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The Kardashians: Mitografia del contemporaneo
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Le Kardashian sono il fenomeno mediatico che dall'America ha conquistato il mondo. Sei protagoniste (Kim, Kourtney, Khloé, Kendall, Kylie e la madre Kris) e oltre un miliardo di followers a livello mondiale sulle piattaforme social (Instagram, Facebook, Twitter). Numeri da movimento religioso con diffusione planetaria. Da cosa deriva questo successo? Su cosa si basa questa capacità di attrazione? È davvero tutto trash senza valore? È possibile condannare un fenomeno di tale vastità e successo senza prima provare almeno a comprendere quali siano le dinamiche profonde che lo definiscono? Per dare risposta a queste domande e delineare alcuni meccanismi del successo nell'era digitale appena iniziata arriva il primo libro teorico, a livello mondiale, sulle Kardashian. Non una biografia, tanto meno un'odiografia. Molto più coraggiosamente, ma con l'umiltà necessaria alla base di ogni impresa del pensiero, il tentativo di far emergere il «non detto» significativo che caratterizza un fenomeno dagli effetti mondiali.
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Book preview
The Kardashians - Salvatore Patriarca
ATENA
Introduzione
Che nella contemporaneità si stia attraversando un momento di profondo cambiamento è un dato ormai acquisito. Che questa trasformazione sia più radicale di quanto usualmente lo siano i cambi di scenario storico-generazionali è un dato in via d’acquisizione. Che, per cogliere fino in fondo la novità in atto, sia necessario osservare i fenomeni caratterizzanti l’attualità senza pregiudizi e con spirito avventuroso è un dato ancora di là da venire.
La capacità di avventurare il pensiero in percorsi imprevisti non va quindi intesa come un esercizio di stupore per affermare ancora l’utilità della riflessione in un mondo che brucia velocemente ogni evento, quanto invece l’inevitabile compito di dare un contorno di comprensibilità all’esuberante accadere del vivere. Un’esuberanza che, proprio con l’inizio del nuovo millennio, ha messo a dura prova molte delle categorie finora utilizzate per definire una realtà sempre più sfuggente, complessa e organizzata secondo criteri in apparenza privi di senso.
All’interno di questo quadro, volontariamente accennato e non approfondito per evitare di ricadere nella sterile circolarità dove la premessa della conoscenza va fondata su qualcosa che meriti di essere conosciuto (vale a dire, che sia già oggetto conoscitivo), la sfida è quella di andare verso fenomeni che sono nella contemporaneità, la caratterizzano, la segnano in tanti aspetti e, tuttavia, rimangono confinati in una sorta di limbo radioattivo, passibile solamente di considerazioni relative alla superficialità di quanto accade. In particolare, il fenomeno complesso e articolato, scelto per provare a dare forma a quella specifica esigenza mitografica che contraddistingue ogni creazione culturale umana (intesa nell’accezione più ampia), è rispetto al mondo d’oggi quello delle Kardashian.
Entrare nella descrizione puntuale di chi siano le Kardashian, a partire dal ruolo di Kim (e dall’eponimo sextape), passando attraverso il reality che si è appena concluso dopo venti stagioni di messa in onda, le sorelle, la madre, fino ad arrivare al predominio visivo-comportamentale sui social media rappresenterebbe tuttavia una sorta di delegittimazione dello stesso assunto significativo di partenza. Le Kardashian sono la mitografia contemporanea e, nell’essere questo, sono già nell’immaginario collettivo di ciascuno, perché lo modellano. Non c’è quindi una conoscenza puntale che debba essere acquisita, come il dettaglio del nome dell’ultimo fidanzato o la data del sextape di Kim. Si tratta di elementi secondari che si accumulano nella sedimentazione della loro reiterata presenza visiva. Queste riflessioni, quindi, non saranno una raccolta di aneddoti o informazioni del mondo Kardashian, se non per un inquadramento informativo di alcuni elementi indispensabili a cogliere le dinamiche di dominio immaginifico che scaturisce dalla loro presenza mediatica.
