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Slavia N. 2020 3: Rivista Culturale
Slavia N. 2020 3: Rivista Culturale
Slavia N. 2020 3: Rivista Culturale
Ebook375 pages5 hours

Slavia N. 2020 3: Rivista Culturale

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N. 3 2020 della Rivista Cultruale SLAVIA.
Rivista di culture e lingue slave, nata nel 1992 ad opera di un gruppo di slavisti, docenti universitari, ricercatori e studiosi di varie discipline, intenzionati a promuovere inziaitive per approfondire la conoscenza del patrimonio culturale dei paesi di area slava.
Slavia è annoverata tra le pubblicazioni periodiche che il Ministero per i Beni e le Attività Cuturali considera "di elevato valore culturale".
LanguageItaliano
Release dateFeb 8, 2021
ISBN9791220261197
Slavia N. 2020 3: Rivista Culturale

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    Slavia N. 2020 3 - Carla Muschio

    RUSSA

    Carla Muschio, ABBRACCIARE L'INFINITO

    Koz’ma Prutkov, scrittore inventato

    Mentre studiavo russo all’università ho incontrato la figura di Koz’ma Prutkov, mi ha incuriosita e appena ho potuto mi sono procurata le sue opere. Man mano che cresceva negli anni la mia conoscenza e comprensione della letteratura russa, aumentava il divertimento che provavo nel leggere le pagine di Prutkov, nella misura in cui conoscevo i poeti da lui parodiati e studiavo la situazione politica nella quale Prutkov operava. Frequentando vari ambienti intellettuali della società russa, dove era facile introdursi in un’Unione Sovietica affamata di contatti, vidi che la produzione di Prutkov era nota a tutti e forniva battute condivise, citate per descrivere i fenomeni. È una delle meraviglie della letteratura: il miracolo di quando un verso, un personaggio esprime proprio una cosa che hai sempre avuto dentro e non avresti mai saputo dire.

    Nessuno può riuscire ad abbracciare l’immensità. In russo: Nikto ne obnimet neob’jatnogo. È l’aforisma più famoso di Prutkov. La lingua italiana non permette di rendere il gioco di parole tra l’infinito inabbracciabile ( neob’jatnoe) in quanto immenso, sconfinato e il goffo tentativo dell’uomo di abbracciarlo. Anche abbracciare l’opera di Prutkov non è facile e tuttora, con tutti gli inverni e le primavere che ho sulle spalle, non sempre capisco le sue battute. Eppure, trovo questo autore così geniale da meritare di essere presentato al lettore italiano al pari dei grandi scrittori russi suoi contemporanei, alcuni dei quali del resto sono gli autori di questo scherzo letterario. Credo di essere la prima a farlo e spero che questa pubblicazione spinga qualche editore o direttore di compagnia teatrale a chiedermi di tradurre anche altre opere del grande Prutkov.

    Per presentare la sua figura, così da illustrare le pagine di sue opere che ho tradotto, ho deciso di affidarmi alle parole dei suoi autori, contenute in alcune missive legate alla pubblicazione delle Opere complete di Prutkov nel 1884. Ecco quindi alcuni brani scelti di corrispondenza.

    Aleksej Michajlovič Žemčužnikov al fratello Vladimir, 1/13 febbraio 1883, nel corso della preparazione delle Opere complete di Prutkov del 1884.

