I sogni dei bambini sono gratis
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About this ebook
in copertina: “Memorie di un balcone” di Sabina Scattu, ricamo a mano su lino.
Luca Fiscariello nasce a Napoli nel 1973. Girovago per vocazione, nel 1996 si concede all’abbraccio della Sardegna, dove tuttora vive e lavora. Lettore compulsivo, dall’animo altruista, si affaccia al mondo letterario dedicandosi alle opere di altri autori, in qualità di redattore e relatore. Nel 2017 decide di mettersi in gioco, con la partecipazione a vari concorsi letterari. Alcuni dei suoi racconti sono stati premiati e pubblicati in diverse antologie. “I sogni dei bambini sono gratis” è il suo romanzo d’esordio.
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Book preview
I sogni dei bambini sono gratis - Luca Fiscariello
RINGRAZIAMENTI
L’AUTORE
Luca Fiscariello nasce a Napoli nel 1973. Girovago per vocazione, nel 1996 si concede all’abbraccio della Sardegna, dove tuttora vive e lavora. Lettore compulsivo, dall’animo altruista, si affaccia al mondo letterario dedicandosi alle opere di altri autori, in qualità di redattore e relatore.
Nel 2017 decide di mettersi in gioco, con la partecipazione a vari concorsi letterari. Alcuni dei suoi racconti sono stati premiati e pubblicati in diverse antologie. I sogni dei bambini sono gratis
è il suo romanzo d’esordio.
PREFAZIONE
Un’autobiografia che inizia da un quaderno ritrovato durante un trasloco.
Un cambiamento doloroso che permette all’autore, tra frastuono, nostalgia e dispiacere, di ripercorrere quell’infanzia lontana che rivendica il diritto di essere ricordata.
Luca Fiscariello ci porta con sé, permettendoci di conoscere, attraverso la lettura dei temi contenuti in quel quaderno, i ricordi, i successi e le sconfitte, i sentimenti, le paure, gli amici e gli amori di un bambino che frequentava a Napoli, negli anni Ottanta, la quinta elementare.
Una storia personale letta a voce alta che, pagina dopo pagina, ci emoziona, permettendoci di sentire ciò che prova l’anima sotto la sua pelle.
Due luoghi, Napoli e la Sardegna, raccontati nella loro bellezza. Napoli, che gli ha dato i natali e che ora dovrà lasciare, insieme a quella casa che gli operai stanno svuotando di tutto, lo vede adulto, con il quaderno tra le mani, ritornare ai suoi compagni di scuola, alla sua maestra, ai giochi di quel bambino curioso; la Sardegna, è il suo presente e sarà il suo futuro, e l’ha scelta con tutto l’amore possibile.
Un libro che ci racconta come sono cambiati i tempi, la scuola, i giochi dei bambini, le famiglie, ma non solo. Questo è un libro che ci costringe a guardare in faccia la fatica del cambiamento, dei distacchi dolorosi, del tempo inesorabile che passa e che a volte modifica tutto quello che ci sembrava non dovesse cambiare mai.
Leggendolo sentiamo che quello che l’Autore ci permette di conoscere ci appartiene, perché sono le nostre stesse emozioni, le nostre stesse paure, perché alla fine, dietro ognuno di noi c’è una storia che ha delle pagine simili alla sua.
Un libro scritto con il cuore che merita di essere letto e tenuto a portata di mano.
Come dice il titolo, I sogni dei bambini sono gratis, e attraverso i suoi ricordi possiamo cercare di salvare i nostri.
Una ricchezza.
Carmen Salis
PROLOGO
Un mattino d’estate, caldo e assolato, non è l’ideale per iniziare un trasloco a Napoli. Se poi la casa da lasciare è quella dove sei nato e i genitori confidano nelle tue capacità organizzative, c’è il rischio che la giornata si riveli quanto mai complicata.
Il sole è già in piedi e io siedo in soggiorno, a rincorrere pensieri nei vicoli della mente. In un solo istante mi ritrovo a planare sulle piazze enormi e sulle strade anguste, a carezzare il vociare delle botteghe, straripanti di vita.
Il respiro affannoso della casa mi riporta alla realtà. Soffre, sepolta da un coacervo di scatole, impilate in equilibrio precario, secondo una logica che non riesco a comprendere. Gli addetti al trasloco, guidati da movimenti rapidi e decisi, perseguono il chiaro obiettivo di terminare il lavoro nel minor tempo possibile. Li osservo mentre, con una tenacia perversa, sono intenti a sfasciare il mobile, al cui interno è celato il lettino che ha cullato i sogni d’infanzia. Ci sono ancora poster e adesivi incollati. È disumano dover assistere al martirio dei miti degli anni Ottanta, ma quell’arredamento non seguirà la famiglia a Roma ed è destinato a terminare i suoi giorni presso un centro di smaltimento rifiuti.
