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Ultimo Atto: Vagando nelle Tenebre
Ultimo Atto: Vagando nelle Tenebre
Ultimo Atto: Vagando nelle Tenebre
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Ultimo Atto: Vagando nelle Tenebre

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About this ebook

La guerra, quella sui campi di battaglia, è solo un ricordo, ma ora si è aperto un nuovo fronte: quello della Guerra Fredda, ove non si spara ma si usano tutte le armi più subdole per annientare l'avversario.
Alexander Gruber, il figlio di Fabian, è entrato nell'Intelligence della Repubblica Federale di Germania ed è una spia al servizio degli Americani e trascina nella sua avventura anche il giovane Maximiian Tanne, il più amato dei nipoti dell'ex SS Wilhelm Tanne.
Wilhelm le prove di forza le ha ormai già date tutte, ed ora è un uomo anziano, un nonno, che ama moltissimo i suoi otto nipoti e che ne è teneramente riamato.
Ma la vita è spesso impietosa, e non ci risparmia neppure quando pensiamo di meritare un po' di tranquillità e di riposo.
Wilhelm ha una debolezza nella sua vita: Maximilian, il più amato dei suoi nipoti, colui che più di tutti gli ricorda l'adorata moglie, e che si metterà in guai grossi con i Sovietici oltrecortina, in guai così grossi dai quali sembrerà impossibile tirarlo fuori.
Gli eventi precipitano rapidamente per Alexander Gruber e per il giovanissimo Maximilian Tanne: dapprima il carcere nella DDR, poi i brutali iterrogatori, e in ultima la prospettiva di un lager siberiano a vita ...
Wilhelm, innamorato di tutti i suoi nipoti, ma di Maximilian in particolare, è disposto a dare la vita per lui.
Ma i Sovietici accetteranno di scambiare un innocuo vecchietto con un pericoloso "nemico del Popolo"?...
LanguageItaliano
Release dateFeb 5, 2021
ISBN9791220260459
Ultimo Atto: Vagando nelle Tenebre

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    Ultimo Atto - Emilia Anzanello

    Emilia Anzanello

    ULTIMO ATTO:

    VAGANDO NELLE TENEBRE

    Emilia Anzanello © 2021

    Tutti i diritti riservati

    Prefazione

    Ed eccoci alla seconda ma soprattutto alla terza generazione: i figli dei figli della Guerra.

    La guerra, quella sui campi di battaglia, è solo un ricordo, ma ora si è aperto un nuovo fronte: quello della Guerra Fredda, ove non si spara ma si usano tutte le armi più subdole per annientare l'avversario.

    Alcuni lettori, innamorati della MariaAnna di Erano Knochensturme, dopo aver letto Traditi e consegnati alla morte mi scrissero chiedendomi perchè mai avevo fatto morire lei e non Wilhelm, che a loro parere meritava la morte assai più di una donna bella, dolce e amorevole, e io risposi a tutti che avevo fatto morire MariaAnna perchè non era più necessaria all'economia del racconto.

    In realtà ho mantenuto in vita Wilhelm per farlo vivere fin qui e poter fare di lui un martire.

    Eccessivo?

    Forse, ma desideravo proclamare fino all'ultimo che anche un Waffen SS che, trascinato dagli eventi e dai propri istinti,s'era macchiato di azioni ignobili, era pur sempre un uomo con un cuore che sapeva amare oltre la vita. E se agli occhi della nostra sensibilità moderna era colpevole di errori, egli, come Uomo, era capace di riscatto, e di meritare pertanto il nostro rispetto e anche la compassione e comprensione che noi, i Sapiens Sapiens altamente civilizzati (!), riserviamo all'Essere Umano.

    Questa volta Wilhelm Tanne non avrà a che fare con la guerra sui campi di battaglia. Egli le prove di forza le ha ormai già date tutte, ed ora è un nonno, che ama moltissimo i suoi otto nipoti e che ne è teneramente riamato.

    Ma la vita è spesso impietosa, e non ci risparmia neppure quando pensiamo di avere esaurito le forze e di meritare un po' di tranquillità e di riposo.

    Wilhelm ha una debolezza: Maximilian, il più amato dei suoi nipoti, colui che più di tutti gli ricorda l'adorata MariaAnna, e che si metterà in guai grossi con i Sovietici oltrecortina, in guai così grossi dai quali sembrerà impossibile tirarlo fuori.

    Gli eventi precipitano rapidamente per il giovanissimo Maximilian, peggiorando di giorno in giorno: dapprima il carcere nella DDR, poi i durissimi iterrogatori, e in ultima la prospettiva di un lager siberiano a vita ...

    Wilhelm, innamorato di tutti i suoi nipoti, ma di Maximilian in particolare, è disposto a dare la vita per lui.

    Ma i Sovietici saranno disposti a scambiare un innocuo vecchietto con un pericoloso nemico del Popolo?...

    Guardando alla produzione moderna vedo con dispiacere che è ancora sulla cresta dell'onda il vezzo di stigmatizzare chiunque abbia fatto parte dei Waffen SS (apro qui una parentesi per rcordare che si trattava di 'combattenti' di soldati, non di guardiani di lager, i Waffen, come specifica il loro nome, erano soldati spesso mandati a combattere in prima linea e non tenuti a fare la 'bella vita' nei ampi di concentramento). Tuttavia ancora se ne fa di tutta l'erba un fascio e li si descrive come se ognuno di loro fosse stato una bestia sanguinaria, da crocifiggere pubblicamente. E purtroppo, neppure la Germania, per la quale quegli Eroi hanno dato il sangue e la vita, fa nulla per riabilitarne la memoria.