    Lo stimatissimo Koz’ma Prutkov corrisponde a te, aTolstoj [1] e a me. A quei tempi tutti noi eravamo giovani e l’ atmosfera del circolo che diede origine alle creazioni di Prutkov era un’atmosfera di allegria, mischiata a una visione satirico-critica dei fenomeni letterari e dei fenomeni sociali dell’epoca. Sebbene ciascuno di noi avesse una posizione politica tutta sua, eravamo saldamente uniti da un tratto comune: la totale assenza di spirito burocratico (kazennost’) in noi stessi e, di conseguenza, una grande sensibilità rispetto a tutto ciò che riguardava la mentalità statale. Questo tratto ha contribuito – dapprima involontariamente e senza alcuna intenzionalità – a far sì che creassimo il tipo di Koz’ma Prutkov, il quale è un tale burocrate che non si lascia raggiungere né nel pensiero né nei sentimenti dalla cosiddetta attualità, se non per osservarla dal punto di vista del governo. È ridicolo proprio perché è assolutamente innocente. È come se dicesse nelle sue composizioni: tutto ciò che è umano mi è estraneo. Solo successivamente, via via che si evidenziava questo tipo, venne accentuato il suo carattere burocratico. Così, nei suoi progetti si pone consapevolmente come rappresentante dello stato. Con il presentare la produzione, pubblicistica e non, di Prutkov sotto questo aspetto, i suoi accoliti e sostenitori (come tu definisci Tolstoj, me e te) dichiaravano la propria posizione rispetto a un’epoca in cui si lottava contro i falsi ideali e in cui agiva il comitato segreto dello zar [2] . Noi abbiamo donato a larghe mani a Prutkov tutte quelle qualità che facevano di lui un uomo inutile per i suoi tempi, derubandolo senza ritegno delle qualità che gli avrebbero permesso di essere di qualche utilità per la sua epoca. È tanto comica la mancanza di certe qualità quanto lo è la presenza di altre e l’onore di aver compreso questa comicità spetta a noi.

    Di solito negli aforismi si esprime una saggezza di vita. Prutkov, al contrario, in gran parte dei suoi aforismi ora declama solennemente dei luoghi comuni governativi; ora sfonda energicamente porte aperte; o ancora, esprime pensieri che non solo non hanno rapporto con la sua epoca e con la Russia, ma sono per così dire al di fuori dello spazio e del tempo. Lui che è molto limitato dà consigli di saggezza. Senza essere poeta, scrive versi. Senza aver studiato e senza comprendere la posizione della Russia scrive dei progetti. È un contemporaneo di Klejnmichel’, secondo cui con l’essere diligenti (traducendo: con la diligenza avrei fatto un gioco di parole alla Prutkov) si supera tutto. [3] È figlio di un’epoca in cui chiunque, senza la minima preparazione, assumeva tutti i compiti possibili se i Superiori glieli affidavano. E per di più questi Superiori erano guidati dalle stesse considerazioni che portavano un proprietario terriero a nominare i propri servi della gleba carrettiere l’uno, musicista l’altro e così via. Mi pare che Kukol’nik [4] abbia avuto a dire: Se Nikolaj Pavlovič mi ordinerà di fare l’ostetrico, domani stesso ostetrico sarò. Tutto questo assetto ci ha ispirati artisticamente e abbiamo creato Prutkov. E se Prutkov è simpatico a molti, è perché è bonario e onesto. Per quanto rozzo, se fosse vissuto fino ai giorni nostri non ne avrebbe imitato gli esempi di rapacità, avrebbe dubitato dell’eticità dei modi di Katkov [5] . Nel creare Prutkov tutti noi abbiamo fiutato questo; inoltre, eravamo allegri, giovani e – avevamo talento. (…)

    Vladimir Michajlovič Žemčužnikov a Aleksandr Nikolaevič Pypin, 6/18 febbraio 1883

