Elfi, Fate e Pooka: Folklore, mitologia, leggende e tradizioni del Galles
By Wirt Sikes
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Ma da quando la conoscenza dei nostri anni più maturi distrugge tutto questo, è con un certo grado di soddisfazione che possiamo volgerci verso le consolazioni della mitologia fatata. Le amate storie antiche non sono “vere” ma almeno non sono del tutto illogiche ed hanno una ragione buona e sufficiente per essere al mondo – possiamo continuare a rispettarle. L‟arguto che ha osservato che la causa ultima delle leggende sulle Fate è di “fornire svago alle persone che spietatamente ne seguono le tracce fino alla loro origine” (Saturday Review, 20 ottobre 1877) ha espresso una seria verità in una forma gioviale. Siccome non si può più rimanere in pace nella propria ignoranza, è un conforto per coloro che amano le leggende fatate scoprire che non hanno bisogno di spazzarle via come immondizia; al contrario, esse diventano anche più incantevoli nel crogiolo della scienza di quanto non lo fossero nella loro figura antica.
Tra il popolo del Galles la credenza nelle Fate è meno estinta di quanto osservatori casuali potrebbero essere indotti a credere. Anche le persone colte che vivono in Galles ed hanno vissuto lì per tutta la vita possono spesso essere classificati come non più che osservatori casuali in questo campo. Vi sono alcuni di tali residenti che hanno posto un‟attenzione particolare al soggetto e si sono formati un‟opinione sulla ampiezza della credenza tra il popolo ma la maggior parte della gente colta del Galles ho scoperto che non ha un‟opinione in merito, se non una vaga sorpresa per il fatto stesso che una simile questione venga posta.
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Elfi, Fate e Pooka - Wirt Sikes
scienza
I
Le storie di Fate e l’antica mitologia
At eve, the primrose path along,
The milkmaid shortens with a song
Her solitary way;
She sees the fairies with their queen
Trip hand-in-hand the circled green,
And hears them raise, at times unseen,
The ear-enchanting lay.
Rev. John Logan: Ode to Spring, 1780
Le compensazioni della scienza – La credenza sulle Fate esistente in Galles – La fede della cultura – La credulità dell’ignoranza – L’antica Terra delle Fate del Galles – Il Re delle Fate – La leggenda di San Collen e Gwynn ap Nudd – I Verdi prati del mare – Le Fate al mercato – La terra del mistero
In merito alle altre branche del folklore, i punti di vista degli studiosi differiscono, ma nel regno delle Fate queste differenze si riconciliano ed i filosofi vanno a braccetto tra loro armoniosamente. E così dovrebbe essere per quanto riguarda un regno in cui vivono i deliziosi ricordi del periodo più poetico della vita – l’infanzia, prima che lo scetticismo si sia insinuato con il progredire del sapere. La conoscenza che ha introdotto lo scetticismo è infinitamente più preziosa della fede che ha rimpiazzato ma, nonostante ciò, vi sono pochi tra noi che non abbiano provato un velo di dispiacere per quello che la foi scientifique ha spostato della antica fede nelle Fate. Vi era qualcosa di così affascinante e peculiare in quella antica credenza - un tempo
il mondo era meno pratico della realtà di quanto lo sia ora, vi erano meno luoghi comuni e si era meno soggetti alle inesorabili leggi di gravitazione, ottica e simili. Quali prose vi si raccoglievano! Che poesie, che sogni, che delizie!
Ma da quando la conoscenza dei nostri anni più maturi distrugge tutto questo, è con un certo grado di soddisfazione che possiamo volgerci verso le consolazioni della mitologia fatata. Le amate storie antiche non sono vere
ma almeno non sono del tutto illogiche ed hanno una ragione buona e sufficiente per essere al mondo – possiamo continuare a rispettarle. L’arguto che ha osservato che la causa ultima delle leggende sulle Fate è di fornire svago alle persone che spietatamente ne seguono le tracce fino alla loro origine
(Saturday Review, 20 ottobre 1877) ha espresso una seria verità in una forma gioviale. Siccome non si può più rimanere in pace nella propria ignoranza, è un conforto per coloro che amano le leggende fatate scoprire che non hanno bisogno di spazzarle via come immondizia; al contrario, esse diventano anche più incantevoli nel crogiolo della scienza di quanto non lo fossero nella loro figura antica.