    Io posso capire la Germania degli inizi degli anni Cinquanta, che non mosse un dito per i suoi reduci Waffen SS: essa era sotto il tallone di ferro di coloro che avevano vinto la guerra, e che in quegli anni, in Germania, facevano il bello e il cattivo tempo, ma non posso capire la Germania di oggi, che vuole dimenticarsi di chi l'ha difesa in prima linea fino alla morte e ancor oggi subisce l'onta di un insensato ostracismo, frutto di ignoranza, assurda denazificazione e beceri stereotipi.

    Io ho amato Wilhelm Tanne prima ancora di scrivere la prima riga di Erano Knochensturme e, attraverso lui, ho amato tutti i Waffen SS, solo perchè erano Uomini in guerra, tale e quale come lo furono tutti i soldati, di ogni tempo. Erano Uomini che, nonostante la loro preparazione ideologica, sul campo di battaglia si sentirono di sicuro spaventati (spesso erano ragazzi meno che ventenni), tormentati, travagliati, feriti nell'anima e nel corpo, lontani dalle famiglie e da coloro che li amavano: non meritavano compassione?

    Non meritano compassione?

    Per dare visibilità ai miei libri sono entrata nei social, Facebook, prima di tutto ma lì, come ho pubblicato i primi post e le prime foto delle copertine dei miei libri, subito hanno comnciato a piovere gli insulti e, vorrei precisare, insulti da parte di italiani e da parte di tedeschi, i quali sono così ansiosi di 'riabilitazione' che sputano addosso a tutto ciò che è in odore di nazionalsocialismo.

    Il più gentile degli insulti era: schifosa nazista topo di fogna torna nel cesso da dove sei uscita.

    Dopo questo Facebook mi chiuse l'account. E idem per YouTube, dove avevo pubblicato i booktrailer (fatti da me) che illustravano i miei libri.

    E tutta 'sta storia mi ha fatto pensare che forse non ero io dalla parte del torto o, comunque, non dalla parte del torto totale, e che è una balla colossale che noi viviamo in un'epoca di libertà e uguaglianza: sei libero e godi dei diritti della cosiddetta democrazia solo se sei inquadrato e la pensi come coloro che ci hanno colonizzato, il giorno dopo il 25 aprile 1945.

    Perchè, se qualcuno non se ne è ancora accorto, l'Italia non è stata liberata dagli alleati, ma è stata colonizzata dagli americani: noi Italiani la perdemmo la guerra, pari pari come la persero i nostri alleati Tedeschi.

    Ah, piccolo inciso: gli Americani, gli Inglesi, i Francesi e i Sovietici erano Alleati sì, ma tra loro, non furono i nostri alleati, a noi ci invasero, e i loro scarponi sul territorio italiano ci fecero anche male, e qui sorvolo sugli episodi di violenza perpetrati dagli eserciti 'alleati tra di loro, non nostri', perchè l'Editore mi censurerebbe, come fece col libro precedente a questo, pertanto mi limiterò a dire che, alla fine della guerra, ci furono linciaggi anche tra i civili inermi, compiuti dai Partigiani della Brigata Garibaldi, su uomini e donne sui quali gravava anche solo il sospetto di essere stati fascisti (e se siete curiosi di saperne di più, leggete : Simeone Del Prete, La giustizia nel dopoguerra. I processi ai partigiani e l'avvocato Leonida Casali (1948-1953), Unibo, Bologna, 2016; Roberto Beretta, Storia dei preti uccisi dai partigiani, Edizioni Piemme, 2005; Nazario Sauro Onofri, Il triangolo rosso. La guerra di liberazione e la sconfitta del fascismo (1943-1947), Roma, SAPERE 2000 Edizioni Multimediali, 2007)

    Verità tutt'oggi passate sotto silenzio ma tragicamente vere, tanto da spingere il comunista Togliatti a ricorrere all'amnistia generale, detta amnistia generale Togliatti (1), per svuotare tutte le carceri che erano state riempite da coloro che avevano perpetrato massacri dopo il 25 aprile 1945 e che vennero arrestati (per poco tempo, comunque).

    Ecco, se ci deve essere pietà e amnistia per questa gente qua, io esigo la medesima indulgenza anche per tutti gli altri, di qualunque reato siano stati accusati, e mi batterò per la loro riabilitazione, nel nome della compassione che si deve a coloro che sono stati travolti dalla guerra e dalle passioni politiche in uno dei più oscuri periodi della Storia d'Europa.

    (1) all'articolo 1 recitava: "[...] non può essere emesso un mandato di cattura, e se è stato emesso deve essere revocato, nei confronti di partigiani, dei patrioti e (degli altri cittadini che li abbiano aiutati) per i fatti da costoro commessi durante l'occupazione nazifascista e successivamente sino al 31 luglio 1945 [...]", escludendo i casi di rapina.