    (…) La figura morale e intellettuale di K. Prutkov, come dice mio fratello, non si costituì subito bensì in modo graduale, come da sé, solo in seguito finimmo di disegnarla completandola in modo consapevole. Alcune cose che entrarono nelle opere di Koz’ma Prutkov erano state scritte addirittura prima che noi ci figurassimo, con le nostre teste, un unico autore: un letterato ordinario, autocompiaciuto, ottuso, bonario e benintenzionato. All’inizio scrivevamo semplicemente per allegria, senza preoccuparci di conservare negli scritti una qualche caratteristica comune se non uno spirito gioioso e irridente. Peraltro, questo non durò molto, e precisamente: così venne scritto nel 1850 lo scherzoso vaudeville Fantasia (Fantazija) a firma di Y e Z, allestito nel dicembre di quell’anno al Teatro Aleksandrinskij per una beneficiata di Maksimov I e immediatamente vietato per ordine superiore, perché la sincerità dello scherzo apparve troppo ardita sia all’imperatore che al pubblico. Questo scherzo era stato scritto dal conte Aleksej Tolstoj e da mio fratello Aleksej. In seguito, nell’estate del 1851 o 1852, durante un soggiorno in campagna della nostra famiglia (senza il conte Tolstoj) nel governatorato di Orël, mio fratello Aleksandr compose, tra altre cose, per puro divertimento, la favola in versi I nontiscordardime e il servitore seduto dietro le carrozze (Nezabudki i zapjatki); questa forma di monelleria in versi ci andava a genio e allora vennero composte le favole in versi L’airone e il calesse da corsa (Caplja i begovye drožki) e Il bigliettaio e la tarantola (Konduktor i tarantul), scritte da mio fratello Aleksandr con la collaborazione di mio fratello Aleksej; Aleksej da solo scrisse Il corpo e la voce (Stan i golos) e Il verme e la moglie del pope (Červjak i popad’ja). Tranne l’ultima di queste favole, tutte le altre vennero pubblicate sul «Contemporaneo» [6] quello stesso anno, senza indicare il nome dell’autore, perché allora non era ancora nata la figura di K. Prutkov. Queste favole in versi però avevano già fatto nascere qualche pensiero, che in seguito io e mio fratello Aleksej sviluppammo creando la personalità di Prutkov, per la precisione: mentre scrivevamo le suddette favole dicevamo, scherzando, che esse dimostravano quanto fossero eccessive le lodi a Krylov e simili, perché le nostre favole non erano peggiori delle loro. Questo scherzo venne ripetuto anche dopo il nostro ritorno a San Pietroburgo e ben presto ispirò a me, a mio fratello Aleksej e al conte A. Tolstoj (in quel periodo mio fratello Aleksandr era in servizio a Orenburg) l’idea di scrivere a nome di un solo autore, versato in tutti i generi letterari. Questo pensiero ci prese e creammo il tipo di Koz’ma Prutkov (…).

    Per tutto questo tempo continuammo a produrre, stavolta consapevolmente, opere firmate da K. Prutkov, che tramite me arrivavano alla redazione del «Contemporaneo». Poi iniziò la guerra d’oriente [7] , io presi servizio nel governatorato di Tobol’sk e la creatività di Prutkov rimase ferma (…).

    Infine Koz’ma Prutkov dovette morire perché noi tre, i suoi seguaci o protettori, vivevamo in luoghi diversi, non eravamo più così giovani e allegri e ci trovavamo insieme solo raramente.

    Vladimir Michajlovič Žemčužnikov a Aleksandr Nikolaevič Pypin, 15/27 febbraio 1883

    (…) Come l’ Amleto di Shakespeare, Koz’ma o Kuz’ma Prutkov merita e esige un’esegesi dettagliata. Tra l’altro, commetterebbe un grave errore chi non notasse e non apprezzasse in lui uno dei tratti più importanti della sua personalità letteraria, che riflette con sorprendente fedeltà dei tratti tipici dei russi di oggi, quelli che hanno studiato e che sono colti. Questo lato della personalità qui descritto consiste nell’autocompiacimento, la sicurezza di sé, la decisione e l’ardire nel trarre conclusioni ed emettere sentenze. Queste caratteristiche sono dominanti in Russia anche adesso, quasi più intensamente di prima, ma oggi la loro essenza è un’altra: prima esse derivavano principalmente dall’importanza esteriore della persona mentre ora derivano da un autocompiacimento interiore, dal fatto che quasi tutti sono certi della profondità delle proprie vedute superficiali e delle proprie misere conoscenze, e che sono anche certi di appartenere alla fascia dell’ intelligencija. È degno di nota il fatto che in Prutkov si siano combinati questi due aspetti di autocompiacimento e risolutezza; non si sa però se questo derivi dalla diversità delle doti della sua natura o se invece nella società a lui contemporanea esistessero ambedue questi aspetti, che sempre esistono, ma in gradi diversi. In tutti i casi, K. Prutkov, vivendo e operando in un’epoca di potere rigido e di imposizione del pensiero, comprese la forza del potere e del comando e divenne lui stesso potere: lui la stima, il rispetto e addirittura l’amore non cerca di meritarli, li esige – e li ottiene, non solo dai contemporanei ma anche dai posteri. Questo modo di rapportarsi ai suoi lettori e ascoltatori si espresse soprattutto negli aforismi, nei frutti dell’ingegno. A volte egli riflette davvero, e allora esprime non un’istruzione o un consiglio bensì un ordine, un comando, un’ammonizione; ad esempio, negli aforismi Se vuoi essere felice, sii tale, Va’ alla radice delle cose!, Bisogna vegliare! eccetera. Poi a volte a ispirarlo è solo l’arbitrio, il potere, il comando e con la stessa imperiosità esprime i suoi ordini, anche se è impossibile trovare in essi un motivo, un pensiero, uno scopo; sono così, ad esempio, gli aforismi Se hai una fontana, tappala: anche una fontana deve poter riposare; Il tiro al bersaglio esercita la mano e rende acuto l’occhio; In una casa disabitata certi insetti non si trovano eccetera. In tutti questi casi egli ammalia il lettore con il suo ardire, la perentorietà, la sicurezza di sé. Come spesso accade nella vita, con la sua sfrontatezza egli costringe a riconoscergli meriti e valore. Si conquista la fama, la reputazione di poeta, filosofo, pensatore e saggio; come tale è ammirato anche oggi.

