La grande musica tedesca del XVIII secolo
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Studi sulla storia dello spirito tedesco era il titolo che sarebbe dovuto comparire sul frontespizio di un libro che Dilthey non portò mai a compimento. Ci sono rimasti però ponderosi materiali – tuttora esclusi dal corpus principale delle sue opere – che furono pubblicati postumi (1933) con il titolo Sulla poesia e la musica tedesche. Dagli studi per una storia dello spirito tedesco. Da questa pubblicazione proponiamo al lettore italiano la sezione dedicata alla musica – La grande musica tedesca del XVIII secolo – che può essere considerata a tutti gli effetti uno studio autonomo in virtù della sua coesione interna.
Il curatore. Francesco Ragni (Roma, 1986) si è addottorato presso l’Università di Bologna discutendo una tesi su Nietzsche e il primo Romanticismo tedesco. Ha curato e commentato, con Giovanni Guanti, la prima traduzione italiana dei saggi Was ist deutsch? e Modern di Richard Wagner. Più recentemente ha tradotto la biografia Richard Wagner. La vita, le opere, il suo tempo di Martin Gregor-Dellin. Dal 2017 collabora alla cattedra di Estetica della musica e Forme della poesia per musica presso l’Università di Roma Tre.
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La grande musica tedesca del XVIII secolo - Wilhelm Dilthey
INDICE
Copyright
Informazioni sul curatore
Nota di traduzione
Saggio introduttivo di Francesco Ragni
1.1 – Le linee direttrici della ricerca diltheyana
1.2 – Philosophia sub specie psicologiæ
1.3 – Fra istorismo e monismo storico
1.4 – Il concetto di «espressione»
2.1 – La musica e la poesia tedesche
2.2 – Per una filosofia diltheyana della musica
2.3 – La musica della lingua, la lingua della musica
2.4 – La Stimmung musicale
LA GRANDE MUSICA TEDESCA DEL XVIII SECOLO
Origini della grande musica tedesca
Heinrich Schütz
Johann Sebastian Bach
Händel
Haydn
Mozart
I – Il principio della costruzione musicale
II – Il sentimento mozartiano della vita e la sua espressione attraverso i mezzi derivanti dal suo principio musicale
III – Il dramma musicale
1. Figaro
2. Don Giovanni
3. Il Flauto magico
Il «Fidelio» di Beethoven e la Nona sinfonia
Bibliografia
Wilhelm Dilthey
LA GRANDE MUSICA TEDESCA DEL XVIII SECOLO
Traduzione e cura di Francesco Ragni
Logo LeMus EdizioniQuesta pubblicazione è la traduzione annotata della parte dedicata alla musica (pp. 189-298) contenuta nella seguente edizione: Wilhelm Dilthey, Von deutscher Dichtung und Musik. Aus den Studien zur Geschichte des deutschen Geistes, Teubner, Leipzig-Berlin 1933.
© 2020 LeMus Associazione
Wilhelm Dilthey
La grande musica tedesca del XVIII secolo
Traduzione dal tedesco e cura di Francesco Ragni
I edizione digitale febbraio 2021
ISBN 9788831444-071 (basata sull’edizione cartacea ISBN 9788831444-088)
Associazione LeMus / LeMus Edizioni
via delle Germane 11 – 10015 Ivrea (TO)
www.lemusedizioni.com – info@lemusedizioni.com
FB @LeMusEdizioni - TW @EdizioniLemus - IG lemusedizioni
FRANCESCO RAGNI (Roma, 1986) si è addottorato presso l’Università di Bologna discutendo una tesi su Nietzsche e il primo Romanticismo tedesco. Ha curato e commentato, con Giovanni Guanti, la prima traduzione italiana dei saggi Was ist deutsch? e Modern di Richard Wagner. Più recentemente ha tradotto la biografia Richard Wagner. La vita, le opere, il suo tempo di Martin Gregor-Dellin. Dal 2017 collabora alla cattedra di Estetica della musica e Forme della poesia per musica presso l’Università di Roma Tre.
