La giustizia non può attendere!: A proposito di persone, carcere, diritti, democrazia in tempi di pandemia
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Anteprima del libro
La giustizia non può attendere! - Sara Malaspina
Mercurio
Premessa
La pandemia da Coronavirus si sta manifestando come un accadimento terribile della storia, la crisi più grande dal dopoguerra. L’emergenza epidemiologica ci ha «posti a distanza», costretti a una condizione di separazione forzata, di radicale distacco umano; tutti bloccati di fronte a una malattia che insidia le nostre vite, spaventa ed è fonte di ansia. Da crisi sanitaria è diventata una crisi ecologica e sociale, che mostra in tutta evidenza il problema drammatico delle povertà e delle disuguaglianze sociali crescenti.
Come vedremo, le situazioni di crisi non sono di per sé un’esperienza negativa, ma acquistano un senso se portano a profonde trasformazioni rispetto a quanto accade nel mondo e rispetto alle nostre identità. Allora la solitudine esistenziale, la prassi del discernimento possono essere un’occasione straordinaria di rigenerazione, di immersione nell’ascolto della vita interiore, di cura di sé, liberi da interferenze e sollecitazioni dall’esterno.
Se si vuole, si sta tramutando in positivo l’invito a restare isolati, nella direzione di una solitudine scelta, liberatoria e seducente, che ci spinge a guardare noi stessi, a ridisegnare le nostre priorità, a scavare nella nostra intimità come antidoto alle relazioni virtuali e al mal de vivre che attraversa la nostra esistenza quotidiana.
Del resto, la solitudine è una dimensione fondamentale della vita¹, anche se non ce ne ricordiamo quasi mai. Una cosa sublime per la cura dell’anima. Noi oggi pensiamo molto poco, facciamo le cose senza pensarci troppo. Ed ecco che in un tempo segnato dal disagio, dal disorientamento e dall’insicurezza, il dialogo interiore è una esortazione a prenderci sul serio. La cura dell’anima è il nostro compito supremo per continuare il «mestiere della vita», secondo la massima di Marco Aurelio.
Ci siamo dimenticati di essere mortali e che andiamo incontro a sicura fine. Abbiamo, anzi, mortificato la nostra coscienza morale, ci siamo corrotti, per darci da fare al fine di accumulare denaro, potere e fama nella convinzione di poter salvarsi l’anima
².
Ebbene, ogni crisi, sia essa personale o collettiva, apre un vuoto³. Durante la crisi del Coronavirus abbiamo potuto vedere i molti vuoti aperti (e riaperti) nel tessuto personale e sociale di una società fondata sull’ideologia del profitto e dei poteri della finanza, nonché di un modello di esistenza basato su scandalosi squilibri sociali e sugli interessi dei più ricchi e dei più forti. Si è così rafforzata una specifica raffigurazione del modo di intendere l’organizzazione sociale così che sia coerente con le logiche di cooptazione e di illegalità odierne.
Credo che ci sia bisogno di cambiare registro, di organizzare una cultura antagonista a quella propagandata in questi anni, causa di disastri esistenziali e della regressione dello stato democratico.
A me pare che vada necessariamente riaffermato il rispetto della persona umana, della sua dignità e dei suoi diritti; diversamente si concorre a generare violenze che appaiono inevitabili.
Da qui, con l’atteggiamento filosofico di chi vuole conoscere e comprendere di più, cercheremo di spiegare cose interessanti, nel senso etimologico del termine: di inter-esse, stare tra le cose, quelle che ci interessano e che vogliamo vedere in tutta interezza⁴.
Ad aiutarci nella riflessione, un pool di illustri studiosi e di maître à penser del passato, che stanno nel tempo, al di là del tempo, e di cui riconosciamo la grandezza come modelli. Alla luce dei mutamenti sociali ed economici degli ultimi