    *

    Dopo aver lasciato illustrare agli autori stessi lo charme della loro geniale creazione, aggiungerò solo qualche dato che penso possa essere utile al lettore.

    I creatori di Koz’ma Prutkov sono:

    -Aleksej Konstantinovič Tolstoj (1817-1875), da non confondere, oltre che col famoso contemporaneo Lev Nikolaevič, neanche con il novecentesco Aleksej Nikolaevič, tutti con il cognome Tolstoj

    -Aleksej Michajlovič Žemčužnikov (1821-1908)

    -Vladimir Michajlovič Žemčužnikov (1830-1884) e

    -Aleksandr Michajlovič Žemčužnikov (1826-1896)

    I quattro, tutti uomini di lettere, erano legati da parentela: i Žemčužnikov erano fratelli e il conte Tolstoj era un loro cugino.

    Prutkov ha scritto: composizioni poetiche, tra cui alcune favole in versi; Pensieri e aforismi (Mysli i aforizmy) di cui presento qui un’ampia selezione; opere drammatiche nel genere che oggi chiameremmo di teatro dell’assurdo. Ha trascritto degli aneddoti storici, opera di suo nonno. Ha scritto anche le note autobiografiche che presento in questa pubblicazione e il Progetto: istituzione del pensiero unico in Russia (Proekt: o vvedenii edinomyslija v Rossii). Quest’ultimo testo venne pubblicato sul «Contemporaneo» nel 1863, ma non venne incluso nelle opere complete di Prutkov del 1884, probabilmente perché vietato dalla censura. Il progetto di Prutkov ha dimostrato la propria validità nel tempo, trovando esecuzione non solo nella società russa ma anche nei regimi di molti altri paesi.


    [1] Aleksej Konstantinovič Tolstoj, parente del più famoso Lev Nikolaevič.

    [2] Citazione dalla lettera in cui Aleksandr Nikolaevič Pypin chiede agli autori ragguagli su Prutkov.

    [3] Petr Andreevič Klejnmichel’ (1793-1869), funzionario molto devoto allo zar Nicola I, ricostruì prontamente il Palazzo d’Inverno dopo un incendio. In suo onore venne emessa una medaglia che recitava: Con lo zelo si supera tutto (Userdie vse prevozmogaet), una frase che Prutkov inserisce tra i suoi aforismi.

    [4] Nestor Vasil’evič Kukol’nik (1809-1868), scrittore e uomo politico. Dal 1843 lavorò nella cancelleria del Ministero della Difesa. Quando si ritirò dal servizio, si dedicò a varie cause politiche e sociali.

    [5] Michail Nikiforovič Katkov (1818-1887) fu un influente giornalista ed editore, di idee molto conservatrici. Sostenne le controriforme di Alessandro III e fu membro del Consiglio Segreto.

    [6] In russo Sovremennik, una prestigiosa rivista letteraria fondata da Puškin nel 1836, di orientamento progressista.

    [7] La Guerra di Crimea (1853-1856).

    [8] Io avevo strillato prima ( nda).

    [9] Carrozza a quattro ruote, da viaggio ( ndt).

