Seducente soluzione: Harmony Destiny
By Anna DePalo
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Anna DePalo
Dopo aver vissuto in Inghilterra e in Italia, si è stabilita a New York dove, quando non scrive, esercita la professione di avvocato.
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Book preview
Seducente soluzione - Anna DePalo
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Having The Tycoon’s Baby
Silhouette Desire
© 2003 Anna DePalo
Traduzione di Lucilla Negro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-784-3
Frontespizio. «Seducente soluzione» di Depalo Anna1
«Ho intenzione di contattare una banca del seme per l’inseminazione artificiale.»
La frase di Liz Donovan venne accolta con un misto di stupore e d’incredulità. Allison Whittaker, la sua migliore amica da più di dieci anni, era la persona che esibiva tali emozioni.
Erano sedute nello studio gremito di libri della casa dei genitori di Allison, un’imponente villa coloniale, dall’esterno in mattoni rossi, situata alla periferia di Carlyle, a nordest di Boston.
Ogni anno, era tradizione che i Whittaker organizzassero una grigliata per il Memorial Day.
Quell’anno non era un’eccezione, benché i genitori di Allison, Ava e James, fossero in viaggio per l’Europa.
«Ma così, Lizzie, il bambino non conoscerà mai suo padre. Non ti preoccupa questo?»
«Sì. Però una donazione anonima mi sembra la soluzione migliore, al momento. Inoltre, potrò scegliere il colore degli occhi, l’altezza, tutto quello che mi pare del donatore.»
Era stata Allison ad accompagnarla in ospedale, qualche settimana prima, per l’intervento di laparotomia che le aveva confermato la diagnosi del ginecologo, oltre che la peggiore paura di Liz: l’endometriosi.
Fortunatamente, il suo non era un caso grave, scoperto all’inizio, e il piccolo intervento aveva rimosso gran parte delle zone infette. Ma non c’era alcuna garanzia riguardo ciò che sarebbe potuto accadere in futuro. Il che significava, naturalmente, che avrebbe tirato la corda ogni anno in più che aspettava ad avere figli, ammesso che non fosse già troppo tardi.
Allison corrugò la fronte. «Non preferiresti servirti di qualcuno che conosci?» argomentò. «Sapere chi è il padre rappresenta un vantaggio nell’allevare dei figli.»
Liz sospirò. Una parte di sé ancora non riusciva a credere che il suo tempo per avere un figlio stesse per scadere. In fondo, non aveva ancora compiuto trent’anni!
Avere una famiglia era sempre stato il suo più grande sogno.
Sua madre era morta che lei aveva soltanto otto anni ed era figlia unica. Forse, se non avesse avuto quel bruciante desiderio di dimostrare al padre iperprotettivo di avere la grinta e le capacità necessarie per riuscire ad affermarsi nel mondo del lavoro, avrebbe potuto dedicare un po’ meno tempo alla carriera e più alla vita sentimentale, che al momento era praticamente inesistente.
In effetti, il lavoro era in parte il motivo per cui Liz si trovava quel giorno dai Whittaker, proprietari di una fiorente azienda d’informatica e amici di vecchia data. Nonostante la batosta ricevuta negli ultimi giorni, sperava di avere la possibilità di discutere di un grosso contratto per la sua piccola ditta di progettazione e arredamento d’interni, la Giochi Preziosi, specializzata in camerette e spazi ludici per bambini.
Era stata Allison a suggerire ai fratelli di rivolgersi a lei per il progetto di realizzazione di un asilo nido per i figli dei dipendenti della Whittaker Enterprises, presso la sede della compagnia.
Se Liz fosse riuscita a ottenere quel contratto, avrebbe dato finalmente una svolta decisiva alla sua attività, imponendo la Giochi Preziosi come uno dei nomi di spicco nel settore dell’arredamento per bambini.
Per sua fortuna, il fratello di Allison, Quentin, presidente della Whittaker Enterprises, sarebbe arrivato da un momento all’altro, fornendole la possibilità di stipulare l’accordo.
Liz scacciò il nervosismo che l’accompagnava abitualmente quando pensava a Quentin e allungò la mano verso il bicchiere di limonata che aveva appoggiato sul tavolino. «Ah, certo che ci sarebbero dei vantaggi nel conoscere il padre dei miei figli, ma a chi potrei rivolgermi? Non esco con nessuno, in questo periodo, e non ho nessuna amicizia maschile così stretta a cui azzardarmi di proporre una cosa del genere.»
Allison parve riflettere per qualche istante, poi sentenziò: «Be’, io ho tre fratelli...».
La mano di Liz si arrestò a metà strada dal prendere il bicchiere, e lei guardò Allison con un misto di orrore e divertimento. «Che sensazione allucinante. Mi pare quasi di rivivere l’incubo di certi piani diabolici in cui mi coinvolgevi da ragazzina» sbuffò.
«Ehi! Tu adori i miei fratelli!» Allison finse di fare l’offesa.
Liz appoggiò la schiena contro la soffice spalliera del divano, dimenticando la limonata, e sospirò. La sua amica Allison era una ragazza tenace. Un tratto caratteriale che le tornava utile nella sua attività di avvocato, ma che la rendeva anche un osso duro quando si trattava di contraddirla. «Devi ammettere che costringere uno dei tuoi fratelli a darmi un figlio sarebbe una richiesta un tantino... azzardata» osservò a disagio.
