisei

    Capitolo Ventisette

    Capitolo Ventotto

    Capitolo Ventinove

    Capitolo Trenta

    Capitolo Trentuno

    Capitolo Trentadue

    Capitolo Trentatre

    Capitolo Trentaquattro

    Capitolo Trentacinque

    Epilogo

    Dedica

    A Bailey il beagle, Ziggy e (ultimo ma non meno importante, in alcun modo) Gnarly!

    La mia ispirazione per il pigrone di 20 kili.

    personaggi

    In ordine di comparsa

    Ufficiale Nicholas (Nick) Gates: agente di polizia della Pennsylvania. Appena sposato.

    Ufficiale Reese Phillips: agente di polizia della Pennsylvania. Supervisore dell’Agente Nicolas Gates.

    Cameron Gates: detective della omicidi della Polizia di Stato della Pennsylvania. Recentemente sposata con Joshua Thornton. Il suo primo marito era Nicholas Gates. Non partecipa né ai matrimoni né ai funerali.

    Joshua Thornton: pubblico ministero di Hancock County, West Virginia. Comandante della Marina degli Stati Uniti (in pensione). Padre di cinque figli. Recentemente sposato con Cameron Gates.

    Irving: gatto Maine Coon di Cameron. Tutto nero con una striscia bianca che va dalla cima della testa alla punta della coda, è identico a una puzzola. Non spruzza, ma ha un bel caratterino.

    Murphy Thornton: tenente della Marina degli Stati Uniti. Laureato all’Accademia Navale. Personalmente selezionato dagli Stati maggiori congiunti per servire nel loro team d’elite, i Phantom. Murphy non è un ufficiale della marina qualunque. Figlio di Joshua Thornton. Neo sposo di Jessica Faraday.

    Maggiore Marshall Ford: membro del team Phantom. Ufficiale dei Marines degli Stati Uniti.

    Maggiore Seth Monroe: istruttore di Murphy nei Phantom. Ufficiale dei Marines degli Stati Uniti.

    Tawkeel Said: membro del team Phantom. Grazie all’aiuto dei soldati americani, la sua famiglia è fuggita dall’Iraq. Ora lavora per la CIA.

    CO: sta per Comandante Operativo di Murphy. La classificazione top secret dei Phantom gli vieta di conoscere il suo vero nome. Per questo motivo la chiama CO (ci-o).

    Jessica Faraday: adorabile sposa di Murphy Thornton. L’eredità ricevuta dalla defunta nonna Robin Spencer le ha permesso di entrare nell’alta società.

    Spencer/Candi: pastore scozzese di Jessica Faraday. È un blu merle con gli occhi e blu e la pelliccia azzurrognola. Deve ancora fare molto addestramento. Jessica la chiama Spencer. Murphy la chiama Candi. Risponde a Candi.

    Newman: cane meticcio di Murphy. Un pigrone di 20 chili, Newman non morde, a meno che non si tenti di cambiare canale alla sua televisione.

    Tracy Thornton: figlia adulta di Joshua Thornton. Si sposa tra un mese.

    Donny Thornton: figlio sedicenne di Joshua Thornton.

    Admiral: enorme cane dei Thornton è un incrocio tra un alano e un levriero irlandese.

    Agente Speciale Peter Sanders: agente dell’FBI che recapita notizie sorprendenti sulla morte di Nick.

    Agente Speciale Dylan Horrigan: agente dell’FBI, partner dell’Agente Sanders.

    Sal Bertonelli: sicario professionista. Ha lavorato a lungo per la mafia russa e i cartelli della droga.

    Agente Speciale Boris Hamilton: vicedirettore dell’NCIS, dove Murphy lavora come ufficiale di collegamento militare tra il personale civile e l’esercito.

    Hillary Koch: direttore dell’NCIS, di stanza al Pentagono. Murphy la chiama Colica a causa della sua sgradevole personalità.

    Agente Speciale Susan Archer: agente dell’NCIS.

    Wendy: assistente amministrativa di Hillary Koch.

    Agente Speciale Perry Latimore: agente dell’NCIS. Partner di Susan Archer.

    Ammiraglio Clarence Patterson: vicepresidente degli Stati maggiori congiunti. Capo di stato maggiore della Marina Militare

    Tenente Bernard Wu: detective della omicidi del Dipartimento dello sceriffo della Contea di Loudon.

    Donna Crenshaw: vittima di omicidio. Sottufficiale della Marina degli Stati Uniti. Madre single di Isadora (Izzy) Crenshaw.

    Francine Baxter: vittima di omicidio. Docente all’Università George Mason. Ex ufficiale dell’esercito. Proprietaria della villetta in cui si è consumato il crimine.