    [10] Diminutivo di Pavel ( ndt).

    [11] Fedotov e il più famoso Bulgarin erano i maggiori rappresentanti del pensiero nazionalistico ufficiale in Russia ed erano odiati da tutti gli intellettuali.

    [12] Vedi nota 6.

    [13] In russo l’avverbio nalevo, a sinistra, usato qui significa: abusivamente.

    [14] Questa massima fa riferimento al proverbio russo Sud’ba – indejka a žizn’ – kopejka: Il destino è un tacchino e la vita – un soldino. Il tacchino è messo solo per fare rima e dire: è tutt’uno a questo mondo.

    Koz'ma Prutkov, MATERIALI PER LA MIA BIOGRAFIA

    L’incoraggiamento è necessario allo scrittore

    di genio tanto quanto è necessaria la colofonia

    all’arco di un virtuoso.

    K. Prutkov

    dai suoi aforismi

    Lettore!

    Ecco i miei trastulli: giudicali spassionatamente. È solo una piccola parte dei miei scritti. Scrivo da quando ero bambino. Ho molte opere incompiute ( d’inachevé). Pubblico qui un brano di un’opera. Domanderai: Perché?. Rispondo: Bramo la gloria. La gloria è un conforto per l’uomo. Dicono che la gloria sia fumo: non è vero, io non ci credo! Sono un poeta, un poeta di talento. Me ne sono convinto – me ne sono convinto leggendo gli altri: se sono poeti loro, lo sono anch’io! Giudica tu stesso, ti dico, e giudica senza pregiudizi! Io cerco giustizia, non mi occorre indulgenza: non chiedo nessuna indulgenza!

    Lettore!

    Addio! Se ti piaceranno queste poesie, leggerai anche le altre. Ne possiedo una grande scorta; i materiali sono molti, manca solo il costruttore; serve un architetto; io sono un bravo architetto. Lettore! ti saluto; bada di leggere attentamente e non volermene!

    11 aprile dell’anno 1853

    ( annus,i)

    Augurandoti ogni bene, tuo

    Koz’ma Prutkov

    Nell’anno 1801, l’11 aprile, alle ore 11 della sera, nella spaziosa casa di legno con mezzanino di un possidente del villaggio di Tenteleva, che si trova nelle vicinanze di Sol’vyčegodsk, risuonò il primo strillo di un sano neonato di sesso maschile: questo strillo era mio e la casa, dei mei amati genitori.

    Tre ore più tardi risuonò un simile strillo dall’altra estremità di quella stessa casa, nella stanza che chiamavamo del giardino all’inglese; questo secondo strillo, pur provenendo anch’esso da un neonato di sesso maschile, non era mio [8] e proveniva invece dal figlio della tedesca Stockfisch, che era stata una ragazza da marito e recentemente aveva sposato Petr Nikiforovič, un ospite temporaneo della casa dei miei genitori.

    Il battesimo dei due bambini venne celebrato nello stesso giorno, allo stesso fonte battesimale, e ci fecero da padrino e madrina le stesse persone e precisamente: l’appaltatore d’imposte di Sol’vyčegodsk, Sysoj Terent’evič Seliverstov, e la moglie del direttore delle poste, Kapitolina Dmitrievna Graj-Žerebec.

    Esattamente cinque anni dopo, il giorno del mio compleanno, quando ci sedemmo alla tavola della colazione si udì tintinnare un campanello e giunse nel cortile un tarantas [9] nel quale tutti riconobbero, dal cappotto grigio di panno, Petr Nikiforovič. Era veramente arrivato, con il figlioletto Pavluša [10] . Il loro arrivo era atteso da tempo e per questo ogni giorno e non una sola volta mi sentivo dire dai miei familiari che stava per arrivare Pavluša e dovevo volergli bene perché eravamo nati quasi contemporaneamente, eravamo stati battezzati allo stesso fonte e avevamo lo stesso padrino e la stessa madrina. Tutta questa preparazione non servì a molto; i primi tempi ciascuno di noi due stava sulle sue e guardava l’altro in tralice. Da quel giorno Pavluša restò a vivere con noi e non mi separai da lui fino all’età di vent’anni. Quando insieme compimmo dieci anni ci misero a imparare l’abbiccì. Il nostro primo maestro fu il nostro parroco, il buonissimo padre Ioann Proleptov. In seguito studiammo anche altre materie, sempre con lui. Oggi, al crepuscolo della vita, spesso mi diletto a ricordare il tempo della mia fanciullezza e guardo con affetto un’agendina di questo stimato sacerdote, che casualmente si è preservata insieme ai miei quaderni di scuola; essa contiene le valutazioni del nostro rendimento, scritte di suo pugno. Ecco una pagina di questa agendina:

    Queste valutazioni davano ai miei genitori una felicità indescrivibile e li confermavano nella convinzione che avrei dato risultati fuori del comune. Questo presentimento non li ingannò. Le forze letterarie che precocemente si rivelarono in me mi spingevano a studiare e mi allontanavano dalle passioni perniciose della giovinezza. Non avevo che diciassette anni quando la cartella in cui riponevo le mie opere giovanili fu stracolma.

    Comprendevano prosa e poesia. Verrà un giorno in cui ti farò conoscere, lettore, queste opere, ma adesso leggi una favola morale da me scritta a quei tempi. Un giorno, dopo aver visto padre Ioann addormentato su una panchina del giardino, scrissi per l’occasione la favola che ora ti presento.

    IL SACERDOTE E LA GOMMA

    Favola

    Recando in mano un libro e il pastorale

    Al fiume Ivan andava a passeggiare.

    Perché al fiume? Per la scena viva

    Dei gamberi a passeggio sulla riva.

    Tale è il costume del nostro sacerdote.

    Seguendo il prete le sue idee mature

    Solcava il libro di sottolineature

    Con il righello

    Eppure il segno non usciva bello.

    Stanco sedette su quel lido piano,

    Cadde nel sonno e gli sfuggì di mano

    Il libro, poi il bastone, poi la gomma

    E andarono a posarsi sotto l’onda.

    Ecco ad un tratto fare capolino

    Un bel girino

    Che afferra con lo sguardo ciò che affonda

    Tra cui la gomma

    Cui si aggiungono il libro ed il bastone

    E suscitano in lui questa orazione:

    Perché la tonaca ti sei messo addosso

    Se ami tanto dedicarti all’ozio

    E perdi il tempo tuo in discorsi vani!

    Sarebbe tuo dovere di vegliare

    Per svolgere la cura pastorale

    Ammaestrando ai dogmi anche i pagani.

    E invece tu te ne stai lì a guardare,

    Anzi, a russare,

    Spalancando la bocca da villano

    Non meglio di un rozzo sacrestano.

    Alla nuova e alla vecchia capitale

    Questa favola mia spedire intendo.

    A memoria la devono studiare

    Tutti i membri più pii del presbiterio.

    Serbo un vivido ricordo delle tristi conseguenze di questa marachella. Era imminente il compleanno di mio padre ed ecco che a padre Ioann venne in mente di far studiare a me e Pavluša una poesia augurale per il festeggiato. I versi che aveva scelto erano estremamente rozzi, ma in compenso magniloquenti. Io e lui imparammo perfettamente, a pappagallo, queste strofe e nel giorno solenne le recitammo senza inceppi davanti al responsabile della festa. Mio padre ne fu estasiato, baciò noi e baciò padre Ioann. Nel corso della giornata ci chiesero più di una volta ora di mostrare la poesia, scritta su un ampio foglio di carta da lettere, ora di recitarla a qualcuno degli ospiti. Ci mettemmo a tavola. Era tutto un giubilo, un chiasso, un chiacchiericcio e sembrava che nessun contrattempo potesse minacciarci. Disgrazia volle che a pranzo mi mettessero a sedere accanto al nostro vicino Anisim Fedotyč Puzyrenko e che a questi venisse in mente di stuzzicarmi, dicendo che non ero capace di scrivere poesie e che le dicerie che gli erano giunte sulle mie doti poetiche erano false; io mi arrabbiai e lo contraddissi; allora lui mi chiese una dimostrazione e io senza indugi gli diedi un foglietto che avevo in tasca, dove era scritta la mia favola Il sacerdote e la gomma. Il foglietto passò di mano in mano. Qualcuno, dopo averlo letto, mi lodava, altri lo guardavano e lo passavano oltre senza commentare. Padre Ioann, dopo averlo letto aggiungendo a lato un appunto a matita: brillante, ma insolente, lo passò al vicino. Alla fine il foglietto finì in mano al mio genitore. Al vedere la scritta del sacerdote aggrottò le ciglia e, senza stare tanto a pensare, disse forte: Koz’ma! Vieni qua. Obbedii, pur avendo un brutto presentimento. E così fu: dalla poltrona dove era seduto mio padre scappai in lacrime in camera mia, nel mezzanino: me le aveva date di santa ragione.