Tra il popolo del Galles la credenza nelle Fate è meno estinta di quanto osservatori casuali potrebbero essere indotti a credere. Anche le persone colte che vivono in Galles ed hanno vissuto lì per tutta la vita possono spesso essere classificati come non più che osservatori casuali in questo campo. Vi sono alcuni di tali residenti che hanno posto un’attenzione particolare al soggetto e si sono formati un’opinione sulla ampiezza della credenza tra il popolo ma la maggior parte della gente colta del Galles ho scoperto che non ha un’opinione in merito, se non una vaga sorpresa per il fatto stesso che una simile questione venga posta.
Pertanto, ancora nell’anno 1858 un colto scrittore dichiarò su 'Archaeologia Cambrensis che il viaggiatore potrebbe ora passare da un capo del principato all’altro senza rimanere scioccato o divertito, come potrebbe essere, da alcuna delle leggende sulle Fate o storie popolari che un tempo venivano tramandate normalmente di padre in figlio. Ma sullo stesso periodico, diciotto anni dopo, Mr. John Walter Lukis (presidente della Cardiff Naturalists’ Society) asserisce in merito ai cromlech, ai tumuli ed agli antichi accampamenti nel Glamorganshire: "Vi sono sempre storie di Fate e storie di fantasmi collegate ad essi; alcune, anche se vengono credute completamente dagli abitanti di quelle località, sono spesso del tipo più assurdo; infatti, più ridicole sono e più vengono credute." ('Archaelogia Cambrensis, 4° sc., vi, 174)
La mia osservazione mi porta a sostenere la testimonianza di quest’ultimo. Gli europei colti generalmente pensano che questo tipo di credenza sia estinta nel proprio paese o almeno nella zona più vicina a loro. Essi accreditano le credenze del genere che possono essere rimaste a qualche remota parte del sud se dimorano al nord, o del nord se dimorano al sud. Ma in particolare essi le accreditano ad una epoca precedente: in Galles, nell’ultimo secolo o nel medioevo o all’epoca di Re Artù. Il parroco di Merthyr, ormai anziano, l’accredita alla propria giovinezza. Sono abbastanza vecchio per ricordare
, mi scrisse alla data del 30 gennaio 1877, che queste storie venivano credute completamente dalla gente delle campagne quaranta o cinquanta anni or sono.
La gente più acculturata ha conservato questa sorta di fede nella mitologia fatata in ogni epoca, mi pare, eccetto nelle più remote. Chaucer l’aveva circa cinque secoli or sono e scrisse (Wyf of Bathes Tale, Canterbury Tales):
In olde dayes of the Kyng Arthour, ...
Al was this lond fulfilled of fayrie; ...
I speke of many hundrid yer ago;
But now can no man see non elves mo.
"Nei giorni antichi del Re Artù,
questa terra era tutta piena di Fate;
io parlo di molti secoli fa;
ma ora nessuno può più vedere gli Elfi."
Anche Dryden l’aveva, due secoli dopo, e delle Fate diceva:
I speak of ancient times, for now the swain
Returning late may pass the woods in vain,
And never hope to see the nightly train.
"Io parlo dei tempi antichi, perchè ora il pastorello
che ritorna tardi potrebbe attraversare i boschi invano,
e non sperare mai di vedere il corteo notturno."
In tutte le epoche successive, altri autori hanno scritto lo stesso genere di cose; non è così ora ma lo è stato recentemente. La verità, probabilmente, è che se ci si immerge a livello della vita comune, specialmente nelle borgate rurali, si ritroveranno diffuse le stesse antiche credenze quasi allo stesso grado in cui sono state diffuse nei precedenti cinquecento anni. Per immergersi con successo in questo livello si deve divenire una unità vivente di quella vita, come ho fatto di volta in volta io in Galles ed in altri posti. Allora si udrà la verità che si desidera conoscere, o almeno il sentimento che la gente prova verso di essa. Che la pratica di ogni generazione sia pertanto quella di relegare la credenza sulle Fate ad una data subito precedente la propria non si applica, tuttavia, alle credenze in generale in quanto la loro maggiore o minore diffusione in certe epoche (come per la storia della stregoneria) è un fatto ben accertato. Attualmente, io limito strettamente l’argomento al dominio delle Fate. In questo dominio, la credenza diffusa in Galles si può dire che sia più forte nei distretti rurali e minerari, che sia infantile e poetica e che si riferisca a tutto tranne al luogo in cui risiede colui che ne narra – come nella zona a fianco, nel paese vicino, nelle montagne lontane o nella terra buia di Gwerddonau Llion, i verdi prati del mare.