    Colleen Davis: vittima di omicidio. Nubile. Insegnante di scuola elementare e rivenditore autorizzato della Cozy Cook.

    Maureen Clark: vittima di omicidio. Casalinga con un figlio piccolo (Tommy Clark).

    Hannah Price: vittima di omicidio. Ingegnere. Proprietaria di uno studio di ingegneria insieme al marito.

    Colonnello Lincoln Clark: marito di Maureen Clark. Colonnello dell’Esercito degli Stati Uniti.

    Isadora (Izzy) Crenshaw: figlia tredicenne di Donna Crenshaw. Dopo la morte della madre è rimasta sola.

    Tristan Faraday: fratello di Jessica Faraday. Frequenta il terzo anno all’Università George Washington, sta studiando scienze naturali. É un intellettuale e ne va fiero.

    Monique: tarantola domestica di Tristan Faraday. Ha circa le dimensioni di un piatto piano - che è grande.

    Sarah Thornton: sorella di Murphy e figlia più giovane di Joshua Thornton. É una cadetta al secondo anno dell’Accademia Navale.

    Natalie Patterson: moglie dell’Ammiraglio Patterson. Presidentessa del circolo Coniugi degli Ufficiali della Marina.

    Generale Sebastian Graham: generale a quattro stelle, eroe della Guerra del Golfo. Terza generazione di laureati a West Point. È il primo in lista per la carica di Capo di stato maggiore dell’esercito degli Stati Uniti.

    Paige Graham: moglie devota del Generale Sebastian Graham. Presidentessa del circolo Coniugi degli ufficiali dell’Esercito e di decine di altri club e organizzazioni.

    Bernie: autista e guardia del corpo di CO.

    Cecilia Crenshaw: sorella di Donna Crenshaw. Soldato specialista dell’Esercito degli Stati Uniti. Vittima di omicidio.

    Dolly Scanlon: assistente personale del Generale Sebastian Graham - in tutti i sensi.

    Generale Maxine Raleigh, USAF: generale a cinque stelle dell’Aeronautica Militare degli Stati Uniti. Capo dello Stato Maggiore Congiunto.

    Epigrafe

    La nostra vera indole è quello che facciamo quando pensiamo che nessuno stia guardando.

    H. Jackson Brown, Jr., Autore Americano

    Prologo

    Venerdì, 24 gennaio, 22:25. Tredici anni fa sull’autostrada Turnpike della Pennsylvania

    Area di servizio  West Pittsburgh

    «Gesù, è passata la strega del ghiaccio da queste parti?» l'agente della Pennsylvania Reese Phillips rabbrividì mentre si portava alle labbra il caffè bollente appena fatto.

    Con un gran sorriso sul volto, l'Agente Nicholas Gates chiese «Dove trovi frasi del genere, Phillips? Le inventi tu?»

    L'ufficiale di mezza età guardò il giovane agente da cima a fondo. Con la faccia fresca di un rubacuori universitario, Nick Gates era poco più di un novellino.

    «Non dirmi che non l'hai mai sentita, Gates.» Brontolò l'Agente Phillips. «Così mi uccidi.»

    Ridacchiando, i due uomini si diressero alla cassa per pagare i caffè.

    «Ancora mezz'ora e me ne andrò a casa dove mi infilerò nel letto con Rufus.» L'Agente Phillips lanciò uno sguardo scontroso al suo apprendista. «Togliti quel sorriso dalla faccia, Gates. Il mio cane da caccia non sarà bello come la tua dolce sposa, però non si lamenta quando russo.»

    «Neanche Cameron,» rispose l'agente Gates.

    «Non ha mai sentito come russo.»

    «Parlavo di me» rise il giovane ufficiale.

    «Lo farà. Lo fanno tutte.» L'Agente Phillips diede alla cassiera una banconota da cinque dollari. «Questo lo offro io, Gates. Il prossimo tocca a te.»

    L'Agente Gates rimise i soldi nel portafoglio e prese il caffè che aveva appoggiato sul bancone. «Ehi, Phillips, hai ancora quel contatto nell'FBI?»

    L'Agente Phillips dovette riflettere un attimo mentre camminavano verso la porta che li avrebbe riportati sotto zero. «Vuoi dire Hatfield? Era nella Polizia di Stato della Pennsylvania e poi è entrato nell'FBI.»

    «Ora lavora a Quantico, giusto?»

    Preparandosi all'esplosione di aria ghiacciata, aprirono le porte e uscirono.

    «Sì» disse l'Agente Phillips «Perché? Stai già cercando di trasferirti?»

    «Mi chiedevo se potesse cercare una persona scomparsa tramite il database nazionale.»

    Troppo freddo per continuare a parlare, i due uomini corsero in direzioni opposte verso le loro auto di pattuglia.

