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Il vuoto
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Il vuoto

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Una qualche anomalia elettrica in mezzo a una notte particolarmente

burrascosa finisce in tragedia. Un macabro incubo si rivela premonitore

di un'ancor più angosciante realtà. Nel buio di un blackout scaturito

subito dopo un repentino fulmine, il corpo di un giovane studente, in

presenza di suoi compagni, cade nel vuoto dall'alto di un istituto

scolastico. Suicidio, omicidio o incidente? Si interrogano i presenti,

si fanno i rilievi, si rincorrono innumerevoli moventi scavando nella

psiche collettiva… ma niente di fatto. Saltano fuori retroscene di ogni

genere, e perfino una confessione, ma nulla appare convincente. La

soluzione inaspettatamente arriva solo all'alba. Si tratta di una prova

inconfutabile. Finalmente pare sia tutto chiaro. Si tira un sospiro di

sollievo pronti a riprendere la normalità della vita sotto una nuova

luce, ma la sibillina verità pare sia ancora irreperibile. Da un piccolo

dubbio si scatena un'altro incubo e si ripete lo spargimento del

sangue. E mai possibile sia ancora latitante un omicida? È mai possibile

che il tutto si ripeta come un dejà vu?
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateFeb 8, 2021
ISBN9791220320566
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    Book preview

    Il vuoto - Julio Padron

    William?

    IL VUOTO

    Un cupo rumore metallico, spasmodici lampi di luce, scricchiolio di rotaie che graffiano l’acciaio di binari tremolanti. La strada, insolitamente deserta a quell’ora, era perfettamente illuminata da una splendida luna rossa comparsa all’improvviso dopo un irrompente acquazzone gelido. Passi disordinati si affrettano, dribblano abilmente le pozzanghere di un marciapiede massacrato dall’incuranza e dall’oblio. Lugubri ombre insorgono all’improvviso come spettri dall’oltretomba, ma presto si rivelano innocue fantasie: è solo un clochard che condivide con gatti randagi il putrido pattume di cassonetti stracolmi e rovesciati. I passi si fermano di botto, e mentre lo sguardo scruta minuziosamente intorno, una goccia di sangue scivola dagli stivali per tuffarsi e sparire in una pozza che pian piano si tinge di rosso. Il rumore della goccia che sprofonda lentamente, rimbomba come un tuono, e sulla pozza appare il riflesso di un corpo che cade, come al rallentatore, dall’alto di un palazzo sfitto e degradato. Un palazzo in rovine, che lentamente crolla…

    Un lugubre immobile da dove piovono assurdi oggetti: una morbida clessidra che si scioglie, una spinosa serpe che si attorciglia, una bambola di pezza con gli occhi trafilati da aghi, una maschera in ferro ardente, una scacchiera in vetro che poi si schianta sull’iride del corpo appena caduto e si frantuma in mille pezzi. Pezzi che si tramutano in un groviglio di specchi distorti, dove si riflettono volti deridenti, sgridanti, strafottenti. Una corsa disperata alla ricerca dell’uscita da quel labirinto che alla fine sbuca al centro di una grottesca giostra di corpi senza volto che coll’indice la puntano in atteggiamento accusatorio.

    È finita, è finita! Gridano tutti mentre si avvicinano togliendole il respiro finché… finché apre gli occhi.

    Su di lei, alitandole a un palmo dal viso, tre volti estranei… e strani quanto inquietanti.

    – Fine corsa! – ripeté uno di loro, quello in divisa da tranviere.

    – Marzia, ti senti bene? Marzia, hai bisogno di aiuto? – chiese il più vecchio e trasandato.

    – Marzia, non per farmi gli affari tuoi, ma mi sa che ti sei fatta di brutto. Smetti con quella chimica, sei appena una ragazzina – intervenne il più giovane in veste di dark punk, pur se in fondo aveva un nobile sguardo. Aggiungendo poi: – Comunque, se non hai dove andare, puoi venire con me, sono ospite da alcuni amici al centro sociale qui vicino.

    Scuotendo la testa, lei si alzò, mentre cercava di sistemarsi un po’ i capelli e i vestiti con le mani, e con un abbozzo di sorriso rasserenante rispose a tutti.

    – Vi ringrazio, veramente, Sto bene. Non vi preoccupate. Devo essermi solo addormentata e forse ho avuto qualche incubo. Ora sto bene, davvero. Ma, non mi sembra conoscervi. Come sapete il mio nome? Mi conoscete?

    – No, no! La tua collanina! – disse il più anziano, indicandole il collo.

    – Ah, certo. Come i cani porto il mio nome al collo! Comunque vi ringrazio ancora. Buonasera a tutti – replicò la giovane ragazza mentre si alzava con celerità, risoluta a scappare quanto prima dall’imbarazzo.

    E così fu. Scesero prontamente tutti e si dileguarono in diverse direzioni tra i vicoli scarsamente illuminati mentre il tram faceva rientro in stazione.

    Pochi minuti dopo, lei ritornò. Si guardò intorno, ma non riconobbe nulla. Tutto le sembra estraneo, niente di familiare. Non sapendo cosa fare, si accomodò sulla panchina della fermata del tram per ragionare. No, non stava per niente bene. Era stordita, non ricordava praticamente nulla, nemmeno era sicura che Marzia fosse il suo nome, comunque le piaceva. Era strano, ma non era neanche spaventata, solo una sensazione di vuoto molto rilassante. Non aveva neppure una borsetta, quindi niente documenti, né soldi, né cellulare… no, aspetta un po’! Il cellulare era nella tasca della giacca. Colpo di fortuna!

    Cercò subito di chiamare il numero della rubrica registrato come casa ma purtroppo il credito era esaurito e non fu in grado di comunicare. A questo punto, potendo fare solo chiamate di emergenze, fu sul punto di chiamare il 112, quando squillò il suo cellulare. Sullo schermo delle chiamate in entrata comparve il nome Marta.

    – Pronto? – rispose lei timidamente cercando di non far trapelare lo smarrimento.

    – Marzia? Mi senti? Dove stai? Dove sei andata? Devi tornare subito. Ti stanno cercando. Stanno cercando tutti. Non ti dico il caos che c’è qui. È stata una cosa orrenda, ma bisogna fare le deposizioni. La polizia sta facendo i rilievi e interrogando tutti quelli che erano presenti in quel momento.

    – La polizia? Mi sa che sono ubriaca, sono confusa, non ricordo molto. Non so neanche come né dove sono andata a finire. So solo che sono al capolinea del 53, ma la prossima corsa parte fra un’ora. Mi potresti venire a prendere? Non ho documenti, né soldi, né credito, e una sola tacca di batteria.

    – Lo so, hai lasciato tutto qui. Comunque, non ti muovere. Io ora non posso perché siamo ancora tutti trattenuti, se ci fosse bisogno di essere riascoltati, ma farò in modo che ti vengano a prendere subito. Tu non ti muovere, mi raccomando.

    Marta?

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