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Il mio florida
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Ebook167 pages2 hours

Il mio florida

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About this ebook

Ethan Beavers e Seri Harwood non potrebbero essere più diversi. Uno è un giovane cinico uomo d'affari, l'altro un fascinoso genio giardiniere. Si incontreranno due volte: uno scontro e una magia. Ed è magia che troverete qui dentro. La magia di un amore delicato come un petalo e forte come una radice. La possibilità di rileggere la propria vita con occhi diversi e magari cogliere quell'unica opportunità mancata che l'avrebbe resa perfetta. Troppo complicato e nebuloso? Non preoccupatevi, Seri Harwood vi accompagnerà nella regione dello Shenandoah (USA) a conoscere il suo florida... e chissà che un fiore bianco non sbocci anche nelle vostre vite! –Romanzo mxm paranormal gay romance. Non sono presenti contenuti per adulti.–
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateFeb 16, 2021
ISBN9791220321624
Il mio florida

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    Il mio florida - Barbara Signorini

    lettura!

    1

    – T rillium, mertensia virginica e azalee rosa. Ok, c’è tutto, signora Lorton!

    Seri prese le cassette di fiori e le impilò una per una nel portabagagli del suv, parcheggiato di fronte al negozio di piante che era anche la sua casa. – E non dimentichiamo la sua cypripedidum, – aggiunse.

    La donna bionda di mezz’età che sostava davanti a lui si allungò per accogliere tra le mani grassocce una piccola orchidea in vaso. – Seri, sei unico! – disse. – Solo tu potevi farla riprendere. Mio marito continuava a guardarla morire, e io mi vergognavo a morte. L’avevamo trovata sul bordo di un sentiero, mentre facevamo l’escursione Rose River Falls… a dirtela tutta è scappato un bacio e subito dopo ci è caduto l’occhio su di lei. Se ne stava da sola, lì, tra un ciuffo di sassi, quasi a dirci che quel punto era un po’ magico. Non so, sai, ci è sembrato di buon augurio.

    Lui sorrise a labbra chiuse, gli occhi piegati in una linea dolce. – Che bel ricordo, grazie di averlo condiviso, signora.

    – Sophia! Ti ho detto di chiamarmi Sophia, cos’è questo signora qua e signora là! – Con una risata argentina caricò la pianta sul sedile posteriore dell’auto. – Adesso è tornata come nuova. Sei un mago!

    – Non c’è problema, – replicò il ragazzo in tono pratico, – ma deve prendersene cura, ok? Non si innaffia una pianta solo perché si nota che ha un problema, ok? Stia attenta alla zona di saturazione in fondo al vaso. E quando nessuno la vede, – ammiccò, – le parli, mi raccomando. Ha sentito la sua mancanza.

    Sophia si chinò con fare complice: – A costo di essere presa per matta dal mio cane, lo farò! Scoppiarono a ridere.

    – Vorrei davvero sapere il tuo segreto con le piante!

    – Non ci sono segreti, loro ti dicono sempre di cosa hanno bisogno. Basta saperle ascoltare.

    – Eh, magari sapere parlare quel linguaggio! – Passò una mano leggera sulla piantina. – E queste radici, così sporgenti, non dovrei tagliarle?

    – No, lasci pure che crescano. Ha visto le mie nella serra, vero? Sono così lunghe che le ho appese in alto…

    – Sì, sono bellissime.

    – Quindi, si ricordi: ambiente umido, luce continua non diretta e temperatura sui 20°. Non esageri con il concime, per questa specie basta una volta all’anno, lo metta nell’acqua del sottovaso in modo che si assorba lentamente, ma solo nel periodo di dormienza… e mai acqua fredda, mi raccomando. Sarebbe preferibile interrare il vaso di coltivazione, ma veda lei.

    Sophia si mise sull’attenti, salutando alla militare. – Agli ordini, comandante. Mio Dio, – ridacchiò, – sei un pozzo di scienza, non mi stancherei mai di ascoltarti. Perché non vieni in facoltà a Harrisonburg? Ti ospiterei volentieri durante una delle mie lezioni di botanica.