    «Domani ti farò avere il suo numero.» Gridò Phillips sovrastando l’ululato del vento.

    Con un cenno della mano, per confermare di averlo sentito, l'Agente Gates salì sul suo veicolo. Dall'altra parte del parcheggio, l'Agente Phillips vide una berlina che oltrepassava la stazione di servizio a tutta velocità. Prima che l'uomo più anziano potesse reagire, Gates accese i lampeggianti e iniziò l’inseguimento.

    «Sì.» Sospirò l'Agente Phillips mentre si godeva il calore del caffè nel comfort della sua auto. «Lasciamo fare ai giovani.»

    Un paio di abbaglianti inondarono poi l’abitacolo della sua volante: Phillips vide un camion nero che seguiva l’auto di Gates sulla Turnpike.

    L'Agente Nicholas Gates controllò l'ora sul cruscotto mentre chiamava la centrale per diramare la descrizione e il numero di targa della berlina in corsa: le 22:28. Un'altra mezz'ora e sarebbe tornato a casa per rannicchiarsi in un letto caldo con l'amore della sua vita.

    Appena laureata all'Accademia di Polizia, Cameron stava per entrare nella Polizia di Stato. Erano la coppia perfetta. La vita era meravigliosa.

    Preparandosi al vento freddo e alle auto che sfrecciavano sull’autostrada, Nick aprì la portiera e uscì dall’auto. Tenendo d'occhio la berlina, si avvicinò al lato del conducente. La giovane donna al volante aveva il finestrino abbassato e lo stava aspettando. Mentre si avvicinava, Nick sentì i suoi singhiozzi soffocati.

    Puntò la torcia dentro la macchina scura. «Patente e libretto, per favore.» Il fascio della luce colse le lacrime negli occhi della donna. «Sta bene, signorina?»

    «No.» Gli consegnò patente e libretto. «Mio padre mi ucciderà.»

    «Sono sicuro che non andrà così male.» Nick controllò i documenti. Aveva sedici anni. «Ho rilevato 20 kilometri oltre il limite di velocità.»

    «Perché il mio coprifuoco è alle undici. Ero al centro commerciale vicino all'aeroporto con i miei amici. Ora, non solo salterò il coprifuoco, ma prenderò anche la mia prima multa per eccesso di velocità.» Singhiozzò.

    Avrebbe potuto fingere. Avrebbe potuto usare il suo bel faccino per evitare la sanzione. E probabilmente era proprio così. Nick considerò quanto tempo ci sarebbe voluto per scrivere il verbale. Si stava congelando e voleva davvero tornare a casa.

    Nick le consegnò i documenti. «É la sua serata fortunata.»

    La sua bocca si spalancò. «Davvero?»

    «La lascio andare con un avvertimento. Deve andare più piano. Meglio tornare a casa tardi ma viva, che non tornare affatto,» disse «Ha capito?»

    Annuì vigorosamente. «Oh» sbottò lei «Sei il poliziotto più dolce che abbia mai incontrato. Potrei baciarti!»

    L'ultima cosa che la ragazza vide fu il sorriso brillante che riempiva il bel volto del poliziotto pochi secondi prima che il camion nero, che correva lungo la Turnpike, sbandasse investendo l'agente Nicholas Gates.

    capitolo uno

    Oggi

    Rock Springs Boulevard, Chester, West Virginia

    Sentiva le sue mani calde sulla pelle. Il suo respiro bollente e pesante sul collo. Inarcando la schiena per spingere il suo corpo contro quello di lui, Cameron pregò che questo momento, questo istante, l'euforia di essere così legata all'uomo che amava, potesse cristallizzarsi nel tempo e durare per sempre.

    Il suo respiro accelerò e si intensificò. La sua testa vorticava nell'estasi mentre affondava le dita nella sua carne. Stringendo la presa intorno alla sua vita, lui attirò i suoi fianchi ancora più vicino. «Vieni con me, piccola!» le sussurrò con voce roca tra i capelli.

    Senza fiato, tutto quello che poteva fare era tenersi stretta. I loro corpi si alzarono e si armonizzarono. Accarezzandogli amorevolmente la schiena, ancora calda di passione, Cameron ricordò quanto fossero entrati in sintonia sin dal primo istante in cui si erano incontrati.

    Esausto, lui le crollò addosso.

    «Ti amo.» Cameron gli sussurrò all'orecchio.

    Sollevandosi, lui la guardò negli occhi. «Ti amo anch' io, piccola.»

    Il chiaro di luna, che brillava attraverso le porte a vetro che conducevano alla veranda, illuminava i suoi capelli biondi. Un ampio sorriso riempì il suo viso da ragazzo.

