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Primo libro d'indaco
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Primo libro d'indaco

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Il "Primo libro d'indaco" apre una quadrilogia di genere fantasy

classico. In un mondo immaginario e al tempo stesso arcaico, si svolge

una lotta epica con eroi piccoli e grandi, tra creature fantastiche,

maghi, animali e semplici uomini.

Nella città di Meffe ogni anno viene commemorata un'antica guerra tra dei e demoni. Da quel

passato

però giungono frammenti di verità che raccontano un'altra storia, che

affiora tra scritture dimenticate e oggetti ritrovati, profezie

custodite per secoli e fiabe che resistono al tempo più delle tombe. I

protagonisti ne verranno travolti. Naarua, una giovane amanuense, perde

la sua amica più cara e si trova lei stessa braccata, senza sapere da

chi o perché. Il danzatore Lucojyann deve scappare per sfuggire ad un

assassino. Incontrerà leggende i cui nomi vengono usati per far paura ai

bambini, banditi e cacciatori d'uomini. Piano piano ciò che è celato

affiora, ma sta al lettore scoprire dove conduce, addentrandosi tra i

pensieri e i dubbi dei personaggi. Alla trama del racconto si aggiunge

il suo ordito, che fonde una pluralità di generi letterari: fiabe, canti

e saghe epiche.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 11, 2021
ISBN9791220326568
Primo libro d'indaco

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    Primo libro d'indaco - Francesca Bulgarini

    profonde."

    foglio I

    Ad ali distese

    Un giovane ed un vecchio si incontrarono sulle mura dell'antica città di Meffe. Entrambi guardavano il volo degli uccelli. Le mura giacevano diroccate e coperte di erbe selvatiche che stavano fiorendo. Erano alte, tanto da permettere di vedere in lontananza la città ed il fiume. Volgeva il pomeriggio e gli uccelli volavano pigri in ampi giri.

    -Li sai riconoscere?- chiese il vecchio.

    Il giovane scosse il capo: -Solo qualcuno. I grandi uccelli si vedono solo qui, stanno lontani dalla città. Voi li conoscete?-

    -Sì, da anni viaggio da un luogo all'altro per osservarli.

    Questi che vedi sono i grandi rapaci, le loro ali aperte sono come due volte le tue braccia.-

    -Sono aquile?-

    Il vecchio rise: -No, le aquile stanno da sole e invece questi tollerano di essere più di uno. Ce ne sono tanti altri oltre alle aquile, sai! Li riconosci dalla forma del collo e dalle ali. -

    -Sono belli, sembrano dei grandi aquiloni. Ne esistono di ancora più grandi?-

    -Qualcuno c'è, ma non sono tutti rapaci. Alcuni sono uccelli di mare. Hai mai visto un albatro?-

    Il giovane scosse il capo.

    -Peccato. Le sue lunghe ali grigie tagliano le nuvole con la leggerezza del vento. Sono uno spettacolo che vale la pena di vedere almeno una volta nella vita.-

    Rimasero ancora del tempo ad osservare il cielo, finché la luce iniziò a tingersi di giallo. I fiori sulle mura riempivano l'aria di odori e del ronzio degli insetti.

    -Devo andare, o mi toccherà fare la strada fino in città con il buio.- disse il giovane.

    -Vivi là?-

    -Sì, ma quando posso vengo qui, ai ruderi di Meffe Antica. Mi piace stare da solo a pensare e poi ci sono gli uccelli.-

    -Sono tornato qui per lo stesso motivo. Sai, erano tanti anni che non salivo lungo questi sentieri di montagna, ma non sono cambiati. Magari tornerò di nuovo, se le mie vecchie ossa mi permetteranno di continuare il viaggio.-

    -Allora ci incontreremo ancora qui.-

    -Chi lo sa! Mi piace pensare che il futuro sia il gioco preferito del caso. Il mio nome è Olo, qual è il tuo?-

    -Lucojyann... Luco.-

    -Lieto di averti incontrato, Luco. Continua a guardare il volo dei grandi uccelli, con la loro forza e la loro libertà hanno tanto da raccontare.-

    Si salutarono e Luco ridiscese verso la città dove viveva.

    La cavalcata dei demoni

    La terra che si spacca e i demoni che ne escono come un vomito di fuoco, rabbia e distruzione: ecco finalmente la cura per il male che sta devastando il mondo. Ho paura. Mai avrei immaginato che il Trono di Terra fosse ciò che ora vedo e di certo non pensavo di dover scatenare tutto questo. Mai avrei pensato che la profezia mi avesse mandata per essere lo strumento di una tale devastazione. Tutti mi hanno sempre considerata simbolo di speranza ed ora invece scopro che porto la fine. Posso solo augurarmi che ne venga anche del bene, come da un'inondazione che lavi via tutto il marcio e ristabilisca la pace. Posso solo sperare che duri poco più di un momento...