    Questo fatto influì sul destino mio e del mio compagno. Venne riconosciuto che noi due eravamo troppo viziati, quindi bisognava cessare di imbottirci di nozioni e mandarci al servizio militare, dove avremmo conosciuto la disciplina. E così entrammo nell’accademia militare come allievi ufficiali, io nel reggimento *** degli ussari e Pavluša in un reggimento di fanteria. Da quel momento prendemmo strade diverse. Dopo essermi sposato a venticinque anni mi ritirai dal servizio per qualche tempo e mi dedicai ad amministrare la tenuta nella zona di Sol’vyčegodsk che avevo ereditato da mio padre. In seguito tornai in servizio, ma nel servizio civile. Oltre a tutto questo, non ho mai abbandonato la pratica letteraria e ho la soddisfazione di godermi una ben meritata gloria come poeta e uomo di Stato. Al contrario, il compagno della mia infanzia, Pavel Petrovič, si è dedicato umilmente alla carriera fino a raggiungere un grado alto, sempre nello stesso reggimento, ma quanto a tendenze letterarie, neanche l’ombra. Però, no: una sua opera letteraria divenne famosa nel reggimento. Preoccupandosi di far arrivare integri ai soldati gli approvvigionamenti alimentari, Pavel Petrovič emise un’ordinanza in cui raccomandava ai signori ufficiali di sorvegliare affinché i soldati digerissero come si deve.

    Quando entrai nel servizio civile mi trasferii a San Pietroburgo e non credo che acconsentirò mai a lasciare questa città perché è solo qui che un funzionario può far carriera, se non gode di particolari protezioni. Io non mi sono mai affidato alle raccomandazioni. La mia intelligenza e l’indubbio talento, corroborati dal mio essere un convinto benpensante, mi hanno fatto da raccomandazione.

    Quest’ultima caratteristica in particolare fu molto apprezzata da un personaggio influente che già da tempo mi aveva preso sotto la sua protezione e che contribuì molto a far sì che il posto resosi vacante di direttore dell’Ente per la Saggiatura dei Metalli Preziosi venisse assegnato a me e non a chissà chi altri. Quando ebbi ottenuto questo posto andai a ringraziare il mio protettore, ed ecco le indimenticabili parole che pronunciò rispondendo alla mia esternazione di gratitudine: "Lavora come hai fatto fino ad oggi e farai molta strada. Anche Faddej Bulgarin e Boris Fedotov [11] sono fedeli alla politica governativa ma non sono come te dotati per l’amministrazione e quanto all’aspetto, non sono così imponenti, mentre tu meriteresti di essere nominato governatore anche solo per la figura." Tale considerazione delle mie capacità nel servizio mi spinse a lavorare con maggior zelo in questo campo. Presto la mia cartella si riempì di svariati progetti, propositi, pensieri tutti miranti al bene della patria.

    In tal modo, sotto l’esperta guida di quel personaggio influente, si affinarono le mie doti amministrative e la serie dei vari progetti e proposte che presentai all’attenzione sua e di molti altri suscitò in lui, come in molti altri, un’alta considerazione delle mie straordinarie doti di uomo di Stato.

    Non nascondo che questi giudizi lusinghieri a mio riguardo mi fecero tanto montare la testa che addirittura, in certa misura, mi resero negligente nel curare in tutti i dettagli i progetti che presentavo. Ecco il motivo per cui questa sezione dei miei lavori reca il titolo di incompiuto ( d’inachevé). Alcuni progetti si distinguevano come particolarmente concisi, anche più di quanto non fosse consueto, al fine di non mettere alla prova l’attenzione del superiore. Forse è proprio a questa circostanza che si deve il fatto che i miei progetti non vennero presi nella dovuta considerazione. Ma non è colpa mia. Io presentavo un pensiero: svilupparlo ed elaborarlo era compito dei funzionari minori.