Chiarito cosa non saranno le osservazioni a seguire, e cioè non saranno un libro sulla vita delle cinque sorelle e della loro madre Kris, e dunque cosa non ci si possa aspettare di trovare in esse, si può passare ad articolare i passaggi mitografici attraverso i quali si costruisce la peculiare centralità di questo fenomeno mediatico mondiale.
I numeri – Nell’era della trasformazione digitale, nella quale tutto è in un certo senso oggetto di quantificazione (i cosiddetti big data) e dove i numeri rappresentano forse l’ultima barriera di oggettività, non si può non prendere le mosse da una considerazione numerica: sommando i followers dei più importanti social network (es. Facebook, Instagram e Twitter) delle sei protagoniste del mondo Kardashian si supera abbondantemente la soglia del miliardo di persone. A questa va aggiunta la diffusione del programma televisivo, che ha superato le 250 puntate ed è andato in onda negli Stati Uniti sul canale via cavo E!, nonché venduto nel resto del mondo. Ecco, aggiungendo queste altre dinamiche diffusive si può tranquillamente sostenere che il bacino di riferimento quotidiano di questa mitografia contemporanea si muova nell’ordine di grandezza dei miliardi di persone. Una cifra da fenomeno religioso con diffusione planetaria.
La significatività – In sé, i numeri dicono molto, ma potrebbero significare poco. C’è da metterli in una prospettiva ermeneutica per coglierne davvero la portata. In questo caso il passaggio è abbastanza semplice: con una base così diffusa ogni singola azione, ogni evento esistenziale, ogni foto o video, ogni parola detta, ogni comportamento imprevisto, ogni capo d’abbigliamento indossato diventano un elemento comune, un’informazione condivisa, una proiezione di significato. Esiste quindi una comunità collettiva, una specie di culto che si coagula intorno alla propagazione contenutistica delle vite delle Kardashian. A tutti gli effetti, se non fosse fuorviante (almeno all’inizio) l’uso di tale concetto, essa andrebbe classificata come una comunità religiosa, dove sono contemplate azioni liturgiche (visibili alla comunità) e ritualità informative. Il rimando, in apparenza forzato, trova il suo terreno di conferma una volta che si riesce a liberare la dimensione religiosa da ogni rimando etico, redentivo e metafisico, mantenendo il ragionamento sul piano della semplice connessione sociale e dei mezzi simbolici che unificano le comunità. Come detto, tale linee interpretative diverranno più chiare a conclusione del percorso di analisi.
Un ulteriore tratto di particolarità è il fatto che questa comunità mediale di oltre un miliardo di persone abbia come riferimento un universo simbolico tutto segnato dalla femminilità. Si avrà certo modo di ritornare su questo aspetto, che si presenta come un unicum nella mitopoiesi contemporanea; rimane tuttavia essenziale porre questo tema in prima istanza, perché rappresenta una dimensione troppo spesso dimenticata o, quando evidenziata, colta solamente nella semplificazione sessuale. E invece il mondo tutto al femminile delle Kardashian rappresenta una dirompente novità di significazione collettiva concepibile solo all’interno dei rivolgimenti simbolici propri dell’era digitale.
L’immaginario – Come terza dimensione motivazionale, va evidenziata la pervasività dei messaggi prodotti. L’effetto combinato prodotto dalla diffusione numerica e dalla multiforme stratificazione dei piani genera una capillare pervasività. I messaggi delle Kardashian sono onnipresenti, penetrano per osmosi, sono modelli di visione e comportamento. Si tratta, per certi versi, di un immaginario semplice, diretto, privo di sofisticazioni intellettualistiche. Si propone come il connubio (sempre possibile) tra un’ideale di vita costruito su desideri omologabili e una visione improntata a un consumismo emozionale, nel quale lo stesso esperire è legato ‒ di volta in volta ‒ a un oggetto da comprare o a un’azione da replicare.