    INFORMAZIONE PER I CORTESI LETTORI

    Anche in questo libro, come nei tre precedenti, a volte ho inserito nel testo un canto o una ballata in lingua tedesca e, questa volta, trattandosi di uno dei protagonisti di origine per metà sovietica, ho voluto ampliare i miei riferimenti anche a canti e ballate di origine russa (con traduzione italiana). Alcuni di questi sono a mio parere molto belli e poichè si rifanno ad un'epoca pressocchè sconosciuta in Europa occidentale ho voluto inserirli nel mio sito. Si tratta di originali, 'scaricati' da Youtube (forse l'audio non è dei migliori, ma è autentico) i canti in lingua tedesca appartengono per lo più al periodo nazionalsocialista, i canti in lingua russa sono invece uno una lunga ninnananna e l'altro uno tra i più amati canti popolari sovietici: 'Sacra guerra'.

    Per tutti coloro che, leggendo i miei libri, desiderassero udire il sonoro dei canti da me citati nel testo, potrà farlo liberamente accedendo a

    http://www.eanzanello.it/canti-citati-nei-romanzi/

    è il mio sito personale, assolutamente politicamente scorretto, privo di censura e del tutto privo di quella infernale invenzione che si chiama pubblicità. Ai curiosi, auguro un buon ascolto :i brani si possono scaricare liberamente, non è richiesta nessuna iscrizione, nè indirizzo personale nè indirizzo mail nè impronte digitali:

    è tutto libero e gratuito.

    Io sono diventato Morte

    il frantumatore dei mondi

    Baghavad-Gita (XI, 32)

    (citazione di Robert Oppenheimer

    in occasione del test di Trinity

    riguardo l'atomica)

    Parte Prima

    1. FABIAN GRUBER

    Il reduce Waffen SS Fabian Gruber aveva registrato il figlio all'anagrafe di Freising con il nome che gli era stato imposto dalla madre, una donna sovietica: Aleksandr, e Fabian non aveva osato mutarlo, e germanizzarlo in Alexander, ma il ragazzo spesso veniva chiamato con un nomignolo tedesco: Alex o Sander ed egli vi si adattava molto di buon grado, perchè la versione sovietica del proprio nome non gli garbava molto, e permetteva solo al padre e alla matrigna Margarete di usarlo: per il resto del mondo egli era Alexander, o Alex o Sander e neppure rispondeva se qualcuno lo chiamava diversamente.

    Dopo il matrimonio con Margarete Berkel Fabian aveva avuto altri due figli con la moglie tedesca, quando ormai entrambi erano avanti in età e Margarete pensava che non avrebbe più generato, essendo ella vicino ai quarant'anni. Invece il suo grande desiderio di maternità era stato esaudito e nel 1957 alla coppia Gruber era nato un maschietto, battezzato Leander e, per non perder tempo, l'anno dopo era arrivata una bambina, Maria.

    Fabian amava teneramente i propri figli, ma il prediletto era rimasto Alexander, il figlio natogli per sbaglio ma che gli aveva illuminato i giorni più bui della propria esistenza, durante la prigionia in Russia, dandogli il coraggio di guardare avanti, verso la speranza di una vita migliore.

    Il periodo che Fabian e Alexander avevano trascorso insieme, fuggendo attraverso le lande russe, quel sentirsi il bambino, povero orfanello, sempre stretto al petto, la carne del piccolo contro la sua stessa carne, averne le braccine strette al collo, aspirandone l'odore infantile e udirne i pigolii, che dapprima chiamavano la madre e poi, sempre più spesso, invocavano lui: Papa! Essere stato per il piccolino l'unico mondo possibile: averlo imboccato per dargli da mangiare e teneramente cullato per farlo addormentare, e consolato, quando il bambino piangeva chiedendo della madre, avevano reso Alexander più che un figlio per Fabian. Ora quel figlio venutogli dall'Est era come se Fabian lo avesse cresciuto nel proprio ventre, come una gestante e poi come se lo avesse partorito lui, non una donna, e anche se Alexander aveva voluto arruolarsi a diciassette anni e andar via da casa, in realtà il cordone ombelicale che legava Fabian al figlio non era mai stato reciso. Ed era davvero singolare che Gruber guardasse al figlio Alexander considerandolo ancora, dentro si sè, il suo bambino, pur essendo ora un Oberleutnant della Bundeswehr.

    Fabian si sforzava di non fare preferenze, e di trattare i propri figli tutti allo stesso modo, ma la predilezione che nutriva per il primogenito non sempre rimaneva celata e i fratellini, che la percepivano, anzichè esserne gelosi, avevano finito per trattare il fratello maggiore con rispetto, considerazione e grande amore, soprattutto perchè Alexander, pur essendo maggiore di tredici e quattordici anni, non mancava mai di giocare con loro, lasciandosi andare a una giocondità che era inusuale in un giovanotto ventenne, per di più soldato.

    Fabian, vedendo i suoi tre figli ruzzolare in terra o correre in cortile, inseguendosi, sorrideva, e attribuiva quell'indole giocosa del primogenito al fatto che Alexander era cresciuto, nei suoi primi anni di vita, senza la compagnia di fratelli o sorelle, e che le sue uniche compagnie erano stati gli anziani genitori della madre, e i contadini che dividevano con loro la medesima isba, in mezzo alle campagne sovietiche.

    Anche quando Alexander era diventato egli stesso padre. egli si prendeva sulle spalle a cavalcioni ora Leander, che aveva sei anni e ora Maria, di cinque anni, e li guidava in una corsa sfrenata, mentre i bambini gridavano ridendo e lo incitavano poi, quando egli si fermava e si stendeva con loro sull'erba, i fratellini gli erano addosso, cercando di stringerlo tra le loro braccine e coprendogli la testa di baci.