    Un rombo come di tuono lacerò l'aria, poi la terra si spaccò ed i demoni ne uscirono come un vomito di fuoco, rabbia e distruzione... La voce che cantava l'antico lamento divenne un rantolo spezzato e lo spettacolo arrivò al suo culmine.

    La grande macchina scenica ancora una volta era stata allestita al centro della piazza d'armi per far rivivere quel giorno, tragico e grande, in cui tutto finì e tutto iniziò: il giorno in cui la Regina Rossa infranse il Trono di Terra e liberò i demoni nel mondo. Nella roccia di cartapesta si spalancò all'improvviso una fenditura, mentre i suonatori battevano un ritmo folle con le percussioni. Il canto lamentoso del cantatore sembrava evocare la disperazione della Terra stessa, la sua agonia per il parto mostruoso che stava per fare. Poi i giovani dell'accademia della Casa Sovrana uscirono correndo. Erano abbigliati come demoni, ma sarebbe bastata la furia del loro ballo, con il battere delle scarpe chiodate ed i volti intensi, per incutere terrore negli spettatori. Si diressero come un'unica turba furiosa verso l'alta scalinata e là quello più sgargiante si mise a ballare un frenetico a solo: era Jiid, il primo dei demoni. Corse, piroettò su se stesso, mimò rabbiosi gesti di sfida al pubblico, sempre percuotendo la terra con gli stivali chiodati. Sulla balaustra in fondo alla piazza comparve un'ombra rivestita da un mantello: era l'attore che impersonava il Nero, il nemico che stava per essere sconfitto. Jiid lo raggiunse e lo sfidò: ne seguì un duello ballato, che si concluse con la fuga del Nero, inseguito da Jiid. Poi tutti gli altri demoni corsero oltre la balaustra, verso il complesso architettonico del Palazzo Regio, e si sparpagliarono per il vasto mondo proprio come accadde allora.

    Le percussioni si zittirono e venne il momento delle chitarre. Arpeggi morbidi accompagnarono il comparire delle donne del mattino. Arrivarono dagli angoli in ombra: dalle porte, dagli androni, da sotto i pergolati. Con passo leggero scesero al centro della piazza e lì si misero a danzare con movenze sinuose, avvolte da abiti di seta color avorio. Incarnavano la rinascita che era seguita agli anni dei demoni, la nuova alba del mondo iniziata ormai da più di duecento anni. A guidarle era una figura che spiccava per eleganza e bellezza. Tutti guardandola sapevano che era la maestra dell'alba, colei che ormai da quasi vent'anni guidava il ballo. Il suo nome era Blu Zamaira de Clinti, ma tutti la conoscevano come dama Blu.

    Sulla cima della roccia di cartapesta stava da sola la giovane che impersonava la Regina Rossa. Vestiva con un ricco abito scarlatto e sul capo aveva una spettacolare corona che sembrava una grande gemma. La maestra dell'alba guidò le altre donne verso di lei e le recarono la brocca dell'acqua nuova. La regina la accettò e la versò a terra; subito dal fianco della roccia scaturì una fontana, che fece scorrere l'acqua lungo un solco che si allargava a spirale attorno alla roccia. Ben presto l'intera piazza fu illuminata dai giochi del sole sopra quella spirale d'acqua, mentre le chitarre continuavano con i loro morbidi arpeggi. Quello era i culmine della cerimonia di commemorazione, ma quel giorno venne oscurato dal temporale che finalmente si ruppe. Le nuvole avevano indugiato tutto il mattino, girando pigre attorno a Meffe, ma senza oscurare il sole. Ora finalmente avevano rotto l'attesa e d'improvviso una fitta grandine si riversò sui danzatori e sulle folle di spettatori. Colti di sorpresa, tutti corsero a cercare un riparo. La grandine si trasformò in una forte pioggia, che il vento agitava come se volesse colpire a frustate la piazza di pietra.

    Blu si era rifugiata con le altre donne sotto il porticato più vicino del Palazzo Regio, ma era poi tornata da sola nella piazza e se ne stava ora sotto l'incerta protezione di un cornicione, guardando il cielo. Le nuvole grigie e immense erano solcate da due arcobaleni, perché in tutto quel finimondo il sole aveva continuato a brillare. D'improvviso un lampo tagliò le nuvole e si intrecciò con gli arcobaleni e Blu trattenne il respiro. Poi parve che la tensione che c'era nell'aria si distendesse e le nuvole si aprirono, lasciando che tornasse il sereno.