Per la prima volta il confronto è con un immaginario accessibile. Non c’è dimensione eroica, non ci sono vette del talento, non c’è un’ideale lontano che richieda una dedizione cieca. È un universo simbolico immediato, che viene reso ancor più praticabile nella reiterazione delle immagini che lo animano. La componente valoriale è apparentemente assente. Le ideologie non esistono come costruzioni preconfezionate. La vita è compresa in un rapporto immediato di azioni-emozioni che rimandano agli oggetti (da acquistare), ai luoghi (da visitare) e ai comportamenti (da tenere). Una pedagogia simbolica a contatto con l’istantaneità del flusso vitale.
A partire da queste premesse generali, il ragionamento si articolerà in due grandi ambiti. Il primo è quello relativo alla messa a fuoco culturologica del fenomeno. Ciò avviene attraverso una parentesi laterale incentrata sul caso O. J. Simpson, che si intreccia a doppio filo con l’evoluzione della televisione come doppio speculare delle vita reale (l’idea di reality) e, ancor più stranamente, con l’ingresso della famiglia Kardashian all’interno della società dello spettacolo.
Esaurita questa deviazione (essenziale fondazione delle evoluzioni successive), si passa alla definizione dei grandi assi tematici della contemporaneità che trovano nella vita delle sei donne americane una particolare configurazione che funge da modello per l’immaginario collettivo. Il primo ambito di riflessione è quello che prende le mosse dal famoso sextape di Kim, la più famosa delle sorelle, e affronta la questione centrale dell’esposizione del sé.
Il secondo movimento è dedicato alla connotazione femminile dell’universo Kardashian, una sorta di rifigurazione moderna del matriarcato nel quale il maschile, la figura dell’uomo, viene connotata come un elemento accessorio, un completamento. Da ciò scaturisce il fatto che il potere (in un’accezione semantica ampia e simbolica) sia fondamentalmente una componente della femminilità.
A seguire, l’attenzione si focalizza sulla specifica torsione dell’idea di trasformazione del sé, che include tanto la dimensione evolutiva del vivere, quanto la possibilità di intervento migliorativo del corpo biologico. Emerge qui l’implicita consapevolezza (tutta da indagare) relativa all’idea che la realizzazione identitaria sia un forma di ridefinizione in primo luogo fisica di se stessi.
Il quadro di riferimento categoriale si conclude con il cuore stesso del successo della famiglia californiana: i social media. La loro presenza sui mezzi di comunicazione di massa è talmente insistita e pervasiva da arrivare a definire una peculiare condizione che si potrebbe definire social media life ‒ una vita cioè del tutto esposta e raccontata sui media che funge da prospettica anticipazione degli effetti generali che il radicarsi dell’era digitale sta sedimentando.
La seconda fase della costruzione mitografica è dedicata all’analisi delle sei donne protagoniste del mondo Kardashian. In questo caso si proverà a rendere più esplicito il sofisticato uso delle linee narrative che definiscono le personalità delle protagoniste. Si tratta a tutti gli effetti di una composizione drammaturgica, nella quale ogni protagonista è un personaggio con caratteristiche specifiche e, soprattutto, un mercato di riferimento. Questo è il punto di maggiore interesse, quello peraltro che segna il successo planetario di tale mondo rappresentativo. Il singolo personaggio, che soddisfa una precisa linea narrativa, è il self brand di se stesso. È una vita reale (nella finzione immaginaria) che modella (stavolta nel mondo reale) le vite immaginarie dei/delle followers secondo le indicazioni di quello specifico brand soggettivo. Questa identificazione, attentamente elaborata, genera a sua volta, in un’evoluzione di secondo livello, la costituzione di un mercato. Ciascun personal brand del mondo Kardashian è esistenziale, valoriale, comportamentale e, nell’inevitabilità del piano conseguenziale, è propositivo, promozionale. Il passaggio qui è esiziale: il personaggio è il mercato. I prodotti non sono mera aggiunta pubblicitaria, ma sono in assoluta continuità con la vita, sono già sempre esperienze vissute e poi condivise.