Nota di traduzione
Il piano per la pubblicazione delle opere complete di Wilhelm Dilthey ha conosciuto fortune alterne. Per questo la sua realizzazione – come è quasi inevitabile in tali casi – non ha seguito un andamento costante e regolare. Insolita è certo la sua gestazione, che ormai può dirsi secolare. I primi dodici volumi apparvero tra il 1914 e il 1958 su iniziativa dei discepoli del filosofo. Dopo una breve fase intermedia, in cui videro la luce rispettivamente i volumi XIV e XIII, il lavoro editoriale riprese nel 1967 sotto la direzione di Karlfried Gründer, per concludersi soltanto nel 2005 con la pubblicazione del XXVI volume. In tempi più recenti sono stati dati alle stampe anche due dei quattro volumi che raccolgono l’epistolario, di cui il terzo è apparso nel 2019.
Gli scritti qui presentati costituiscono solo una parte degli appunti per un’opera rimasta incompiuta, alla quale Dilthey lavorò negli ultimi anni della sua vita, nella speranza di poterla condurre a compimento in tarda età. Quest’opera avrebbe dovuto intitolarsi Studien zur Geschichte des deutschen Geistes (Studi sulla storia dello spirito tedesco).
Si tratta di un lavoro ponderoso, come ponderosi sono quasi tutti i lavori di Dilthey. Vi si trovano raccolti materiali compresi all’interno di un arco temporale che si estende dal 1906 fino al 1908.
Questi materiali, tuttora esclusi dal corpus principale delle opere complete del filosofo, furono pubblicati postumi con il titolo Von deutscher Dichtung und Musik Aus der Studien zur Geschichte des deutschen Geist (Sulla poesia e la musica tedesche. Dagli studi per una storia dello spirito tedesco). Nella prefazione alla prima edizione del 1933, i curatori Herman Nohl e Georg Misch chiariscono le ragioni di tale omissione:
Quando fu predisposto il piano per un’edizione dei suoi scritti, che nel frattempo è stato realizzato con gli otto volumi delle Opere complete, la preparazione di quest’opera – che era stata affidata da Dilthey stesso, attraverso una dedica, al suo collaboratore Paul Ritter – pose una grande difficoltà. Ci si chiedeva se fosse opportuno redigere la totalità degli Studi – anche solo come un grandioso frammento – a partire dai manoscritti. Nel corso della preparazione dell’edizione a questa domanda è stata data una risposta negativa. Il volume delle Opere complete, che ora porta il nome di Studi sulla storia dello spirito tedesco, è diventato così un libro esile, che di quella totalità presenta soltanto la sezione centrale – Leibniz e il XVIII secolo con il grande re prussiano. Nella prefazione a questo volume veniva giustificata tale scelta: le altre sezioni che avrebbero dovuto essere raccolte assieme agli Studi si trovavano già nel secondo e nel quarto volume. Restava da chiedersi cosa potesse essere ancora pubblicato dal materiale rimanente, esaudendo così un desiderio di Dilthey senza dare un’impressione di eccessiva frammentarietà e incompiutezza. A questo scopo le sezioni sulla poesia e la musica tedesche ci sono sembrate fin da subito le più adatte.
La sezione che si propone al lettore italiano – La grande musica tedesca del XVIII secolo (Die große deutsche Musik des XVIII Jahrhunderts) – deve essere dunque considerata come una parte di quel progetto più ampio, sebbene possegga una coesione interna tale da tollerare la pubblicazione come uno studio autonomo.
La presente traduzione è stata condotta sul testo della prima edizione del 1933 pubblicata dalla Teubner Verlag. Ad essa sono seguite, nel 1957 – sempre per lo stesso editore – una seconda edizione, invariata nel contenuto, e una più recente riproduzione facsimile dell’edizione del 1933, pubblicata dalla Müller Verlag nel 2007. Di questo scritto al momento non è disponibile – cosa non poco sorprendente – alcuna traduzione in nessuna delle maggiori lingue europee, fatta eccezione per una prima, e finora unica, traduzione italiana, risalente all’ormai lontano 1990, e due traduzioni in spagnolo, La gran música de Bach (Cuadernos Taurus 1963) seguita più recentemente da La gran música alemana (Fórcola Ediciones 2018).
Il lettore che desiderasse prendere visione dell’edizione originale in tedesco si troverebbe tra le mani un sobrio volume in-ottavo, sprovvisto del tutto di note e di un indice dei nomi, il cui apparato critico, di un’economia a dir poco estrema, è costituito soltanto dalla breve prefazione dei curatori e da un elenco delle fonti manoscritte posto a sua conclusione.
