Labirinto Umano: Poesie
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Labirinto Umano - Mauro Sollazzo
Biografia
MAURO SOLLAZZO
Poesie
LABIRINTO UMANO
Contatti
Mauro Sollazzo
Autore di romanzi, racconti, commedie, monologhi e poesie.
www.maurosollazzo.it
maurosollazzo@libero.it
Labirinto Umano
Poesie
Poesie in prosa
Oggi ho ripreso a scrivere poesie per via della noia e di quella cazzo di vespa che non vuol morirmi dentro., essendo fatta d’aria non riesco nemmeno a schiacciarla. Che si fottano le poesie con quelle dannate, vespe.
Mauro Sollazzo.
Specchio in una prigione
Pavimento sporco dove roditori non hanno nemmeno occhi azzurri, e di quelle serrande abbassate ne sento ansia e come in una prigione si ascoltano grida di cui nessuno ne conosce il volto. Il vuoto porta o alla morte oppur alla conoscenza. Chi ha sbagliato non conobbe mai rigore e mai sentito dolci melodie nell’ignoto ventre della leggerezza.
Assisti a tutto questo con nella gola un cadavere che ti osserva serio come in quello specchio sepolto. In certe amare dimensioni i sorrisi sono soltanto un miracolo da chiedere ad un Dio che resta distante mentre quel prete peccatore predica il contrario, ma la mia contraria forma di questi bei consigli e sorrisi e gente felice passata accanto, anche per un solo minuto accanto, possano sprofondare in questo specchio morto con questo serio cadavere che non usa parole ma solo sguardi di pessimo, futuro.
Non odio ne preti ne gente allegra o quegli amici che furono, non odio l’amore mai conosciuto, non odio niente perché il niente ancora una volta mi vive dentro come in uno specchio. Come in una prigione. Come nel mondo che ancora chiede ma nessuno, ascolta.
Cinico
Non senti il bisogno dell’illusione per essere felice, come chiedere ad un corvo di cantar come il solito usignolo o come quel rospo che sogna di corteggiare quel meraviglioso cigno accarezzato nel mattino da un Dio segreto. Non senti il desiderio di far parte della similitudine umana: da queste parti son tutti sciocchi, brutti e balordi, egoisti e corrotti, selvaggi e nomadi, sciacalli vestiti da signori e nelle loro gesta sono umani privi di coscienza.
Sono cinico non per scelta ma come l’istinto della natura chiede. Occhi rivolti a quell’orizzonte che non vedono angeli in festa o esseri sereni per quei doni ricevuti e quant’altro ancor per vivere come colombe vestite dalla primavera.
Son cinico come tutti questi sporchi esseri umani desiderosi di peccato, usano soldi per bramare potere e rendere tutti noi schiavi per sottomissione, renderci mentalmente simili come formiche che fanno sempre lo stesso passo privi di una ragione seria. In questo mondo esistere e’ non esistere. In questo pianeta vivere e’ simile a morire. In questo regno umano sei illuso di esser libero e quella passione nata in te, prima o poi mai verrà realmente apprezzata ne da un Dio deciso a punirti ne dall’uomo che decise di schernirti e ne da una donna decisa a seguirti. Non hai ne regno e ne gloria e non sarai rammentato nella storia e non farai bagni caldi in nessun paradiso a te promesso, sei finto oro convinto di esser diverso o così, vero.
Semplicemente cinico come la natura dei demoni chiede, come in un girone Dantesco dove tutti piangono essendo puniti dal solito arcano Dio che usa una scacchiera per far poesia, per far morte in vita o vita malata in resurrezione, o far del suo potere un esempio da seguir come dottrina o visione. Cinico come uomo, cinico come la natura delle metriche in uno stono, cinico come vita mai vita, cinico solitario come serpe nel retro di una venere assopita. Illuso di vivere, illusione di esistere lontano dall’uomo, ma in queste assurde ore io son questo. Sono quel che presenta il mio presente, immobile. Morto in vita, vita in morte. Ordine nel disordine.
Fiumi in corsa
Hai molte cose da raccontare a gente triste e allegra e quel fiume scorre sereno diversamente dai miei ritmi odierni. Assurdo pensar di essere simile a tutte queste persone normali che vanno e vengono dai loro mestieri e dai loro affanni mettendo su figli facilmente influenzati pronti a diventar disonesti in questo mondo di briganti. Vivi per lavorare per poi procreare per farti sottomettere passando la tua esistenza a sperare, vivi per invecchiare e maledire quel che non riuscisti a fare per finir solo su quel vecchio divano nel buio di una stanza a pensare e nulla intorno a te da poterti godere e vivi e muori come un Dio ti ha educato a stare: sottomesso alle regole, sottomesso dal tempo e dal duro procedere, sottomesso fingendo che sia un dovere, sottomesso in un mondo per il gioco dell’oro e del potere, sottomesso alla vita simile a quella degli altri di ogni dove e di ogni croce. Hai molte cose da raccontare a gente triste e allegra e quel fiume