    Fabian li osservava, tutto beato, pensando che la vita non gli era mai parsa tanto bella, e ringraziava mentalmente la Provvidenza, per tutta la fortuna che ora gli stava dispensando, dopo tutte le amarezze patite durante la propria giovinezza.

    Non sapeva, il poveretto, che la tragedia si stava preparando dietro l'angolo, e proprio per mano di quel figlio così tanto amato.

    Il vecchio Berkel, il padre di Margarete, era morto di infarto, ma era vissuto abbastanza da vedere Leander, il primo dei suoi nipoti di sangue e mettersi il cuore in pace sulla bontà del marito che Margarete s'era scelta.

    Ella, dopo la morte del padre, aveva venduto l'appartamento in centro a Monaco, lasciatogli in eredità dal genitore e, con il ricavato della vendita e con i risparmi di Fabian, i coniugi Gruber avevano acquistato una casetta col giardino un po' in periferia, a Freising.

    Margarete amava Fabian di vero amore, e aveva a lungo insistito con lui affinchè convincesse il suocero, il vecchio Ludwig Gruber, a lasciare Francoforte e a venire a Freising, per vivere con loro, come una sola famiglia.

    Ludwig Gruber viveva ormai solo nella vecchia casa a graticcio di Kirchgasse, in Francoforte, perchè la moglie se n'era andata in America da tempo, seguendo la figlia Annerose, sposata con il caporale Delaney Allerton, e la giovane coppia aveva, ovviamente, portato con sè il figlioletto Junior.

    E il vecchio amico di Ludwig Gruber, Humboldt, che viveva con lui, s'era spento serenamente alcuni anni prima, sapendo di andare a ricongiungersi al figlio Martin, caduto in Ucraina, in azione di guerra nel 1943.

    Sulle prime il vecchio Gruber aveva decisamente rifiutato di trasferirsi a Freising: era troppo legato ai ricordi nella vecchia casa, ma poi la nuora Margarete era andata di persona a trovarlo, quando era ormai incinta del secondo figlio, e l'aveva pregato e ripregato di andare a vivere con loro, di essere per lei un padre, prendendo il posto del vecchio Berkel, di veder crescere i nipotini e altri argomenti strappalacrime, finchè Ludwig, alla fine aveva ceduto. E così la famiglia Gruber aveva riempito tutte le stanze della casetta alla periferia di Freising e ora il vecchio genitore viveva felice col figlio, la nuora e i nipoti, quello che aveva partorito la sovietica Zoryana, e quelli che erano venuti dalla tedesca Margarete.

    Ma se Fabian Gruber non faceva palesi differenze tra i propri figli, il vecchio Ludwig ne faceva ancor meno tra i propri nipoti. Essi erano per lui tutti uguali, anche se l'anziano Gruber notava le differenze fisiognomiche di tutti e tre. Erano tutti biondi e con gli occhi azzurri, e sembravano promettere di diventar tutti alti, anche i piccolini, se si guardavano le loro manine e i loro piedini, eppure vi era qualcosa, in Alexander, che lo distingueva in modo inequivocabile da Leander e da Maria.

    Ecco, forse era la forma della testa, tendente a essere tondeggiante sulla nuca, e non lunga e stretta come quella dei fratelli, o forse no, forse era quella certa immagine di robustezza che egli dimostrava, crescendo, e che gli veniva dall'aver le ossa forti, come il padre Fabian, o forse in lui s'erano fusi troppo prepotentemente i caratteri distintivi del fenotipo dinarico e baltico della madre con quello nordico del padre, dando origine a un tipo tutto nuovo e tutto speciale, ma difficilmente catalogabile.

    Certamente un fenotipo affascinante, alto e prestante, con la bocca ben disegnata e con le labbra rosee ereditate dalla madre e certi occhi dal piglio tempestoso, che gli venivano da Fabian, e che quando Alexander fu in età scolare, lo avevano reso popolare tra tutte le compagne di scuola, perchè tutte, ma proprio tutte, subivano il fascino di quello sguardo azzurro aggrondato, come un cielo di primavera nel quale si rincorrevano nubi temporalesche.

    Eppure Alexander non si perse mai a far la corte alle ragazze, perchè il giovane Gruber era invaghito di Charlotte, la figlia di Arn Moltke, fin da quando egli era ancora ragazzo e lei poco più di una bambina.

    Ella era già molto bella prima ancora che da lei sbocciasse la donna e il sedicenne Alexander aveva sviluppato per lei una forte simpatia.

    La domenica mattina la famiglia Gruber si recava sempre alla funzione in chiesa. Fabian e Margarete erano di religione cattolica, ed era un piacere vedere i due coniugi, che si portavano ognuno in braccio i due figli piccolissimi, avviarsi in chiesa accompagnati dal vecchio Ludwig, sottobraccio al giovane Alexander. Gli abitanti di Freising, che li incontravano, non mancavano mai di rivolgere alla famigliola un largo sorriso, nel salutarli, e taluno li tratteneva per informarsi sulla loro salute e augurar loro una buona domenica. Alexander approfittava sempre di quelle numerose soste per guardarsi attorno, cercando con gli occhi di scorgere la figurina snella della dodicenne Charlotte Moltke.