    Cameron sentì che quegli occhi castani, in cui aveva fissato lo sguardo, le risucchiavano il respiro fuori dal corpo.

    Nick! Ma tu sei morto! Incapace di articolare le parole, la sua bocca rimase aperta.

    Con la paura che riempiva ogni fibra del suo essere, guardò il letto dove Joshua, suo marito, dormiva profondamente.

    No, questo non sta accadendo davvero! Incapace di parlare, cercò di allontanarlo.

    La afferrò per le braccia e la tenne ferma. I loro occhi si incontrarono. Anche al buio, riusciva a vederli chiaramente. Non erano pieni di malvagità, né feriti, né traditi dal fatto che fosse andata avanti, con un altro uomo.

    Insistenza, condanna. Fu ciò che vide.

    «Non hai ancora finito con me, tesoro.»

    «No!» Cameron balzò dritta sul letto.

    Con un brontolio, Irving, il Main Coon di undici kili, saltò dal letto, dove si era rannicchiato contro le gambe della sua padrona, e salì sul comò dove ringhiò innervosito per l'improvvisa interruzione del sonno.

    Joshua Thornton si alzò un istante dopo di lei. «Cam!» le afferrò il braccio.

    Pensando di essere ancora intrappolata nell'incubo con il suo defunto marito, Cam si girò per combattere il fantasma con uno schiaffo in faccia.

    Vedendo la sua isteria, Joshua si abbassò in tempo da evitare lo schiaffo che volò sopra la sua testa. «Cam, sono io! Josh!» cercò di raggiungerla ma lei era scesa dal letto. «Svegliati!»

    La sua voce spezzò il terrore.

    Respirando profondamente, guardò il marito per quella che sembrò un’eternità, e capì che stava cercando di allungare la mano verso di lei. La luce fioca della camera da letto illuminò i suoi capelli argentati che cadevano ondulati sul collo, la barba ramata e i baffi curati. Poteva vedere la tonalità blu dei suoi occhi che la imploravano di svegliarsi.

    «Josh,» disse con voce sommessa.

    Con un sospiro di sollievo, le porse la mano.

    «É tutto ok, tesoro. Torna a letto.»

    Accolse con piacere il calore del suo tocco quando lui le afferrò le dita. Cameron tornò nel letto e lui la avvolse contro il suo petto muscoloso, accarezzandole la testa. Sentì il suono del suo cuore che batteva contro il suo orecchio.

    «Vuoi raccontarmi il tuo sogno?» le chiese tra i capelli.

    «No.» Strofinò la faccia sul suo petto nudo. «Promettimi che non ti succederà mai nulla di male, che le cose saranno sempre come sono ora, in questo momento.»

    Joshua strinse le braccia intorno a lei. Le annusò i capelli color cannella. «Sai che non posso prometterlo.»

    «Dimmi una bugia.» Gli sfiorò il petto con la punta delle dita «Non è la prima cosa che insegnano alla facoltà di legge?»

    «Sei una stronza.»

    Ridacchiarono insieme nell'oscurità, poi tornarono in silenzio.

    «Promettimelo, Josh.» Sussurrò lei.

    «Prometto che non lascerò che mi succeda niente di brutto,» disse «Le cose tra noi non cambieranno mai. Saranno sempre come sono adesso, in questo preciso istante.»

    Con un sospiro profondo, Cam si addormentò.

    Vedendo che la situazione si era calmata, Irving balzò di nuovo sul letto e ricominciò ad impastare le coperte prima di iniziare l'arduo processo di lisciatura della sua lunga pelliccia. Joshua pensò, e non per la prima volta, a quanto Irving somigliasse a una puzzola.

    «Chi ti ha invitato?» sussurrò Joshua al gatto.

    «Sshh.» rispose Cameron, aggrappandosi ancora più stretta a lui. Nel tentativo di stargli ancora più vicina, avvolse le gambe intorno a quelle del marito.

    Come in risposta, Irving si voltò puntando la schiena in direzione di Joshua prima di sollevare in alto il sedere, con la sua lunga coda bianca e nera, e sdraiarsi accanto a Cameron.

    Joshua lo lesse come una versione felina del mostrargli le chiappe.

    Nessun rispetto.

    Il Mall di Washington D.C. all'alba

    La capitale della nazione non aspetta l'alba. Nelle prime ore del giorno, poco prima che la luna cedesse il posto al sole, orde di pendolari migravano già dentro e intorno alla città in auto, SUV, furgoni, minivan e autobus.