Uno di quegli uomini, mentre tira a sé il povero compensato scricchiolante, fa leva con il piede, col preciso intento di spaccarlo in due. Non fraternizzavo così tanto con un pezzo di legno dai tempi in cui amavo sfogliare Le avventure di Pinocchio.
"Uà, nientedimeno ho preso a calci a Maradona!" esclama divertito.
Fingo di sorridere, mentre osservo il poster di Dieguito mortificato dalla pedata indifferente dell’operaio.
In breve tempo, le pareti si liberano dell’abbraccio soffocante degli arredi e tornano a respirare.
Da bambino mi chiedevo spesso cosa fosse celato dietro la mobilia, nello spazio ristretto che la separa dal muro. Ero certo che i miei genitori vi nascondessero qualcosa di prezioso o, quantomeno, conservassero una mappa sotto la carta da parati. Quarant’anni dopo ho potuto finalmente sciogliere i miei dubbi e svelare l’arcano. Protetto da quei giganti di legno è venuto alla luce un tesoro fatto di polvere, soldatini e palle di carta, emerso da un tempo lontano. Un tempo colorato da bambini scorrazzanti e genitori acerbi.
In seguito ho imparato che il modo migliore per nascondere un tesoro è lasciarlo disponibile a tutti. Perché gli adulti sono complicati e il loro cervello tende a rifiutare le soluzioni più semplici.
Una scatola, ancora aperta, giace ai miei piedi come un cagnolino sonnacchioso. Vi ho anche inciampato più volte, nel frenetico andirivieni del mattino. È arrivato il momento di sbarazzarsene. Recupero del nastro da pacchi e, dopo averla sigillata, la sollevo con fatica, per riporla con le altre. Ho il dubbio che l’abbiano lasciata tra le ultime a causa del peso. Muovo appena due passi, il fondo cede e l’intero contenuto si rovescia sul pavimento. Impreco. E penso che un mare di quaderni della scuola primaria non abbia alcun diritto di inondare anche altre case. Quaderni di matematica, di dettati, di scienze e d’inglese. Tutta roba inutile.
Uno di questi, però, finisce più distante, quasi a dichiararsi estraneo all’immobilità del tempo. Lo raccolgo. È il quaderno dei temi di quinta elementare.
Mi era parso di vederlo nella scatola. Riposava in alto, sovrastando gli altri. Era sotto i miei occhi, eppure non l’avevo toccato. Perché anche il mio cervello rifiuta le soluzioni più semplici.
In casa era davvero nascosto un tesoro. E finalmente ora è nelle mie mani!
1
Napoli, 5 ottobre 1982
Un nuovo anno scolastico è ormai iniziato; impressioni e propositi.
Un nuovo anno scolastico è iniziato già da una settimana, ho atteso da tanto tempo questo momento. La mia maestra è cambiata perché quella dell’anno scorso si dovrà sposare. I miei compagni sono tutti molto cresciuti. Ho visto che il sussidiario di quest’anno è di trecentoventi pagine, quindi ci dovremmo dare molto da fare. Dovremmo studiare Napoleone, Garibaldi ecc. ecc. tutte cose molto belle. Per me la cosa più difficile quest’anno sarà la geografia, perché abbiamo tutto il mondo da studiare.
La prima pagina del quaderno mi riporta indietro di trentasette anni. Mi rivedo nello stesso soggiorno, confuso ed emozionato, come in ogni prima volta. Iniziava la quinta e, a nove anni, la vita si spalancava lentamente davanti. Il tema porta alla luce una chiara confusione verbale tra l’uso del futuro e del condizionale ma, a ben vedere, l’errore cela, metaforicamente, tutta l’insicurezza di una stagione che sta per tramontare. Una stagione che sapeva d’ingenuità e di sofferente bellezza, carica di buone sensazioni e d’istinto. Avevo la capacità di annusare l’aria e percepire l’umore di chi mi era accanto, proprio come un gattino. Il mondo sembrava popolato da persone amiche pronte a offrirmi una mano, se solo ne avessi avuto bisogno.
L’unica fase della vita in cui sono stato davvero me stesso.
Avevo un grembiule celeste, che a inizio anno si presentava immacolato, e che dopo qualche settimana riportava segni di tempere e pennarelli, da fare invidia a una carta topografica. Il mio disamore per la geografia risale proprio a quei tempi. Era inevitabile associare quel grembiule, color del cielo, a un atlante.
Rientrare a casa senza un bottone o con una macchia colorata sul petto, che non fosse una coccarda, avrebbe portato a una lunga serie di rimproveri. Sapevo ciò che mi attendeva, ma tenere il grembiule in ordine