    Gli occhi di Seri spaziarono sui promontori boscosi che li circondavano, sovrastati da un cielo limpido di inizio marzo, e si fissarono sul grande campo a sinistra della casa, dove spiccava un autorevole albero dalla spettacolare chioma a fiori bianchi. – Faccio fatica ad allontanarmi da qui…

    La donna annuì, seguendo lo sguardo di quegli occhi verde acqua che sembravano laghi montani increspati di neve. Sospirò, inalando le fragranze resinose disperse nell’aria. – Beh, non posso darti tutti i torti. Il parco montuoso nazionale di Shenandoah è una delle sette meraviglie del mio universo personale. Vivere in questo paradiso naturale deve essere speciale. Ma, davvero, una piccola scappata non puoi farla?

    Ci ho provato un paio di anni fa, – ammise lui, – in una scuola elementare… ed è stato un disastro. Avevo un bulbo di cipolla in mano e parlavo del terreno sciolto che ci vuole per coltivarla quando ho incrociato i visetti di quei bambini, gli sguardi così attenti… sono andato in iperventilazione e alla fine ho vomitato sulla cattedra.

    La donna trattenne una risata irrispettosa.

    – Poveri piccoli, – sorrise lui passandosi una mano dietro la nuca tra i capelli nocciola, – devo averli traumatizzati a vita. Non sono a mio agio quando mi trovo al centro dell’attenzione… e fuori di qui.

    Sophia inclinò la testa, ammirando la bellezza angelica di quel giovane, che sembrava proprio una fragile creatura magica appena sorta dalla foresta. – Beh, come vedi, lo sei in ogni caso, – commentò, indicando le ultime auto di clienti che se ne andavano per la strada sterrata. – Anche se ci vogliono chilometri, le persone imboccano comunque la Skyline Drive e vengono a cercare la tua casa… – Fece un cenno al rustico alla loro destra, oltre il largo camminamento d’entrata disseminato di piante in vaso. Era un’abitazione in pietra, a un piano, immersa in una radura di quasi due ettari. – Hai solo ventidue anni, ragazzo, e stai reggendo un’attività commerciale di questo tipo tutto da solo. Tuo nonno ne sarebbe stato orgoglioso.

    Lui annuì, improvvisamente commosso. La donna sorrise: – I miei studenti avrebbero davvero bisogno della tua esperienza.

    – Beh, potrebbe sempre portarli qua…

    La donna spalancò gli occhi. – Tipo gita istruttiva, intendi? Non ti darebbe fastidio?

    Lui sollevò le spalle. – Per nulla, anzi. Vorrei proprio sviluppare questo tipo di attività in futuro. Ma non ho grandi cose da dire a dei futuri biologi… solo alcune nozioni sui tipi di terreno e il ph necessario per le coltivazioni, e se mi faranno domande di chimica io…

    – È fatta, allora! Che idea fantastica! Ti chiamo per accordarci, ok?

    Venne travolto da un abbraccio un po’ scomposto e, prima che potesse replicare, Sophia Lorton salì in auto e se ne andò.

    2

    Seri si passò una mano sulla fronte a scacciare una fitta di emicrania e diede un’occhiata al sole che tramontava oltre i confini del parco, dietro la collina boscosa a ovest della casa. Sollevò il cartello al cancello d’entrata e lo girò sulla scritta chiuso. Era ora di mettere a nanna le sue fanciulle.

    Sospirò con pazienza. Aveva spostato vasi e trasportato piante per tutto il giorno. E nonostante l’orario al pubblico fosse terminato, per lui non era affatto finita. Gestire un negozio di piante come il suo, da soli, significava alzarsi all’alba e andare a dormire ben dopo il tramonto.

    Oltre alle ore riservate alla semplice manutenzione e contabilità, c’era il tempo da dedicare alla cura del vivaio e delle piante da vaso, talune delle quali andavano portate in serra ogni sera e ritrasportate fuori al mattino per la gioia dei clienti.

    Lo Shenandoah, nello Stato della Virginia, era aperto tutto l’anno ma nelle ultime settimane il maltempo aveva costretto i ranger a inibire la Skyline Drive, l’unica strada pubblica che percorreva il parco in tutti i suoi 169 chilometri, per evitare incidenti. L’accesso era stato riaperto da pochi giorni.