    Sottoterra, i treni della metropolitana erano pieni di passeggeri con gli occhi assonnati che si preparavano tranquillamente alla loro giornata. Cercando di godersi un altro minuto di solitudine, i passeggeri sulla linea blu si svegliarono bruscamente e si allontanarono quando un uomo calvo e muscoloso in pantaloni mimetici si schiantò contro la porta di collegamento e travolse i passeggeri che bloccavano il suo cammino verso il centro del treno. Avendo pochissimo spazio per fuggire, alcuni passeggeri brontolarono e imprecarono finché la porta non si aprì di nuovo.

    Un giovane dai capelli scuri vestito in pantaloni e t-shirt neri attillati, che mettevano in evidenza i muscoli scolpiti, saltò una fila di ventiquattrore. Legata intorno ai fianchi aveva una fondina con una pistola SIG SAUER DAK. «Fermo, agente federale!»

    «Stazione Smithsonian,» annunciò l'altoparlante.

    Apparentemente più interessati a raggiungere il lavoro che a fermare un sospetto criminale, i passeggeri si alzarono e si spostarono verso le porte bloccando l’agente che inseguiva la sua preda.

    Allungando il collo e schivando i passeggeri che incrociava, l’agente scrutò i volti e le forme che si muovevano tra lui e la fine della carrozza dove vide la lucida sommità di una testa calva in attesa per l'uscita.

    «Fermati!» urlò il giovane. «Sei in arresto.» In pochi secondi, le porte si sarebbero aperte e avrebbero permesso al suo obiettivo di fuggire nella stazione piena di pendolari. Incapace di raggiungere il corridoio centrale, tentò di balzare sui sedili nel vano tentativo di catturarlo prima che le porte si aprissero.

    Il treno si fermò stridendo.

    L'agente tentò di reggersi afferrando il corrimano sopra di lui. Quando i suoi piedi, avvolti in stivali da combattimento, scivolarono, cadde su un sedile occupato da una donna sovrappeso, che non gradì la sua compagnia.

    «Maleducato!» lo spinse a terra prima di colpirlo con la sua borsa pesante.

    Le porte si spalancarono.

    Anche se era stato inghiottito dalla folla, l'agente non aveva perso di vista l'uomo calvo. Quando le porte della metropolitana si erano chiuse, i loro occhi si erano incrociati sulla banchina. I due uomini erano a dieci metri l'uno dall'altro e un mare di pendolari brulicava intorno a loro.

    Con un sorriso presuntuoso, il calvo fece l'occhiolino al suo inseguitore prima di girarsi e correre su per le scale mobili spingendo le persone che si trovava davanti, per arrivare in cima.

    «Fermo! Sei in arresto!» il giovane vestito di nero era ancora sulle sue tracce. Arrivato in cima, l'uomo calvo scaraventò sulle scale mobili una cassa di giornali freschi di stampa, spargendo le notizie del giorno. Alcune pagine, catturate dal vento creato dai treni in corsa, volarono come aerei di carta nella fermata della metro.

    Correndo a perdifiato, il sospetto in pantaloni mimetici scappò sull'erba in direzione del Museo di Storia Naturale.

    Il suo inseguitore scavalcò facilmente le pile di giornali. Tenendo il bersaglio sempre in vista, corse sul prato finché non raggiunse la strada alberata dove l'uomo calvo era scomparso dietro un autobus. Attraversando la carreggiata, il giovane intravide il suo obiettivo che si nascondeva in un vicolo dietro al museo, a mezzo isolato di distanza.

    «Ti ho preso, cretino!» forzando le gambe più forte che poteva, corse verso il vicolo. Fermandosi all'angolo, estrasse la pistola dalla fondina.

    Pronto a sparare, fece capolino per vedere l'uomo calvo che lo aspettava a metà strada. Il colpevole non era solo. Si faceva schermo con una donna urlante, totalmente coperta da un burka. Mentre premeva la canna della pistola contro la sua tempia, la donna balbettava istericamente in una lingua straniera.

    Anche se non riusciva a capire le parole, il giovane comprese il tono. Lo supplicava di non lasciarla morire.

    «Metti giù la pistola!» con l'arma puntata contro il bersaglio, l'agente si mosse lentamente verso di loro.

    «Un passo ancora e la uccido!»

    «E poi io ucciderò te. L'unico modo in cui possa finire bene è lasciarla andare. Allora potremo parlare.»

    «Niente chiacchiere,» rispose. «Voi occidentali non fate altro che mentire.»

    «Quindi vuoi uccidere gli infedeli,» disse il giovane slanciato. «Lo capisco. Ma lei è dei tuoi, perché vuoi portarla con te?»

    «È solo una donna inutile,» disse con un ghigno l'uomo calvo. «Non mi interessa se vive o muore.» Ridacchiò. «Ma a te importa, perché sei debole, proprio come tutti voi infedeli.»

    Con solo gli occhi visibili, la donna strillò e farfugliò.