    Un uomo raggiunse il centro della balaustra e parlò alla folla che stava tornando ai propri posti: annunciò che la Commemorazione era finita a causa della pioggia e che era inutile che restassero. Blu corrugò la fronte preoccupata. Lo spettacolo non veniva mai sospeso, perché portava sfortuna. Mancava poco, solo il saluto alla Regina Rossa e il corteo con i resti del Nero, perché non finirlo? Velocemente si diresse verso l'uomo, che però si stava già allontanando. Era Digan, capitano delle guardie. Stava andando oltre la balaustra, verso il primo cortile interno, e la donna lo seguì. L'uomo superò anche il cortile interno e si diresse verso un androne secondario, raggiungendo una piccola folla che si stava radunando. Blu riconobbe alcuni di loro e si fermò, ma anche da dove si trovava poteva vedere la figura distesa per terra in una pozzanghera di sangue e pioggia. Era il giovane Ligo, che aveva impersonato il demone Jiid. Poco distanti c'erano anche gli altri ragazzi dell'accademia, anche loro ancora vestiti da demoni, che fissavano il corpo del loro compagno con occhi inorriditi.

    Il pomeriggio di quel giorno fu un momento di solitudini. Nonostante avessero cercato per ore, della morte di Ligo non erano ancora riusciti a dare una spiegazione. L'unica cosa certa era che il suo assassino si era sostituito all'uomo che avrebbe dovuto impersonare il Nero e quando erano usciti di scena assieme ne aveva approfittato per colpirlo. Restavano comunque molti interrogativi, il primo dei quali era: perché lui? Per colpire suo padre, che era uno dei nobili più potenti di Meffe, amico intimo del Delegato del re? O forse un adolescente di sedici anni era già stato capace di crearsi dei nemici propri, magari senza rendersene conto? Giriot, l'uomo che avrebbe dovuto vestire il mantello e la maschera del Nero, era stato ritrovato legato e privo di sensi in uno sgabuzzino e non ricordava assolutamente nulla di ciò che gli era successo.

    Molti in città erano turbati e si chiedevano se questa sciagura, accaduta proprio nella Commemorazione, unita al fatto che lo spettacolo non era stato completato, fosse segno di sventura. Molti sussurravano che il Caprone Nero quell'anno non era stato vinto.

    Pioggia d'argento

    Non avevo mai visto la pioggia brillare come cascata d'argento, né il lampo tagliare un arcobaleno. Il sole s'affaccia a salutare dal tramonto la cortina delle nubi sopra la città, ed ecco il miracolo. Eppure in quel momento il Nero ha ucciso il primo dei demoni ed ha rotto il ripetersi annuale della Storia. Cosa devo pensare? Quale è il segno da seguire? È un astro di speranza, oppure di nuovo la morte sta tornando? Il mio cuore si colma di paura. Dama Blu Zamaira de Clinti si guardò le mani bianche abbandonate in grembo e continuò ad ascoltare il silenzio.

    Arrampicato tra i tetti del Palazzo Regio, Luco come al solito guardava il cielo. Era ormai giunto il tramonto di quel giorno terribile e lui si era rifugiato tra le statue per trovare pace. Erano tutte sue amiche, perché le conosceva da sempre. Alcune le aveva scolpite suo padre e poi era venuto personalmente a controllarne la collocazione lì, su quel labirinto di tetti e terrazze. Ogni volta Luco era andato con lui e poi ci era tornato anche da solo. Per questo le statue erano tutte sue amiche, più di quanto lo fossero gli altri giovani dell'accademia: lo erano gli dei, gli animali fatati, i re ed anche i demoni. Di solito li salutava chiamandoli per nome, ma ora era venuto tra loro solo per cercare pace e sicurezza. Il ragazzo era sconvolto. La faccia morta del suo compagno, pallida sotto il pesante trucco di scena, era impressa davanti ai suoi occhi. Avrebbe dovuto esserci lui al suo posto, sarebbe dovuto essere lui quello assassinato, lo sapeva. Il giorno prima il loro maestro gli aveva detto che il ruolo del demone Jiid non spettava più a lui, perché il nobile Garidar aveva chiesto che fosse di suo figlio. Così Luco, che era il migliore degli allievi ma restava pur sempre il figlio di uno scalpellino, era stato di nuovo messo da parte. Era già successo tante altre volte, ma questa aveva fatto più male, perché impersonare il primo demone, colui che aveva scacciato il Nero dal mondo, era sempre stato il suo sogno. Così se ne era andato agli antichi ruderi a guardare il cielo e gli uccelli. Ora però Ligo era stato assassinato e lui era vivo e questo fatto lo riempiva di una miscela di sentimenti: rabbia, senso di colpa, sollievo e paura, tanta paura. Aveva paura perché in quella Commemorazione alla fine il Nero aveva

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