    Eccola! finalmente, tra il padre e la madre, col braccio infilato sotto quello di Arn, che se la teneva al fianco con lo sguardo fiero che sembrava voler proclamare al mondo intero: <ecco mia figlia, il mio orgoglio, e tutte le mie speranze>. Ella indossava sempre deliziosi abitini dalle gonne arricciate e persino il suo cappottino, quando giungeva l'inverno, era tagliato in vita, con la parte inferiore curiosamente arricciata.

    Alexander, tutte le volte che la vedeva, rallentava il passo, trattenendo, nel suo incedere, il nonno Ludwig, il quale non era arrivato a quell'età senza aver conosciuto come si svolgono gli affari della vita e, consapevole della simpatia che il nipote nutriva per la figlia di Arn, non lo ostacolava, ma anzi lo assecondava, regolando il proprio incedere in modo da dare il tempo ai Moltke di raggiungere i Gruber. Nello scambio di convenevoli, tra le due famiglie, Alexander aveva agio di contemplare da vicino la sua prediletta e le poteva così rivolgere la parola.

    Il giorno che Alexander ne venne del tutto incantato era una domenica di primavera, ed ella indossava un vaporoso vestitino di plumetis azzurro, col corpetto attillato e la gonna tutta arricciata in vita e le corte maniche a sbuffo. Da sotto la gonna gonfia, spuntava volutamente la balza di Sangallo della sottogonna bianca, dello stesso colore dei calzettoni di cotone traforati che le disegnavano delicatamente le gambette fino al ginocchio. Ai piedi calzava scarpini di vernice nera, senza tacco perchè, in casa Moltke, il tacco alla ragazza non sarebbe stato concesso prima dei suoi sedici anni, ed ella aveva i lunghi capelli sciolti pettinati sulle spalle e trattenuti da un cerchiello ornato di margheritine di panno. Alexander osò avvicinarlesi e mormorarle:

    Ella gli sorrise, un sorriso franco e ancora infantile:

    le disse il ragazzo, colmo di ammirazione. Ella sfilò la mano dal braccio del padre, per fare una piroetta e pavoneggiarsi un poco davanti all'entusiasta corteggiatore:

    E Alexander, senza smettere un attimo di guardarla:

    e poi aggiunse, in tono più sommesso: e ancor più sottovoce:

    Ella arrossì di piacere, ma quasi subito dovette riprendere sottobraccio il padre e avviarsi alla chiesa.

    Per un po' di tempo Charlotte aveva preferito Herbert Tanne ad Alexander Gruber, ma poi, delusa dall'interesse che il giovane Tanne aveva invece manifestato per una donna più anziana di lui e persino di dubbia reputazone, Charlotte aveva iniziato a guardare con occhi diversi il figlio di Fabian Gruber e a trovargli sempre nuove qualità.

    Poi Alexander, appena compiuti i diciassette anni, s'era arruolato volontario nella nuova Bundeswehr e s'era allontanato da Freising per seguire i corsi nella scuola ufficiali, e Charlotte non l'aveva visto per lunghi mesi.

    La lontananza aveva agito come un filtro d'amore, perchè alla prima vera licenza di Alexander, quando egli era tornato a Freising dopo due anni di servizio militare, con i gradi appuntati sulla divisa, i due giovani s'erano rivisti e Charlotte aveva avuto un tuffo al cuore.

    Ella, in quei due anni, l'aveva incontrato, talvolta, quando il giovanotto veniva in licenza di due o tre giorni, ma quel giorno fu come se lo vedesse per la prima volta e la vista di lui la stese completamente. Egli le apparve improvvisamente come un giovane uomo, un affascinante giovane uomo e la divisa grigia che indossava esibiva le insegne dell'Esercito e i gradi di sergente e le ricordò le foto del proprio padre, che Charlotte aveva così tanto ammirato da bambina: lo sguardo le brillò ed ella si precipitò verso Alexander, che era rimasto lì in piedi, tutto imbarazzato e aspettando ch'ella gli andasse incontro, per stringerla tra le braccia.

    Ella indossava un completino di maglietta e golfino di cotone rosa confetto e una gonna blu a ruota, tutta a pieghe, com'era di moda per le fanciulle in quella primavera del 1963 e ai piedi aveva basse scarpette di vernice, come quando era bambina e calzini bianchi alla caviglia, perchè i genitori ritenevano che ella fosse ancora troppo giovane per le calze di nylon. E Alexander si sentì intenerire da quel particolare, spalancò le braccia e se la strinse subito addosso, sollevandola da terra e facendo con lei una piroetta esclamando felice il suo nome:

    ella, mentre era ancora nelle sue braccia, sollevata da terra, gli cinse il collo con le braccia e, approfittando del fatto che si trovavano nel cortile di casa Gruber e in quel momento non li vedeva nessuno, chinò il capo su di lui e gli posò un casto bacio sulle labbra:

    Egli rise, posandola a terra:

    ella saltellò, radiosa, battendo le mani, per dimostrare la sua felicità e gli prese la mano dicendo:

    I Gruber vivevano alla periferia di Freising, in prossimità dell'Isar, lungo le cui sponde si godevano i paesaggi dolcissimi e romantici della Baviera fluviale. Non lontano da casa Gruber il fiume descriveva una lieve curva a destra e la piccola ansa aveva, al suo interno, una lingua di spiaggia fatta di sassolini e di sabbia non molto fine, ma che volendo, si poteva calpestare a piedi nudi. Era stato il luogo preferito da Alexander, che ci era andato spesso con l'amico Herbert, nelle giornate miti, per fare il bagno e talvolta a pescare.