    Non mi limitai ai soli progetti miranti alla riduzione delle carte, ma affrontai continuamente vari bisogni ed esigenze del nostro Stato. Notai tra l’altro che i progetti che mi riuscivano più completi e validi erano quelli che io stesso avevo maggiormente a cuore. A mò d’esempio ne indicherò due che, a suo tempo, vennero maggiormente notati: 1) sulla necessità di stabilire un pensiero unico per tutto lo stato, e 2) quali istruzioni occorre dare a un funzionario inferiore ligio alla politica governativa affinché i suoi tentativi di sottoporre a critica l’operato dei suoi superiori arrechino vantaggi a questi ultimi.

    Questi due progetti, per quanto mi è noto, non vennero accettati integramente, eppure, avendo incontrato il favore di molti singoli dirigenti, essi furono ripetutamente messi in pratica, e non senza successo.

    Per lungo tempo non credetti alla possibilità di operare una riforma agraria. Condividendo al riguardo le giuste posizioni di Blank e altri, ovviamente, non provavo simpatia per la riforma, tuttavia, quando mi convinsi del fatto che era inevitabile, presentai il mio progetto, pur riconoscendo che le misure da me proposte erano inapplicabili e poco pratiche.

    Comunque gran parte del mio tempo è sempre stata occupata dall’attività letteraria. Né il lavoro all’Ente per la Saggiatura dei Metalli Preziosi, né la stesura dei progetti, che mi spianavano la strada verso il successo e la promozione nel servizio, nulla attenuava in me la passione per la poesia. Ho scritto molto ma non ho pubblicato nulla. Mi accontentavo di vedere che i miei manoscritti venivano letti con entusiasmo dai molti estimatori del mio talento e avevo particolarmente cari i commenti alle mie opere di alcuni miei conoscenti: il conte A.K. Tolstoj e i cugini Aleksej, Aleksandr e Vladimir Žemčužnikov.

    Direttamente influenzato e guidato da costoro si sviluppò, maturò, si consolidò e si perfezionò il mio smisurato talento letterario che ha reso celebre il nome di Prutkov e ha stupito il mondo con la sua straordinaria varietà. Cedendo alla loro insistenza, e non per altri motivi, mi sono risolto a dare alle stampe le mie opere sul «Contemporaneo». [12]

    La gratitudine e una retta giustizia sono sempre presenti nel carattere degli uomini nobili e grandi, perciò oso affermare che tali sentimenti mi ispirarono l’idea di scrivere nel mio testamento spirituale che obbligo le sunnominate persone a pubblicare le mie opere complete, a loro spese, legando in tal modo i loro oscuri nomi a quello famoso e altisonante di K. Prutkov.

    I FRUTTI DELL’INGEGNO

    Pensieri e Aforismi

    La vera è il primo anello nella catena della vita coniugale.

    La nostra vita può ben essere paragonata a un fiume testardo, sulla cui superficie naviga un’imbarcazione che a volte è cullata da un’onda che scorre quieta ma spesso si incaglia in una secca o va a sbattere contro un sasso sommerso. È superfluo ricordare che questa fragile barchetta, al mercato del tempo fuggitivo, non è altro che l’uomo stesso.

    Nessuno può riuscire ad abbracciare l’immensità.

    Non esiste una cosa così grande da non poter essere superata da un’entità ancora maggiore. Non esiste una cosa così piccola da non poter contenere un’entità ancora inferiore.

    Va’ alla radice delle cose!

    Meglio parlare poco ma bene.

    Lo studio sviluppa la facoltà intellettiva; la scuola sviluppa la capacità mnemonica.

    Cosa diranno di te gli altri, se sei tu stesso a non saper parlare di te?

    Il sacrificio del sé è il bersaglio della pallottola di ogni tiratore.

    La memoria dell’uomo è un bianco foglio di carta: a volte

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