A conclusione di questa premessa introduttiva, tesa a fornire i punti di riferimento che fondano le pagine a venire, rimane da puntualizzare, come osservazione metodologica, cosa non vada cercato in questa mitografia.
Innanzitutto, la connotazione nozionistica. Non sono raccontate le informazioni della vita delle singole protagoniste, date di nascita, studi, relazioni sentimentali, case o autovetture possedute e via di seguito. Alcune di tali informazioni, che pure sono utilizzate, vanno considerate come il pretesto esemplificativo per portare a comprensione il quadro complessivo del fenomeno Kardashian e mai come una forma conoscitiva fine a se stessa o con pretese esaustive.
Non bisogna poi aspettarsi di trovare inserzioni letterarie o filosofiche esterne tese a dare tenore culturale al fenomeno analizzato. Molto più semplicemente, e con l’umiltà necessaria alla base di ogni impresa del pensiero, sono le cose stesse a parlare nel tentativo di riuscire a far riecheggiare parte del «non detto» che caratterizza i fenomeni, al punto da renderli significativi a livello planetario.
*****
Può sembrare un vezzo, è invece un atto di comprensione della limitatezza di ogni impresa personale. Le mancanze di questo testo sono quindi da attribuirsi in maniera esclusiva all’autore, così come ogni critica che a esso si muove.
Non c’è un apparato di citazioni che possa «sostenere» la legittimità delle analisi svolte, non c’è una scuola o una comunità culturale di riferimento dalle quali tali analisi dipendano e siano in vario modo sostenute o condivise. Ma questo è, in fin dei conti, il compito della riflessione: avventurarsi verso terreni conoscitivi inesplorati.
L’antefatto: Il caso O. J. Simpson
L’avvio della riflessione passa per un movimento di pensiero a ritroso, una sorta di regressione archeologica nella quale significatività e coincidenza coesistono, dando inizio alla mitografia mediatica delle Kardashian. Il riferimento va ovviamente al processo per duplice omicidio a carico di O.J. Simpson – un caso di cronaca giudiziaria che si trasfigura immediatamente nella più incredibile palestra di evoluzione mediatica di fine secolo. In quei diciassette mesi che vanno dal giorno del delitto alla scarcerazione del campione sportivo sono avvenute alcune fondamentali torsioni del rapporto tra l’immaginario e la costruzione del reale, dalle quali si è tuttora dipendenti. E, allo stesso tempo, si è compiuto l’ingresso – sebbene ancora in maniera defilata – della famiglia Kardashian nello star system mediatico americano. Anche su tale particolare modalità d’ingresso, espressione di un puro riflesso esistenziale amplificato dalle circostanze, si avrà modo di ritornare in chiusura di capitolo.
Per ora la centralità del discorso è dedicata agli effetti dirompenti del caso O.J. sull’opinione pubblica statunitense e, di riflesso, mondiale.
Breviario dei fatti
Prima di entrare nelle considerazioni sugli effetti è forse utile appuntare alcune delle date essenziali che segnano lo svolgimento dei fatti e permettono un maggiore orientamento rispetto all’oggetto della riflessione. Si tratta, è bene ricordarlo, di un piccolo breviario che evidenzia solo i punti di snodo significativo, e non una ricostruzione cronachistica della vicenda, che esulerebbe dalle intenzioni di questo lavoro.
L’avvio della vicenda si ha il 12 giugno 1994 quando Nicole Brown Simpson e il suo compagno, Ron Goldman, vengono assassinati a pugnalate all’interno della loro casa di Brentwood, un quartiere
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