    Ma ora, quando vi giunsero i due ragazzi, ad Alexander parve un sito del tutto nuovo: i colori erano nuovi, i profumi lo erano e il mormorio tintinnante dell'acqua che, presso la riva, si divideva e saltellava sui sassi in superficie era piacevolmente nuovo e dolce al suo orecchio e gli illanguidiva l'anima, tanto che Alexander si sentì anch'egli nuovo e pieno di desiderio e di tenerezza e gli parve di amare il mondo intero, e il cielo e quel luogo ma, sopra di tutto, sentì di amare la fanciulla che gli era al fianco e che gli teneva la mano. Si girò su di lei, sentendo di avere il cuore molle e gli arti pesanti e l'abbracciò e la baciò soave come un fedele davanti ad una reliquia. Ed ella, che lo aveva desiderato, pur nella sua verginale ingenuità, si sentì percorrere da un brivido e gli accarezzò il viso, lieve, con entrambe le mani, e gli accarezzò la guancia con la propria guancia, sussurrandogli:

    Non osò dirgli ti amo perchè non voleva confessargli un sentimento prima di sapere se sarebbe stato beneaccetto: la delusione per come era finita la sua storiella con Herbert Tanne ancora le pungeva l'anima ...

    Ma Alexander, che aveva avuto in mente sempre e solo lei, fin da ragazzo, la strinse tra le braccia e baciandola cento volte sul viso le disse:

    e alle parole fece seguire le più affettuose manifestazioni dei propri sentimenti. E Charlotte si sentì spalancare il cuore, come uno scrigno a lungo chiuso, e che finalmente poteva mostrare tutti i tesori che conteneva e, senza rèmore nè pudori scivolò sulla rena, trascinando con sè Alexander, senza smettere un solo istante di accarezzarlo e baciarlo e confessandogli finalmente, con un filo di voce:

    e poi, in un sussulto di incertezza, scostandosi un poco da lui: ma egli la strinse più forte e baciandola le giurò, sulla bocca:

    e ancora baciandola: .

    Egli aveva diciannove anni, e lei solo quindici, compiuti da poco, ma Alexander era un giovane affamato d'amore, e Charlotte era una fanciulla che ne era ricca, e desiderava solo amare, perciò quel pomeriggio, sulle rive dell'Isar, essi si incontrarono e si appartennero per il resto della vita.

    Egli era stato un bambino orfano di madre fin dalla più tenera età. Certo il padre Fabian lo aveva amato e circondato di tutte le cure possibili, e non gli aveva mai fatto mancare le carezze e i baci, ma non sarebbero mai stati i baci e le carezze di una madre e ora, con Charlotte, Alexander scopriva le tenerezze che era in grado di dare una donna. E Charlotte, che non ne era avara, vedendo come Alexander accoglieva le sue effusioni, lo ricopriva letteralmente di sentimentalismo.

    Dopo l'amore ella divenne straordinariamente affettuosa, tutta rapita dal mistero che s'era appena compiuto tra loro, dalla profonda tenerezza che il giovane aveva suscitato in lei e dalla scoperta di un corpo maschile che, pur nella sua virilità, era stato capace di conservarsi gentile e quasi indifeso, davanti a lei, ed ella lo amò di una grande, totale passione.

    Amare appassionatamente Alexander era facile, perchè egli cercava le carezze di lei, le si consegnava sotto le mani, quasi a chiedergliele ed ella gli accarezzava il viso e gli baciava le guance, e le palpebre, mormorandogli:

    Si stringeva a lui e ne percorreva con le mani le spalle, il petto, le braccia e, accarezzandogli il viso lo baciava delicatamente, come se fosse stato fragile ed ella avesse temuto di romperlo, ed egli si rannicchiava tutto, cercando quasi di farsi piccolo, nel suo abbraccio, come se avesse voluto riconquistare la sua dimensione di bambino e farsi stringere dalle braccia di una madre.

    Charlotte era una fanciullina ignara sia di sesso che di psicologia, ma vedersi Alexander, un graduato dell'esercito, grande e muscoloso, così desideroso di affetto e così indifeso fece subito esplodere in lei quell'istinto femminile che spinge la donna a essere protettiva e amorevole nei confronti delle creature piccole e fragili e, fin da quella prima volta, ella fu per lui la Donna e la madre, così come Alexander divenne per lei l'Uomo e il bambino. Questo sodalizio, che poteva apparire strano e inusuale, soddisfece invece pienamente entrambi: Alexander perchè trovò in Charlotte tutte le tenerezze e attenzioni femminili che gli erano mancate da bambino e Charlotte perchè trovò in Alexander un amante affettuoso e straordinariamente dolce, che dopo l'amore la coccolava e si lasciava coccolare, prolungando a lungo le loro effusioni, come a rendere l'incntro sessuale una lunghissima muta ma esplicita dichiarazione d'amore.

    Così, dopo quella prima volta, Alexander non volle niente altro che ritornare tra le braccia della 'sua principessa' e Charlotte non volle altro che incontrarsi col 'suo Alexander'.