All’epoca di Artù e prima ancora, la gente del Galles del sud considerava in Galles del nord come la terre preminente delle Fate. Nell’immaginazione popolare, quella terra lontana era la dimora scelta da giganti, mostri, maghi e da tutte le creature magiche. Da essa arrivavano le Fate, che andavano a fare visita alle terra assolate del sud. Il capo filosofo di quella terra incantata era un gigante che sedeva sulla cima di una montagna a guardare le stelle. Aveva un re mago chiamato Gwydion che possedeva il potere di mutare se stesso nelle forme più strane. Il contadino che dimorava sulle rive del Dyfed (Demetia) lo vedeva a distanza, oltre le onde blu dell’oceano, le cime delle montagne ombrose che perforano le nubi e che proteggono questa mistica regione con solenne maestà. Da lì rotolavano su di lui le nubi tempestose dalla casa della tempesta; da lì fluivano nel cielo invernale le insegne fiammeggianti delle luci del Nord; da lì sorgeva attraverso l’illimitata oscurità la strada trapunta di stelle del re delle Fate. Questi dettagli sono attuali nel Mabinogion, quelle brillanti storie di magia Gallese così graziosamente tradotte in inglese da Lady Charlotte Guest (The Mabinogion, from the Welsh of the Llyfr Coch o Hergest - tradotto con note da Lady Charlotte Guest - New Edition, Londra, 1877) e si crede che tutte le storie del Mabinogion in cui sono stati trovati questi dettagli siano state scritte nel Dyfed. Si trattava della regione dell’ovest, ora coperta dalle contee di Pembroke, Carmarthen e Cardigan.
Più recentemente dell’epoca predetta, tradizioni particolari hanno collocato la terra delle Fate nella Valle di Neath, nel Glamorganshire; vi è in particolare un ripido ed aspro dirupo chiamato Craig y Ddinas che ha una chiara fama di roccaforte della tribù fatata (vi sono due colline con questo nome nel Glamorganshire ed altre in altre zone del Galles). Le sue caverne ed i suoi crepacci sono state il loro rifugio preferito per molti secoli e su questa roccia si tenne la corte delle ultime Fate che siano mai apparse in Galles. Inutile dirlo, vi sono uomini tuttora in vita che ricordano le visite delle Fate a Craig y Ddinas, anche se affermano che il piccolo popolo non si è più visto lì. E’ un’osservazione comune che i metodisti lo abbiano cacciato; vi sono invero innumerevoli storie che mostrano come le Fate fossero animate, quando ancora erano numerose in Galles, da una cordiale antipatia nei confronti di tutti i predicatori dissenzienti. In questa antipatia erano compresi anche gli astemi.
Il sovrano delle Fate ed il loro particolare guardiano e protettore era un certo Gwyn ap Nudd. Egli governava anche la tribù dei Folletti in generale. Il suo nome compare spesso negli antichi poemi Gallesi. Un vecchio bardo del XIV secolo che, portato via dalle Fate, cadde in una torbiera su una montagna in una notte oscura, la chiamò il laghetto dei pesci di Gwyn ap Nudd, un palazzo per i Folletti e la loro tribù
. L’associazione di questa figura leggendaria con la fama di essere fatata della Valle di Neath apparirà quando diremo che Nudd in Gallese si pronuncia semplicemente Neath e non altrimenti. In quanto alla regina delle Fate, essa non sembra esistere tra i Folletti della Cambria. Gli etimologi locali, tuttavia, pensano che Morgana derivi da Mor Gwyn, la fanciulla bianca, ed il giusto nome Gallese Morgan difficilmente si può non collegare, anche se non necessariamente è significativo.
La leggenda di San Collen in cui appare Gwyn ap Nudd lo rappresenta come il re di Annwn (l’aldilà o la terra delle ombre), così come re delle Fate. (Greal, 8vo, Londra, 1805, pag. 337) Collen stava scontando un periodo di mortificazione come eremita in una cella di pietra su una montagna. Un giorno udì due uomini che parlavano di Gwyn ap Nudd e gli attribuivano una personalità doppiamente regale. Collen gridò a quegli uomini di andarsene e di trattenere la lingua, invece di parlare di diavoli. Per questo Collen venne rimproverato, in quanto al re della terra delle Fate non piacque quel linguaggio. Il santo venne convocato ad un in contro con il re sulla cima