«No, perché?» Allison si alzò in piedi e cominciò a camminare avanti e indietro. «Ha senso, invece. Mia madre spinge tanto per avere un nipotino, ma nessuno dei miei fratelli sembra volersi decidere a darle la bella notizia. In quanto a me, non ho nessuna intenzione di sposare il primo tizio barboso che mi capita a tiro per fare piacere a lei!» Si fermò e sfoggiò un sorriso trionfante. «Inoltre, sono convinta che saresti una madre formidabile. La migliore in assoluto.»
«La migliore in che cosa?» domandò una voce profonda sulla porta.
Liz si irrigidì e indirizzò ad Allison un’occhiata ammonitrice.
Persino dopo undici anni da che si conoscevano, Quentin, il maggiore dei fratelli di Allison, aveva ancora il potere di gettarla in uno stato di incontrollata agitazione.
Alto, capelli corti nero corvino, aveva lineamenti marcati e regolari, tranne che per una piccola cicatrice all’angolo del sopracciglio destro, che si era procurato ai tempi dell’università in uno scontro durante una partita di hockey.
Gli occhi di Quentin incrociarono i suoi, fissandola con espressione indagatrice. «Elizabeth.»
Non la chiamava mai Liz o Lizzie, come facevano invece amici e parenti.
In quel preciso istante, Liz ricordò che la prima volta che si erano visti era stato proprio in quella stanza.
Lei aveva diciotto anni e stava per diplomarsi, mentre lui ne aveva già venticinque e gli mancava solo qualche esame per laurearsi in economia ad Harvard.
Le era bastato uno sguardo in quei suoi intensi occhi grigi ed era volata in paradiso, sulle ali di una tremenda cotta adolescenziale. Quentin, invece, non sembrava essere rimasto colpito per nulla da lei e aveva continuato a trattarla, nei loro incontri successivi, con educato riserbo.
Quentin entrò nella stanza, dirigendosi poi verso l’enorme scrivania in mogano situata di fronte a una vetrata sulla parete opposta rispetto alla porta. «La migliore in che cosa?» ripeté, indirizzando la sua domanda ad Allison.
«Quent, Liz deve avere un figlio. Subito.»
«Allison!» Liz fissò l’amica con occhi sgranati. Si era scordata che, quando si metteva in testa una cosa, Ally non mollava finché non aveva raggiunto il suo obiettivo.
Quentin si fermò di scatto e corrugò la fronte. «Che cosa?»
«Il medico le ha detto che ha l’endometriosi. Più tempo aspetta per avere un figlio, più diminuiscono le sue probabilità di rimanere incinta.»
Quentin puntò lo sguardo su Liz. «È vero?»
«Sì» confermò lei con voce sommessa.
Allison ignorò lo sguardo truce che l’amica le scoccò. «Ha bisogno di un padre per suo figlio.»
Quentin strinse gli occhi. «E perché lo state dicendo proprio a me?»
Allison proseguì, indifferente al tono astioso del fratello. «Quentin, mamma e papà ti assillano perché vogliono vederti sistemato e perché desiderano tanto un nipotino. Tu, però, dici che non intendi assolutamente andare all’altare un’altra volta. Per come la vedo io, questa è la soluzione a entrambi i tuoi problemi.»
«Allison, per favore!» Liz si sentiva le guance in fiamme. Non sopportava neppure l’idea che la sua amica, fra tutti gli uomini disponibili, avesse suggerito proprio Quentin come padre di suo figlio.
E, a giudicare dalla sua faccia, lui sembrava altrettanto inorridito.
«Tu non ti rendi neppure conto di che cosa mi stai chiedendo» ribatté aspro rivolto alla sorella. Dall’espressione sul suo viso, si intuiva chiaramente che considerava assurda l’idea e che era convinto che Allison avesse perso i lumi della ragione.
Liz emise il fiato che stava trattenendo. Era stata una sciocca a pensare, se pur per un istante, che Quentin potesse essere contento di aiutarla a mettere al mondo un figlio.
«Tu dici?» ribatté Allison, fissando l’abito grigio antracite e la cravatta blu del fratello con sguardo di disapprovazione. «È sabato, Quent, il weekend del Memorial Day, e tu, dove sei stato finora? In ufficio, come al solito. E, se ti conosco bene, sei venuto qui nello studio per seppellirti di nuovo tra le scartoffie. Credo di rendermi conto perfettamente di che cosa sto dicendo, invece.»
Liz tentò in qualche modo di arginare il panico crescente. «Quentin, voglio che tu sappia che non ho chiesto io ad Allison di parlartene.» Scosse la testa allorché l’amica aprì la bocca. «In realtà, le avevo appena comunicato che intendevo prendere un appuntamento con... con una banca del seme.»
Quentin si girò di scatto e sgranò gli occhi. «Siete tutte e due impazzite?» Si ficcò le mani in tasca. «Pensavo che l’idea di Allison fosse demenziale, ma la tua è ancora peggio.»
Liz sentì un calore improvviso montarle in viso. «Rivolgermi a una banca è un’idea del tutto ragionevole, invece. Al giorno d’oggi gran parte delle donne lo fa.»
«Soltanto che tu non sei la gran parte delle donne.»
Da quando in qua era diventato esperto di che tipo di donna era lei?, si domandò Liz. Per anni si era comportato come se non si fosse neppure accorto che lei era una donna!
Si alzò in piedi di scatto. Aveva sempre avuto molta soggezione di Quentin, ma stavolta la rabbia ebbe il sopravvento sulla sua timidezza.