    Purtroppo i dieci giorni di licenza di Alexander passarono in un baleno ed egli dovette far ritorno a Lebach, lasciando la povera Charlotte in lacrime.

    Pur lontano dall'amata egli continuò a pensare alla possibilità di sposarla e di avere la 'sua prncipessa' per sempre per sè.

    Con in mente questo proposito egli a ottobre insistette per ottenere una licenza breve e, una volta a Freising, senza neppure passare da casa per salutare la propria famiglia, entrò in un bar, trangugiò un bicchierino di acquavite, per darsi coraggio, e si presentò subito in casa Moltke per parlare ad Arn:

    neppure per un istante si soffermò a pensare che egli non aveva ancora vent'anni e che Charlotte non ne aveva ancora sedici: riusciva solo a pensare che l'amava, la voleva e che la vita senza di lei era insopportabile.

    Arn strabuzzò gli occhi, la moglie Helga piombò seduta sul divano per la sorpresa e il marito ebbe solo il fiato di balbettare:

    E Alexander, che si sentiva il liquore che gli scaldava lo stomaco si drizzò tutto nella sua divisa come se fosse stato davanti a un generale, guardò in faccia Arn Moltke e ripetè, con voce ferma:

    Arn girò la faccia verso la moglie, chiedendo ruvidamente con piglio accusatorio:

    Ma Helga, che aveva sì raccolto le confidenze della figlia, ma che era all'oscuro dei progetti matrimoniali di Alexander, scosse il capo facendo un'espressione stranita. Arn ordinò:

    La moglie salì a chiamare la figlia che, appena vide l'innamorato in salotto, gli si precipitò subito tra le braccia, nonostante gli sguardi tempestosi di Moltke e lo abbracciò con un gridolino di gioia:

    rendendo così certo il povero padre che era tutto vero, e che non si trattava di uno scherzo:

    ed ella, radiosa, prendendo la mano di Alexander. rispose candidamente:

    Ma Moltke mise fuori la sua espressione più corrucciata ed esclamò:

    Insorsero i due giovani all'unisiono:

    Arn precisò alla figlia:

    Ma Charlotte, tutta proiettata nella visione del suo futuro con Alexander, rispose:

    al che Arn perse proprio la pazienza, si avvicinò alla figlia e a Alexander e sciolse la stretta delle loro mani, tirandosi Charlotte più vicina a sè, per allontanarla dal corteggiatore importuno ed emise il proprio verdetto:

    e, rivolto alla figlia: sembrava che Arn avesse ritrovato improvvisamente tutto il suo piglio da ufficiale SS e, rivolto a Alexander:

    Alexander fece un passo avanti, pieno della sua foga giovanile:

    tentò di replicare, ma Arn lo bloccò subito:

    Alexander lanciò una lunga disperata occhiata a Charlotte, che Moltke si teneva ancora stretta al fianco e i suoi occhi sembrarono parlare per lui, tanto che la fanciulla tentò inutilmente di lanciarsi verso di lui, ma era tenuta a distanza dal padre che le attanagliava il braccio. Ella non restò comunque in silenzio, e davanti agli occhi imploranti dell'innamorato gridò:

    di fronte a tanta sfacciata dichiarazione di ribellione Moltke girò sui tacchi e si trascinò la figlia al piano superiore, dove la rinchiuse nella sua camera, diede due giri alla chiave e se la mise in tasca, sotto gli occhi allibiti della moglie Helga, che non sapeva che pensare.

    Arn Moltke era stato un ottimo ufficiale, durante la guerra, e la sua tattica e i suoi modi gli avevano spesso guadagnato la vittoria sul nemico ma ora, in veste di padre, tutte le sue capacità nel condurre un'azione di guerra, erano annullate, perchè egli combatteva su due fronti, e contro un duplice nemico: la figlia e il suo spasimante, e i due, insieme, erano più coesi di un unico avversario.

    Infatti, Alexander andò subito a chiedere soccorso al solo che avrebbe potuto aiutarlo: il proprio padre.

    Fabian, quando ebbe ascoltato tutto il racconto del figlio amatissimo, non ebbe un istante di esitazione nello schierarsi dalla sua parte e cominciò subito col farne partecipe la moglie Margarete, la quale propose:

    Fabian fece una piccola smorfia:

    Alexander, incoraggiato dal vedere quegli alleati schierati dalla propria parte, si avvicinò al padre, e prendendogli le mani nelle proprie se le strinse sul petto: Fabian per un attimo fu sul punto di rifiutare un simile tradimento al suo vecchio camerata, ma l'espressione asiosa e fiduciosa del figlio gli fecero superare tutte le titubalze e replicare semplicemente:

    Fabian fece un risolino di complicità e chiese.

    Ma Alexander, ormai lanciato nelle proprie confidenze, confessò:

    Vedere il proprio figlio così innamorato riempiì il cuore di Fabian di una sconfinata tenerezza ed egli lo strinse a sè, mormorandogli all'orecchio:

    Così Fabian andò da Wilhelm Tanne e lo implorò, letteralmente, di aiutarlo ad aiutare Alexander.

