Sempre al tuo fianco
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Donna Kauffman
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Sempre al tuo fianco - Donna Kauffman
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Sean
Harlequin Temptation
© 2003 Donna Jean
Traduzione di Elisabetta Elefante
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-541-2
1
Era un cartoncino di forma rettangolare. Sotto la fotografia di un’invitante spiaggia assolata era scritto: Quattro giorni in Paradiso. E dentro c’era un biglietto aereo.
Laurel sorrise, rigirandoselo nelle mani. Si sarebbe dovuta arrabbiare con suo padre, che si era presentato alla festicciola natalizia organizzata nella sua aula di tribunale e aveva richiamato l’attenzione di tutti i presenti, annunciando di avere un regalo per lei. Ma Seamus Patrick sapeva come ottenere ciò che voleva: era una capacità che aveva affinato molto prima di essere eletto presso la Corte Suprema della Louisiana. E quella era stata la sua aula di tribunale molto prima che passasse alla figlia.
Laurel era uno dei tanti magistrati abilitati a presiedere le cause di competenza della contea di Alexandria. Ma faceva anche parte della dinastia dei Patrick, magistrati da tre generazioni. Donal, il primo Patrick cresciuto negli Stati Uniti, aveva già nonni e bisnonni che erano stati giudici in Irlanda.
E ora toccava a Laurel tenere alto l’onore della famiglia.
Il suo destino era già prestabilito sin dal suo concepimento. Ma la verità era che a Laurel non interessava fare carriera in magistratura. Fosse stato per lei, non si sarebbe nemmeno iscritta a giurisprudenza.
Purtroppo da bambina prima e da ragazzina poi, non aveva mai avuto il coraggio di parlare chiaro a suo padre, di dirgli che le sarebbe piaciuto frequentare un’altra facoltà, di confessargli che le orme che le sarebbe piaciuto seguire erano quelle di sua madre. Voleva fare la moglie, allevare bambini, stare a casa con loro, accompagnarli in chiesa la domenica e far parte di qualche gruppo parrocchiale: seguire, insomma, la tradizione di tutte le donne del clan dei Patrick.
Un’ambizione nobilissima, sicuramente ammirevole... se Laurel avesse avuto un fratello. O anche una sorella che avesse ereditato quell’amore per la legge che suo padre sembrava aver scritto nel DNA. Invece purtroppo Laurel Patrick era figlia unica. E saltare una generazione per passare il testimone all’eventuale figlio maschio che avrebbe potuto mettere al mondo non era nemmeno ipotizzabile.
Tornò a guardare il biglietto, soffermandosi sull’immagine paradisiaca e sul messaggio scritto in caratteri rosa confetto. Quattro giorni in paradiso.
Per Laurel sarebbe stata piuttosto una fuga. Quattro giorni lontani dal lavoro che, ultimamente, le procurava forti emicranie e bruciori di stomaco, che interi flaconi di pastiglie non erano in grado di placare. Senza parlare delle vistose borse sotto gli occhi che non riusciva più a nascondere con il trucco. Quando si guardava allo specchio, la mattina, vedeva un viso sempre più pallido: colpa delle troppe ore di sonno perso per studiare istanze, mozioni, atti giudiziari, e del troppo poco tempo trascorso all’aria aperta, a condurre quella che per gli altri era una vita normale.
«Come fa Alan a volermi sposare...» mormorò tra sé e sé. E digrignò i denti per soffocare la morsa allo stomaco procuratale dal pensiero di quell’uomo. Perché continuava a starle così addosso? si chiese per la millesima volta. E per la millesima volta non seppe darsi una risposta.
Ma ora quel biglietto le offriva la possibilità di allontanarsi per qualche giorno sia dal lavoro che dalle attenzioni indesiderate e assillanti di Alan Bentley.
Suo padre si aprì un varco tra i partecipanti alla festicciola e venne ad abbracciarla. Dall’alto del suo metro e ottantaquattro di statura, riusciva a intimidire chiunque anche senza il vocione stentoreo e il viso austero che si ritrovava, e di cui non aveva esitato a servirsi in ogni circostanza della vita, a suo vantaggio.
Sebbene la giurisprudenza non fosse mai stata la sua grande passione, Laurel poteva dirsi orgogliosa della laurea presa col massimo dei voti e dei traguardi raggiunti nel corso di una carriera ancora breve, ma già piena di soddisfazioni. Tuttavia Seamus riusciva ancora a farla sentire una bambina di sette anni, ansiosa di compiacere il padre anche solo guardandola in un certo modo... o prendendola sottobraccio.
In qualsiasi altro momento, Laurel avrebbe sfilato il braccio e gli avrebbe rivolto un sorriso, dandogli una scherzosa gomitata: Seamus se la sarebbe meritata per essere ricorso a quel mezzuccio. Ma quel regalo l’aveva lasciata davvero di stucco. Possibile che suo padre avesse notato i segni dello stress sul suo viso? Aveva sospettato che avesse bisogno di staccare la spina, per riprendere le redini di una vita che le stava sfuggendo sempre più di mano?
Laurel non lo escludeva. Perché, per quanto il padre avesse cercato di forzarle la mano nella scelta della carriera da intraprendere, non le aveva mai fatto mancare il proprio amore e il proprio appoggio e aveva sempre nutrito in lei una fiducia incrollabile. Questo le aveva dato la forza di andare avanti nelle lunghe notti passate a studiare prima all’università, poi negli anni in cui aveva fatto pratica come tirocinante presso la Procura Distrettuale e anche adesso, quando sedeva sulla sedia di giudice, per presiedere un’udienza.