Le difficoltà incontrate nel corso della traduzione, dovute alla particolare conformazione del testo, che si colloca a metà strada fra una prima stesura definitiva e un insieme di appunti preparatori, hanno reso necessarie, quasi inevitabili, alcune deviazioni rispetto all’originale. Si è preferito tuttavia presentare il testo nella sua totalità, sebbene in alcuni punti appaia visibilmente incompleto e di difficile interpretazione. A tal proposito si avverte il lettore che si è reputato opportuno indicare le non infrequenti interruzioni nel testo con dei punti di sospensione posti tra parentesi quadre.
Spesso per rendere uno stesso termine tedesco nella nostra lingua è stato necessario utilizzare più di una soluzione. Ciò per una duplice ragione: sia per meglio adattarlo, di volta in volta, al contesto della frase, sia per rendere la lettura il più possibile agevole, preferendo la comprensibilità a una sterile esattezza.
Nel chiarire le scelte di traduzione qui adottate, un’attenzione particolare deve essere rivolta a due termini caratteristici del lessico di Dilthey, Erlebnis e Stimmung. Non si tratta, al contrario degli altri che spesso ricorrono, di neologismi, bensì di vocaboli già presenti nella lingua comune, appartenenti a una diversa realtà linguistico-culturale, e privi dunque – oggi come allora – di un corrispettivo nella nostra. In assenza di un concetto corrispondente, espresso da un solo lessema o da una locuzione univoca, per essere adeguatamente compresi questi termini hanno bisogno generalmente di una perifrasi o di una spiegazione.
Di fronte all’alternativa che si poneva tra il sostituirli con gli imperfetti corrispettivi italiani e il lasciarli non tradotti, si è scelto di adottare una terza soluzione, quella di affiancare alla loro traduzione il termine tedesco originale posto fra parentesi quadre. Tale soluzione è stata adottata allo scopo di evitare inestricabili confusioni nei casi in cui il contesto ha reso necessario, in più di un’occasione, utilizzare uno stesso termine per indicare due concetti differenti.
Si è preferito tradurre Erlebnis con esperienza
piuttosto che con esperienza vissuta
o vissuto
, poiché l’utilizzo di questa locuzione – senza dubbio più corretta dal punto di vista tecnico, ma non necessariamente più adeguata al contesto linguistico – avrebbe contribuito a rendere poco agevole la lettura dei già involuti periodi. Lo stesso si dica per i termini derivati dalla stessa radice: Erleben, tradotto con esperire
; Nacherleben, tradotto con rivivere
; Nacherlebnis, reso invece con un verbo sostantivato, il/un rivivere
.
Il termine Stimmung rappresenta invece un caso a sé. Diversamente da Erlebnis, non ha alle spalle una consolidata prassi traduttiva, filosoficamente giustificata. Si è deciso di tradurlo con sentimento
, la cui indeterminatezza rimanda obliquamente, per analogia, alla polisemicità del corrispettivo tedesco, quasi impossibile da rendere in italiano. Per distinguerlo da Gefühl, la cui sfera semantica è tangente a quella di Stimmung, si è scelto invece di utilizzare emozione
.
A ulteriore e necessaria integrazione delle presenti osservazioni, si rimanda il lettore al Saggio introduttivo di questa pubblicazione, in cui il significato di questi due termini è approfondito e chiarito ben più di quanto sia possibile in una nota di traduzione.
Nel tradurre questo testo si è reso inoltre necessario operare delle scelte sintattiche per adattare la frase italiana alla scansione semantica della frase tedesca, in cui l’ordine delle parti del discorso e la punteggiatura – come forse sarà noto al lettore – seguono regole differenti. Dove è stato possibile, si è sostituito il punto al punto e virgola dell’originale tedesco per separare due frasi coordinate, preferendo la paratassi all’ipotassi.
Onde evitare un’eccessiva prolissità, nelle note critiche si è deciso di riportare informazioni soltanto su personaggi e opere meno conosciuti, dando per scontata, nel musicologo come nel filosofo, la conoscenza degli autori più noti e delle opere di maggiore diffusione.