    Sulle prime Wilhelm lo guardò severamente e gli rispose:

    Ma Fabian, ormai lanciatissimo nel suo intento di far felice 'il suo ragazzo' replicò:

    Wilhelm si sentiva a disagio, perchè trarre il camerata Arn in inganno era per lui impensabile, e negare un favore a Fabian, l'altro camerata, gli costava quasi sangue, perciò, per tutta la mattinata lavorò col pensiero fisso a come comportarsi, un po' seccato che ancora una volta la coscienza lo strattonasse da una parte e dall'altra. Poi, a pranzo, seduto nella cucina della propria casa, con la moglie che si muoveva tranquilla attorno a lui, servendogli il pranzo, si sentì pacato e le aprì il proprio cuore, come sempre, quando si sentiva in preda ai dubbi e MariaAnna, come ogni volta, gli accarezzò l'anima. Ella, senza rimorsi di coscienza, disse subito che bisognava aiutare i due innamorati, e che certo ne sarebbero venuti dei piccoli bellissimi tedeschi e per la signora Tanne, una coppia felice e con molti bambini, veniva certo prima di qualsiasi considerazione morale.

    Così, sul far della sera, quando ormai doveva dare una risposta a Fabian, il signor Tanne si prese in disparte il signor Gruber e gli disse:

    Il viso di Fabian si iluminò tutto e gli strinse il braccio, in segno di rinconoscenza.

    Quella sera la famiglia Gruber concertò, tutta insieme, il modo di informare Charlotte, affinchè ottenesse la complicità della madre in quel vero e proprio tradimento.

    Nella dinamica del complotto venne coinvolto persino il piccolo Leander, il fratellastro di Alexander, di soli sei anni, che frequentava la scuola accanto a quella nella quale studiava Charlotte, e al quale venne affidato il basilare compito di recapitare un biglietto alla figlia di Arn, appena il padre l'avesse fatta scendere dall'auto davanti la scuola, e prima che ella vi entrasse.

    Dato il minuzioso studio di tutta la congiura, essa ebbe completo successo e Charlotte e Alexander poterono incontrarsi, quel pomeriggio, in riva all'Isar, il posticino dov'era sbocciata la loro passione.

    Ella era più che mai ardente, tanto che Alexander fu costretto a frenare tutto il suo slancio:

    egli, dopo la prima volta, era sempre stato attentissimo a procurarsi dei profilattici, per evitare all'amata ogni possibilità di premature gravidanze, ma Charlotte, che s'era già fatta tutto il proprio piano per costringere il padre ad acconsentire al matrimonio, ed acconsentivi subito! gli ribattè, più dolce e insinuante del serpente che aveva tentato Eva nell'Eden:

    Ma Alexander, che aveva i propri principi e non era facile da convincere, resistette ai baci dell'innamorata:

    E lei, più che mai decisa a condurre a termine il proprio progetto, gli sussurrò mefistofelica:

    mentiva spudoratamente, sapendo di mentire, ma risoluta a percorrere la strada che si era prefissata: la madre le aveva già da tempo spiegato i misteri della sessualità femminile perchè durante la propria giovinezza l'argomento era stato affrontato con disinvoltura dalle insegnanti e dai medici del regime nazionalsocialista, per assicurare nascite ariane e bambini sani e Helga, fatto tesoro di quegli insegnamenti, li aveva riportati alla figlia, convinta di operare per il bene ...

    Charlotte si era ricordata delle parole della madre, e aveva pensato di sfruttarle a favore suo e dell'innamorato. Aveva però fatto male i propri conti, perchè Alexander, nè convinto e nè sicuro che le cose riguardo la fertilità femminile si svolgessero proprio come gliele stava raccontando la 'sua principessa' si tirò indietro, limitandosi a baciarla teneramente sulla bocca.

    Anche Alexander però non aveva fatto i conti con la testardaggine della piccola Charlotte. Ella infatti si lasciò baciare e ricambiò il bacio, ma poi continuò e, sollevatogli pullover e canottiera, continuò a baciarlo sul petto e sullo stomaco, raggiungendo infine l'ombelico, mentre con la mano armeggiava con la cerniera lampo dei pantaloni di lui, che indossava un paio di jeans attillati come una seconda pelle, peraltro poco facili da aprire.

    Ella non si dette per vinta finchè non riuscì ad abbassare la grossa lampo, poi infilò la mano nelle mutande di lui, raggiungendo, con un gran sospiro, il pene ormai tutto dispiegato. Ella avrebbe fatto qualsiasi cosa per raggiungere il proprio intento: restare incinta, in modo da obbligare il povero Moltke a lasciarle sposare Alexander.

    E Alex, che era un giovanotto con la testa sulle spalle, ma era pur sempre un giovane uomo i cui ormoni erano scompigliati dalla vicinanza della sua amata, più di tanto non seppe resisterle e, dopo un po' di carezze da parte di Charlotte e persino di qualche intimo bacio a labbra morbide e umide, si abbassò i jeans e le mutande fin sotto i glutei e si girò sulla sua bella, desideroso solo di entrare di nuovo in quella splendida e unica intimità, che gli veniva offerta così sfacciatamente.

    Ella era sempre stata molto passionale, fin dalla prima volta, ma quel giorno era davvero sfrenata e il giovane Gruber raggiunse in breve il punto di non ritorno e, rendendosene conto tentò, pieno di buona volontà, di ritrarsi ma, come se Charlotte gli leggesse nella mente, ella gli allacciò le gambe sulla schiena, incrociò le caviglie, lo rinserrò e con quella mossa gli

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