    «Getta la pistola o lei muore!»

    Lasciando la presa sulla pistola, il giovane la gettò a terra.

    L'uomo calvo rise. «Calciala verso di me.»

    Alzando entrambe le mani, il giovane scrollò le spalle e diede un calcio alla pistola.

    Il calvo distolse gli occhi dall'agente per vedere dove atterrava la pistola. In quell'istante, proprio nel momento in cui abbassò la guardia, il giovane si avventò su di lui.

    Rotolando sulle spalle per scendere sotto la linea di tiro dell'uomo armato, il giovane balzò in piedi di fronte all’aggressore. Afferrando l'arma, la spostò dalla testa della donna. L'aguzzino, troppo stordito per reagire, poté solo sbattere le palpebre, sorpreso dall'attacco.

    Girando sui tacchi, l'agente spinse via la donna prima di strappare l'arma dalla presa dell'uomo armato e torcergli la mano, ormai vuota, dietro la schiena. Gli diede quindi un rapido calcio dietro al ginocchio.

    Sconvolto dall'impatto, il criminale cadde in avanti. Tenendo il ginocchio sulla spina dorsale del calvo, il giovane gli bloccò saldamente il braccio dietro la schiena.

    Era successo tutto così in fretta che l’aggressore era andato a faccia in giù nel vicolo prima ancora di capire cosa stesse accadendo.

    «Sei in arresto!» annunciò l'agente al suo prigioniero. Dietro la spalla, chiamò la donna. «Stai bene?» l’ostaggio rispose con lo scatto di una pistola.

    Prima che potesse reagire, il giovane sentì una raffica di proiettili colpirlo alla schiena. Crollò sopra il suo bersaglio.

    «Lasciami, Thornton.» Spingendo l'agente sulla schiena, l'uomo calvo, il Maggiore Marshall Ford si inginocchiò.

    «Dannazione,» sussurrò Thornton.

    «Tenente Murphy Thornton, cosa hai sbagliato?» la profonda voce del Maggiore Seth Monroe veniva dall’altra parte del vicolo.

    Sfregando la vernice rossa che inzuppava il retro della sua maglietta rendendola ancora più aderente, Murphy gemette cercando di rialzarsi in piedi. «Ho abbassato la guardia sull’ostaggio. Ho pensato che fosse una passante innocente.»

    «Non l’hai nemmeno guardata abbastanza da vedere che era un lui,» disse il Maggiore Monroe ridendo.

    Quando il maggiore si fece da parte, Murphy vide che l’ostaggio aveva lasciato cadere il burka rivelando di essere in realtà un uomo dalla corporatura leggermente muscolosa, di probabile origine mediorientale. Murphy lo riconobbe, lo aveva già visto nei corridoi del Pentagono. Al contrario di Murphy, del Maggiore Monroe e del Maggiore Marshall Ford, era certamente un civile.

    «Conosci Farsi?» gli chiese Murphy.

    «Tawkeel Said è nato in Iraq,» rispose il Maggiore Monroe. «In pratica parla fluentemente tutte le lingue del Medio Oriente. Tawkeel, questo è il Tenente Murphy Thornton.»

    Spostando il suo fucile semi-automatico, impostato per sparare palline di vernice invece di proiettili veri, Tawkeel offrì la mano per stringere quella di Murphy. «Credo che ci siamo già conosciuti.»

    Con un’espressione interrogativa, Murphy gli strinse la mano. «No, non penso. Ti ho visto al Pentagono. Dipartimento di Stato?»

    «CIA.» Tawkeel lo aiutò a rimettersi in piedi. «Avrei giurato che ci fossimo già incontrarti da qualche parte. Mi spiace averti dovuto colpire alle spalle.»

    «Dovevi sparare così tanti colpi?» Murphy sentiva la vernice scorrergli lungo la schiena fino alle mutande. Cercò di scollarsi la maglietta di dosso. «Così vicino? Avrò i lividi per giorni.» «Meglio per te, devi ricordare di non abbassare la guardia,» disse il Maggiore Monroe.«L’unico scopo di questo training è quello di imparare,» aggiunse Tawkeel. «Se fossi stato un estremista, avrei svuotato l’intero caricatore poi ti avrei cosparso di benzina e ti avrei dato fuoco.» Murphy riconobbe lo sguardo gelido negli occhi di Tawkeel. Stava parlando di un’esperienza fatta in prima persona. «Il padre di Tawkeel era un collaboratore impiegato dietro le quinte dell'esercito americano durante la Guerra del Golfo,» spiegò il maggiore.

    «Ed era in Iraq?» Murphy si girò verso Tawkeel. «Tuo padre era un uomo coraggioso. Se lo avessero beccato ad aiutarci, lo avrebbero ammazzato sul posto.»