Saggio introduttivo
– Francesco Ragni –
Spesso le introduzioni offrono una visione troppo vasta e variamente uniforme dell’opera di un autore, favorendo il pregiudizio secondo il quale ogni suo scritto possa trovare una collocazione certa quanto stabile. La confusione del lettore, che si sarebbe voluta in questo modo evitare, ne risulta però accresciuta: poiché un aspetto parziale, relativamente autonomo, di quella dottrina, che gli era ancora concesso afferrare, viene ora sacrificato a un’universalità arbitraria, in cui esso è reso indifferentemente omogeneo, e perciò del tutto equivalente a ogni altro possibile aspetto.
«Una buona introduzione deve essere a un tempo la radice e il quadrato del suo libro» (Schlegel 1967, 8, p. 148). Questo giudizio categorico, con cui Friedrich Schlegel istruisce il critico, si presta certo a essere accolto come una massima universale della ragione: tale giudizio vieta infatti l’esercizio disinvolto dell’interpretazione nella forma del commento o della semplice perifrasi.
La difficoltà di fronte alla quale pone il critico è pertanto duplice: egli avrebbe il compito di risalire agli elementi primi, non ulteriormente analizzabili, a partire dai quali è stato edificato un pensiero o una dottrina, e al tempo stesso sviluppare tali elementi oltre quel pensiero o dottrina particolare, mostrando la sua compiutezza come un che di provvisorio, sebbene non fortuito.
Che si ammetta o rifiuti questa massima critica, non si deve però confondere la difficoltà che la contraddistingue con quella, anch’essa duplice, di fronte alla quale la scienza ermeneutica pone l’interprete: risalire alle intenzioni dell’autore per rivelare, a partire da queste, il significato autentico della sua opera, celato al di sotto del significato apparente, attingibile attraverso una comprensione non mediata.
Nel primo caso – e perciò anche nel secondo – si tratta però di una semplice impossibilità, poiché le intenzioni dell’autore, che si suppone precedano la formulazione verbale di un pensiero, possono essere indagate soltanto post festum, a partire da quella formulazione che è il suo stesso pensiero già espresso in forma di linguaggio.
In accordo con quella massima critica, l’indagine si svolgerà seguendo due orientamenti distinti, sebbene connessi nel loro comune intento teoretico. Con il primo, dal carattere analitico, si offrirà un’illustrazione dei concetti e dei termini che formano la grammatica fondamentale di quel pensiero, senza i quali il contenuto di questi appunti si ridurrebbe a un insieme di proposizioni dal sapore apodittico, in oscillazione continua tra l’incomprensibile e il banale. Con il secondo, speculativo, si cercherà invece di stabilire se questo contenuto possa essere sviluppato in direzione di una filosofia della musica compiuta.
* * *
PARTE PRIMA
I. Le linee direttrici della ricerca diltheyana
All’interno di interessi teoretici la questione di una possibile generalità delle nozioni può prendere avvio anche soltanto da una semplice ricognizione della terminologia, che assume da subito particolare rilievo. Gli scritti di Dilthey confermano un’impostazione di questo genere: essi mostrano una coerenza lessicale ancor prima che un’unità teoretica. Questa unità non è però sacrificata all’assenza di un’esigenza sistematica: quanto più la compiutezza del sistema è respinta, attraverso il sempre rinnovato radicarsi del pensiero nell’empiria, tanto più tale coerenza è in grado di mostrarsi come la condizione necessaria di quell’unità.
Così in questi scritti sulla musica e la poesia tedesche, come negli altri, più compiuti lavori, lo svolgersi del pensiero deve rispondere ad alcune parole d’ordine fondamentali, sempre le stesse. Ciò a indicare, come cifra caratteristica, il permanere di alcuni problemi fondamentali nell’intero arco della sua ricerca.
Una ricognizione puramente semantica mostrerebbe però l’inadeguatezza di un’analisi che volesse procedere per semplici analogie o rigide contrapposizioni. Tutta una folla di termini ha infatti in Dilthey un significato relazionale, che è possibile afferrare soltanto rivolgendosi alla singolare connessione in cui questi termini sono posti reciprocamente. Citiamo quelli che più frequentemente ricorrono nel testo che si vuole qui introdurre: Erlebnis, Nacherleben, Zusammenhang, Stimmung.
La sollecitazione attraverso stimoli concreti, di cui la forma frammentaria è