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Ti ho invitato a piangere e siamo affogati: Storie di vita semivissuta
Ti ho invitato a piangere e siamo affogati: Storie di vita semivissuta
Ti ho invitato a piangere e siamo affogati: Storie di vita semivissuta
Ebook44 pages25 minutes

Ti ho invitato a piangere e siamo affogati: Storie di vita semivissuta

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About this ebook

Gabbie d'oro costruite con il ferro delle ansie e delle paranoie e prigionieri troppo impegnati a punirsi per esservi rimasti incastrati da rendersi conto che la porta in fondo non è mai stata chiusa. Il processo di macerazione nei sensi di colpa e la consapevolezza finale. Racconti, storie e poesie di chi tramite la scrittura esorcizzava il proprio malessere.
LanguageItaliano
PublisherEffe
Release dateFeb 4, 2021
ISBN9791220260169
Ti ho invitato a piangere e siamo affogati: Storie di vita semivissuta

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    Ti ho invitato a piangere e siamo affogati - Fabiana di Fonzo

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    Premessa

    C’era l’estate sulla mia pelle. I capelli biondi tinti dal sole. Avevo perso molto peso. Senza accorgermene ero arrivata a sentire le ossa sui fianchi e mi piaceva, dopo anni in sovrappeso finalmente mi vedevo magra. Ah, che soddisfazione. Tutti mi dicevano che ero bellissima e stavo benissimo. Ma tra un superlativo assoluto e l'altro l’ansia mi mangiava da dentro. E ancor peggio, la tristezza.

    Nessuno se ne accorgeva mai. Ero magrissima, bellissima e anche bravissima a nascondere la parte peggiore di me. Sto ancora cercando di capire se questa parte peggiore esistesse davvero. Una noncosìtanto breve vita a macerare nei sensi di colpa. Ammetto di aver desiderato la morte per me ma, ancora meglio, volevo soffrire tantissimo. In fondo la morte mi avrebbe solo fatto smettere di patire il peso della mia cattiveria. E c’è chi in questi anni ci ha tenuto spesso a ricordarmi quanto fossi cattiva. Malvagia. Un cancro. Mi venne rivolta così questa parola, tra un vino rosso e una Marlboro gold. E la prima volta che sentii pronunciarla io non potei che dire 'è vero, lo sono'. Poco dopo qualcuno mi fece ragionare, mettendomi davanti agli occhi la mostruosità che quel significato si portava dietro, ma era troppo tardi, mi era entrata dentro. Scorrevano più veloce del sangue nelle mie vene, quelle sei lettere. La mia unica consolazione era odiarmi in silenzio, accusarmi dei peggiori crimini, fare pace con me stessa e far finta di perdonarmi: il tutto tramite la scrittura. Ho viaggiato tanto, sono scappata spesso. Sempre e solo in tre: io, un quaderno e una penna. Durante l’ultima fuga, avvenuta poco fa, sono scappata portandomi un quarto elemento: me stessa. Ho avuto la possibilità di toccare il fondo non senza attacchi di panico e pianti infernali e l’unica via di salvezza era accettare il tempo che è stato e andare avanti. Sarebbe pretenzioso dire di esserci riuscita completamente, ma dopo ventinove anni incontrarsi davvero con la propria persona non è certo semplice.

    Scrivere dunque cosa provavo, cosa c'era nella mia testa, era la mia terapia. Speranze vane e illusione

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