    «La famiglia di Tawkeel ha stretto amicizia con alcuni americani e alla fine si è convertita al cristianesimo,» disse il maggiore.

    «E questo ci ha condannati per sempre.» Aggiunse Tawkeel. «Mia madre è stata avvelenata dai suoi genitori durante un pranzo in famiglia. Mio padre l’aveva scongiurata di non andare ma lei aveva insistito, si fidava di loro. Appena scoprì che era morta, mio padre fece scappare me e i miei fratelli con i soli vestiti che avevamo addosso. Ci siamo nascosti nel deserto per due giorni e due notti finché alcuni americani nell’esercito, amici di mio padre, non sono riusciti a intrufolarsi nel paese e portarci fuori un attimo prima che il plotone della morte ci trovasse. Avevo solo otto anni ma ricordo ancora tutto come se fosse ieri. Quegli americani, tre uomini e due donne, hanno rischiato le loro vite per salvarci.» Concluse con un piccolo inchino, «Sarò eternamente grato a questo paese.»

    «L’operazione venne portata a termine in segreto,» sussurrò il Maggiore Monroe a Murphy. «Dopo aver raggiunto gli Stati Uniti, il padre di Tawkeel ci aiutò a far cadere Saddam Hussein. Tawkeel stesso è stato immensamente prezioso per la CIA, per non parlare della nostra squadra, ha raccolto informazioni all’interno del paese. Conoscendo la lingua, le usanze e come funzionano, è riuscito a darci una mano nelle nostre operazioni.»

    «Sono contento che tu sia dalla nostra parte.» Murphy accettò da Tawkeel un asciugamano per pulirsi la vernice rossa dai vestiti e dalla schiena.

    «Sei fortunato» il maggiore con i capelli argentati aveva rivolto la sua attenzione a Murphy. «Ti hanno sparato vernice. Sette settimane fa, tre marines sono stati tagliati a metà da una mitragliatrice quando hanno abbassato la guardia davanti a quella che pensavano fosse una innocua donna con un burka. Quello era davvero un soldato dell’ISIS.»

    «Ho capito, signore» rispose Murphy. «Non accadrà di nuovo, signore.» Si sfilò la maglia dalla testa per pulire la vernice che ancora gli colava giù per la schiena.

    «É meglio di no.» Prendendogli l’asciugamano, il maggiore gli ordinò di girarsi mentre si puliva. «Sei troppo prezioso per i Phantom, non possiamo perderti per un errore da novellino.» Dando un’occhiata nel vicolo, ordinò a Tawkeel e al Maggiore Ford, «Dobbiamo pulire prima che i turisti inizino a ronzare qui intorno. Ti contatterò io per la prossima missione di addestramento.»

    Ripulito il più possibile, Murphy si infilò di nuovo la maglietta e raccolse la pistola che aveva lasciato cadere. Iniziò a fare pulizia nel vicolo. Prima che riuscisse a impugnare l’arma sentì la mano del maggiore stringergli una spalla.

    «É stata una mossa impressionante quella di rotolare sulle spalle per restare sotto alla linea di fuoco di Ford,» disse il maggiore a bassa voce. «Ho letto nel tuo file che sei un buon ginnasta, ma non avevo mai visto un agente fare questa mossa.»

    «É solo un piccolo extra che mi piace tenere nel mio arsenale, signore» rispose Murphy.

    «Quello e la cintura nera in arti marziali miste.» Il maggiore osservò bene il giovane ufficiale della marina.

    Uscito solo due anni prima dall’Accademia Militare, il Tenente Murphy Thornton era ancora acerbo sotto molti aspetti. Per lui l'età era un vantaggio e uno svantaggio allo stesso tempo. Anche se aveva ancora molto da imparare, quando si trattava di servire il suo paese gli si accendeva un fuoco nel ventre - un fuoco che era arrivato a molte persone a Washington - incluse alcune delle più alte sfere del governo. Ciò che gli mancava in termini di età e di esperienza, lo aveva più che compensato con la sua vivace personalità, integrità, abilità, talento naturale e passione, che metteva al servizio del suo paese e della sua gente. Era stato questo a mettere il Tenente Murphy Thornton sulla buona strada per diventare uno dei migliori agenti dei Phantom.

    Consapevole che il sole del mattino si era alzato in cielo, Murphy attese paziente che il Maggiore Monroe, l’ufficiale più alto in grado e responsabile dell’allenamento notturno, lo congedasse. Invece di farlo, l’ufficiale della marina chiese «Come stanno andando le cose con il suo attuale incarico di collegamento militare nell'NCIS, tenente?»