    Si incamminò per il vialetto centrale, affiancato da tre file per lato di piantine in vendita, facendo scricchiolare la ghiaia sotto gli scarponi. Osservò con sguardo critico la sua casetta, a sinistra della quale si sviluppava una grande serra con annesso vivaio e più oltre, dopo un piccolo orto, una radura punteggiata da un unico albero. Le pareti andavano ridipinte e una finestra riparata, e poi c’era la questione della sicurezza, doveva al più presto acquistare un chiavistello, di quelli robusti.

    Sospirò una seconda volta e scosse la testa, non voleva pensare a queste cose, non adesso. Era troppo stanco. Si stiracchiò, diede due schiaffetti sonori alle guance e con un vaffanculo detto di cuore si chinò a caricare il carrello con i vasi da portare al sicuro in serra.

    Nonostante la fatica, quello era il momento della giornata che più preferiva.

    La sua casa sorgeva in una piccola baia boschiva, si raggiungeva attraverso un sentiero di terra battuta che attraversava boschetti, radure e un piccolo ruscello; non c’erano altre abitazioni all’interno del parco, solo le strutture autorizzate per i turisti. Una piccola oasi di pace che si animava soltanto dalle 10.00 alle 19.00, quando il suo negozio era aperto e torme di clienti vi si riversavano dentro.

    A rendere speciale la sua attività era il fatto che Seri non vendeva solo fiori e piante, ma li curava, in qualsiasi condizione fossero, e dispensava consigli senza troppo guardare al denaro. Si era fatto un bel giro, complice anche il fatto di avere ereditato tale attività da tre generazioni di giardinieri.

    Dopo avere sistemato la serra, si fermò un attimo a guardare il campo erboso e l’albero, il suo albero. Un meraviglioso cornus florida, un corniolo spontaneo, da fiore, che svettava nodoso e possente per dodici metri di altezza, riempiendo tutto l’ambiente con la sua chioma arrotondata: una nuvola scintillante di fiori bianchi.

    Era una cosa molto bella da vedere, anche per chi si intendeva di piante.

    Seri si chiedeva come mai certi clienti cercassero di riempire i loro giardini senza alcun criterio, solo per dire di possedere qualche specie rara, fregandosene bellamente del clima, dell’habitat terricolo, della compatibilità, per poi vedere come quelle creature vegetali soffrissero di mancanza di spazio, soffocate l’una dall’altra.

    Per rendere un giardino speciale bastavano poche piante ben scelte. La misura, la misura gli diceva sempre suo nonno.

    Sentì la sua voce come se fosse lì presente accanto a lui. Una fitta allo stomaco gli ricordò che non lo era e non lo sarebbe più stato. E poco importava che fossero già passati due anni dalla sua morte. Quella ferita non si sarebbe più rimarginata.

    Girò sui suoi passi mentre il vento si sollevava a spettinargli i capelli, ma il suono di un’auto lo fece fermare, e sorridere. Dopo pochi secondi una voce femminile sovrastò la quiete serale come una campana a giorno, seguita dal sorriso gengivale di una ragazza dai capelli così rossi che sembrava avessero appena preso fuoco.

    Seri osservò senza parere quel corpo da modella saltellare fino a lui con la leggerezza di uno stambecco, per poi lasciare che due perle circondate da un denso trucco smokey eyes lo agganciassero al suolo con tutta la potenza del loro azzurro cielo.

    – Mi offri la cena?

    Lui sorrise, era giovedì. Giorno di partite. Incrociò le braccia e tornò a fissare l’albero. – Sai, Lorna, quelli non sono i veri fiori, ma le brattee, cioè foglie colorate che la pianta ha prodotto per sostituire i petali.

    Lei seguì il suo sguardo, verso il corniolo. La pianta svettava solitaria nella radura con il suo tronco bruno-ruggine che si ramificava in sezioni sempre più sottili verso il cielo. – Beh, lo devo ammettere, è uno spettacolo! Sembra l’assemblea condominiale di tutte le farfalle bianche del pianeta Terra.

    Seri annuì divertito. – Fiorisce in anticipo, prima ancora di emettere le foglie verdi. Vedrai questo autunno, quando si colorerà di rosso. In ottobre il parco comincia a diventare… inspiegabile… l’arancione cupo delle querce, il giallo delle betulle e dei pioppi, il rosso sangue della nyssa sylvatica, del sommacco e degli aceri... E tutto questo va avanti anche fino a novembre; gli alberi delle quote più elevate

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