Quel suo regalo la indusse a chiedersi, adesso, se non avesse sbagliato a tenersi tutto dentro. A non parlargli dei problemi angoscianti che si andavano accavallando nella propria vita, schiacciandola. A non dirgli che ultimamente si sentiva sempre più stanca, spossata, incapace di reggere il peso della responsabilità di emettere certe sentenze che la coinvolgevano troppo emotivamente. Si rendeva conto di avere una carica importante e prestigiosa, ma non era sicura di voler continuare a fare il magistrato.
«Non ce l’hai con me, vero?» le chiese Seamus. «Se te lo avessi dato in privato, me lo avresti gettato in faccia.»
Aveva ragione, come al solito. E Laurel alzò il viso per scoccargli la sua occhiata più truce. «No, non ce l’ho con te. Ma ricordati tre cose. Uno, la mela non cade lontana dall’albero. Due: so quand’è il tuo compleanno. E tre, un Patrick sa come vendicarsi.»
La risata di Seamus echeggiò in tutta l’aula. «Vorrei che tua madre fosse qui, per vedere che donna intelligente e arguta è diventata nostra figlia.»
«Scherzi? La mamma rimarrebbe inorridita nel vedere come hai rovinato irrimediabilmente la sua unica bambina.»
Padre e figlia si scambiarono un sorriso dolcissimo, lo stesso che spuntava sulle loro labbra ogni volta che parlavano di Alena Patrick. «Lo sapeva anche lei che non saresti mai diventata un’altezzosa principessina.»
«Già» sospirò Laurel. «Comincio a pensare che fosse più intelligente di tutti e due messi insieme.»
Seamus smise di sorridere e assunse un’aria preoccupata. «È tutto a posto? Il processo a Rochambeaus ti sta creando qualche grattacapo, immagino. Ma quel mascalzone stavolta non ha scampo.»
«Sì, lo sanno tutti che è colpevole. Il problema è che ha alle spalle una serie infinita di incriminazioni, molte delle quali gravissime, e l’ha sempre fatta franca. Ma la procura dice di avere in mano delle prove schiaccianti, perciò stavolta giustizia sarà fatta.»
«Brava. Così mi piaci.»
«Forse però dovresti far pervenire qualcuno di questi anche ai membri della sua famiglia.» Laurel sventolò il biglietto. «Così sì che mi risparmieresti un sacco di rogne.»
Seamus abbozzò un altro sorriso. «So che per te è stato un periodaccio, Laurel. Ti hanno affibbiato una sfilza di casi controversi. E ora questo.»
«Ma non eri forse tu a sostenere che i casi più delicati e spinosi sono proprio quelli per cui vale la pena di intraprendere la carriera di magistrato?»
«Sempre che ci sia qualcuno che ne tragga qualche vantaggio.»
«Penso di poter dire che sono stati in tanti a trarre vantaggio dalle mie sentenze. E non mi sembra il caso di aggiungere che se posso in qualche modo contribuire a combattere il crimine organizzato, spedendo in prigione un farabutto come Jack Rochambeaus...»
«Veramente non mi riferivo alle vittime dei reati e alle loro famiglie. Mi riferivo a te. Alla tua famiglia.»
«Ma la mia famiglia sei tu. Non ho più...»
«Nessuno.»
«Nessun altro, oltre a te.»
«Appunto.»
Laurel sospirò. «Ti prego, non ricominciare con la solita storia dell’orologio biologico. E poi dovresti saperlo: la carriera del magistrato mal si concilia con...»
«Sono assolutamente d’accordo» la interruppe, come faceva sempre. «E tua madre era una santa, altrimenti non mi avrebbe sopportato per tutti quegli anni. Né avrebbe sopportato te, è chiaro» aggiunse.
«Hai deciso che avrei fatto il giudice il giorno in cui la mamma ti disse che aspettava un figlio» lo punzecchiò Laurel. Per quanto avesse accettato di farsi trattare come un burattino, ogni tanto si toglieva la soddisfazione di dare uno strattone ai fili. «Perciò adesso non ti lamentare se non ti metto al mondo una nidiata di nipotini da terrorizzare.»
«Terrorizzare?! È questo che avrei fatto a te?»
Seamus scherzava, ma Laurel era troppo stanca per stare al gioco. Perciò fece l’unica cosa che poteva funzionare per chiudere lì la discussione: si sollevò sulle punte dei piedi e lo baciò su una guancia. «Sono fiera di essere tua figlia.»
«Oh, tesoro!»
Avrebbe dovuto sentirsi in colpa, ma non aveva mentito. Era davvero orgogliosa di essere sua figlia. In fondo, aveva seguito le orme del padre non solo perché un giorno Seamus potesse essere fiero di lei, ma anche perché era curiosa di scoprire che effetto faceva essere un po’ come lui.
Dal primissimo istante, Seamus le aveva descritto il mondo forense come l’aula magna di una scuola entusiasmante: un mondo senza confini, tutto da esplorare. L’aveva fatta sentire fortunata, perché era uno dei pochi eletti che potevano lanciarsi in quella specie di avventura. E Laurel si era impegnata a fondo, superando brillantemente tutti gli esami. Era stata una studentessa talmente brava da illudersi, per un po’, che diventare giudice le sarebbe bastato per sentirsi realizzata.
«Ti darei una mezza dozzina di nipotini, se potessi» disse ancora a suo padre. «Ma non si può avere tutto, nella vita.» Guardandolo adesso, notò la tristezza che gli velava gli occhi e capì che stava pensando a sua moglie. Era morta da sette anni ma non c’era giorno in cui entrambi non sentissero la sua mancanza. «Ma, in fondo, chi può dirlo... Magari su quell’isola incontro un bell’indigeno, mi innamoro pazzamente di lui e me lo porto qui, in Louisiana. Me lo sposo, lo costringo a fare il casalingo e a tirare su una nidiata di piccoli Patrick» aggiunse,