    «Bene, signore» rispose Murphy prima di aggiungere «Ansioso di tornare sul campo, signore. So che non è una sua decisione, ma se può farlo sapere a CO, lo apprezzerei molto.»

    L’uomo più anziano sollevò le sopracciglia argentate. «Ma ti sei appena sposato... da quanto tempo?»

    «Abbiamo festeggiato la scorsa settimana i nostri primi quattro mesi, signore. E lo stesso weekend ci siamo trasferiti nella nostra nuova casa.» Rispose Murphy.

    «Ho sentito» disse il maggiore. «A National Harbor.»

    «Una villetta in arenaria con vista sul monumento di Washington.»

    «Mi sarei aspettato che volessi tornare a casa dalla tua adorabile giovane sposa tutte le notti.» Una delle sopracciglia del maggiore si era sollevata.

    «Lo so,» disse Murphy con un sospiro.

    «Qualcosa non va, tenente?»

    «No, signore» rispose Murphy spostando il peso da un piede all’altro. «Credo... di non essere fatto per starmene chiuso dietro a una scrivania, signore.»

    «Tale padre, tale figlio» brontolò il maggiore. «Bene, non ti preoccupare. Con il tuo talento e le tue abilità, non rimarrai rinchiuso a lungo. Devi solo avere pazienza.»

    «Lo farò, signore.» Murphy diede un’occhiata al suo cellulare per controllare l’ora. «Se posso, signore, devo andare a casa a farmi una doccia e tornare in ufficio. Abbiamo una riunione alle dieci e il mio supervisore alla criminale non gradisce che io arrivi in ritardo.»

    «Le hai detto che avevi l’addestramento stamattina, vero?»

    «Sì, signore.» Murphy strinse i denti per non rivelare la reazione del suo supervisore a questa notizia.

    Per un lungo istante, i due uomini si fissarono. L’indurirsi della mascella del giovane uomo sembrava esprimere quello che non voleva dire a parole. «É congedato allora, tenente.»

    La soleggiata giornata di primavera, con la brezza che soffiava dal fiume Potomac, tentò Murphy di prendersi una giornata libera per oziare lungo la riva di fronte alla loro nuova casa con la sua adorabile sposa, come l’aveva chiamata il maggiore.

    Murphy sarebbe stato l’ultimo a contraddire questo giudizio.

    Con i suoi seducenti capelli corvini e i suoi occhi viola, Jessica Faraday era la fantasia di ogni uomo - la sua più di tutti. Quattro mesi prima, Murphy si era dichiarato trenta secondi dopo aver incontrato la figlia del multimilionario Mac Faraday. Meno di quarantotto ore dopo, era sua moglie.

    A volte Murphy sentiva di non essere ancora tornato con i piedi per terra - tranne quando stava seduto dietro alla scrivania del Pentagono dove fungeva da collegamento militare dell'NCIS.

    Era vero, se CO lo avesse rimandato in campo per una missione, avrebbe significato stare lontano da Jessica. Ma c’erano giorni in cui guardava fuori dalla finestra desiderando di fuggire - specialmente quando il suo supervisore lo fissava con quei brillanti occhi scuri.

    Dopo aver svoltato sulla National Harbor Boulevard, Murphy rallentò la velocità della moto nell’area urbana per spingersi giù dalla collina dove la sua abitazione in arenaria rossastra riposava in un angolo, lungo un’area erbosa. Da lì al fiume Potomac era una breve passeggiata, attraverso un ponte pedonale.

    Appena vide il garage doppio, Murphy premette il pulsante del telecomando per aprire il portone. Senza fermarsi, entrò e girò per parcheggiare accanto al suo SUV nero, un brillante GMC Yukon che Jessica gli aveva regalato per le nozze. La Ferrari viola della moglie occupava il secondo posto del garage.

    Dopo essersi tolto il casco, Murphy aprì la porta che dava sulla taverna per trovare Spencer, il pastore scozzese di Jessica, un blu merle, che aspettava dall’altra parte. Murphy la chiamava Candi e Jessica era infastidita, specialmente quando il cane rispondeva a Candi, mentre si rifiutava di rispondere al nome che Jessica aveva scelto per lei, Spencer.

    Con gli occhi blu spalancati, il cane di un anno, si agitava. La sua soffice coda azzurrognola si muoveva così forte che sembrava stesse per staccarsi. Posando il dito sulle labbra, Murphy le fece cenno di rimanere in silenzio prima di piegarsi e darle buffetto sulla testa. Saltellando sul pavimento, Spencer sembrava fosse sul punto di scoppiare dalla gioia.

    Alla fine, Murphy tese le braccia. Tremante di gioia, Spencer saltò tra le sue braccia per leccargli la faccia. «La mamma è ancora a lett0?» le sussurrò. Spencer smise di leccarlo.

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